Locana è posta ai piedi del Parco Nazionale del Gran Paradiso fra pascoli e boschi centenari. Il Comune di Locana è il più esteso dell'intero territorio torinese, infatti è esteso per 132,8 km², comprendente i due versanti montani, ciò ne fa un territorio con moltissime borgate, 92 per la precisione, molte disabitate, sparse dai circa 600 m del fondovalle e giunge fino ai piedi della Torre del Gran San Pietro alta circa 3692 metri. Ovviamente cercherò di visitare qualche borgata. Parte del territorio comunale è compreso nel Parco Nazionale del Gran Paradiso.
Sul toponimo vi sono diverse ipotesi, di certo è che Locana, nella lingua occitana è Lucana, che potrebbe derivare dal latino lucis, lucentis ossia splendente o dal gallico leuc o leuko cioè chiarore o biancore, forse per il colore biancastro di alcuni filoni di roccia, ma potrebbe semplicemente derivare da lucus ossia bosco, radura nel bosco con il suffisso pregallico – ana. Di certo il territorio era abitato fin dai tempi più antichi. Le prime notizie certe, su Locana si hanno per la prima volta nel 1185, quando durante il periodo del feudalesimo, la valle fu assegnata ai Signori di San Martino ed ai Valperga. Tra loro fu subito disputa per possedere interamente questa ricca e popolosa plaga della vallata del torrente Orco.
Queste lotte coinvolsero anche, di gli abitanti della valle che si ribellarono, dissidi che furono ricomposti solo con l'intervennero dei Savoia nel 1391 per riportare i locanesi sotto la sudditanza dei Valperga, ma inutilmente. Infatti per alcuni decenni, i valligiani, non riconobbero dominatori fino a che nel 1441 i capi famiglia furono costretti a pagare una somma di 300 fiorini ai feudatari per evitare rappresaglie e saccheggi e per riscattare gli ostaggi che tenevano prigionieri. Questo periodo storico è ricordato con il nome di "Tuchinaggio", cioè la lotta del popolo contro i nobili oppressori. Ma solo 1448 mediante l'intervento massiccio di Ludovico di Savoia, cessarono le rappresaglie della popolazione e le prepotenze dei feudatari locali.
I Savoia presero la valle sotto la loro giurisdizione, dietro il pagamento di 2000 ducati d'oro, assolvendo gli abitanti dal reato di ribellione. Nei due secoli successivi dominarono i Savoia, però per breve tempo il territorio tornò in possesso della valle ai Valperga. Alla fine del 1666 una disastrosa piena dell'Orco devastò la vallata ed il Duca di Savoia dispensò la comunità dal pagamento della tasse per 10 anni. La storia del borgo segue poi quelle del Regno dei Savoia e della Repubblica italiana. Forse l'elemento di maggior evidenza storica fu quando nei primi anni del 1900, sul territorio s'impianto l'Azienda Elettrica Municipale di Torino, che portò lavoro e benessere in tutta la Valle Orco. Ciò permise un sensibile calo dell'emigrazione del locanesi in Francia, Svizzera e negli Stati Uniti. Infatti in testata del Vallone del Piantonetto si trova il Lago di Teleccio con la sua diga che insieme Valsoera e Eugio fanno funzionare le due grandi centrali a Rosone e Bardonetto.
Lungo la strada 460 di Ceresole trovo molti piccoli agglomerati di casa, alcuni, i più antichi, ancora in pietra e con il tipico tetto in "lose". La prima borgata che trovo sulla mia strada e Bosco, dove un cartello turistico stradale mi indica che nelle sue vicinanze c'è una palestra di roccia. Non è molto difficile immaginarlo, visto le alte falesie che si prospettano sull'abitato. Subito fuori dell'abitato, posto lungo la strada per Ceresole c'è una antica chiesa, interamente realizzata in pietra e con un grande vela campanaria. La chiesa a navata unica, presenta una facciata affrescata ma che necessità urgenti interventi e restauri.
A poche centinaia di metri, trovo un ponte che scavalca il torrente Orco e che mi conduce nella borgata Praie. Questa borgata è assai grande e molte case sono abitate tutto l'hanno, altre utilizzate nei periodi feriali ed altre abbandonate. Nella borgata trovo una piccola chiesa, dedicata a sant'Anna, costruita in pietra locale a spacco ed intonacata con copertura interamente realizzata in "lose". La facciata è decorata con due affreschi con motivi floreali e in una scritta sopra il portale d'ingresso che riporta una dedicazione in latino. La cappella è a navata unica con abside semicircolare Antistante la chiesetta si eleva un pronao porticato a pianta quadrata e voltato a crociera.
La torre campanaria sorge isolata dall'edificio della chiesetta. Questa presenta un impianto quadrato, anch'essa realizzata in pietra a vista nella parte inferiore ed intonacata nella porzione superiore. Sotto la cella campanaria, aperta sui quattro i lati, è posizionato l'orologio. Sotto il cornicione, reca la data 1821, sicura data di un restauro. A Praie il cui nome deriva dai prati, un tempo funzionava un Mulino. Un interessante passeggiata sarebbe quella che da Praie conduce alla casaforte di Pianit la cui costruzione risalirebbe ai secoli XVI e XVII. Purtroppo il mio tempo è poco e non posso perdere poco più di un'ora per raggiungerla percorrendo una mulattiera. Poco distante dal campanile di Praie vi è un altare celtico ossia una lastra di roccia recante numerose coppelle, forse di origine preistorica, che potrebbe essere attinente ad un luogo di culto o forse di sepoltura.
Tornato sulla strada 460 raggiungo Bardonetto che presenta degli agglomerati di case ben conservati e con le tipici terrazzi che corrono lungo l'intera facciata. Bardonetto è inoltre sede di una centrale elettrica. Un alternasi di case, prati e boschi mi portano fino alla Chiesa della Madonna delle Grazie al Gurgo. Questo è un Santuario che sorge, a lato della strada che conduce a Locana, nelle immediate vicinanze del torrente Orco. Realizzata anche questa in pietra a spacco lasciata a vista, trovo soltanto la facciata intonacata. Il suo impianto è ad aula unica e presenta un tetto a doppia falda in "lose". Sul fronte dell'edificio vi è un pronao a pianta quadrata che protegge alcuni affreschi ottocenteschi. Sul culmine del tetto del santuario è posizionata un'interessante Madonna con Bambino realizzata con terracotta.
Il campanile che si presenta alto e slanciato è anch'esso in pietra a vista con tetto a "lose". Il santuario presenta un ampio parcheggio antistante il prospetto principale. Poco dopo, un altro ponte mi permette di superare nuovamente il torrente Orco e una serie di cartelli mi indica che la strada mi conduce in una serie di borgate: Gurgo, Biollè, Nerat Gier, Sar, Viernè, Foere. Superato il ponte, alla mia destra una strada porta alla borgata di Gurgo, invece io proseguo per la borgata di Viernè. Il mio obiettivo in questa borgata e vedere il ponte romanico. La borgata è un bell'agglomerato di case in pietra con i classici tetti in "losa".
Raggiungo così a piedi il ponte, sicuramente di impianto pre-ottocentesco che si raggiunge percorrendo un sentiero che si inoltra in un fitto bosco e costeggia il Rio Vallunga. Sicuramente questo ponte doveva essere molto utilizzato su una mulattiera che doveva essere una importante via commerciale. La costruzione in pietra è ad arcata unica impostata su un arco leggermente ogivale, anche i parapetti sono in pietra a spacco. Lo percorro ripetutamente e mi soffermo a guardare le cascatelle che il rio crea, ma anche a pensare le fatiche che un tempo dovevano fare i montanari per vivere e le difficoltà che dovevano affrontare anche semplicemente gli scambi commerciali. Il ponte, immerso nella vegetazione merita sicuramente una visita.
Nella successiva borgata di Foere, ha la propria chiesetta con il suo alto campanile, che raggiungo percorrendo le strette stradine lastricate in pietra. Si tratta della Cappella della Madonna del Buon Consiglio e dell'Angelo Custode. Il cielo pare essere clemente oggi e nonostante i tranelli delle pozzanghere e l'umidità m'avvio tra faggi e castagni su un sentiero in cui ogni passo il percorso si tinge di colori diversi, grazie proprio al cambiamento delle stagioni. Ma anche i profumi che le piante e i fiori emanano sono intensi.
Raggiungo così questo masso che gli studiosi hanno definito un altare celtico. È maestoso, coronato dai castagni centenari che lo circondano. Oggi il masso pende leggermente, per via delle radici degli alberi, ma sicuramente al tempo dei Celti era in piani ed al centro di una radura. Sulla superficie della roccia vedo le coppelle, incisioni a forma di coppa, da cui si diramano delle scanalature che giungono fino al suolo. Mi piace pensare che sia un altare su cui i Druidi, i Sacerdoti Celti, leggevano auspici a seconda della direzione presa dall'acqua nelle canaline. Questo altare mi rimanda a tempo un lontano e la fantasia mi porta immaginare druidi biancovestiti intenti a officiare i propri riti e a preparare le loro pozioni, chissà per farne che cosa!
Devo rientrare sui miei passi velocemente se voglio vedere ancora qualcosa di questo immenso territorio comunale. Ripreso l'auto, poco dopo mi ritrovo sulla strada per Locana e Ceresole. Sulla mia sinistra lascio l'abitato della Gascheria con la Cappella della Madonna delle Grazie e raggiungo Boschietto. Anche questo è una graziosa borgata, con le case che si affacciano tutte sulla strada con le loro lunghe balconate e i bei giardini fioriti. Nelle borgate non è difficile incontrare mucche al pascolo o greggi di pecore nei loro grandi recinti con staccionate in legno. Raggiunto Locana, evito la sua circonvallazione ed entro in paese. Trovo un comodo parcheggio vicino alla chiesa di san Rocco. Questa Cappella posta nei pressi del cimitero è tutta intonacata anche all'esterno, ma priva di ogni tipo decorazioni. Il tetto, a due falde e copertura in "lose", sporge molto sulla facciata costituendo un ampio porticato che ripara l'ingresso della cappella.
La chiesetta al suo interno è ad aula unica, rettangolare voltato a botte. Un tempo la piccola Cappella fungeva da "posa dei morti" ossia alla sosta dei defunti, provenienti dalle frazioni prima della tumulazione presso il cimitero. Inizio a girovagare per il borgo. Su via Roma, la strada principale ci sono i monumenti ai caduti di tutte le guerre e subito dopo la casa di Riposo Vernetti. Questa istituzione fu realizzata con un lascito testamentario di Giacomo Vernetti. Istituito inizialmente nel novembre del 1885 come "Ospedale Vernetti" ora si è trasformato in una Casa di Riposo. Di fronte vi è il moderno edificio del Municipio. Osservandolo mi sovviene di aver letto che un tempo al piano terreno del Palazzo Comunale abbattuto e ricostruito vi si trovava il carcere. Era un carcere mandamentale da cui dipendeva anche Ceresole e Noasca. In una camera erano detenuti gli uomini e in quella attigua le donne.
Proseguo per via Roma, dove si affacciano molti negozi, alcuni ancora con antiche insegne, altre rifatte in stile inizio secolo scorso. La strada come l'ampia piazza è realizzata in cubetti di porfido ed è conservata ottimamente, oltreché pulita come poche altre strade viste in altre città. Alcuni negozi, ormai definitivamente chiusi sono ancora riconoscibili per le loro insegne dipinte sulle loro porte. Le case hanno tutti i balconi e molte presentano vasi di gerani fioriti. Raggiungo uno spiazzo dove si prospetta il Centro visitatori, Antichi e Nuovi Mestieri, "Spaciafurnel", ospitato nella chiesa sconsacrata di san Francesco.
L'edificio si presenta ancora con la facciata originale da luogo di culto. Infatti ha la facciata interamente intonacata con un portale dipinto e due finestre rettangolari. Sono dipinte anche due colonne con capitelli corinzi posti agli estremi lati del prospetto. Sopra il portale vi è una finestra reniforme. Il frontone si presenta con parte superiore spezzata in una serie di curve. La facciata presenta anche l'affresco di san Francesco. L'edificio conserva altresì la torre campanaria. Al suo interno il percorso espositivo lega gli antichi mestieri delle vallate piemontesi, in particolare lo spazzacamino e i nuovi mestieri legati agli impianti idroelettrici. Visitandolo trovo all'interno un ricostruito un ambiente domestico, non soltanto didatticamente utile per le nuove generazioni ma anche per ripercorrere con nostalgia la vita passata. Si racconta come nelle case alpine, il latte appena munto veniva trasformato in burro e formaggio. Ma vi è anche un teatrino animato che narra la vita degli spazzacamini.
Lasciato questa interessante mostra, attraverso via Roma e mi inoltro in una stretta strada per raggiungere piazza san Pietro, ove si prospetta l'omonima chiesa parrocchiale. La Chiesa Parrocchiale di San Pietro in Vincoli fu edificata sulle macerie dell'antica Parrocchiale dedicata a San Meineiro che fu distrutta nel 1628 da una frana e che sconvolse l'intero centro abitato. L'attuale edificio fu terminato nel 1681 e le uniche tracce dell'antico edificio si possono trovare nella torre campanaria. La facciata è di chiaro gusto barocco seicentesco, interamente intonaca in colore ocra e le lesene dipinto in rosso porpora con cornici color terra di Siena.
Presenta una sola porta con frontone a semi arco spezzato con una lapide marmorea nel timpano. Sopra di esso un mosaico con san Pietro in catene con angelo, ai lati due finestre rettangolari. Le due finte lesene sono poste agli angoli che sono curvilinei; sembrano posate su alti piedistalli e sorreggere la trabeazione con frontone ad ellisse. L'interno è a tre navate ed in stile barocco con bei altari in legno scolpito con fregi di stile barocco. L'altare maggiore è novecentesco in marmo. Lascio la chiesa in quanto vi stanno accedendo diverse persone, forse per una funzione religiosa.
Mentre riprendo via Roma ricordo che Locana non diede i natali solo a spazzacamini, alpigiani e addetti alle centrali idroelettriche ma anche ad illustri personaggi, come Salvatore Gotta natovi nel 1887 nella borgata Montepiano che fu un importante scrittore. Alcune suoi romanzi ebbero una versione televisiva, come Il Piccolo Alpino. Frequentato la scuola elementare di Locana, costui si trasferì a Montalto Dora ed infine a Portofino dove morì nel 1980. Un altro illustre personaggio fu Serra, nato nel 1885, sì laureò a Torino nel 1912. Dopo la Prima Guerra Mondiale fu chiamato a ricoprire la cattedra di lingua e letteratura italiana all'Università di Cluji, in Romania. Da Cluji, in cui rimase per vent'anni, iniziò a pubblicare i primi importanti studi di toponomastica e glottologia su riviste specializzate.
Raggiungo il santuario della Madonna del Cantellino posto in via Roma angolo Via Aldo Moro. La chiesa è preceduta da un pronao porticato su pilastri quadrati, con archi a tutto sesto su cui si poggia direttamente il frontone. Il tetto è a doppia falda realizzato con copertura a "lose". Sul culmine del timpano e posta una statua di Madonna con Bambino. La facciata è intonacata e decorata con la presenza di affreschi a tema religioso. Il campanile realizzato in muratura di mattoni a vista. Accedo al suo interno è la trovo a due navate, ma si sta svolgendo una funzione religiosa, pertanto esco per non disturbare i fedeli. Qui ha luogo la festa più sentita e partecipata di Locana, "la Madonna del Cantellino" che si svolge il giorno della Natività di Maria Vergine e che viene celebrata la prima domenica di settembre.
Rientro sui miei passi e prendo, per una rapida visita, via del Ponte, una stretta e caratteristica strada che quasi all'incrocio con la strada 460 di Ceresole, dove trovo la graziosa Cappella dedicata a San Grato. Se voglio continuare la mia visita devo tornare all'auto, non prima di essermi fatto fare un paio di panini in un bar, per proseguire il mio girovagare senza dovermi fermare. In auto supero il ponte sull'Orco, raggiungo dapprima la borgata Sert dove tutte le case presentano bei giardini e le case sono assai sparse ai piedi della montagna. Tra queste case trovo la Cappella di San Giuseppe. Proseguo inerpicandosi per una stretta stradina che conduce alla borgata delle Piane. Un bell'agglomerato di case, appena parcheggiato mi viene incontro un bel gattone rosso che chiede come pedaggio d'ingresso delle coccole.
Mi accompagna sul borgo fino alla Cappella della Beata Vergine Assunta. Questo edificio religioso sorge nel mezzo della borgata ed è realizzata in pietra locale ma è completamente intonacato anche all'esterno. In facciata, sotto l'alto porticato sono presenti due medaglioni realizzati a mosaico raffiguranti personaggi religiosi. L'interno è voltato a botte lunettate e non risulta particolarmente decorato. La parete absidale rettangolare. Il bel gattone mi abbandona sull'uscio della chiesetta. Riprendo l'auto e proseguo per via Piandemma. Dopo un lungo percorso tra bellissimi boschi raggiungo quest'altra caratteristica borgata. Non vi trovo nessuno, vi aggiro tranquillamente sulle strette e caratteristiche stradine, dove trovo tanti attrezzi agricoli per coltivare i bei versanti erbosi.
La locale chiesa sorge isolata e la sua costruzione si può fare risalire tra il XVIII e il XIX secolo. La facciata presenta un bel portico ed è intonacato e affrescata con tre affreschi: quello centrale raffigurante Gesù tra due santi inginocchiati, quello di sinistra dedicato a San Giacomo e quello di destra a Sant'Antonio. Invece il suo campanile sorge isolato e distante dalla chiesetta ma ne è sicuramente coevo. Se non sbaglio la chiesetta dovrebbe essere intitolata alla Madonna della Neve. L'ottimo stato conservativo ne dimostra l'attaccamento popolare. Per arrivare fin qui ho attraversato tanti piccoli agglomerati di case, alcuni con edifici ristrutturati, altri in stato di abbandono. Non sono riuscito a fermarmi in tutte, ma sulla via di ritorno verso Piane, devierò per la borgata Chironio.
Raggiungo così Chironio e nel soffermarmi in questa borgata rifletto sull'architettura alpina di questa vallata. Infatti sul territorio ho riscontrato la presenza di due tipologie di abitazioni tradizionali, soprattutto di tardo-seicentesca e databili fino al XIX secolo. Le caratteristiche e tipiche case presentano "lobbie". Questi sono in legno, altri hanno archi porticati su più livelli. Alcune case, sia quelle isolate che quelle dei centri urbani agglomerati presentano case con logge o più spesso con balconi lignei. Numerose abitazioni conservano in facciata affreschi murali a soggetto religioso ma anche meridiane.
Il materiale tradizionale più usato nella loro costruzione sono ciottoli, gneiss e legno di castagno, larice e le immancabili "lose". L'organizzazione degli spazi interne delle case, sono generalmente suddivisi con il seminterrato adibito a stalla, il primo piano ad abitazione con balcone in legno, sottotetto a fienile con essiccatoio e collegati tra loro con scale interne od esterne. In questa borgata, oltre alle caratteristiche case, dai giardini fioriti vi è la Cappella della Santissima Trinità. Dopo aver visitato il borgo mi dirigo a vedere il ponte Romanico di Chironio. Si tratta di un bel ponte in pietra ad arcata unica.
Osservando il corso d'acqua sottostante, mi sovviene di aver letto che nel 1719 in Locana esistevano 29 mulini, come in località Praie, Molera, Chironio, Fredisso, Pratolungo, Precaria, Piantonetto e Chiavaria. Molti di questi molini avevano od hanno una sola ruota e quando soprattutto in montagna l'acqua non c'era per gelate o siccità si usava il vento, la forza animale e forza umana per far girare le ruote. Lascio Chironio, supero l'incrocio per la borgata Piatour, Galenca e Montigli con la sua Cappella della Madonna degli Angeli, proseguo verso La Cialma. All'Alpe Cialma trovo un bell'impianto sciistico con le sue piste di discesa. Si tratta di impianti sportivi assai belli, soprattutto apprezzati da chi pratica lo sci alpinismo. Tra l'altro questo territorio permette bellissime camminate di trekking in estate e con ai piedi le ciaspole quando tutto è ricoperto di neve.
Rientro verso Locana, ma prima della frazione Porcili, in prossimità di un tornante inizia una stretta strada che conduce al rifugio alpino Santa Pulenta. Purtroppo non potrò raggiungere la Chiesa di San Vito la presente in località Cambrelle. Proseguo la mia strada e superato il torrente Orco e l'abitato di Locana, risalgo sull'altro versante della vallata e dopo un qualche tornante e aver goduto di splendidi paesaggi e panorami raggiungo Montepiano. In questa zona vi erano delle cave di calce, conosciute sin dai tempi antichi, che furono sfruttate per centinaia di anni. Una bellissima borgata da cui partono tante stradine e mulattiere come quella che conduce a Forcetta, tutte con le loro belle case in pietra e le loro chiesette. Da qui si può salire alla pietra del diavolo. Infatti in mezzo ad un bosco, esiste una pietra piatta e lunga che si vuole venisse usata dagli abitanti del villaggio per battere l'orzo, rendendo gli abitanti delle altre borgate gelose, anche per la splendida posizione soleggiata di tutta la valle.
Ciò indispettiva i dirimpettai di Montigli che fecero un patto con il diavolo chiedendogli di portare loro metà della grande pietra. Una notte gli abitanti di Montepiano furono svegliati da fortissimi rumori e accompagnati dal loro Sacerdote si recarono da dove proveniva quel frastuono. Videro con grande spavento il Diavolo intento a tagliare a metà la pietra con un enorme scalpello. Il sacerdote armato di fede, con l'aspersorio e iniziò la benedizione il luogo. Il diavolo fuggì lasciando ben visibili i segni del suo scalpello sulla roccia. Torno verso Locana e riprendo la strada per Ceresole, poco dopo incontro la borgata di Roncaglie con la piccola cappella tutta imbiancata dedicata a San Donato. Superata questa borgata, oltrepasso nuovamente il torrente Orco verso le borgate Fornello, Foppa, Chioso e Pratolungo-Ronco per visitarle almeno sommariamente.
Rientro sulla strada per Ceresole dopo aver attraversato tante piccoli agglomerati di case e subito dopo il ponte sull'Orco vi è la borgata di Roncore superiore con la sua Cappella di San Giovanni Battista. Attraverso Casetti, tra moderne villette, condomini e antica case. Casetti, significa luogo formato da piccole case; tante sono le abitazioni a due e tre piani con i tradizionali balconi che corrono tutt'intorno alle costruzioni. Anche in questa borgata vi è una bella chiesetta con campanile a vela dedicata a San Domenico. Entro in Rosone, una grande e bella borgata, dove gli impianti idroelettrici hanno trasformato l'intero l'abitato.
Anche la chiesa parrocchiale di San Giuseppe e San Michele è totalmente nuova; architettura sicuramente lontana dai canoni dei borghi alpini ma ben in sintonia con le abitazioni di Rosone. Sinceramente non vi è nulla che mi attrae per fermarmi, preferisco proseguire e arrampicarmi per il vallone di Pantonetto. Dopo diversi tornanti su per un vallone assai stretti supero la frazione di Rocci, dove incontro diverse persone che fanno sport, correndo lungo la strada in compagnia di un bel grosso cane nero. Qui da qualche parte dovrebbe esserci la Cappella Madonna delle Grazie. La borgata successiva a 1045 metri slm, presenta tante belle case, per la maggioranza ad uso vacanze, vi è anche un trattoria e la Chiesa intitolata a San Lorenzo che da il nome alla borgata. Questa ha una bella chiesetta, con tetto a capanna, porticato in facciata con l'immagine sacra. Salendo ancora trovo la borgata Valsoani, poi Guglieri a 1095 metri slm; qui vicino a una fontana vi è un masso in cui è ricordata con una linea incisa nella roccia l'altezza dell'acqua arrivata durante l'alluvione del settembre 1993.
Salendo ancora vi è la borgata vi san Giacomo. Scendo per aggirarmi tra le antiche case in pietra e raggiungo la cappella dedicata al Santo che da il nome alla borgata. Anche questa è una cappella con tetto a capanna e alto porticato sorretto da due colonne rotonde. La facciata è intonacata, mentre il resto, con il tozzo campanile è in pietra a vista. Ultima tappa in questo vallone è delimitata da un cartello della società titolare degli impianto idroelettrici che ne interdice la prosecuzione. La strada si conclude alla diga di Teleccio. Rientrato sulla strada per Ceresole, superata una galleria mi ritrovo a Fornolosa, una borgata con diversi esercizi commerciali lungo la strada principale.
Nella borgata vi è la Chiesa di San Michele Arcangelo che ha caratteristiche molto particolari. L'edificio è realizzato in muratura tradizionale in pietra a spacco e presenta una facciata convessa, intonacata e decorata con motivi geometrici, di sicura origine tardo settecentesca. Accedo alla chiesa attraverso una alta scalinata e entrato vi trovo un aula unica con cappelle laterali e affrescata con motivi geometrici. Uscendo noto sul fianco destro della chiesa un campanile interamente intonacato dotato di orologi.
Davanti alla Chiesa, su una antica abitazione vi sono due, direi vecchi, affreschi. Proseguo nella mia visita fino a raggiungere la località Fornetti, posto oltre il torrente Orco. Qui vi trovo, sotto la Chiesa di San Bartolomeo, un anziana Signora intenta a dare da mangiare a due gattini. Chiacchieriamo sulle vicende della borgata e sulle vicende della piccola comunità, pressoché legate alla locale chiesetta, che si presenta molto alta, con facciata intonacata e affresco tra portale e oculo. La signora mi racconta che un tempo in vallata vi erano diverse fucine in cui si costruivano badili, vanghe, zappe ed altri utensili per l'agricoltura.
Riprendo il percorso fino a raggiungere la borgata di Fey. Un altra interessante borgata tra prati verdi, montagne e boschi. Anche qui vi è la sua Cappella intitolata A Sant'Antonio. Due bambini giovano in strada con le loro biciclettine, davanti alla chiesetta che si presenta abilmente restaurata, in pietra a spacco a vista con alto porticato. Sopra il portale vi è un bell'affresco e lateralmente vi è alto campanile con cella campanaria in mattoni a vista che sembra voler gareggiare con gli alberi del vicino bosco.
In località Giroldi, ultima tappa del mio girovagare, c'è il monumento allo spazzacamino, anzi al "Cit spassacamin". Si tratta di un bel monumento dove è raffigurato un giovane spazzacamino. Una lapide ha incisa la dedicazione, scritta in franco provenzale. Infatti l'attività di "Spaciafurnel" trova sviluppo nella seconda metà dell'Ottocento, quando dal territorio di Locana e Noasca era forte la migrazione stagionale. Si trattava di ragazzini, spesso ancora bambini, i Gògn, in genere di 6 o 7 anni, che si spostavano tra Novembre e Maggio, in piccoli gruppi. Ogni gruppo aveva un capo più anziano ed esperto, i ragazzi dovevano avere una corporatura minuta perché venivano fatti salire su per la canna fumaria che dovevano scrostare dalla fuliggine. Questi gruppi di ragazzi si spostavano in pianura o al di là delle Alpi. Ricordo l'abito tipico che vestivano costoro il "lu gich", un giubbotto con il colletto alla russa, una camicia di tela che dovevano essere ben chiusa ai polsi in modo da non far entrare la fuliggine e i "tàiras" ossia i calzoni di velluto, con toppe sulle ginocchia. Ma il loro segno distintivo era il "bartun", un berretto di tela a forma di sacchetto che si metteva sulla testa durante la pulizia del camino e che permetteva di respirare senza ingoiare la fuliggine. Ormai rientro verso casa e cerco di vedere tra i boschi in mezzo ai monti dove si trova il Santuario di Sant'Anna. Questo santuario e posto località Meinardi che sorge su un terrazzamento. L'attuale costruzione è in stile neogotico realizzato nel 1891. La devozione in questo santuario è fervida, ogni anno decine di persone percorrono il sentiero per raggiungerlo e partecipare alla processione che vi ha luogo. Si è fatto tardi, ormai scende la sera e i colori si fanno più scuri, rientro verso casa con tante nuove suggestioni e scoperte che rendono questa parte di Piemonte un luogo incantato.