Blog di Dante Paolo Ferraris

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Breve viaggio nella Terra dei Magiari

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UngheriaIl viaggio con l'auto di servizio si presenta da subito un po' periglioso. Non solo il tragitto di circa 1000 km sarà lungo e non particolarmente facile ma diverse insidie si rendono subito manifeste.
Fuori dall'auto la temperatura media è sui 30 gradi centigradi e il condizionatore della nostra FIAT 16 funziona a pieno regime, ma quasi certamente durante l'installazione di un nuovo apparato radio qualcosa non è andato per il verso giusto tanto che il climatizzatore scarica l'acqua di condensa dentro l'abitacolo.
La pianura padana attraversata da ovest a est è baciata da un sole splendido i cui raggi si riflettono nelle campagne dove le trebbiatrici stanno mietendo il grano. In autostrada il traffico è scorrevole e le uniche difficoltà le creano alcuni camionisti che creano lunghe code di autoveicoli ponendosi in fase di sorpasso con altri giganti della strada.
Le brevi ma frequenti soste nei vari autogrill rompono la monotonia del tragitto, nonostante il mio compagno di viaggio sia persona piacevole e con lui si possa chiacchierare su diversi argomenti. Al confine con la Slovenia mi conviene staccare il mio ipad visto l'elevato costo del collegamento internet dall'estero.
Con Matteo decidiamo una breve sosta ristoratrice in un autogrill sloveno, dove abbiamo il primo contatto con i paesi slavi, in particolare con la lingua e con la scrittura sui menù per la scelta dei piatti.
Se il mio pranzo è volutamente leggero con verdure e zuppe, quello di Matteo si presenta esattamente al contrario. Nonostante voglia arrivare a Pécs senza cambio alla guida, i peperoni ripieni esercitano su di lui un attrazione fatale.
Da parte mia le uniche cose spiacevoli sono state l'acquisto di una barretta di cioccolato ripiena di crema alla banana e una bottiglietta d'acqua al profumo di violetta che mi hanno rovinato le papille gustative.
Il panorama in Slovenia come sempre è emozionante e il digradare dei boschi di alberi di alto fusto sulle montagne che incorniciano tutta l'autostrada rende il viaggio molto rilassante. Il comparire qua e là di piccoli villaggi con gli immancabili campanili a cupola orientaleggiante ricorda lontanamente le pagine di molti libri di narrativa storica letti in passato. Gli ampi campi dedicati alla fienagione ben curati e le stradine sterrate che li percorrono sembrano disegnare piccoli arabeschi.
Da Lubiana saliamo verso Maribor e il panorama cambia lievemente ma la suggestione è sempre la stessa. Varchiamo il confine magiaro: se la lingua slovena era già di per sé incomprensibile quella ungherese gareggia in complessità per la lunghezza delle parole e l'uso di molte lettere come le K,W,Y ecc.
Quella che chiamano autostrada (a pagamento) è poco più che una nostra strada statale/regionale e lungo tutto il percorso incontriamo poche automobili. L'attraversamento dei villaggi ci fa subito entrare in un mondo fiabesco, quello raccontato dalla filmografia sulla principessa SISSI; pare che tutto si sia fermato ad allora.
Il nazionalismo magiaro lo trovi evidenziato nei vari monumenti dedicati agli eroi nazionali che costeggiano le strade o posti nei numerosi parchi cittadini, oltreché dalle numerose bandiere nazionali recentemente affiancate dalla bandiera europea.
Ma il vero simbolo, subito fotografato, che identifica a prima vista le nazioni facenti parte fino a pochi anni fa dell'area di influenza sovietica è la famosa Trabant, l'auto popolare che ha segnato decenni di storia dei paesi dell'est. Ora non viene più prodotta e quella che ci ritroviamo davanti e non abbiamo il coraggio di sorpassare la seguiamo silenziosamente quasi a formare un breve corteo commemorativo.
Le località ed il panorama ungherese che percorriamo variano dal paesaggio tipicamente pianeggiante (puszta) a quello collinare dolce, a quello aspro ma ricoperto da una fitta vegetazione che ci accompagna fino alle porte di Pécs.
Raggiungiamo rapidamente l'albergo situato sulla balconata di una collina che si affaccia sulla cittadina che ci ospiterà per qualche giorno.
Ad attenderci i colleghi ungheresi, polacchi, austriaci, tedeschi ed i nostri colleghi italiani arrivati in precedenza pronti a sedersi intorno ad un tavolo per degustare la cucina tipica della transdanubia meridionale.
Tutte le riunioni sono vissute molto intensamente dai partecipanti e al gruppo iniziale si aggiungono nuovi compagni, sopratutto ungheresi, con i quali vorrei fare maggiore conoscenza: purtroppo ci divide una lingua per me impossibile da comprendere.
La visita alla città la faccio in compagnia di Auro, una "montagna" di collega che ha un carattere tanto buono quanto abbondante è la sua stazza.
Insieme percorriamo un tratto delle vecchie mura della città, la cui storia molto tormentata è testimoniata dai vari padroni che succedendosi hanno lasciato tracce del loro passaggio.
Anticamente i romani scelsero questo luogo per costruirvi una città, sia per il clima mite, sia per il terreno fertile e per l'abbondante presenza di acqua ma credo che anche la presenza di acqua termale abbia avuto il suo buon ruolo nella scelta del sito.
A nord le colline Mecsek, dov'è situato il nostro albergo, sicuramente offrivano riparo alla città e un buon punto di sorveglianza, ruolo fondamentale nello sviluppo cittadino.
L'insediamento di Sopianae, antico nome romano della città, vide una rapida espansione della città facendola diventare il centro più importante della bassa Pannonia.
Con i romani arrivò il cristianesimo e la sua importanza crebbe nel medioevo con la presenza di ben 5 chiese che le diedero l'appellativo di Quinque Ecclesiae, tanto che in tedesco è ancora chiamata Funfkirchen.
Sede di diocesi dal 1009 per volontà del re Stefano, divenne tappa obbligata per i commerci con l'oriente che arricchirono la città sia economicamente che culturalmente, fino a farla divenire, nel 1397, la sede della prima università ungherese.
Le mura cittadine, quelle che percorro con Auro, nel 1543 furono violate dai turchi che vi si insediarono per 150 anni, allontanando la popolazione locale e facendo diventare questo luogo un importante centro culturale amministrativo ottomano. Quando i turchi lasciarono Pécs molte costruzioni da loro edificate furono lasciate intatte, tanto da essere visibili ancora ai giorni nostri consentendole di essere la città magiara con il maggior numero di edifici costruiti dagli architetti ottomani. Fu successivamente abitata da immigrati tedeschi e boemi che la riportarono agli antichi splendori, grazie anche alla scoperta di giacimenti carboniferi.
Con Auro percorro a piedi Kiraly Ulica, la via principale di questa città il cui centro storico, tutto pedonale, ha forma vagamente ovale. I negozi ai lati di questa lunga via sono molto caratteristici benché gli articoli in vendita abbiano poco ormai di tipico, ad eccezione di un bellissimo atelier di guanti per uomo e donna, accessori di moda che hanno reso famosa la cittadina nel mondo.
Le strade del centro storico sono molto pulite e non si vedono le classiche cartacce e mozziconi di sigaretta, tipiche delle vie italiane. La bellezza architettonica urbana viene evidenziata in modo particolare in Széchenyu tér (piazza principale) dove alla colonna della trinità fanno da cornice molti bei palazzi in stile barocco. In particolare sul lato nord di questa piazza fa bella mostra la Chiesa/moschea, oggi chiesa parrocchiale ma che in epoca di occupazione mussulmana fungeva da moschea. Questa chiesa con la cupola circolare in rame caratterizza il centro cittadino ma bisogna anche ricordare che il minareto di questo edificio fu abbattuto nel 1753. Rimane invece intatta la moschea del Pascià Hassan Jakovali che purtroppo non riuscirò a vedere.
Percorrendo Janus Pannonlius ulica, strada dedicata all'omonimo vescovo ungherese che visse nel XV secolo e noto compositore di poesie rinascimentali che risiedette a Pécs, non posso non soffermarmi a fotografare alcune cancellate poste nei pressi della sede dell'Ordine del Sovrano Militare di Malta, alle quali sono agganciate alcune migliaia di lucchetti, segno di amore eterno di fidanzati. Sono talmente tanti e anche molto vecchi, vista la ruggine che li circonda, tanto da farmi pensare che questa tradizione nasca in questa città. Ciò potrebbe essere anche evidenziato dai disegni che ripropongono la cancellata sulle T-shirt in vendita nei vari negozietti di souvenir.
La cattedrale di San Pietro e Paolo è visibilissima da lontano, considerata la sua mole e sopratutto l'altezza dei suoi 4 campanili posti ai 4 angoli della chiesa. Sono alti 60 metri in una chiesa larga 40 e lunga 70, disegnata in stile romanico benché rimaneggiata nel tempo.
Costruita su pianta a tre navate è riccamente affrescata con la storia di San Pietro e di San Paolo, mentre il soffitto riporta le immagini dei 12 apostoli. Con Auro ci soffermiamo un attimo ad ammirare la cattedrale nella sua particolare bellezza e non si può non notare come l'arco trionfale e tutte le colonne siano riccamente decorate con fili d'oro che creano originali disegni su tutto il corpo interno dell'edificio.
Il ciborio raccoglie l'altare e la sua dolcezza ed ancor più la maestria decorativa rendono molto affascinante l'intero coro centrale. Anche la cripta, la parte più antica della struttura ha il suo particolare fascino.
Uscendo dalla cattedrale per ritornare sui nostri passi, transitiamo vicino agli scavi dell'antica Sopinae dove l'attività di recupero mette in evidenza l'antica necropoli romana.
Se non avessi avuto modo di visitare la città non avrei compreso perché Pécs sia stata individuata come Capitale europea della cultura nel 2010.
Altre immagini della città vecchia le recupero alla sera quando tutti insieme si scende per far due passi dopo un intensa giornata di lavoro. In questo caso con Auro accompagniamo Manuela nel suo percorso fotografico della città con le sue centinaia di scatti.
Con l'occasione vedrò anche la fontana di Zsolnay, realizzata in porcellana smaltata e caratterizzata da quattro eclettiche teste di toro, posta di fronte alla lugubre chiesa del buon samaritano.
Purtroppo l'alcolismo, anche tra i giovani, è molto diffuso nonostante leggi molto restrittive, lo si nota vedendo ragazzi molto giovani sempre con bottiglie di birra o vino in mano e dal loro incedere barcollante durante le ore serali.
Altresì molti giovani li trovi riuniti sui gradini di un palazzo o di una chiesa o intorno ad una fontana o anche seduti singolarmente su una panchina, con lo sguardo vaneggiante e spesso in assoluto silenzio. Non comprendo tutto ciò come non comprendo che l'Ungheria abbia il più alto tasso di suicidi d'Europa.
Sono sempre affascinato nell'ascoltare il mio collega interprete Riccardo, che riesce a capire e parlare 4/5 lingue contemporaneamente, semplicemente meraviglioso, visto che in questi giorni passa dal polacco all'inglese al tedesco con una facilità estrema. Dice di non capire l'ungherese ma io non ci credo e viaggiare con lui, per un ignorantone come me, è una sicurezza.
Non posso affermare che la cucina magiara mi abbia entusiasmato, benché abbia gustato sia carne rossa che pesce non porterò un gran ricordo culinario in Italia. Discreto il vino ma migliore la birra, d'altra parte in autostrada e lungo le strade secondarie abbiamo visto diversi impianti di coltivazione del luppolo, ma una cosa è certa: qui vince la paprika e i dolci a base di creme e di panna che solo a guardarli ti fanno salire il colesterolo.
Con Matteo rientriamo in Italia e mentre il nostro condizionatore continua a scaricare acqua sui piedi, lasciamo questa terra molto particolare e dal fascino nascosto. Le strade interne sono una miniera di curiosità, con i passaggi a livello manuali, con le linee elettriche e telefoniche su palificazioni traballanti e dove i cavi tesi tra loro sono talmente disordinati che creano dei geroglifici aerei. Senza poi descrivere l'utilizzo fatto dalle cicogne che nidificano in cima ai pali, costruendo così un cappello alla precaria struttura.
Varchiamo il confine sloveno dopo una breve sosta in un negozietto per comprare qualche piccolo pensiero per gli amici.
Certo che la storia dell'Ungheria è assai particolare, passando rapidamente dalla Storia della principessa Sissi, carica di patriottismo e romanticismo a quella dell'impalatore Istvàn Bàthory, fedele condottiero di Vlad (noto come Dracula rumeno), principe di Transilvania, ma ancor più famosa la sua bis-bis-nipote Erzsébet Bàthory accusata di uccidere delle giovani contadine per usare il loro sangue per bagni di bellezza.
Varco il confine italiano avendo imparato a dire solo SI = Igen e NO = Nem; per altre parole un prossimo giro in transdanubia meridionale.