Probabilmente il territorio fu in antichità abitato dai Victimuli ma le prime notizie documentate del territorio di Magnano risalgono agli inizi dell'XI secolo, quando fu infeudato al Capitolo di Sant'Eusebio di Vercelli. L'antico paese di Magnano sorgeva anticamente, intorno alla chiesa di San Secondo, che fu fondata anch'essa nel XI secolo, presumibilmente ad opera dei monaci benedettini.
Nel 1165, il borgo fu infeudato ai nobili Avogadro di Cerrione. Nel 1204 il comune di Vercelli, in accordo con la comunità locale, edificò su una vicina altura, un borgo franco, ad ovest del paese originario, offrendo agli abitanti che si fossero trasferiti delle franchigie e privilegi vari. L'intento dei vercellesi era quella di consolidare la sua influenza sui territori acquisiti e difendere i propri confini dal comune di Ivrea. L'operazione prevedeva la distruzione del borgo più antico sito presso la chiesa di San Secondo. L'agglomerato urbano si spostò in una località più elevata, dove vi fu costruito un ricetto, rimasto sostanzialmente integro e al quale si accede attraverso un'antica Torre-porta. Ricetto che venne fortificato agli inizi del XIII secolo. Nel 1373 Magnano passò ai Savoia e, dopo un periodo in cui fu infeudato ai Dal Pozzo, il paese torno agli Avogadro che lo mantennero fino al XIX secolo.
Risalgo su per la Serra morenica tra castagneti fruttiferi, vigneti, pascoli. Un tempo si coltivava anche frumento, segale, granoturco e patate. Prendo una stradina che trovo sulla mia destra, fino a transitare per il piccolo e verdeggiante borgo di San Sudario Valle, dove tra i maggiociondoli in fiore vi sono belle case ristrutturate. Risalgo sul crinale, fino a raggiungere il borgo di San Sudario, da dove si gode una splendida vista sulle sottostanti vallate. In questa località insiste un omonimo oratorio in cui vi sosto per meglio osservarlo. L'edificio religioso, affacciato sulla strada principale che volge verso Magnano, ha un prospetto semplice con tetto a capanna ed è interamente intonacato. Presenta una sola porta d'accesso con un timpano posto sull'architrave. La porta è affiancata da due piccole finestre rettangolari, protette da robuste sbarre. Sotto il frontone, un ampia finestra regolare permette alla luce naturale d'entrarvi. Un piccolo campanile s'innalza verso il cielo, quasi a voler controllare i suoi dintorni. Dalla piccola finestra, osservo il suoi interno, che si presenta assai spoglio. La chiesetta è a navata unica, dove i banchi, l'altare maggiore, la mensa e le statue sono protette e coperte da alcuni nylon. Intravedo malamente una bella, grande tela, posto nell'abside che comprendo ritrarre il Santo Sudario. Riprendo l'auto e continuo percorre la strada per Magnano, quando da un bosco che costeggia la strada escono due caprioli, che corrono, con piccoli salti, verso una bellissima e fiorita radura, Subito dopo trovo l'incrocio che conduce a Bose.
In questa località, in cui mi soffermo brevemente, è presente dal 1965 una Comunità Ecumenica. Si tratta di una comunità di monaci e di monache appartenenti a chiese cristiane diverse che cercano Dio nella comunione fraterna e nell'obbedienza al Vangelo. Questa Comunità fa di Magnano un centro del turismo religioso internazionale, meta di pellegrinaggi e incontri e convegni internazionali. Infatti sono moltissime le auto parcheggiate nel piazzale di accesso al borgo. Mi piace riprendere la descrizione di questa comunità che il giornalista Paolo Rumiz fece nel suo libro Gerusalemme perduta: "Ultime risaie, alberi secolari, una miniera d'oro abbandonata, poi un declivio disseminato di castelli e santuari [...]. In alto, appartato in una valletta, un arcipelago di casette e un camino che fuma, il monastero". Una grande mano è scolpita nella pietra, posta nel verde prato mi accoglie. È un opera dello scultore Bruno Martinazzi del 1967, donata insieme ad altre alla comunità di Bose.
La Comunità con la sua moderna chiesa è inserita in uno splendido contesto naturale, dove le antiche case sono state tutte perfettamente restaurate e conservate. All'ingresso del piccolo centro monastico, fondato dal carismatico Fratel Enzo Bianchi, vi è il centro di accoglienza dei pellegrino, ove sono venduti i prodotti da forno, confetture, tisane prodotti nella comunità. Ma i membri della Comunità, provenienti da diversi paesi del mondo che seguono la tradizione del monachesimo primitivo, oltre all'accoglienza e ospitalità dei pellegrini e di chi vuole vivere qualche periodo di approfondimento spirituale, svolgono anche attività di agricoltura, apicoltura, falegnameria, ceramica, tipografia ecc..
Riprendo l'auto e giungo alla chiesa di San Secondo. Questa fu fondata nella prima metà dell'XI secolo ed è stata a lungo il centro vitale dell'antico borgo di Magnano, ma solo degli anni Sessanta del secolo scorso è stata riportata alle forme originali da con un importante lavoro di recupero. La chiesa in stile romanico è intitolata a questo martire della legione Tebea che si racconta fosse stato martirizzato in questo luogo. La raggiungo attraverso un bel viale, un bosco la circonda su due lati, mentre una radura, ospita il solitario edificio, un bel prato fiorito ne compone il sagrato. Sembra incredibile che un tempo questa chiesa fosse circondata dall'originario paese di Magnano. Curioso sapere che con lo spostamento del borgo sul culmine del colle e la costruzione della Chiesa di Santa Marta, questo edificio perse d'importanza; tanto che nel 1606 se ne autorizzò la demolizione e il riutilizzo dei materiali per la costruzione di una nuova chiesa al centro di Magnano.
Fortunatamente, grazie all'opposizione dei magnanesi, l'edificio venne invece restaurato secondo i gusti del sec. XVII. Inizialmente era composta da una sola navata centrale, nel corso di solo un secolo, con l'aumento della popolazione, furono aggiunte le due navate laterali, tanto che oggi si presenta con un tetto a salienti. La facciata è molto semplice, totalmente realizzata in pietra, presenta una sola porta d'accesso con un ampia finestra rettangolare con arco a tutto sesto postovi sopra. Lateralmente presenta piccole finestrelle ad arco tutto sesto ed una piccola porta d'acceso. Sul retro le tre eleganti absidi sono ornate da lesene e archetti. Un'abside è occupata dal massiccio campanile cuspidato a due ordini di trifore, ornato da archetti e cornici marcapiano, ed è uno dei più significativi esempi di arte romanica. Infatti l'elegante campanile fu edificato nel XII secolo sacrificando l'abside di destra. Grazie ad alcuni amici, riesco ad accedere al suo interno che oggi è assai spoglio. Difatti gli interni si presentano nell'essenzialità tipica dell'architettura romanica, grazie all'accurato restauro del 1968 che ha eliminato le pesanti decorazioni barocche riportando in luce l'originaria struttura. La copertura è a capriate in legno. L'interno, a tre navate irregolari è scandito da pilastri rettangolari su cui si impostano archi a tutto sesto. Nell'interno sono conservati alcuni resti di affreschi del XIV secolo.
Lascio questa bellissima chiesa, indossato le scarponcini da trekking ed impugnato i bastoncini, inizio ad inoltrarmi su un sentiero. Voglio raggiungere una diruta chiesetta nascosta nel bosco che era dedicata a San Grato. Mi avventuro lentamente tra bei prati fioriti e boschi di roveri e castagni seguendo un sentiero, talvolta protetto da muretti a secco realizzato con grosse pietre, altre con scoscesi avvallamenti. Trovo lungo il percorso alcuni cartelli didattici che spiegano cos'era la Carbunera, ossia dove si produceva il carbone di legna. Raggiungo cosi, dopo aver percorso un ultimo tratto di sentiero assai tortuoso, ciò che rimane della chiesetta di San Grato, totalmente immersa e sommersa nel verde. Gli alberi ormai stanno riconquistando il luogo, non solo è assai diroccata e priva di tetto, ma gli alberi sono cresciuti all'interno dell'unica e grande navata. Erbe infestanti ricoprono ciò che un tempo era un luogo sacro, arbusti cresciuti tra i mattoni e le pietre con le loro radici poco per volta mangiano e distruggono ciò che rimane. Le sue forme settecentesche che si possono ancora leggere con le volute rimanenti ricorda come questo edificio fu costruito su una precedente chiesetta dedicata a Santa Maria risalente al XII secolo. La nuova intitolazione risale al 1723, lo ricorda un cartello turistico che riporta una supplica "... orrenda tempesta caduta sopra tutto il territorio desso luogho di Magnano..." prosegue "... il popolo ... restaurato una chiesa antica campestre sotto il titolo di San Grato ..." richiede l'assenso per la sua benedizione. Infatti una violenta tempésta di grandine aveva distrutto tutti i raccolti e la popolazione si era rivolta a San Grato, protettore contro la grandine, il cui culto in parte del Piemonte e della valle d'Aosta era ed è molto seguito. Lentamente rientro verso l'auto, mi riposo un poco disteso sul verde prato e riprendo l'auto per raggiungere Magnano. Dopo aver parcheggiato nel centro dell'antico borgo, inizio ad aggirarmi tra le strette strade, dapprima raggiungo il piccolo edificio religioso dedicato a San Rocco, posto all'incrocio tra un omonima via, con via campi e via Roma. L'edificio interamente intonacato, ha il tetto a capanna, un unico ingresso affiancato da due piccole finestre e un piccolo oculo centrale. L'edificio è molto ben conservato come il suo piccolo campanile. In via Campi trovo una lapide in bronzo che ricorda che vi era un vecchio mulino a pietra. Le case sono molto ben conservate e anche le più vecchie mantengono un buon decoro. Torno verso il centro, percorro via Roma e raggiungo così la piazzetta centrale del borgo, ove si affacciano un piccolo negozio di alimentari che espone prodotti locali, un locale di ristorazione e il palazzo municipale. Quest'ultimo conserva al suo interno il preziosissimo ed antico vessillo della locale S.O.M.S, recentemente restaurato e che ricorda le fatiche della locale popolazione e la necessità di trovare un aiuto solidale in caso di perdita del lavoro, infortunio e grave malattia. Sulla facciata del Municipio sono affisse le lapidi con l'elenco dei caduti magnanesi nelle ultime guerre mondiali. Riprendo il mio girovagare e posso constatare come questa parte del borgo abbia le caratteristiche di un abitato tipicamente di campagna con le sue grandi case a due piani e ampi cortili. Sono case, nonostante l'età ben conservate e arricchite nei suoi balconi e finestre da vasi con fiori multicolore. Raggiungo così la chiesa di Santa Marta. Questa chiesa,era anticamente dedicata ai Santi Secondo e Biagio e fu costruita nel Cinquecento e per un certo periodo fu utilizzata come Parrocchiale di Magnano. Infatti fu edificata a ridosso delle mura del Ricetto. Quella che oggi posso ammirare è una ricostruzione settecentesca. Infatti fu edificata a partire dal 1776 nelle forme del barocco piemontese. L'edificio è architettonicamente interessante e presenta un alta facciata in pietra e laterizio in parte intonacata. Suddivisa in due ordini, separati da un aggentante marcapiano, presenta una sola porta d'accesso e nel secondo ordine un ampio ovale con cornice a stucco. Forse questo ovale un tempo doveva conservare un affresco. In facciata, che corrono su entrambi gli ordini vi sono due coppie di lesene che pare sorreggere l'ampio frontone triangolare. Il campanile è piccolo e fu costruito solo nella prima metà del XIX secolo ed è poggiante sui muri della facciata.
Entrato in chiesa la trovo a navata unica a croce latina con profondo presbiterio. Benché sia in stile barocco è sobria e priva di decorazioni. Le ancone degli altari laterali che si possono ancora ammirare hanno necessità di urgenti restauri e sono rappresentati san Carlo e san Sebastiano, attribuiti al pittore Lace di Andorno. Interessante l'ottocentesco baldacchino di legno per l'esposizione del Santissimo sull'altare maggiore. Uscito dalla chiesa m'avvio verso la chiesa parrocchiale. Mentre percorro le strade di Magnano mi domando quale di queste case vide la nascita di Giovanni Flecchia natovi nel1811 e morto 1892. Costui fu Orientalista, bibliotecario e archivista del Senato. Giovanni Flecchia fu considerato uno dei maggiori esperti europei delle antiche lingue e letterature orientali. Ma tra queste case vi nacque anche il 18 aprile 1890 un altro Flecchia, ossia Vittorio che fu dirigente sindacale, antifascista condannato al confino e poi a 15 anni di reclusione. Rilasciato per indulto e trasferitosi un Francia fu arrestato dal governo di Vichy e internato con Luigi Longo e Giuseppe Montagnana. Trasferito nelle carceri italiane fu poi inviato al confino alle isole Tremiti. Liberato nel 1943 prese parte attiva alla Resistenza. Nel dopoguerra fu deputato all'Assemblea Costituente e Senatore della Repubblica per il partito comunista fino al 1958. Raggiungo così il monumento agli Alpini, posto ai piedi del grande sagrato sul quale si eleva la chiesa parrocchiale dedicata ai Santi Giovanni Battista e Secondo. Per accedere al grande sagrato erboso occorre salire alcuni gradini e passare sotto un grazioso arco. A latere, come lungo molte strade di accesso al paese vi sono colonne votive, ove sulle quattro facciate sono affrescate immagine sacre della Madonna e di santi. Questa chiesa fu edificata a partire dal 1658 e più volte ampliata e rimaneggiata. La facciata è della metà del XIX secolo, suddivisa in due ordini e tripartita da coppie di lesene nel primo ordine, mentre solo nella parte centrale del secondo ordine sono presenti. Nel primo ordine sono presenti tre porte, la cui centrale è assai più ampia delle laterali. Tutte le porte sono incorniciate da stucchi e su quelle laterali, sopra di esse vi è un ampia finestra rettangolare con ampio timpano triangolare, mentre il portone centrale presenta sopra l'architrave un grande tondo in altorilievo raffigurante la sacra famiglia con san Giovanni Battista incorniciato da un timpano semicircolare. Le coppie di lesene, presentano tutte un alto basamento, La parte centrale del secondo ordine presenta un grande e ben conservato affresco con la Madonna con bambino, mentre nelle ali sono presenti delle meridiane. Il tetto della chiesa è a salienti e il frontone non presenta decorazioni particolari. Accedo alla chiesa che trovo a tre belle ampie navate. L'edificio vide l'ampliamento del coro e del presbiterio nel 1750.
Il bell'altare maggiore risale alla metà del XVIII secolo, particolarmente interessante la balaustra del presbiterio,vero manifesto di opulenza della chiesa magnanese come il sontuoso e ricco baldacchino del 1859. Come non ammirare l'opera lignea del secentesco e bellissimo pulpito.
La chiesa presenta opere pittoriche di rilievo come la tela dell'altar maggiore con la Nascita di san Giovanni Battista e i santissimi Secondo e Biagio del torinese Bartolomeo Garavoglia realizzata nel 1677. Altra tela tardo-secentesca è quelle dell'altare di Sant'Antonio. Mentre della prima metà del XVIII secolo sono la Madonna e il Redentore, realizzati da Pietro Agostino Zamorra e incorniciati preziosamente. Sempre dello Zamorra sono i quattordici quadri raffiguranti gli apostoli. Sosto inoltre ad ammirare L'altare del Suffragio, opera di Giovanni Antonio Flecchia, datato 1675, finemente decorato con motivi floreali e teste di cherubini,angeli e cariatidi. Non posso non fermarmi ad ammirare la magnifica Madonna d'Oropa realizzata in chiave moderna dallo scultore magnanese Aldo Flecchia. Scultura questa, realizzata nel 1984 in marmo serpentino di Nonio, Lo sguardo volge per ultimo all'organo della Chiesa, risalente al 1794. Dopo aver ammirato la chiesa parrocchiale, mi dirigo verso il ricetto.
Il centro abitato attuale è dominato dal ricetto, posto su un'altura dalla quale si controlla tutto il territorio circostante e si gode un bellissimo panorama. Per raggiungere il borgo fortificato devo accedervi attraverso una porta-torre a base quadrata, realizzata in pietra. Questa torre, oggi funge anche da torre campanaria della chiesa parrocchiale con i suoi grandi orologi, poteva ai tempi far accedere al ricetto i carriaggi attraverso un accesso ad arco che all'occorrenza poteva essere chiuso. Prima di entrare nel particolarissimo ricetto faccio un salto nel retrostante piazzale del Camposanto. Sul suo piazzale infatti è collocato il monumento ai militari caduti di Magnano. Vicino ad esso vi sono collocati tanti piccoli cippi con una targhetta in bronzo con i nome dei militari magnanesi caduti in guerra, un piccolo e vero parco della rimembranza ottimamente tenuto. È il momento di accedere all'antico ricetto.
Il Ricetto di Magnano è edificato adagiato su un crinale di una collina, presenta una pianta irregolare, di forma stretta e allungata, con le cellule abitative distribuite lungo tre assi viari. Fu costruito a partire dal 1204 e sovrasta l'attuale centro abitato. La sua cortina muraria, costruita in grossi ciottoli di fiume, corre lungo tutto il perimetro, già naturalmente difeso dagli scoscesi pendii del poggio. Il Ricetto sorge come borgo franco ed è caratterizzato da cellule edilizie a due piani con accesso da strade di lunghe e strette, tutt'oggi in pietra. Ogni famiglia possedeva una cellula mentre iI comune possedeva i fossati, la torre d'ingresso, le mura di cinta. Inizio a camminare lungo queste strade, cominciando da quella più esterna, tuttora una sorta di belvedere panoramico rivolto verso il paese sottostante. Le costruzioni che compongono il ricetto sono caratterizzate da muri in pietrame e laterizi, alcune facciate presentano portali con inserti decorativi in laterizi che arricchiscono queste costruzioni, aggiunte nel XV sec. Le strade che percorro erano sufficientemente larghe per consentire il transito dei carri per le derrate. Le costruzioni sono ottimamente conservate, alcune sono abitate ma tutte sono abbellite da piante fiorite che rendono il luogo idilliaco. Buona parte di queste cellule erano destinate a deposito delle derrate alimentari anche per salvaguardarle da eventuali assedi. Queste cellule allineate lungo tre file quasi parallele avevano anche torchio o maglio per i ferrai, di cui è rimasta la base ottagonale. Ogni abitazione era composta da una stanza al piano terreno che serviva da stalla-cantina e da un magazzino al primo piano. Ben visibile è ancora la cisterna dell'acqua. Di particolare interessa è la cosiddetta "casa della comunità" con il suo ampio porticato formata da tre grandi pilastri cilindrici di pietra. Questo edificio serviva per le riunioni consiliari. Lascio il ricetto, prima di riprendere l'auto faccio ancora un giro per il borgo dove trovo belle case, anche antiche; alcune hanno scolpito su alcune pietre l'anno di costruzione come quella che porta inciso 1338, altre hanno ancora i balconi in legno, altre riportano dipinte delle decorazioni. Dopo aver acquistato del miele, prodotto a Magnano nel negozio che si affaccia sulla piazza comunale, in auto, dopo aver chiesto indicazioni ad un anziano e gentile signore, m'avvio verso la borgata Piletta. Questa piccola e caratteristica borgata conserva il bell'oratorio dedicato ai santi Vincenzo e Domenico. Questa chiesa fu edificato nel XVIII secolo. La chiesa si presenta alta, slanciata verso il cielo, con un piccolo campanile che sembra additare le nuvole. L'edificio ha il tetto a capanna e la facciata è tripartita da lesene che sembrano sorreggere il grande frontone. Per accedere al sagrato in erba, occorre salire alcuni gradini in pietra, è questo è protetto da un muretto in pietra. Anche l'accesso alla chiesa è possibile attraverso alcuni gradini in pietra. Due piccole finestre sono poste ai lati della porta d'accesso. Sopra la porta e alle finestre sono presenti alcune cornici in stucco modanate che forse un tempo conservavano degli affreschi. Una grande finestra è posta sotto il marcapiano, sotto il frontone. L'interno dell'oratorio è a navata unica decorata con pregevoli stucchi, tra i quali una colomba. Sull'altare è collocato una ottocentesca tela raffigurante la Madonna con i SS Domenico e Vincenzo di pregevole fattura. Tornato sul sagrato osservo la piccola scuola elementare che vi si affaccia. La scuola rimase in attività fino a tutti gli anni 20 del XX secolo ed era dotata di alloggio e cucina per la maestra. Infatti fino ai primi del novecento Piletta aveva oltre 2000 abitanti. A quei tempi Magnano disponeva di ben tre scuole: una in paese, una a San Sudario e una a Piletta.
È il momento di lasciare Magnano, soddisfatto di aver vissuto un'altra bellissima esperienza alla scoperta del Piemonte