Blog di Dante Paolo Ferraris

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Il mio Piemonte: Aisone

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AisoneLa giornata mi permette di raggiungere una piccola e caratteristica località della valle Stura nelle Alpi Marittime. Superato Borgo San Dalmazzo il panorama cambia e l'aria di montagna con il caldo sole mi accompagneranno nella giornata di visita ad Aisone.
Il toponimo ha due versioni in merito al nome di Aisone. La prima vuole che in prossimità del concentrico esistesse un tempietto dedicato alla Dea del destino, Aisa. Invece la seconda versione, che forse è la più probabile, vorrebbe che il toponimo derivi dall'antica consuetudine di coltivare la canapa che veniva fatta macerare in pozze d'acqua dette "Isou”. Ciò ci indica quanto sia antico il borgo che voglio visitare. Infatti a monte del concentrico sono state rinvenute in alcune grotte naturali, tracce di presenze umane risalenti al periodo neolitico. Il primo atto che ricorda questo borgo fu stipulato a Vinadio nel 1165 con il quale il marchese di Saluzzo, Manfredo I, fece pace e restituì ogni diritto ai signori del luogo. Infatti già nell'XI secolo Aisone faceva parte dei possedimenti dei marchesi di Busca e conti di Loreto. Successivamente venne riscattato dal marchese Bonifacio del Monferrato che lo cedette poi al figlioccio Bonifacio, marchese di Saluzzo.
Aisone passo poi nel 1308 nei domini di Carlo d'Angiò che la unì alla Provenza. In quell'epoca Aisone si era costituito in libero Comune con propri sindaci e consiglieri, rappresentava l'autorità il Baiulo o Giudice del luogo. Le truppe di Luchino Visconti in guerra con gli Angiò misero a ferro e fuoco Aisone con tutta la Valle Stura. Gli Angiò riconquistarono la vallata con una dura battaglia il 5 settembre 1347 che si svolse nei pressi del borgo. Il successo fu però effimero, perché i Visconti, ritornati in forze, riconquistarono Demonte ed Aisone. Solamente nell'anno 1335, ritornò in mano ai signori di Provenza dopo che l'abitato di Aisone subì per mano dei fedeli del Visconti grandi distruzione tra cui l'abbruciamento dell'archivio. Gli aisonesi ricostruirono il loro paese fortificandolo. La regina Giovanna I d'Angiò nel 1373 aggregò tutta la Valle Stura superiore alla contea di Provenza. Alla morte della Regina, Amedeo VI di Savoia, tutta la valle dovette subire la sottomissione ai Savoia e anche Aisone cedette il 7 ottobre 1388, in cambio di diritti, libertà e franchigie. Altri scontri videro Aisone protagonista nel XVI secolo negli scontri tra Francia e Spagna. Aisone si alleò con i Savoia che parteggiavano per la Spagna, mentre la vicina Demonte parteggiava per la Francia, ciò creò una situazione drammatica soprattutto tra gli anni tra il 1533 ed il 1558 che furono terribili per gli aisonesi. Solo con la pace firmata nel 1559 tra Francia e Spagna ad Aisone ritornerà alla vita normale ma esausta e distrutta. Con Emanuele Filiberto, nel 1559, Aisone ritornò definitivamente sotto il dominio dei Savoia. Da quel periodo in poi Aisone seguì le vicende storiche del Piemonte e dell'Italia fatto salvo la parentesi napoleonica.
Prima di entrare nel centro abitato mi soffermo a vedere due chiesette, per raggiungere la prima mi devo inerpicare su una stretta strada di campagna fino a raggiungere la chiesetta dedicata a San Marco e San Grato. La chiesetta ha un ampio tetto a capanna in legno. La semplice facciata presenta un alto zoccolo in pietra, il resto della facciata è intonacata. Presenta una sola porta d'accesso affiancata da due piccole finestre. Sopra la porta di accesso vi è un bell'affresco, recentemente restaurato come il resto dell'edificio. sull'affresco sono ritratti i due santi titolari ai piedi della Madonna con il bambino Gesù. Una scritta dipinta sulla facciata ricorda che l'edificio fu realizzato nel 1700. Visto la piccola chiesetta a navata unica mi dirigo verso il borgo, poco prima della accesso al paese vi un gruppo di case con la chiesetta dedicata a San Giuseppe che da anche il nome alla borgata, localmente della La Ruà. Anche questa chiesetta ha le caratteristiche di quella di San Marco e San Grato, solo due lesene angolari ne impreziosiscono la facciata. Nel timpano nel frontone vi è iscritta la data 1861. L'affresco sopra la porta ricorda il Transito di san Giuseppe. Posso così dirigermi verso il centro del borgo. Ad accogliermi ad Aisone sono alcune riproduzione di Cervi a grandezza naturale. Si tratta di 7 Cervi, in gruppi separati, facenti parte del monumento ai "Cervi della Valle Stura, opera in alluminio dell'artista Paolo Grassino e vogliono simboleggiare la Purezza, la Libertà e il legame Uomo – Natura.
Parcheggiato l'auto in piazza nei pressi del palazzo Comunale, inizio ad aggirarmi tra le strade dell'antico borgo. L'edificio comunale è un moderno palazzo su cui campeggia dipinto lo stemma comunale. Il borgo invece è pressoché tutto realizzato con antiche case, molte delle quali abbellite con diversi vasi di fiori e dai bei tetti in ardesia. Raggiungo così, dopo aver girovagato per il borgo, tagliato in due dalla strada statale 21 della Maddalena, la chiesetta di Santa Croce, che s'affaccia sull'incrocio tra la strada statale e via Maestra. Da questo slargo posso ammirare questo alto edificio, con tetto a capanna e una sola porta d'accesso, anticipata da tre gradini. È priva di campanile e presenta due lesene angolari che corrono fino a sorreggere un grande marcapiano che ne divide la facciata dal frontone. Ai fianchi della porta sono affrescati Sant'Agostino e Sant'Ambrogio, mentre un grande dipinto murale sovrasta la porta, raffigurante Nostro Signore salvatore tra gli angeli. Mentre ai lati sotto il frontone, mi pare di vedere affrescato in due tondi San Pietro e un altro santo che per la distanza non riconosco. Anche il timpano è affrescato con un angelo che pare pronto a suonare una tromba. Nell'altra mano tiene un cartiglio con iscritto " Suon funesto d'altra tromba da sepolcri il mondo desta A malvagi intorno bomba di saette fu tempesta”. Questa chiesetta che fu distrutta dal passaggio dell'esercito franco spagnolo nel 1744, fu ricostruita nel 1776 è oggi sconsacrata. Poco più avanti, in una piccola piazzetta posta di fronte all'antico campanile della chiesa parrocchiale sorge una fontana, Questa antica fontana in pietra è detta "Fountano dei quattre corn” per la presenza di quattro cannelle che riempiono d'acqua altrettante vasche. La fontana riporta incisa la scritta "Sotto i Sindaco Peraldo Giuseppe l'anno 1883 d'Statuto Riformato”. Ma Aisone possiede altre importanti fontane, come quella detta "dai Perchet", anch'essa ottocentesca che sorge di fronte alla piazza Nuova, mentre quella "dal Sarèt” a una sola vasca è posta all'uscita del paese e reca la data 1838. Ma vi è ancora in paese il lavatoio pubblico coperto da una tettoia. Parlando d'acqua, ricordo che fuori dal paese in località Morra di Aisone, sono conservati i resti di un antico acquedotto medioevale in pietra con ampie arcate. Questo acquedotto serviva probabilmente anche un mulino o l'attività di lavorazione della canapa. Sulla piazzetta si affaccia palazzo Bagnis. Sul bel palazzo una scritta recita "questo avito maniero costruito sulle rovine del castello medioevale, testimone della storia della famiglia Bagnis, fu ingrandito e restaurato dalla Giuseppina Bagnis de Sanctis a decoro del paese, a ricordo e monumento per i figli”. Si tratta di un bel e robusto palazzo a tre piani, interamente intonacato e tinteggiato che presenta sulla facciata anche degli stemmi nobiliari. Sempre sul palazzo, una lapide in marmo ricorda che in questo palazzo vi morì il 6 agosto 1879 Carlo Bagnis, illustre medico e chirurgo e docente universitario. Di certo l'abitato di Aisone è dominato dalla massiccia torre campanaria della chiesa parrocchiale. Il campanile, in pietra a base quadrata è in stile romanico del XIII secolo, alto cinque piani, ornato da monofore e bifore ornate da piccole colonne ed archetti. Presenta una tozza cuspide piramidale. La Chiesa parrocchiale è dedicata alla Natività di Maria Santissima e fu costruita sui resti di un più antico edificio religioso eretto dai benedettini nel XIII secolo, di cui si conserva il campanile in stile romanico. L'antica chiesa superò diversi incendi del paese, come quello del 1335 appiccato dagli Angioni ma fu distrutta dalle armate francesi e spagnole nel 1744. Si salvò solo campanile. Nel XIX secolo venne rifatta la facciata, mentre dell'antico portico che anticipa l'ingresso in cui fu redatto il 10 novembre 1275 dai rappresentanti della locale comunità, l'atto di giuramento di fedeltà al marchese Tommaso I di Saluzzo, non vi è più traccia.
L'interno, a navata unica, fu ricostruito ed ampliato a partire dal 1755. Interessante è la fonte battesimale a base ottagonale, datata 1491 con inciso il motto dei Savoia: fert, e l'acquasantiera in pietra datata 1494.
Tra gli arredi sacri,si conservano oggetti rari e preziosi come la croce processionale del secolo XVI, i calici e le pissidi barocche e numerosi reliquiari barocchi in legno scolpito,tra cui spicca il busto di San Filippo Neri. Sempre tra questi arredi sacri vi è una croce processionale del secolo XVI e molti altri preziosi oggetti sacri in stile barocco oltre ai numerosi reliquiari barocchi in legno scolpito. Sulla parete esterna della chiesa, rivolta verso la strada principale, una lapide ricorda gli abitanti di Aisone caduti durante la prima guerra mondiale e nella guerra libica. Sullo stesso muro una scritta affrescata ricorda il passaggio per Aisone di Vittorio Emanuele II, re d'Italia, il 25 settembre 1876. Continuo il mio giro per Aisone, tra le antiche case e le sue stradine, fino a raggiungere la chiesetta o cappelletta di San Rocco. Anche questa cappella è priva di campanile e presenta sulla facciata un affresco novecentesco di San Rocco, invocato contro le epidemie di peste. Sono diverse le cappellette sparse nelle diverse frazioni di Aisone, per questione di tempo mi recherò solo a Forani.
Sulla via del rientro a prendere l'auto sosto in un piccolo ma caratteristico bar. Dietro i bancone vi è un giovane ragazzo mentre la clientela è molto più attempata. Colgo l'occasione per farmi indicare ove si trovi il Palazzo che apparteneva al Comandante del paese e raccontare alcune leggende ed usanze del borgo. Apprendo così che fino all'inizio del secolo scorso, molte abitazioni, soprattutto nelle borgate avevano i tetti in paglia di segale, tradizione ormai scomparsa per l'impegnativa manutenzione. Inoltre mi narrano delle tradizioni legate alla raccolta dei pouchoumoi che dovrebbero, se ho compreso bene essere frutti simili alle nespole. Una leggenda raccontatami vuole che alle Balme, piccoli anfratti naturali e grotte, un tempo utilizzate da pastori come riparo, oggi inaccessibili per la folta vegetazioni, vi fossero custodite delle macine in pietra da mulino utilizzate per forgiare l'oro, si racconta che vi fosse stata rinvenuta un anfora piena di monete d'oro. Di certo è che questi anfratti furono utilizzati in epoche diverse per nasconderci armi e munizioni. Sempre una leggenda vuole che lungo una mulattiera "Sere d'la meno” vi fosse una miniera in cui sgorgava un oro liquido. Lascio i l locale e raggiunto l'auto mi dirigo verso Forani, facendo un ampio giro per ammirare lo splendido panorama tra boschi, pascoli e caratteristici paesaggi rurali. Ho così modo di vedere il grande muraglione in pietra realizzato negli anni trenta del secolo scorso per proteggere dall'erosione le sovrastanti costruzioni. Attraversato la Stura di Demonte raggiungo la frazione di Forani. All'ingresso della borgata vi è una piccola edicola votiva con tetto in ardesia che mi soffermo a guardare. Purtroppo nonostante la fervida devozione locale, manifestata dalla presenza di alcuni vasi con fiori freschi, l'edicola ha bisogno di urgenti lavoro di recupero. L'edicola è sicuramente un ex voto in quanto sono rappresentati due soldati, in uniformi ottocentesche in devozione alla Sacra Famiglia, forse edificata in ringraziamento per il loro ritorno a casa. La borgata è dominata dalla chiesetta dedicata a San Magno. Come le altre è ben conservata e presenta una semplice facciata con tetto a capanna, realizzata in pietra e altri materiali poveri ha solo la facciata intonacata. Un alto zoccolo in pietra protegge la facciata e tre gradini ne anticipano l'accesso. L'unica porta è affiancata da due finestre quadrate munite di inferriata. Sopra la porta di accesso un grande affresco ritrae San Magno, San Sebastiano e San Rocco oltre alla Madonna con il Bambino Gesù. Un alto e minuto campanile sembra essere a guardia della borgata. Una superstizione popolare ritiene che la campana della chiesa protegga il pese dalla grandine. La borgata è assai ben curata, le case sono pressoché tutte restaurate ed abbellite con molti fiori e ingentilite da tende in pizzo alle finestre. Lascio così quest'angolo della Valle Stura che tanto ha ancora da offrire anche a girovaghi curiosi come il sottoscritto.