Le colline del Monferrato astigiano e casalese sono bellissime in questa stagione, sembrano tanti verdi panettoni in cui le brume mattutine rendono il paesaggio delle cartoline animate. Le strette strade corrono su percorso di saliscendi, tra belle vigne e antichi cascinali in tufo e mattoni. Arrivo così a Grazzano Badoglio il cui toponimo deriva dal latino Gratianum, che, a sua volta, deriva dal nome proprio Gratis. Grazzano era probabilmente un fundus di proprietà di un certo Gratus. Il Comune dal 1868 al 1939 fu denominato Grazzano Monferrato e poi dal 1939 Grazzano Badoglio.
Si fa risalire la fondazione di questo borgo intorno al 180 d.C., anche se è quasi certa la presenza di tribù Liguri, poi soggiogati dai Romani. Con la decadenza dell'impero romano, anche nel Monferrato arrivarono le popolazioni barbariche, dai Goti ai Visigoti, Longobardi e poi i Franchi. Si racconta che anche i Saraceni devastarono le campagne monferrine costringendo gli abitanti ad arroccarsi in località più elevate e sicure. Infatti tutti i centri più antichi del Monferrato sono tutti costruiti sulla cresta dei colli. Ed anche Grazzano è raccolto attorno al suo castello, ora chiesa, ed era, un tempo circondato da mura con una serie di porte che venivano chiuse in caso di pericolo.
Grazzano diventò celebre nel 961,quando il marchese del Monferrato fece erigere un grande monastero accanto al castello. Il monastero venne affidato alle cure dei Benedettini ed era sotto la giurisdizione del vescovo di Torino; infatti l'abate veniva eletto dai monaci e consacrato da questo vescovo. L'edificazione del monastero ebbe soprattutto funzione socio-economica. Infatti i monaci di san Benedetto, risollevarono l'agricoltura, curando il disboscamento delle colline ormai ridotte a fitte foreste a causa delle scorribande dei saraceni. Ma furono sempre loro che svilupparono la coltura della vite e del frumento. Il potere dell'abate di Grazzano fu per lungo tempo in crescendo, ed era l'abate pro tempore ad avere il titolo di "signore di Grazzano". Al monastero grazzanese non mancò mai il favore dei marchesi di Monferrato e successivamente ai Paleologi che gli succedettero.
All'inizio del XVI secolo i Benedettini lasciarono l'abbazia, che venne affidata a un abate commendatario, nominato dai Gonzaga prima e poi dai Savoia. Infatti nel 1533 i Gonzaga si insediano come nuovi signori di Grazzano, e nel 1612, alla morte del duca Vincenzo I Gonzaga, Carlo Emanuele I di Savoia accampò diritti sulle terre del Monferrato. Ma è solo all'inizio del XVIII sec. che il duca di Savoia Vittorio Amedeo II ottenne dall'Imperatore il possesso del Monferrato. Nell'ambito della sanguinosa guerra dei trent'anni si inserisce quindi anche la guerra di successione locale tra i ducati di Mantova e del Monferrato che vede anche Grazzano subire i passaggi delle diverse armate. E se tutto il Seicento fu caratterizzato da guerre, la popolazione di Grazzano come tutto il Monferrato subì anche ulteriori danni da pestilenze e delle carestie. L'episodio più drammatico che accadde Grazzano avvenne nella primavera 1642, quando il governatore di Pontestura, il portoghese Gregorio Britto, impose tributi anche all'abbazia di Grazzano che ne era tradizionalmente immune, inviando in paese un contingente di soldati. I grazzanesi che erano già ridotti allo stremo dalla guerra, non solo non pagarono ma anzi uccisero alcuni militari. Il Britto giurò di vendicarsi e appena gli fu possibile, invio un ingente contingente di soldati. Gli abitanti, vista la superiorità delle forze nemiche non gli rimase che rifugiarsi nei boschi. Furono bruciate molte case e rivolsero la loro rabbiosa attenzione anche verso al paese di Casorzo, dove appiccarono il fuoco al campanile della parrocchiale, nel quale avevano trovato rifugio vecchi, donne e bambini, facendone una orribile strage. Il XVIII secolo vide passare Grazzano con tutto il Monferrato ai Savoia ed anche l'abate commendatario divenne uomo di stretta osservanza sabauda. Particolare importanza ebbero gli anni tra il XVIII e XIX secolo, quando in Francia ormai soffiavano venti rivoluzionari. Grazie all'ospitalità dell'abate Nicolas de Saint Marcel, nativo di Annecy in Savoia, nel 1797 giunse a Grazzano una comunità di monaci del soppresso monastero benedettino trappista di Tamiè che si stabilirono nella chiesa della Madonna dei Monti. Nel dicembre 1798, fu piantato l'albero della libertà davanti al municipio.
A seguito del decreto napoleonico del 1802 si ebbe la soppressione del abbazia, dopo nove secoli di esistenza. L'abate rimase in paese ed ebbe il titolo di parroco, o meglio "cittadino parroco" tutti i beni posseduti dall'abbazia furono incamerati dal demanio nazionale e venduti all'asta e dalla loro vendita si ebbe la nascita di una nuova borghesia terriera. La partecipazione dei grazzanesi al movimento giacobino non fu mai rilevante, soprattutto per astio contro i Francesi, dovuto alla coscrizione obbligatoria che portò tanti giovani grazzanesi a morire per l'Armée imperiale in tutta Europa. Con la restaurazione e l'unità d'Italia anche il borgo monferrino seguì le vicissitudine del Piemonte prima e dell'Italia poi e dal 1868 il borgo assume il nome di Grazzano Monferrato. Durante la prima guerra mondiale anche Grazzano diede il suo contributo di sangue. Con il fascismo nell'aprile 1935 Grazzano Monferrato passava alla nuova provincia di Asti. Anche la seconda guerra mondiale portò i suoi lutti nel borgo.
Prima di raggiungere il centro abitato mi voglio soffermare in un gruppo di case denominate Cascine Napoli. Lasciata l'auto, inizio ad inerpicarmi per un colle sovrastato da una piccola Cappella. Mentre salgo e guardo le belle vigne che costellano il Monferrato, mi sovviene che anche a Grazzano comparve la temuta fillossera, che mise a durissima prova nella seconda metà dell'Ottocento la stessa sussistenza delle famiglie grazzanesi. Molti emigrarono in Francia e altre nelle Americhe. Raggiunto la cima della collina, mi godo della bellissima vista su tutti i paesi che sembrano accoccolati in cima ai loro colli. La cappelletta è assai piccola ed è stata recentemente rifatta. Conserva al suo interno una statua della Mater Salvatoris. Disceso dalla collina, ripreso l'auto, proseguo per il centro abitato di Grazzano. Attraverso il paese che si erge sulla cresta di un colle, fino a parcheggiare in piazza Giacomo Cotti. Questa è una piazza assai bella e lunga, caratterizzata da particolari edifici e monumenti. La piazza è intitolata a Giuseppe Giacomo Cotti appartenente ad un importante casata grazzanese. Giuseppe Giacomo Cotti fu ufficiale del 5° Granatieri, aiutante di campo del principe Amedeo di Savoia, figlio di Vittorio Emanuele II, fratello del futuro re Umberto. Costui fu colpito a morte da una pallottola in località Monte Torre e il suo corpo risultò disperso nella mischia sul campo di battaglia di Custoza il 24 giugno 1866. Gli venne conferita la medaglia d'oro al valore militare alla memoria. Giuseppe Giacomo aveva già guadagnato sul campo una medaglia argento al valore militare nella battaglia di Palestro e una seconda medaglia d'argento nella presa di Capua. Insieme alla piazza gli fu intitolata la scuola elementare. Suo fratello Pietro, fu avvocato e magistrato della Corte dei Conti, poi senatore del Regno. Costui sposò Isabella Rattazzi, figlia di Urbano, che fu un importante personalità del Risorgimento piemontese e per due volte presidente del Consiglio dei Ministri. Un terzo fratello, Tullio, fu medico, proprietario terriero ed amministratore di Grazzano. Fu a quest'ultimo che si deve la costruzione dell'edificio scolastico, ma anche l'erezione del muraglione di sostegno che costeggia la piazza, sotto il quale ho parcheggiato. In paese era noto come il medico dei poveri.
Il gioco popolare fino a poco tempo fa a Grazzano era la palla a bracciale e il muro di sostegno era la sponda giusta per giocare le partite. Sulla piazza si affaccia l'elegante palazzo che divenne l'abitazione di famiglia dei Cotti. Ma vi è anche l'ufficio postale, collocato dentro un edificio in puro stile littorio e già Casa del Fascio. Inoltre vi si prospetta il palazzo municipale, la chiesa di Santo Spirito che sono posti proprio davanti al monumento ai caduti, in un piccolo slargo denominato piazzetta dei Caduti. Questo monumento è in marmo a forma di obelisco ed è ornato da un'aquila. Il monumento presenta sulle quattro facce incisi i nomi dei caduti durante la guerra 1915-1918, oltre a quelli del capitano Giuseppe Giacomo Cotti (Custoza, 1866) e del caporale Egidio Alasio, unico grazzanese perito nella guerra italo-turca del 1911-1912. Il monumento fu solennemente inaugurato nel settembre 1919 alla presenza del generale Pietro Badoglio.
Il palazzo municipale è un edificio della seconda metà del Settecento e successivamente ampliato. Posto nelle adiacenze della chiesa del santo Spirito, nel 1947 sul suo muro venne collocata una lapide a ricordo dei caduti nella seconda guerra mondiale. Per accedere alla chiesa di santo Spirito occorre salire su una scalinata. La chiesa fu fatta costruire tra la fine del Seicento e i primi del Settecento dalla confraternita dei Disciplinanti dello Spirito Santo. La facciata presenta due lesene che reggono un frontone nel cui timpano vi è una nicchia con statua. Una serliana con tre fornici, è posto al centro dell'edificio, collocato proprio sotto il frontone. Sopra l'unica porta di accesso c'è un altorilievo con lo Spirito Santo, affiancata da due nicchie laterali con le statue dei santi Vittore e Corona. La facciata, è intonacata e tinteggiata con tenui colori ed è ricca di cornici in stucco. La chiesa è ad aula unica, e conserva l'importante tela della Discesa dello Spirito Santo di Guglielmo Caccia con un grande cornice lignea istoriata forse dallo stesso artista. Inizio la mia salita verso il colle ove si erge la chiesa parrocchiale, luogo che un tempo ospitava il castello e poi la potente abbazia. Ma subito faccio una sosta al borghetto; luogo più antico del paese che ricorda l'antica struttura medioevale del paese. Su un gradino di casa, un bel gattone dal mantello grigio tigrato, mi osserva con i suoi occhioni gialli; pare voler controllare i movimenti di uno straniero che si aggira tra le antiche case. Subito dopo raggiungo una piccola piazzetta, recentemente realizzata. Questa piazzetta è intitolata a Carlo Michel. Costui nacque nel Monferrato alessandrino a San Salvatore M.to nel 1842, ed è famoso perché porto nella città di Alessandria la prima bicicletta, tra gli sguardi meravigliato dei cittadini. Aveva visitato l'esposizione universale di Parigi del 1867 e rimase colpito dal velocipede e lo volle portare per la prima volta sul territorio italiano. Arrivo cosi in via Della Chiesa Morra; qui di fronte a un angolo fiorito con fontana ed uno specchio d'acqua con Ninfee, si erge il bel palazzo Della Chiesa Morra. Si tratta di un bell'edificio di tre piani fuori terra realizzati con mattoni a vista. E se i primi due piani, della facciata fronte strada presenta finestre rettangolari con persiane, l'ultimo piano presenta strette finestre rettangolari strombate con arco a tutto sesto. Palazzo Della Chiesa Morra è un edificio gentilizio del XV secolo, appartenuto alla famiglia che gli ha dato il nome. Costoro erano consignori di Castelletto Merli. Proseguo la mia salita verso la chiesa parrocchiale, da un lato si gode un bellissimo belvedere sul Monferrato, d'altro le possenti mura con spessi contrafforti ricordano gli antichi fasti medioevali del luogo. Raggiungo così il sagrato della chiesa parrocchiale dedicata ai Santi Vittore e Corona, già antica abbazia romanica. Seduto sul muretto del sagrato che si affaccia sull'intero borgo ripasso brevemente la storia dell'antica chiesa abbaziale fondata nel X secolo dal marchese Aleramo di Monferrato. Secondo alcuni studiosi l'abbazia sarebbe stata fondata dal conte Guglielmo, padre di Aleramo, nell'anno 912, secondo altri la fondazione avvenne a opera dello stesso Aleramo tra il 950 e il 960. Già dalla metà del XII secolo l'abbazia era intitolata ai santi martiri Vittore e Corona ed il cui culto sarebbe stato importato dai Crociati, che secondo la tradizione vi portarono le reliquie dei SS. Vittore e Corona, ancora oggi conservati. Oggi l'ex chiesa abbaziale è sede della Parrocchia di Grazzano Badoglio, appartenente alla Diocesi di Casale Monferrato.
La facciata nelle forme attuali è certamente ottocentesca, rifatta su un precedente prospetto cinquecentesco. Infatti della chiesa abbaziale rimane ben poco se non l'abside ottagonale e la torre campanaria a cui fu aggiunto nel 1910 la cella campanaria con orologio in sopraelevazione. La chiesa fu ingrandita nel Cinquecento per soddisfare i bisogni dell'accresciuta popolazione. Infatti la torre campanaria di forma quadrangolare è in stile romanico-lombardo nella parte inferiore e presenta diversi archetti pensili; fu rialzata appunto nel 1910 e rinforzata dopo un parziale crollo avvenuto nella notte del 30 settembre 1907. La facciata della chiesa è interamente intonacata, presenta una sola porta di accesso ed è tripartita da lesene che corrono fino sotto al marcapiano del frontone. La facciata presenta leggeri stucchi che ne disegnano due ordini e dentro i quali tra le lesene sono disegnati ampi riquadri.
Non presenta nicchie e finestre se non un oculo centrale posto sopra la porta. Purtroppo trovo sia la chiesa che il chiostro chiuso, posso solo immaginare cosa contengono, in base quanto ho potuto leggere da diversi testi su Grazzano. L'interno è a navata unica in stile barocco con tre cappelle per lato. Avrei voluto vedere la cappella della Madonna del Rosario dove è conservata la tomba di Aleramo, con frammento di mosaico pavimentale bicromo. Alle pareti due affreschi attribuiti a Guglielmo Caccia rappresenterebbero Aleramo in atteggiamento orante. In precedenza la tomba era collocata nel peristilio, ormai scomparso, della chiesa vecchia. La chiesa conserva interessanti pale d'altare come quella seicentesca di Andrea Pozzo che rappresenta il trapasso di san Francesco Saverio. Ma anche la pala raffigurante la Madonna col Bambino e i santi Vittore e Corona, attribuita sempre a Guglielmo Caccia detto Moncalvo ma con molti dubbi interpretativi; mentre è certa l'attribuzione alla sua scuola della tela raffigurante l'Immacolata. Il chiostrino benedettino interno, che risulta molto rimaneggiato per interventi successivi è ciò che resta, con il campanile, dell'originale abbazia aleramica. Al piano terreno della vecchia casa parrocchiale è conservata la lapide romana del seplasiarius Titus Vettius Hermes. Si tratta di stele funeraria, ritrovata nelle campagna di Grazzano; datata al II secolo d.C., e mi si racconta che riporta le disposizioni testamentarie di Titus Vettius Hermes, di professione profumiere (seplasiarius), che legava il reddito di certi suoi horti posseduti in territorio dell'antica Grazzano allo spargimento di petali di rosa "ogni anno e per sempre" sulla sua tomba nel giorno del compleanno. Ciò conferma le radici della colonizzazione romana in epoca imperiale del territorio. E se la chiesa abbaziale, fu profondamente rinnovata, ogni gruppo di cascine aveva ed alcune hanno ancora la propria cappella campestre: San Martino, San Salvatore, San Rocco, San Sebastiano, San Pietro, San Bernardo, San Biagio, San Giacomo, Sant'Anna. Inizio a scendere lungo i bastioni su via Aleramo, raggiungendo così la piazza dove ho parcheggiato l'auto. Mi dirigo verso casa Badoglio; l'edificio parrebbe anonimo; visto dalla strada appare come un grande cascinale posto in centro paese, ma le lapidi che vi sono collocate vicino al portone d'ingresso ne identificano e nobilitano l'edificio. Sopra il portone d'ingresso di un edificio realizzato in mattoni e pietra c'è la grande insegna "Asilo Antonietta Badoglio". La casa, fu costruita sul sedime di un più antico edificio del XVI secolo ed è tipico delle residenze della borghesia rurale dell'Ottocento in Monferrato. In questa casa, dalle stanze affrescate, il 28 settembre 1871 vi nacque Pietro Badoglio, che fu Maresciallo d'Italia, e che vi morì il 1 novembre 1956. Per sua volontà, la parte rustica fu ristrutturata per ricavarci l'asilo infantile intitolato alla madre Antonietta Pittarelli Badoglio, che funzionò dal 1937 al 1988 e dal 1990 è sede del Museo Storico Badogliano. Altre opere benefiche volute dal Maresciallo Badoglio furono un istituto destinato ad accogliere gratuitamente i grazzanesi anziani e privi di mezzi finanziari, dedicandolo alla consorte Sofia, ma contribuì anche alla realizzazione dell'acquedotto, poi l'energia elettrica, il sistema di fognature e il collegamento telefonico. In segno di gratitudine all'illustre concittadino, Grazzano Monferrato cambiò ufficialmente denominazione, diventando Grazzano Badoglio nel 1939. Le lapidi poste in facciata, sulla strada ne ricordano le imprese.
Pietro Badoglio nel corso della prima guerra mondiale fu vice comandante di Armando Diaz ed ebbe un ruolo decisivo nella vittoria finale. Comandò anche la fase finale della campagna d'Etiopia e venne nominato viceré d'Etiopia. Dichiaratosi contrario all'entrata in guerra dell'Italia
nel 1940, fu successivamente chiamato da re Vittorio Emanuele III a formare il governo nel 1943 dopo l'arresto di Mussolini. Fu Badoglio a trattare, tra la fine di agosto e l'inizio di settembre 1943, l'armistizio con gli angloamericani. Il 5 giugno venne sostituito da Bonomi alla guida del governo e da questo momento si ritirò a vita privata.
Riprendo l'auto per dirigermi verso il cimitero e transitando in via Mazzini, mi soffermo a guardare il Circolo dei Combattenti si trova, ora è un circolo ricreativo.
Alla fine della prima guerra mondiale venne insediata in paese una sezione dell'Associazione Nazionale Combattenti e con esso nacque la sede e il circolo grazie ad una sottoscrizione popolare. Il sodalizio aveva per scopo l'assistenza a favore dei reduci del primo conflitto Mondiale. Il circolo chiamato "La Casa del Reduce generale Pietro Badoglio", fu assalito dai fascisti il 4 novembre 1924, con il proposito di incendiarla ma senza riuscirci. Nel 1926 presso il circolo o casa dei combattenti venne istituito un cinema ma che non funzionò mai. Nel circolo è presente, ieri come oggi, un Infernot per la conservazione dei vini. Prima del Cimitero vi è la chiesetta di san Sebastiano; un bell'edificio, già presente nel XVIII secolo, costruito in laterizio e con la facciata in mattoni a vista. Ha un solo accesso affiancato da strette finestre con un oculo posto sopra la porta. Il frontone, sempre in mattoni a vista è a curvilineo. L'interno è a navata unica ed è assai spoglio ma ben conservato e contiene una tela del martirio di san Sebastiano collocato sul soffitto. Proseguo la mia marcia fino a raggiungere il cimitero, parcheggiato l'auto mi godo dapprima lo splendido panorama che si gode da questo belvedere che si affaccia sul borgo e sui colli circostanti. Accedo così al cimitero per andare a vedere la chiesetta cimiteriale e la cappella della famiglia Badoglio. Tornato sul piazzale del cimitero mi porto verso il parco della Rimembranza, istituito a ricordo dei Grazzanesi caduti nella prima guerra mondiale nel 1926 e successivamente ampliato negli anni Sessanta del secolo corso. Tra gli alberi e i cippi commemorativi sono esposti tre bombe aeree e un cannone 77/27, preda bellica austriaca. In auto, riattraverso il paese e prendo una stretta strada verso le cascina Piccinini. Prima delle cascine, sosto a lato della strada di campagna e m'incammino in in un campo appena arato, dove le zolle della terra argillosa e dura e spessa a causa del lungo periodo di siccità affaticano il mio procedere. Non senza fatica raggiungo un ulteriore rilievo, dove tra alberi e arbusti devo farmi strada per arrivare alla chiesa campestre di san Martino. Si tratta di un semplice edificio, intonacato con lesene angolari, un unica porta sormontata da una finestra sagomata e con un frontone curvilineo. Secondo alcuni scritti, in questo luogo furono sepolti molti abitanti colpiti dall'epidemia di peste scoppiata negli anni 1628-1630, non essendo più sufficienti le sepolture nei luoghi comunemente utilizzati. Tornato all‘auto, percorro una bella e stretta strada che s'inerpica su un lungo colle e che corre sulla sua cresta e che divide la provincia di Asti da Alessandria. Trovo in un ampio spazio in località Serra dei Monti, la chiesa Madonna dei Monti o santuario della Vergine del Carmelo, che amministrativamente è situata in territorio del Comune di Ottiglio, ma per ragioni storiche fa riferimento alla Parrocchia di Grazzano Badoglio. Anche questa chiesa si fa risalire all'epoca degli Aleramici del XII secolo. Fu affidata anticamente ai Benedettini. Dell'antica chiesa romanica resta solamente l'abside realizzata in conci di tufo. Nel XVI secolo, fu ricostruita in stile gotico per far fronte alle maggiori esigenze della popolazione. Il 13 settembre 1944 la casa colonica, adiacente alla chiesa fu incendiata dai nazifascisti per rappresaglia, il fuoco distrusse il campanile poi ricostruito negli anni Sessanta del secolo scorso. Anticamente la casa era abitata da eremiti, poi nel 1797 dalla comunità di monaci del soppresso monastero benedettino trappista di Tamiè, e per ultimo da mezzadri. Nel 1965 la chiesa fu completamente restaurata a spese dell'industriale Pininfarina. La facciata e i fianchi sono interamente intonacati. Il prospetto della facciata è molto ampio con una porta unica incorniciata da un semplice portale affiancato da due finestre gotiche. Un oculo è posto sopra la finestra e sul tetto a capanna sono posti tre pinnacoli. Dalla finestra posso osservare le ottime condizioni di conservazione di questo edificio molto sobrio, il cui interno è a tre navate.
Durante il periodo napoleonico il colle della Madonna dei Monti divenne una delle stazioni del telegrafo ottico che collegava Parigi, Milano e Venezia. La bellezza del paesaggio e dell'ambiente naturale circostante è incredibile. Proseguo il mio girovagare fino a raggiungere il cippo realizzato in memoria di Pininfarina in borgata Madonna dei Monti.
Questo cippo fu realizzato in ricordo dell'industriale carrozziere Giovanni Battista Farina detto Pinin (dal 1961 Pininfarina), cittadino onorario di Grazzano Badoglio, Costui si era sempre dimostrato amico del maresciallo Badoglio e volle progettare il monumento-stele sul colle della Madonna dei Monti a lui dedicato. Fu sempre Pininfarina che volle realizzare a proprie spese la nuova strada panoramica che sto percorrendo e che poi gli fu intitolata, oltre a finanziare i restauri del santuario della Vergine del Carmelo, appena visitato. A questo benefattore, nel 1966, dopo la sua morte, il Comune di Grazzano Badoglio volle erigere un semplice cippo in pietra con il suo ritratto ed epigrafe, inaugurato nel 1968.
Durante la Resistenza, questa zona fu teatro di numerose azioni da parte delle brigate partigiane operanti in zona e lo ricordano alcuni monumenti ai partigiani che raggiungo subito dopo. Un primo monumento ha la forma di piccolo obelisco di marmo con basamento in granito e fu eretto nel 1946. Questo monumento vuole ricordare i partigiani che facevano parte della Banda Lenti. Questo gruppo si formò dopo l'8 settembre 1943 intorno ad un ex ufficiale degli alpini, Agostino Lenti e a Mario Manassero ex soldato del regio esercito con ragazzi renitenti alla leva fascista. Il gruppo si costituì a Camagna come formazione partigiana autonoma e divenne una delle più attive della zona, assalendo diversi Municipi, per dare alle fiamme i registri di leva ed i documenti per gli ammassi agricoli. Il gruppo si unì alle formazioni Matteotti della zona, trasformatasi nell'VIII Brigata Matteotti. Per sfuggire alle rappresaglie da parte dei tedeschi, la Banda trovò rifugiò nella zona di Madonna dei Monti presso la cascina Rampone, da dove continuò ad effettuare diverse sortite. All'alba del 12 settembre 1944 la banda Lenti venne sorpresa e catturata dai militi fascisti senza che questi potessero opporre alcuna resistenza. Trasportati a Valenza, due prigionieri tentarono la fuga. Uno solo riuscì nell'intento mentre il fuoco tedesca falciò Agostino Lenti. Gli altri vennero interrogati e torturati nell'edificio delle scuole elementari di Valenza e nel tardo pomeriggio dello stesso giorno i 26 ribelli furono condotti nei pressi del cimitero e uccisi con un colpo di pistola alla nuca. Il giorno successivo i nazifascisti fecero un rastrellamento alla Madonna dei Monti ed uccisero anche Riccardo Berruti, figlio dell'affittuario della cascina Rampone.
L'altro monumento è realizzato con alcune lastre rettangolari in arenaria iscritte, su progetto degli allievi dell'Istituto d'arte "Benedetto Alfieri" di Asti, mentre l'epigrafe è di un allievo del liceo classico di Casale Monferrato. Il monumento fu inaugurato nel settembre del 2000 e vuole ricordare tutte le formazioni partigiane operanti nel Monferrato casalese, prima fra tutte la banda comandata da Antonio Olearo detto "Tom". Costui era un garzone di un fornaio di Casale Monferrato, arruolatosi nelle Guardie di frontiere ed inviato in servizio ai confini con la Francia. Dopo l'8 settembre si unì ai partigiani della val di Susa. Tornato in Monferrato organizzò la resistenza contro i nazifascisti. La Banda "Tom", operò nel Monferrato casalese e astigiano e si unì anch'essa alle formazioni Matteotti. Il 14 gennaio 1945 la banda fu sorpresa e catturata in un cascinale presso Casorzo. Incatenati, seminudi e scalzi furono condotti a Casale Monferrato. Dopo essere stati interrogati e torturati a sangue, il giorno successivo furono costretti a sfilare scalzi, sulla neve, attraverso le vie di Casale Monferrato fino alla cittadella dove furono fucilati. Dopo un minuto di raccoglimento davanti ai monumenti per ricordare questi giovani ragazzi, proseguo fino al colle Badoglio, dove termina il mio girovagare per Grazzano Badoglio. Qui a 380 metri s.l.m. è collocata la Stele a Badoglio. Questa è posta lungo il viale Pininfarina nel punto più panoramico. Benché fin dal 1959 vi fosse il progetto di erigere un monumento commemorativo al maresciallo Badoglio, solo nel 1962 il Comitato per le Onoranze al Maresciallo Badoglio, presieduto dall'industriale Battista Pininfarina provvide a far progettare e realizzare il monumento, ossia stele con faro alla sommità, disegnato dall'architetto Amedeo Albertini. Mentre l'industriale cementiero Buzzi offrì la costruzione della strada panoramica che da Grazzano conduce alla Madonna dei Monti. L'inaugurazione si svolse il 27 settembre 1964. Osservo con attenzione questo incredibile monumento, collocato in posizione strategica nel Monferrato casalese e astigiano, tanto da poterlo definire il faro del Monferrato. L'altissima stele in acciaio, raggiunge i 24 metri, posta su grande basamento in granito. Il basamento è ornato con tre sculture in bronzo raffiguranti una croce con i quattro evangelisti a rappresentare la Fede, una spada il Valore, un mazzo di spighe per la Terra.
Lascio Grazzano Badoglio, il suo bel territorio ricco di storia, immerso in un paesaggio che solo il Monferrato può offrire.