Vi furono scoperte anche necropoli con ricchi corredi funerari. Dopo il periodo romano in cui vi erano diversi insediamenti agricoli il territorio, vide in epoca feudale la realizzazione dei primi incastellamenti. Infatti, è del 955 il primo documento in cui si cita Briona ed anche il borgo di Proh. Questi territori erano sotto i Conti di Biandrate e lo rimasero fino a quando passò sotto l'influenza del comune di Novara. Briona con la sua fortezza passò poi sotto l'autorità dei Visconti di Milano. Nel 1449 Francesco Sforza lo infeudò ai Tornelli che lo tennero con titolo comitale sino al 1739. Il borgo fu poi venduto ai Castellani, mentre la frazione Proh era già dal 1572 passata dai Tornelli ai Cattaneo. Infatti, sia Briona sia Proh hanno due importanti castelli che li lega strettamente nelle loro vicende storiche. Raggiungo cosi il borgo di Proh, già Petrurium ossia "luogo pietroso". Anticamente il territorio di Proh era assai più ampio e possedeva una pieve posta lungo la "strada biandrina", ma era altresì interessata da altre importanti vie di comunicazione che conducevano a Novara e in direzione Valsesia, ma anche a Momo, attraverso il guado sul torrente Agogna e verso Milano. È facilmente immaginabile come anticamente il territorio fosse ricoperto in gran parte da boschi e da brughiera. La chiesa pievana, oggi scomparsa, era dedicata a San Zenone.
Mi ero posto l'obiettivo di andare subito a vedere la Cella di Santa Maria del XII secolo posta nella Cascina Cella vecchia, vicina a Proh ma purtroppo una sbarra posta sulla strada sterrata è chiusa, ciò m'interdice il transito, non posso così raggiungere la cascina che conserva i resti del piccolo monastero benedettino di Santa Maria. Oggi l'antico cenobio è integrato in un edificio rurale e ne rimane solo l'abside maggiore della chiesa. Mi era stato raccontato che l'esterno è decorato superiormente da una serie di archetti pensili e che nell'abside vi siano tre monofore di sezione diversa. Al suo interno, nel catino absidale dovrebbero esserci degli affreschi quattrocenteschi di scuola novarese. Dopo aver rinunciato a visitare quel che rimane della Cella benedettina vado a vedere il castello di Proh.
Questo castello è posto in pianura nell'omonima frazione ai piedi delle prime colline novaresi. Fu edificato verso la metà del XV secolo per volere di Francesco Sforza. Come avevo potuto leggere nella sua descrizione del libro "Castelli del Piemonte" del 1975 si dice che il castello di Proh fu costruito come "luogo di delizie" da Francesco Sforza, Duca di Milano. Anche se le sue fattezze sono di un piccolo maniero, non ebbe tali scopi, anche forse, per la vicinanza di altri importanti castelli. Occorre comunque sapere che già all'inizio del XII secolo i conti di Biandrate che avevano ottenuto questo territorio in feudo da Corrado III di Svevia vi eressero il cosiddetto "castellaccio" che era collocato sulle prime propaggini delle alture retrostanti all'attuale castello. Il "castellaccio" andò distrutto nel 1362 durante la guerra tra il marchese del Monferrato e Galeazzo Visconti. Il castello di Proh, a metà del Quattrocento passò in feudo ai Tornielli e nel 1495 fu occupato dall'esercito di Ludovico il Moro. Il piccolo maniero passò di proprietà in proprietà, dai Caccia ai Cattaneo di Novara, per essere trasformato nell'Ottocento in cascina dalla famiglia Fantoni. Venduto al conte Arese Lucini, nel 1917 diviene proprietà della famiglia Marelli di Milano che 2020 lo affidano alla Fondazione UniversiCà.
Il bellissimo castello si presenta a pianta rettangolare asimmetrica con due torri circolari e in passato era circondato da un fossato. Presentava ingressi dotati di ponte levatoio. Oggi si nota ancora una Pusterla sul prospetto principale e una porta carraia sul retro. Lungo tutto il piccolo e massiccio edificio vi è un apparato sporgente con lunghe caditoie. La sua posizione in pianura isolato è molto suggestivo e ne fa un interessante monumento, quasi vanitoso posto ai piedi di una collinetta boscosa. Lascio il castello che non ha nullo guerresco pare più uno scrigno dove conservare i propri tesori. Nei pressi del castello transita la SP 17 che conduce a Barengo e Agnellengo e subito dopo un ponticello sul torrente Oriace, c'è un piccolo monumento che ricorda tre civili massacrati dalla ferocia fascista e nazista, fucilati l'8 luglio1944: Frattini Oreste del 1922, Gramoni Vittorino del 1924 e Boniperti Carlo del 1925, tutti nativi di Barengo.
Mi avvio verso il ponte medievale di Proh, databile XIII secolo, posto sulla roggia Mora nei pressi del cimitero della frazione. Il ponte è a schiena d'asino, oggi difficilmente percorribile e necessitante di restauri. Era posto sull'antico transito delle merci e quindi luogo di riscossione delle "gabelle" e dei "dazi". Infatti, nel novarese esiste un motteggio che dice "va piài sul punt da Proù ", ossia "va a prenderli sul ponte di Proh" ossia "scordateli". Alludendo a un credito arduo da riscuotere per l'insolvenza del debitore. La Chiesa del piccolo cimitero è piccolina, l'ingresso è rivolto verso l'esterno del camposanto. Questo piccolo edificio doveva raccogliere diversi fedeli considerato le sue peculiarità architettoniche. Presenta una facciata con tetto a capanna, con due lesene angolari. L'edificio è tutto in muratura intonacata e purtroppo non versa in buone condizioni; la porta lignea a doppio battente richiede un po' di manutenzione. Il suo portale è assai bello ed è sagomato. Sopra il portale vi è una grande cornice di stucco al cui interno vi era sicuramente affrescato il titolare della chiesa, a me sconosciuto. Sono le due finestre poste ai lati della chiesa che mi hanno particolarmente colpito, le sue forme molto ondulate, danno al prospetto della chiesetta un richiamo baroccheggiante. Nel piazzale davanti alla chiesa si erge un monumento; si tratta di una grande roccia su cui è affissa una lapide che ricorda oltre i tre civili fucilati nel preso del castello di Proh, anche Zambarbieri Arturo, novarese del 1923, partigiano combattente, ucciso nel 1945; Rozzati Eugenio del 1921 di Grignasco, ucciso in combattimento il 10 agosto 1944 e Daffara Amedeo del 1915, ucciso da mano fascista il 10 agosto 1944.
Per vedere l'antica chiesa di Proh devo lasciare l'auto nella borgata e scarpinare fino in cima alla collina dove si erge la chiesa di San Silvestro in Castro, datata XI secolo.
Questa fu l'antica parrocchiale della borgata e probabilmente cappella castrense del “castellaccio” dei Conti di Biandrate. La chiesa ha perso le sue caratteristiche architettoniche romaniche per i molteplici rimaneggiamenti avvenuti secoli. L'edificio versa in pessime condizioni, dall'esterno posso solo vedere che ha la facciata a capanna ad aula unica. Un vero peccato vederla in queste brutte condizioni, con la porta d'accesso anticipata da un piccolo portico ricoperto dall'edera. Il campanile sembra massiccio e la cella campanaria conserva ancora le campane. In un cartello che indica brevemente le caratteristiche della chiesa di San Silvestro in Castro, è riportato che al suo interno vi dovrebbero essere, o vi erano affreschi databili tra la fine del XV e la prima metà del XVI secolo. La borgata di Proh presenta le caratteristiche di un piccolo centro agricolo, attraversata anche dalla linea ferroviaria Novara-Varallo. Questo tratto della linea ferroviaria entrò in funzione nel 1883 e oggi è attiva solo per i treni storici dal dicembre 2015.
Lascio Proh e mi dirigo verso Briona e parcheggio l'auto nella piazza, dove si affaccia la chiesa parrocchiale e inizio il mio girovagare. La piazza è intitolata al Generale Paolo Solaroli; costui nacque a Novara nel 1796 famiglia di umili origini, e morì a Briona il 10 luglio 1878. Si trovò coinvolto nei moti nazionali del 1821 e si arruolò nei reggimenti costituzionalisti e dopo la sconfitta degli insurrezionalisti, emigrò all'estero. Dapprima si recò a Londra e poi in Egitto, dove si mise al servizio come istruttore militare grazie all'esperienza maturata durante i preparativi rivoluzionari. Ripresa la via del mare, giunse in India, dove si pose al servizio di un piccolo regno indiano di cui divenne comandante generale. Poi passò con la Compagnia delle Indie orientali, Solaroli combatté alla campagna dell'Afghanistan, facendo poi ritorno in Italia.
Il rientro fu accompagnato dalle gesta delle sue imprese; Carlo Alberto di Savoia era salito al trono e aveva sentito parlare a lungo del Solaroli e della sua esperienza in India, ricevendolo a corte a Torino, gli concesse il titolo di colonnello onorario e lo nominò barone. Con lo scoppio dei moti del 1848, Paolo Solaroli passò al ruolo effettivo e prese parte nel 1849 alla Battaglia di Novara, dove si distinse davanti all'allora principe ereditario Vittorio Emanuele. Quando quest'ultimo salì al trono sabaudo, incaricò Solaroli di organizzare il ritorno in patria della salma del padre dall'esilio di Porto, in Portogallo. Il Solaroli continuò a seguire il sovrano come suo aiutante di campo personale, prendendo parte prima alla campagna del 1859 e a quella del 1866.
L'anno successivo, ottenne dal re il delicato incarico di restituire al Duomo di Monza la corona ferrea asportata in precedenza dagli imperiali. Dopo quest'atto Vittorio Emanuele II lo nominò Marchese di Briona, dove aveva acquistato il castello, nominandolo generale. Dopo aver ripercorso brevemente l'avventurosa vita del generale Paolo Solaroli, mi appresto alla visita della Chiesa Parrocchiale Madonna della Neve. Questa chiesa fu edificata nel XII secolo come cappella privata dei conti di Biandrate, riedificata in stile gotico, si presenta oggi molto rimaneggiata. La facciata è interamente intonaca tripartita da leggere lesene ed ha un tetto a salienti. L'unica porta d'accesso della facciata è anticipata da un portico e due piccole finestre ad arco acuto completano la facciata tardo settecentesca. L'edificio è ad aula unica con abside quadrilatera, ma purtroppo è chiusa e non posso accedervi.
Mi era stato raccontato che presenta una struttura architettonica dominata da vaste arcate a sesto acuto e la cappella dedicata alla Vergine e conserva preziosi stucchi e affreschi del seicento. Conserva altresì preziosi affreschi dei sec. XV, XVI e forse anche di epoche precedenti. Questa chiesa fu elevata al rango di parrocchiale, intorno, ai primi decenni del 1500 per comodità della popolazione, in quanto prima le funzioni erano ricoperte dalla Chiesa di Sant'Alessandro posta all'interno del cimitero. Dopo essere transitato davanti al bell'edificio comunale in stile neoclassico, raggiungo la strada che conduce al castello di Briona. Prima di ammirare il maniero, almeno dall'esterno, osservo il monumento ai caduti. Si tratta di un tempietto costituito da un piccolo sacello chiuso frontalmente da cancello di ferro battuto. L'ingresso di questo edificio presenta due paraste di marmo bianco ornate alla base da due urne cinerarie e sormontate alla sommità da due aquile.
Scorgo al suo interno un piccolo altare e tre lapidi con elenchi di caduti della prima e della seconda guerra mondiale. Un lungo viale corre verso la collina su cui si erge l'antico castello che è circondato da un ampio parco con begli alberi alto fusto. Il castello di Briona domina sia l'abitato che il circostante territorio ed era già esistente nel XII secolo. Si tratta di un edificio a quadrilatero a tre piani con beccatelli in mattoni, molto allungati su tre lati. Il castello presenta un cortile interno sospeso e un'alta torre con piccionaia. All'edificio cui furono aggiunte brevi maniche con ampia balconata porticata. Fu possesso del conte Guido III di Biandrate, ebbe diversi proprietari tra cui dai Visconti dal 1356. Nel 1363, subì il saccheggio da parte della Compagnia Bianca di Alberto Sterz, assoldati da Giovanni Paleologo, Marchese del Monferrato, in lotta contro Galeazzo II Visconti.
Il castello passo poi a Francesco Sforza, duca di Milano che lo infeudò a Giovanni Tornielli. Suo figlio, Melchiorre, si mise in contrasto con Lodovico il Moro, alleandosi con i francesi in guerra contro gli Sforza, e il castello subì i passaggi dei diversi eserciti. Finita la dinastia dei Tornielli, nel 1653 il castello passò ai marchesi Dal Pozzo d'Annone, fino al 1864, quando fu ceduta al generale sabaudo Paolo Solaroli, insignito del titolo di "marchese di Briona" da re Vittorio Emanuele II. Ancora oggi l'antica fortezza, detta rocca di Briona, appartiene ai discendenti di Paolo Solaroli. Percorro alcune vie del paese, su cui si affacciano case basse con ampie corti dai balconi fioriti.
Ripreso l'auto, mi dirigo verso il cimitero e lungo il percorso, in via Martiri della Libertà mi soffermo a osservare l'oratorio campestre di San Bernardo, detto anche della Mora, risalente al XIV – XV secolo. L'Oratorio di San Bernardo è posto prima del ponte che attraversa la Roggia Mora, lungo l'antica strada che da Novara portava in Valsesia. Il piccolo oratorio è aperto e presenta al suo interno un bellissimo esempio di affreschi della seconda metà del XV secolo. L'interno è piccolo ad aula unica a pianta rettangolare con volte a botte. Gli affreschi della parete dietro l'altare, rappresentano la Madonna del Latte, i Santi Bernardo da Mentone, Stefano e Sebastiano, sovrastati dalla Crocefissione.
Gli affreschi della volta a botte rappresentano una teoria di santi con i profeti, mentre sulle pareti laterali vi sono vari santi e sono un raffinato esempio di pittura tardogotica, datati 1463. Tra i santi riconosco le raffigurazioni di San Gaudenzio, dell'Arcangelo Michele in atto di colpire un diavolo che regge una bilancia, della Maddalena e di Santa Lucia. Sulle pareti laterali sono anche dipinte le suppellettili della messa come le ampolline. I resti di un'aquila indicano che il committente era la famiglia Tornelli, signori del feudo dal 1449. Anche la semplice facciata doveva un tempo essere affrescata, ma è ora che prosegua per vedere la cappella cimiteriale o meglio l'antica Chiesa di Sant'Alessandro già parrocchiale. Antica chiesa parrocchiale di Briona, dedicata al suo santo patrono, situata all'interno del cimitero è dell'XI – XII secolo.
La raggiungo facilmente e mi soffermo ad osservare innanzitutto la facciata che presenta un tetto a doppi spioventi e corpo centrale più elevato, proceduta da un portichetto aggiunto successivamente. Sulla facciata si possono ancora vedere pregevoli frammenti di affreschi duecenteschi su una parte intonacata con una crocifissione con San Giovanni e un San Cristoforo. La chiesa è realizzata in mattoni, pietre e sassi disposti a lisca di pesce. Sono molte, in facciate le antiche lapidi cimiteriali murate. Sotto il porticato vi è l'accesso ad arco tutto sesto di mattoni. La porta è affiancata da due finestrelle rettangolari. Nella parte centrale, sopra il portichetto si apre una bifora con una colonnetta mediana in pietra. Al centro del frontone vi è una piccola finestra, mentre tutto il timpano è decorato da una corsa di archetti in cotto.
Cerco di osservare il suo interno da una delle finestre poste a lato della porta d'accesso. Posso cosi vedere una chiesa a tre navate terminanti con absidi semicircolari. La volta dell'edificio è a capriate nella parte centrale e a crociera nelle navate laterali. Riesco a stento ad intravvedere sulle pareti interne e nelle absidi degli affreschi, tra i quali una Madonna allattante. La chiesa è internamente disadorna, presenta un altare maggiore ligneo e al posto delle panche sono presenti squallide sedie di plastica da giardino. Faccio un giro intorno alla chiesa che presenta strette finestre, sono a doppia strombatura. Anche nel retro è presente una finestra a croce. L'abside maggiore conserva un interessante corso di archetti pensili che riprendono il disegno del frontone posteriore.
È ora di riprendere l'auto e spostarsi in frazione San Bernardino. Questa borgata è posta al centro di distese risaie con i suoi appezzamenti a forma regolare incorniciati dai canali e dai fossi che ricchi d'acqua, rendono il paesaggio unico e spettacolare. A San Bernardino di Briona nel 1864 si rinvenne una stele con iscrizione in alfabeto nord-etrusco e in lingua celtica. Il blocco di pietra è stato datato come posteriore all'89 a. C. Sempre in questa frazione, nel 1918, durante gli scavi in un sepolcreto dell'età del ferro, si rinvennero ceramiche di tipo golasecchiano ma anche bronzi di origine veneta ed etrusca ora conservati al museo civico di Novara. Infatti, mi è stato descritto questo ritrovamento come un importante prova degli scambi commerciali della tribù dei Vertacomori con gli Etruschi e altre popolazioni italiche e del mediterraneo.
Parcheggiato l'auto nei pressi della chiesa faccio un giro tra le case del borgo, tra le quali trovo anche dei mulini ad acqua, ormai in stato di abbandono ma che raccontano un importante pagina di storia di vita della borgata. La Chiesa Parrocchiale di San Bernardino è dedicata all'omonimo santo e risale al XVII secolo. Si tratta di un bell'edificio, ottimamente conservato con facciata con tetto a capanna e con un portico che anticipa la porta d'accesso; la chiesa è sicuramente antica, anche se la sua consacrazione certa risale all'anno 1602. Una lapide all'interno della chiesa ricorda i lavori di ampliamento del 1753.
In auto raggiungo ancora l'Oratorio di Sant'Antonio Abate in località Orcetto. Di questo piccolo oratorio mi aveva incuriosito la descrizione degli affreschi. Purtroppo quando lo raggiungo, lo trovo chiuso e non ho alcuna possibilità di vederli. Si tratta di una costruzione del XIV - XV Sec. posta lungo la Strada Provinciale n.101, è un oratorio campestre dedicato a Sant'Antonio Abate, santo assai popolare, invocato a protezione contro i mali, soprattutto contro quello che nel linguaggio popolare prende il nome di "fuoco di Sant'Antonio". L'edificio è semplice e minuscolo, con tetto a capanna, una sola porta d'accesso con un oculo sotto il culmine del tetto. L'oratorio è intonacato esternamente e circondato da un'alta siepe. Ovviamente l'interno è ad aula unica.
Avevo letto che presenta una serie di affreschi quattrocenteschi che coprono l'intera superficie delle pareti. Tra i santi affrescati vi sono Sebastiano e Rocco, segno anche del passaggio di epidemie anche in questa località. Ovviamente oltre a Sant'Antonio Abate, più volte ripetuto nella scena in cui è bastonato dai demoni. Sono molti i santi che speravo di vedere negli affreschi, tra cui sicuramente mi sarei soffermato a osservare l'affresco della conca absidale, in cui è dipinto il Trono della Misericordia, il Cristo pantocratore e il Cristo morto sulla croce.
È il momento di rientrare verso casa, lascio così Briona con i sui castelli, le sue chiese, le sue importanti tradizioni agricole. Un luogo tra risaie e verdeggianti colli, tutto da scoprire.