Morano sul Po farebbe pensare ad un borgo costruito in mezzo al fiume, ma è solo un retaggio del passato la definizione "sul Po", infatti la riceve nel 1862 con Regio decreto di Vittorio Emanuele II per distinguerlo da omonimi altri paesi recentemente uniti al regno d'Italia, ossia Morano calabro in provincia di Cosenza e Morano frazione di Perugia.
Anche il toponimo Morano ha diverse, forse leggendarie origini. C'è chi vuole che la prima denominazione derivi dai "mori", ossia dagli schiavi provenienti dall'Africa e utilizzati per setacciare le sabbie aurifere del Po. Altri lo vogliono far derivare dalla coltivazione dei "Muron" o Moro, il nome dialettale del Gelso e del suo frutto. Però ricordiamo che il Gelso proviene dall'Asia. Pare che il Morus Nigra ossia il Gelso nero, originario dell'Asia minore sia stato introdotto in Italia nel cinquecento, mentre il Morus Alba, mentre il Gelso bianco proveniente dall'Asia minore sia di poco prima importazione, ciò rende assai difficile l'attribuzione del toponimo al "Muron". Invece credo che sia molto più credibile il prediale in anus dal nome di persone romana Maurus diffuso nella pianura padana. Di certo Muranus è citato per la prima volta in un diploma dell'Imperatore Ottone III in data 19 luglio 992 come concessione a favore dell'abbazia di Novalesa.
Ancora nell'anno 1000, l'Imperatore Federico Barbarossa, confermava il borgo di Morano a Uguccione, vescovo di Vercelli. Le cronache ci raccontano che nel 1167 in località Matasco detta "Braida" o Braia fu fondato l'ospedale Gerosolimitano, ormai totalmente scomparso. Morano per la sua collocazione geografica fu sempre oggetto di transito e scontro di diversi eserciti. L'importanza del sito è provato, nonostante le tante alluvioni subite e cambiamenti di percorso del fiume Po, da notevoli ritrovamenti di epoca romana. Le guerre che coinvolsero questo borgo sono diverse e gli annali riportano soprattutto la guerra tra il marchese del Monferrato e i vercellesi che videro saccheggiato il paese e distrutto l'antico castello del Torrione da parte dei vercellesi nel 1182.
Nel 1306, il borgo subì l'occupazione delle milizie milanesi e che duro fino al 1335. Infatti quando Teodoro I Paleologo arrivò in Monferrato da Costantinopoli si scontro con i Visconti di Milano ed altri feudatari che avevano occupato il marchesato. Ricordo che Teodoro I Paleologo fu principe di Bisanzio e marchese del Monferrato, era figlio dell'Imperatore bizantino Andronico II Paleologo e di Violante di Monferrato, conosciuta anche come Jolanda di Monferrato o Irene di Bisanzio. Costei era nata a Casale Monferrato nel 1274 ed era diventata balissa dei Romei ossia Imperatrice d'Oriente, prendendo il nome di Irene sposando Andronico II Paleologo di Bisanzio. Teodoro I fu designato erede del marchesato del Monferrato da Giovanni fratello della madre Violante. Suo zio Giovanni, ultimo maschio della dinastia degli Aleramici morì privo di figli. Teodoro I morirà a Trino vercellese il 21 aprile 1338 ma darà avvio alla discendenza dei Paleologi in Monferrato.
Nel 1346 a Morano, ancora assoggettato alle truppe milanese, anche se il borgo era tornato in possesso ai Paleologi dal 1335, fu ospitato in confino, Matteo II, Bernabò e Galezzo Visconti, inviati da parte dello zio Luchino Visconti, anche se la storia appare controversa sulla presenza di costoro. Forse l'unico che vi soggiorno fu Matteo II, mentre Bernabò era segnalato alla corte degli Scaligeri a Verona, invece Galeazzo II trovò rifugio presso i Savoia. La storia locale vuole che Matteo II fosse stato alloggiato nella torre civica, quello che divenne in seguito la torre campanaria della chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista. Nel 1431 Morano fu occupato militarmente dalle truppe sabaude e riconsegnato nel 1435 al Marchese del Monferrato. Deceduto Guglielmo IX, marchese del Monferrato che aveva sposato Anna d'Aleçon e del loro figlio erede maschio, il diciottenne Bonifacio IV nel 1530, il Monferrato con Morano passa a Gian Giorgio, fratello di Guglielmo IX, già abate di Lucedio. Costui, tornato a stato laicale, si sposò per procura con la sorella del Re di Napoli, Giulio d'Aragona. Estintasi la stirpe dei Paleologi, nel 1535 l'Imperatore Carlo V assegna il Monferrato ai Gonzaga e nello stesso anno Morano è infeudato ad Alberto Bobba di Lu. Estintosi anche quest'ultimo ramo dei Bobba, il feudo di Morano venne acquistato nel 1589 dalla camera Ducale del Monferrato da Gian Giacomo Paletti o Faletti di Barolo. Successivamente, Morano fu elevata a contea nel 1606 ed assegnata a Giovanni Bonin di Venezia, passando nel 1612 al mantovano Alessandro Cattaneo. Il Monferrato, passato nel 1613 al ramo Gonzaga – Nevers riapre la conflittualità con i Savoia e il 24 aprile dello stesso anno, l'esercito del duca Carlo Emanuele I di Savoia attacca Trino. I monferrini, usciti da Casale M.to con una colonna di 1800 uomini per dare manforte alle truppe attaccate a Trino, vengono affrontati e sconfitti a Morano. questo borgo subì successivamente il saccheggio da parte delle truppe savoiarde. Nel 1614 a Morano si acquartierò la cavalleria del Governatore spagnolo don Antonio de Leyva. Nel 1616 i savoiardi saccheggiarono nuovamente Morano, subito dopo fu risaccheggiato dalle truppe spagnole di don Pedro de Toledo. Il 3 aprile 1630 le truppe francesi del reggimento "La Grange" si acquartierò nel borgo, in attesa che le acque del Po decrescessero a seguito delle piogge intense che ne impedivano l'attraversamento. Successivamente nel 1640 a Morano prende alloggio la Cavalleria spagnola del marchese Carlo della Gatta durante l'assedio di Casale M.to. Nel 1642, il 13 agosto fa di nuovo sosta l'esercito francese del duca di Lungavilla in attesa di poter attraversare il Po. Poi toccò all'acquartieramento delle truppe del principe Tommaso di Savoia a capo dell'esercito franco-savoiarde, dopo la distruzione e saccheggio di Santhià. I francesi del conte Plessis Praslin, acquartierati a Fontanetto, nel 1646, vennero a saccheggiare Morano. Nel Maggio del 1647 e Settembre 1649 tornarono a saccheggiare i francesi e nell'ottobre 1649 toccò agli spagnoli del marchese Caracena, poi ancora il 30 ottobre 1849 incendiarono le case e violentarono le donne. L'esercito spagnolo si acquartierò nuovamente a Morano nel dicembre del 1653 per otto mesi. Nel 1654 un alluvione del fiume Po investì Morano e la frazione Pobbietto, arrivando con le sue acque all'altezza dell'altare maggiore nella chiesa parrocchiale del capoluogo. È con questa alluvione che i moranesi chiesero l'intercesso di santa Prudenziana e ne iniziarono la devozione. Nonostante la devastazione dell'alluvione, i moranesi subiscono nell'agosto del 1654 il saccheggio, distruzione e maltrattamenti da parte delle truppe spagnole. Ancora l'anno successivo il borgo subisce l'acquartieramento delle truppe franco-savoiarde del marchese Villa. Ancora nel settembre del 1657 alcuni moranesi perdono la vita durante il passaggio delle truppe francesi accampate a Camino. Nel febbraio 1685, estintosi il casato dei Cattaneo, il territorio di Morano passa ai Paoletti e Sanzoni. A Morano nell'agosto del 1691 trovano alloggiamento le truppe del principe Eugenio di Savoia che assedia la cittadella di Casale M.to in possesso delle truppe francesi del re Sole, Luigi XIV. Il 7 gennaio 1720, Vittorio Amedeo II conferma il feudo di Morano al marchese Mossi. I moranesi sono anche coinvolti nella guerra del 1745 tra i Savoia, l'Austria e l'Inghilterra contro Francia e Spagna e dove il campo di battaglia è nuovamente l'Italia del Nord. La povertà e la crisi economica favorì gli ideali rivoluzionari francesi di Libertà ed Uguaglianza, anche fomentati dal vercellese professor Giovanni Antonio Ronza che fu anche a Morano a fare proselitismo. I francesi furono inizialmente accolti benevolmente, fino al ritorno degli austro-russi al comando di Suvarov e Wukassovich che assediarono Casale Monferrato. Tornati i francesi con Napoleone nel 1800 Morano trovo un po' di serenità, e con la sua caduta e il ritorno della restaurazione, Morano seguì da allora la storia del Piemonte prima e dell'Italia unita poi.
Supero così la porta d'accesso, ossia un ardito ponte in calcestruzzo che un tempo proteggeva i viaggiatori che transitavano sulla strada che era attraversata da una teleferica o teleforo che trasportava il materiale scavato e proveniente dalla cave di materiale da oltre Po al cementificio, impiantato nel 1885. Ora tutto ciò è un ricordo di quando Morano era la capitale dei cementifici. Il ponte invece, fa la sua bella figura, oltreché racconta la storia industriale di Morano sul Po. Parcheggio l'auto in piazza Piemonte, dove si erge la scuola elementare, un bell'edificio inaugurato nel 1907, sulla cui facciata è collocata una lapide che ricorda il partigiano Bavoso Mario. Questo ragazzo era nato a Morano sul Po il 20/05/1923, di professione meccanico, fu trucidato a Torino il 02/04/1944. Quale appartenente 5 divisione alpina Giustizia e Libertà. Costui fu catturato dai Nazisti e fucilato al Pian del Lot, un posto isolato sulla collina torinese, insieme ad altri 26 giovani partigiani. Fu un atto di rappresaglia per l'uccisione del caporale Walter Wohlfahrt, appartenente ad una batteria della Flak, che venne colpito a morte sul ponte Umberto I, a Torino. I partigiani furono legati per le mani a piccoli gruppi, ed uccisi a colpi di mitraglia davanti ad una fossa comune che probabilmente essi stessi hanno scavato.
Sempre sulla piazza, un tempo si affacciava la trattoria Italia, ormai scomparsa, come scomparse sono le sue balconate in legno con ringhiera che in autunno erano utilizzate per stendere il granoturco. Ora qualche balconata resiste nei cortili delle vecchie abitazioni. Sulla via principale che attraversa tutto il paese, un tempo denominata via Maestra poi via Umberto I ed ora via Mario Bavoso, ieri come oggi è coronata da bei palazzi porticati. Anche piazza Principe di Piemonte durante il periodo fascista cambiò nome in piazza Costanzo Ciano. È incredibile come un borgo che subì nel corso dei secoli ogni tipo di angherie e soprusi da parte di tanti esercirti di passaggio e dove anche il fiume Po ha contribuito spesso a cambiare i connotati all'abitato, sia riuscito a mantenere molte caratteristiche di epoche antiche.
L'edificio comunale, posto su via Bavoso è in laterizio con mattoni a vista, fu edificato nel 1839 e poi modificato nel 1879, mantenendone le caratteristiche essenziali. È qui che mi reco per incontrare Luca ed iniziare insieme la mia passeggiata per Morano. Un borgo ricco di monumenti, pulito e decorosamente arredato. Sotto i portici del palazzo municipale, oltre alla mitica "pietra del dottor Vanni" che ricorda le molte generazioni passate a giocare, discutere e scherzare dinnanzi al municipio, c'è una bella targa che commemora Don Martino Michelone. Sulla pietra che tutti citano come "Preia dal Medich" o "la pietra del dottor Vanni", non vi è certezza della sua provenienza, ma certamente sulla pietra vi sono tante leggende. Si tratta di una grossa pietra in granito rozzamente squadrato in forma rettangolare. C'è chi racconta che la sua provenienza sia di qualche monumento scomparso come l'antico ospedale dei cavalieri di San Giovanni, chi la vuole come una pietra utilizzata in antichità per esporvi i malfattori o i debitori, chi la vuole proveniente da una chiesa ormai scomparsa. Il suo nome "Vanni" invece, vorrebbe indicarci il proprietario del terreno in cui fu trovata questa grande pietra. Invece la targa che commemora Don Martino Michelone è stata collocata per ricordare il sacerdote che durante la seconda guerra mondiale, nascose una famiglia ebrea nella canonica, rischiando così anche la propria vita. Don Martino Michelone, nativo di Morano nel 1907 fu proclamato Giusto fra le Nazioni dallo Stato d'Israele per aver dato rifugio ad una famiglia ebraica nella canonica di Moransengo nel periodo delle persecuzioni razziali fasciste. Andiamo per prima cosa a visitare la chiesa della Santissima Trinità sita in Via Pietro Gallo. Questa chiesa ha la facciata in mattoni a vista, tripartita da paraste, in entrambi i due ordini con frontone triangolare, nel secondo ordine si apre al centro una bella finestra sagomata. Accedo all'interno della chiesa, attraverso l'unica porta d'accesso frontale. L'interno ha pianta a croce latina con diversi affreschi sulle pareti interne; presenti alcune decorazioni in stucco. Luca mi dice che non si conosce la data di costruzione, ma che comunque è anteriore al 1608, prosegue dicendomi che fu sede di confraternita, detta della Cappa Rossa che dava ospitalità ai pellegrini e ai malati, inoltra provvedeva alla dote delle ragazze povere del paese. Ora, la chiesa è di proprietà comunale ed è divenuta auditorium ed è usata per manifestazioni culturali. Tornato su via Mario Bavoso mi soffermo dapprima davanti alla bella e suggestiva casa medioevale detta Casa degli Archi. Questo è un quattrocentesco edificio che ospita la biblioteca comunale ed è stato recentemente restaurato; presenta un ingresso porticato con begli archi, una serie di finestra al primo piano, alcune tamponate, mentre al piano superiore una serie di grandi quattro finestre con grandi archi. Sempre un grande arco gotico è posto sul fianco della casa, su cui sotto corre via Agostino Ubertis, mentre sopra è posto una bella balconata coperta con archi a tutto sesto. Balconate e finestre sono ingentilite da vasi fioriti e diversamente colorati. Accompagnato dal Sindaco visito il primo piano, salita una stretta scala trovo un antico camino, ormai intonacato. È giunta l'ora di visitare la chiesa parrocchiale dedicata a san Giovanni Battista, patrono di Morano. La chiesa fu Ricostruita nel XVI secolo sui resti di una precedente chiesetta, distrutta insieme al Castello del borgo all'epoca delle lotte tra i Marchesi del Monferrato e i Vercellesi. La chiesa attuale fu invece edificata nel XVII-XVIII secolo. La facciata è ampiamente affrescata da Mario Micheletti nel 1937, con scene che raffigurano San Giovanni Battista al centro, quattro angeli, otto episodi della vita di Cristo e due gruppi di fanciulli. Sulla facciata della chiesa sono presenti piccole targhette che indicano l'altezza raggiunta dalle acque nelle alluvioni del 1994 e 2000. Accediamo all'interno della chiesa che si presenta a tre navate, divise da colonne con capitelli ionici sorreggenti arcate a tutto sesto. Sono presenti molti affreschi, ad esempio sulla volta è dipinta l'Assunta, l'Ascensione di Cristo, Dio Padre; mentre alle pareti del coro vi è la Nascita di Giovanni Battista, la Predicazione del Battista, la Decollazione. Il presbiterio e il coro rettangolare sono sopraelevati e l'altare maggiore in marmo è settecentesco come la bella balaustrata. All'interno della chiesa sono presenti preziosi e massicci confessionali lignei in stile barocco, provenienti dal Santuario di Crea. La fonte battesimale marmorea è databile al tardo Cinquecento, Belle anche se rimaneggiate gli altari laterali. Purtroppo la chiesa subì importanti furti di rilevanti tele come quelle attribuita a Guglielmo Caccia detto il "Moncalvo". Salgo con Luca sul campanile che originariamente forse era una torre del castello ma certamente fu l'antica torre civica dove fu rinchiuso Matteo II dallo zio Luchino Visconti. La scala d'accesso è in legno e accede a ampie stanze, purtroppo oggi abitati da colonie di piccioni. Il panorama che si gode dalla cella campanaria è incredibile; mi permette di vedere l'intero borgo, le risaie che si distendono a perdita d'occhio, la collina di Coniolo e il sinuoso corso del fiume Po. Disceso dal campanile, Luca mi spiega che anticamente il sagrato era chiuso sui tre lati da un alto muretto ad andamento sinuoso, detto Barchetto, risalente agli inizi del sec. XVIII e poi abbattuto nel XX secolo. Oggi il sagrato conserva una protezione con catenelle in ferro e colonnine i ghisa, mente la pavimentazione è disegnata con lastre di pietra e colorate pietre. Su un edificio posto sulla piazza c'è un affresco con un agnello di Dio, sempre a ridosso a questo edificio ma posta su via Po vi è un antica formella su una chiave di volta di un arco,ormai inglobato nelle mura, sicuramente è ciò che rimane della chiesa SS. Angeli, sede di un antica Confraternita.
Percorriamo via Po fino a raggiungere via san Rocco che delimita il confine del borgo, qui vi è ciò che rimane della cappella di san Rocco, ormai in stato di abbandono: l'amico sindaco mi racconta che non è nota la data di costruzione ma è certo che fino al sec. XIX, nella giornata dedicata a san Rocco vi si effettuava una processione che si concludeva nella chiesa parrocchiale. L'edificio è deturpato dall'inserimento edilizio di una cabina elettrica e dal imperversare di erbacce e edera che soffoca il piccolo edificio.
Proseguiamo la nostra passeggiata, rientrando sui nostri passi; l'occasione è ottima per raccogliere i racconti di Luca sulla storia di alcuni personaggi illustri moranesi, come Nicola Finazzi, tipografo in Venezia agli inizi del XVII secolo, Francesco Migliavacca (1859-1942) famoso musicista. Ma soprattutto, Giovanni Pietro Gallo, (1785-1862) rettore Università di Torino e fondatore della scuola materna di Morano, la prima in Piemonte. Anche Giovanni Emanuel (1847-1902)che fu tra i massimi attori di teatro dell'Ottocento e che fu maestro di Eleonora Duse ed Ermete Zacconi. Invece Beccaria Francesco vi nacque nel 1905 e fu un abile pilota di caccia che si mise in evidenza durante la seconda guerra mondiale. Costui nel 1940, come capitano pilota fu insignito della croce di guerra al valor militare per un azione compita nei cieli della Libia e nel 1941 fu decorato con la medaglia d'argento al valor militare per un'altra impresa aerea nei cieli del mediterraneo. Il Beccaria divenne rapidamente generale di Divisione aerea. Invece Milanese Vanni Maria vi nacque nel 1905 e divenne cavaliere del lavoro, al vertice del gruppo Fibronit di Casale Monferrato. Raggiungiamo cosi la chiesa di San Pietro martire posta nell'omonima via. Non è nota la data di fondazione ma sicuramente risalente al XIV secolo e fu costruita dai frati domenicani. Fu per molti ani sede della confraternita di San Pietro martire, detta della Cappa Bianca. L'edificio subì nella seconda meta del VIII secolo un ampliamento.
L'esterno è purtroppo intonacata, un tempo sicuramente era in mattoni a vista, la facciata ormai in stile neoclassico è con tetto a falde, tripartita da lesene, con una grande finestra a lunetta, posta sopra un portale in pietra con frontone sovra-porta e piedritti in pietra. Vi accedo a nel suo interno diviso in tre navate da robuste colonne sorreggenti archi a sesto acuto intonacate con scanalature dipinte e abside semicircolare. Nel suo catino vi è l'affresco di Cristo nella mandorla coi simboli del Tetramorfo. Luca mi racconta che sull'altare maggiore un tempo vi era una pala di inizio sec. XVII di Carlo Cane, raffigurante il Martirio di San Pietro martire, purtroppo andata persa. Vi sono affreschi anche nell'intradosso dell'arco trionfale Santi e busti di Profeti, bisognosi di restauri. Sulle pareti sono conservate altre pitture murali come una Madonna allattante in trono tra i Ss. Rocco e Sebastiano e l'affresco con Madonna col Bambino, angeli con strumenti musicali e i Ss. Giovanni Evangelista, Giovanni Battista, Pietro martire e Giuseppe. Ma sono anche riconoscibili gli affreschi di san Biagio, san Martino san Francesco con orante. Sempre nell'abside sono raffigurati nella parte inferiore, suddivisa in tre scomparti con cornici il Martirio di san Pietro martire, dal lato opposto Salomè presenta ad Erode la testa di san Giovanni, mentre lo scomparto centrale è stato cancellato dall'apertura di una finestra. Su una lunga trabeazione si legge la scritta: «Opus Fecerunt F Zanus Finacius et Jacopinus Ferrarius». Gli affreschi sono databili a fine XV - inizio XVI secolo. Sempre Luca mi racconta che è tradizione celebrarvi annualmente una messa votiva in onore del santo con benedizione e distribuzione di pani dolci tipici detti turcèt. Ripreso l'auto ci rechiamo alla furnasetta o fornace di Pietro Barbesino, per arrivarci transito davanti ad una Riseria, mia abituale sosta per acquisto del pregiato riso che vi producono, subito dopo, terminato l'alea di alberi di Tigli, vi è una edicola ove è rappresentato Sant'Antonio Abate, segue a breve distanza la Stazione ferroviaria di Morano sul Po. La stazione era un tempo utilizzata sia dal personale che lavorava al cementificio che dalle mondine che raggiungevano le Grange ove passavano la stagione della monda del riso. La linea ferroviaria è ancora funzionante, anche se è dismessa la stazione, collega Chivasso con Casale Monferrato. Questa linea ferroviaria fu inaugurata nel 1887. Raggiungo così la Furnasetta che produceva calce idraulica ed iniziò a operare nel 1908. Oggi totalmente in disuso è un monumento di archeologia industriale che meriterebbe maggiore cura e magari diventare anche un museo sull'industria della calce a Morano sul Po. Ancora oggi le sue due alte ciminiere sembrano voler fare il solletico alle nuvole.
Superata la ferrovia e il cavalcavia della nuova tangenziale di Morano sul Po, mi si prospetta d'innanzi la chiesetta della Madonnina o Chiesetta della Madonna del Ceppo o della Consolata. La dedicazione, secondo la tradizione, venne denominata "del Ceppo" perché rinvenuta da un contadino presso un tronco reciso. Secondo una lapide posta sopra la porta di ingresso risulterebbe costruita nel 1377 da Guillelminus de Careto, rettore della Casa Religiosa di Morano dell'Ordine di san Giovanni di Gerusalemme. La tradizione vuole che costui fosse il proprietario di un importante cascina del luogo e che suo figlio, benché sposato non riuscisse a dargli nipoti, tanto che costui si rivolse alla "Madonnina" per un intercessione. Diventato nonno volle edificare la chiesetta in segno di ringraziamento. Nei locali addossati alla chiesetta per secoli vi abitarono degli eremiti. La facciata si presenta a capanna con la parte inferiore occupato da un portico con tre arcate a tutto sesto al di sopra si apre un oculo. Vi accedo con Luca; presenta una navata unica e un altare con una bella balaustrata marmorea settecentesca di marmo nero con intarsi multicolori. Nel 1939 venne riportato alla luce un frammento di affresco antico, nascosto sotto un muro, raffigurante la Madonna col Bambino, forse risalente al XIII secolo. Mi racconta Luca che una volta conservava vari quadretti ex voto. E se la chiesa si presenta in ottimo stato di conservazione, non si può dire del suo campanile che oggi fa parte di una proprietà privata e che osservandolo pare chiedere sommessamente un restauro. Vengo così messo al corrente di una fatto che vi accadde e che è anche riportato nel libro di GianCarlo Vanni "S-CIAU… piumla ‘cma la ven". Il libro riporta un fatto riguardante un tale di nome Giuanin, che si rese disponibile a sistemare alcune infiltrazioni del tetto che compromettevano la chiesa della "Madonnina" di cui era fervido devoto. Un giorno mentre si recava con il suo furgoncino a concludere la riparazioni al tetto e giunto nei pressi della curva del casello ferroviario, dove ora vi è un cavalca ferrovia, finì fuori strada e perse i sensi. Ricoverato dapprima all'ospedale di Casale Monferrato venne dopo qualche giorno dimesso. Ma subito dopo iniziarono a comparire strani mali con intensi dolori che divennero sempre più forti. Gli fu consigliato un ricovero all'istituto Neurologico Besta di Milano e gli fu diagnostica un ematoma celebrale, per cui andava subito operato. Gli spiegarono che non vi era alternativa diversa anche se l'operazione era molto difficile e pericolosa. Giuanin con il morale a terra, chiese aiuta alla sua "Madonnina" per essere aiutato e confortato durante l'operazione. Nella notte che precedeva l'intervento chirurgico il mal di testa scomparve ed la mattina i medici meravigliati fecero subito nuovi esami e un consulto per spiegarsi di come questo ematoma stava regredendo fino a scomparire. Dimesso dopo qualche giorno, la prima cosa che fece Giuanin appena tornato a Morano sul Po fu quella di andare alla chiesa della Madonnina per ringraziare del "miracolo".
Davanti alla chiesa vi è ancora un bellissimo mulino ad acqua, che in passato, dopo aver svolto per secoli la sua attività agricola servì anche per essere utilizzato dalla Fabbrica dei cucchiai, prima industria di tale genere a livello nazionale, aperta nel 1892 che fu impiantata negli adiacenti stabili. Fabbrica voluta dall'imprenditore ebreo Marco Sacerdote. Cucchiai in alluminio che furono utilizzati non solo ad uso domestico ma anche dai nostri soldati durante la prima guerra mondiale insieme alle gavette. Riprendiamo il percorso per raggiungere la frazione Due Sture. Sulla strada troviamo il Cimitero della frazione con affissa esternamente la lapide che ricorda i caduti delle guerre mondiali. I nomi dei caduti della prima e seconda guerra mondiali sono anche posti sul monumento in granito collocato all'ingresso del paese. Nei pressi del monumento vi è una lapide dedicata al partigiano Rossino Libero, che nacque a Due Sture il 13-4-1919, che catturato dai nazifascisti fu deportato al campo di concentramento di Mathausen e vi mori il 28 aprile 1945. Lasciato l'auto, iniziamo la nostra passeggiata, da subito incontro un lavatoio, quello che un tempo le donne della borgata usavano per lavare la biancheria, non avendo impianti di acqua potabile in casa; qui la vicina roggia forniva costantemente l'acqua per i lavori domestici. Raggiungiamo la piccola chiesetta dedicata a San Giovanni Battista. Si tratta di una piccola chiesa ad aula unica, con un piccolo ma decoroso campanile. Il prospetto si presenta con un tetto a capanna ed un unico accesso. Ha due finestre alte e strette ad arco a tutto sesto ai lati della porta ed una finestra quadrata ma sagomata nella cornice sotto il frontone. Sopra la porta di accesso un piccolo frontone con decorazioni all'interno del timpano. Continuando la nostra passeggiata, osservo la vecchia scuola comunale e posso solo immaginare quanti bambini potessero averla frequentata. L'immaginazione corre nel vederli uscire dalla scuola, con la loro pesante cartella allo scampanellio della campanella di fine giornata. Un bel gatto bianco con macchie nere, da qualche minuto ha iniziato a seguirci, quasi voglia controllarci nel nostro girovagare, in una borgata che, complice l'ora assai calda, è pressoché deserta. A due sture vi è un caratteristico locale, in cui più volte mi recai a mangiare nei tempi passati, soprattutto piatti a base di rane, che qui in mezzo alle risaie sono molte nonostante la modernizzazione della coltura del riso. Altro piatto degno di nota è la "panissa", sicuramente la regina dei piatti moranesi, che la tradizione vuole molto diversa nella preparazione dalla tradizionale "panissa" vercellese. Dobbiamo riprendere l'auto per andare a visitare un altro luogo particolare che dista a qualche chilometro da Morano sul Po.
Raggiungiamo così la Grangia di Pobietto dopo aver percorso una lunga e polverosa strada sterrata. È una grande tenuta agricola, storicamente facente parte della rete di grange legate a Lucedio, antiche cascine che permettevano uno sfruttamento razionale del territorio costituendo la ricchezza dell'abbazia stessa. Ma in questa località, ricca di storia, si sono svolti recentemente delle indagini archeologiche che hanno riportato alla luce una necropoli dell'età del Bronzo (1.050-900 circa a.C.). Certamente la parte storica più rilevante è la Grangia di Pobietto, dipendente dell'antica Abbazia Benedettina di Santa Maria di Lucedio. Il complesso risale alla fine del XII secolo ed assume la maggiore importanza storica a partire dal Quattrocento, quando i monaci Cistercensi, che sostituirono i Benedettini alla guida dell'abbazia, iniziarono la sistematica bonifica dei terreni acquitrinosi, avviando la coltivazione del riso tuttora presente. Prima di entrare in questo grande complesso, apprendo un po' della storia che è passata da Pobietto, che vede il luogo passare attraverso diversi proprietari e dove ognuno a contribuito a scriverne dei tratti. Con la morte dell'ultimo Abate di Lucedio, il cardinale Delle Lanze, Papa Pio VI secolarizza l'abazia che viene concessa all'ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro. Di conseguenza anche Pobietto passa dall'ordine Cistercense all'ordine secolare Mauriziano. Con l'arrivo nel 1800 di Napoleone Bonaparte, tutte le grange, dopo aver abolito gli ordini monastici passano al cognato Camillo Borghese, Governatore Generale del Piemonte, ad esclusione proprio di Pobietto che rimarrà del Demanio. Nel 1854 Pobietto ritorna all'ordine Mauriziano fino a passare allo Stato e poi dal 1857 ad oggi Pobietto passa all'Ospedale Maggiore di Vercelli. La grangia di Pobietto è costituita da una struttura chiusa e fortificata, gli edifici sono sistemati a rettangolo intorno ad un cortile centrale. Le vecchie strutture medioevali sono ancora distinguibili nella torre-porta che da accesso al cortile centrale. Su questa porte con merli ghibellini. Un tempo sulla porta era ben visibile lo stemma del cardinal Guala Bicchieri, adottato come logo dell'ospedale di Vercelli, ora della ASL. Costui fu un importante cardinale di Vercelli, natovi nel 1150 e che vi fondò la basilica di sant'Andrea. il complesso, nei secoli ha subito diverse modiche ed ampliamenti, ma sempre senza perdere il suo antico fascino. Vi sono al suo interno anche le antiche scuole utilizzate dai figli dei contadini. Sotto i suoi tanti portici, sostano da tempi immutati antiche trebbiatrici e trattori d'epoca, insieme a più moderni mezzi agricoli, veri mostri di tecnologia. All'interno della Grangia vi è anche la sede del Parco regionale del Po. Accediamo nella corte più interna il cui selciato è tutto in pietra tonda di fiume. Alberi frondosi e delicati fiori la rendono un luogo fresco e piacevole. Un bel pastore maremmano dal pelo candido ci si avvicina dandoci il benvenuto. Si affaccia alla corte la settecentesca chiesa di San Nicolao, attribuita all'architetto Giovanni Battista Scapitta, realizzata su un più antico insediamento religioso. La sua facciata, interamente intonacata e tinteggiata di colori delicati ha tetto a capanna, con frontone barocco, sinuosamente modanato con al suo interno la statua di San Nicolao. La facciata è divisa in due ordini, ognuno tripartita da lesene. nel primo ordine vi è solo la porta centrale con un portale che la incornicia con linee modanate. Il secondo ordine conserva una grande finestra rettangolare con angoli smussati e bella cornice. Vi accedo accompagnato dall'attuale proprietario, il pavimento è in mattonelle di cotto ed è a navata unica con cappelle laterali. L'altare è settecentesco con bei marmi policromi. Adiacente alla chiesa, con mia meraviglia vi ritrovo in alcuni locali un fantastico museo che raccoglie intere collezioni ornitologiche e della fauna locale, ma anche erbari antichi. La storia di Pobietto e del suo ambiente è racchiuso in queste fantastiche stanze. Nella corte interna come nelle grandi corti esterne sono murate antiche macine e ancor più antichi lavatoi e bacini in pietra scolpita. Ogni angolo della Grangià è una scoperta e pertanto non mi meraviglio che sia luogo di visita di scolaresche.
Uscendo dalla grangia ci soffermiamo a vedere il Museo della civiltà risicola. Ricavato in una grande costruzione realizzata fuori dalla porta principale. L'edificio aveva lo scopo di alloggiare le mondine che venivano a lavorare nelle risaie e gli uomini impegnati nelle altre attività agricole della Grangia. I locali dormitori, come recita una grande scritta dipinta sulla porta, erano divisi in maschile e femminili, o meglio Uomini e Donne come esattamente è riportato. In questi locali è stato ricavato un museo di arte contadina con tutti gli attrezzi di lavoro e domestici per il funzionamento della Grangia, ovviamente dove protagonista è il riso.
Raggiungiamo, subito dopo, ciò che rimane del famoso autodromo di Morano. La storia di questo impianto nel cuore del Piemonte è quasi leggenda. Infatti la pista fu inaugurata il 19 marzo 1973 e misurava 2460 metri di lunghezza ed era larga 11 metri con otto curve. In occasione dell'inaugurazione vi corse Arturo Merzario a bordo di una Ferrari 312 B2 da Formula 1. Vi corse inoltre la formula 3 in una gara vinta da Pier Carlo Ghinzani. L'autodromo fu protagonista della prima prova speciale, della prima edizione del giro d'Italia automobilistico del 1973 vinta da Mario Casonio e Cesare Minganti su Pantera de Tommaso. La pista ebbe un grande successo divenendo circuito ideale come pista di prova di grandi marchi e scuderie. Purtroppo l'attività della pista venne drammaticamente ridotta per la protesta degli abitanti di Pontestura e Coniolo che lamentavano un eccessivo rumore ed una massiccia presenza di persone nei paesi. Le cronache raccontano che il 18 agosto 1977, su ordinanza del Sindaco di Pontestura, su cui ricadeva un ampio tratto di pista, una ruspa sfondo i cancelli e distrusse 500 metri di pista rendendola inutilizzabile. Benché il tracciato sia ancora esistente, in area soggetta a esondazioni del fiume Po, la pista e parte delle strutture sono ancora disponibili. Sarei veramente felice che questo autodromo, di cui ho ricordi da bambino, quando venivo portato a vedere le corse, possa riavere ancora una speranza.
Ormai si è fatto tardi, con Luca rientro verso l'abitato di Morano sul Po dove ci salutiamo. Un ultimo sguardo è verso questa distesa di verde, che è il riso in questa stagione, dove già lentamente sta formando la sua spiga con i suoi preziosi chicchi. Qua è la, curiosi aironi, garzette, qualche folaga e gallinella d'acqua ci osserva. Anche sul bordo di un arginello un Cavaliere d'Italia sembra osservarci, mentre un volo di starnazzanti Germani reali si dirige verso il grande fiume. Una bella giornata passata a scoprire un lembo di casa che è il Piemonte.