Blog di Dante Paolo Ferraris

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Il mio Piemonte: Ailoche

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AilocheLa giornata è splendida, ormai i fiori hanno invaso i campi, non c'è più traccia dell'inverno se non un venticello marzolino. Stamattina sono partito presto, il mio dito sulla vecchia cartina geografica mi ha indicato un piccolo paese nel cuore della Valle Sessera, posto al confine nord orientale della provincia di Biella. Con la l'auto percorro queste zone magnifiche zone del biellese, che ancora oggi raccontano dell'operosità delle genti impegnate nelle diverse manifatture tessili. Ailoche è un borgo adagiato su un territorio prevalentemente montano suddiviso in diverse borgate che oggi mi propongo di visitare. Infatti Ailoche possiede oltre al capoluogo le frazioni di Venarolo, Lora, Piasca, Vacchera, Peiro, Ponte Strona, Gabbio, Giunchio, per un totale di pochissimi residenti, circa 320 abitanti che tendono a raddoppiare durante il periodo estivo in quanto zona di villeggiatura.
Ho potuto raccogliere pochi cenni storici di questo Comune, affidandomi soprattutto a quanto scrisse nel "Dizionario geografico degli Stati di S.M. il Re di Sardegna" del 1833, il professor Goffredo Casalis, in cui sosteneva che l'etimologia di Ailoche derivasse dal fatto che "ivi anticamente fossero pascoli appartenenti alla mensa vescovile di Vercelli, e che nel condurvi gli armenti i pastori nella brevità del loro gergo per dire: "Andiamo ai luoghi del pascolo" dicessero "Ailoche". Altri invece affermano che questo borgo posto in una zona poco accessibile venisse dagli abitanti chiamato Ailoche, quasi "ahi misero luogo !". Di certo in lingua piemontese il paese si chiama "antlòche" che fa più allusione a quanto affermato dal Casalis. Inoltre è anche vero che gli emissari della Chiesa vercellese non trattassero troppo gentilmente i montanari ailochesi e che i meno remissivi ai volere degli emissari vescovili fossero quelli della borgata di Piasca, in quanto, pare abbiano spesso puntato i piedi e rifiutato di farsi maltrattare troppo, tanto da essere indicati con il nomignolo di "pacalòit", pagani irriducibili ossia diavoletti.
Comunque, il luogo fu ceduto dai vescovi di Vercelli e innalzato a feudo della famiglia Fieschi negli ultimi anni del XIV secolo entrando nei territori del marchesato di Masserano, elevato poi in principato. Feudo che nel 1598 fu incorporato nel Principato di Masserano ed in seguito, nel 1741 passò a far parte degli Stati del Re di Sardegna. Per Ailoche la sottomissione ai Ferrero Fieschi, non rappresentò un periodo facile, in particolare sotto Francesco Filiberto, la cui signoria è tristemente ricordata per i soprusi e le angherie subiti dalla popolazione, che nel 1624, esasperata, insorse, assediando e distruggendo il castello. L'indipendenza e un po' di libertà per Ailoche arrivò soltanto nel 1742, quando la comunità giurò fedeltà a casa Savoia. Ma se pochi sono i cenni storici che ho trovato, sicuramente il Patrimonio Artistico che troverò, compenserà la mia ricerca.
Prima di entrare ad Ailoche, mi fermo sulla strada in località Piana per osservare la Chiesa dedicata alla Beata Vergine Assunta un tempo utilizzata come lazzaretto. La chiesa con tetto a capanna, suddivisa in due ordini è tripartita da lesene. Bell'ordine inferiore la porta d'accesso è affiancata da due finestre protette da due grate, queste ultime hanno sopra di esse, due riquadri incorniciati in gesso con disegno modanato. Questi riquadri dovevano essere un tempo affrescati. Sopra la porta di accesso un timpano semicircolare ne nobilita l'accesso; sopra di esso un gran fastigio in stucco incornicia un altro affresco ormai scomparso. Nel secondo ordine, due nicchie conservano delle statue, anch'esse incorniciate da elaborati stucchi. Al centro una grande finestra ottagonale permette l'accesso alla luce naturale. Anche il timpano conserva stucchi elaborati. Particolarmente importanti e sporgenti i marcapiani. Nei suoi pressi una piccola cappella, aperta su due lati conserva dei bei affreschi.
Da uno dei due lati aperti e protetti da un cancello posso ammirare nella cappella in stile barocco degli affreschi che necessitano urgenti restauri. Sull'altare vi è una Madonna in trono con il bambino Gesù affiancato da San Giovanni Battista, sull'affresco vi è iscritta la data 1422. Sulla volta invece è affrescata la crocifissione.
Parcheggiato l'auto nella piazzetta d'accesso al paese, mi inoltro tra le strette vie dove le case in pietra sono abbellite da colorati fiori sui davanzali. Anche il selciato delle strade è in masselli autobloccanti. Raggiungo così il Municipio, dove vi è anche l'ufficio postale. Sulla parete esterna vi sono delle lapidi che ricordano gli ailochesi caduti in tutte le guerre. Raggiungo così la piazzetta ove si affaccia la bella chiesa parrocchiale e la canonica. La Chiesa Parrocchiale, dedicata a San Bernardo da Mentone che è anche Patrono del borgo, fu costruita intorno al 1626 sulle fondamenta di un preesistente oratorio.
La chiesa si presenta un bel porticato nella parte anteriore, a protezione dell'ingresso principale, ai lati di questo, due minute porte d'accesso con le rispettive finestre sovra collocate ne completano l'ordine inferiore. Sopra ad uno sporgente marcapiano si eleva il second'ordine che tripartito da lesene, trova nella parte centrale un ampia finestra reniforme, mentre ai lati vi sono due nicchie vuote. Un grande frontone, ove sotto vi è la striscia dedicatoria della chiesa completa la facciata. Un oculo è posto al centro del timpano.
Nel mio girovagare mi ritrovo tra le antiche mura del castello, o meglio di ciò che un tempo era un castello, ora un groviglio pulito e ordinato di case di civile abitazione che ricordano con le loro alte mura, i contrafforti, i passaggi coperti con volte a botte, la ben più antica costruzione. Infatti via Al castello ricorda l'antico maniero. Il borgo è assai piccolo, ma conserva un fascino d'altri tempi, immerso com'è nel verde della val Sessera. Rimangono indelebili le scritte dipinte sui muri delle scomparse attività artigianali e commerciali tra le strette vie del borgo. Diverse sono gli affreschi votivi che si ritrovano, sicuramente quello che mi ha colpito di più è il grande affresco dedicato a San Giacomo in ginocchio davanti alla crocifissione. Benché il paese abbia subito il fenomeno dello spopolamento,come molti altri centri della zona montana del biellese, soprattutto verso a Francia rimane un suggestivo luogo di villeggiatura.
Devo riprendere l'auto per andare a vedere la prima frazione. Mentre esco da Ailoche intravedo lungo la strada, tra un verde prato e alcune antiche case, la cappella dedicata a San Bernardo. Raggiungo così Piasca dopo aver superato una bell'edificio religioso che mi riprometto di visitare sulla via del ritorno da questa frazione. Tra le case di Piasca cerco l'abitazione natale del Beato Giacobino Canepacio, nato da una poverissima famiglia nel 1438. Egli entrò nel monastero del Carmine di Vercelli e prese i voti nell'ordine dei carmelitani, distinguendosi per una vita impeccabile di virtù e preghiera, nonché per l'impegno nell'assistenza dei pellegrini e dei carcerati.
Dopo la sua morte avvenuta nel 1508, fu beatificato e la stanza al piano terra della casa fu adibita a museo. Il frate morì il 3 marzo 1508 e Papa Gregorio XVI nel 1846 gli conferì il titolo di beato. La sua casa natale trasformata a museo al piano terreno racconta la vita del beato, mentre la stanza al piano superiore fu trasformata a cappella.
Le case sono a tre piani con bei balconi di legno, molte di esse sono abitazioni sono ristrutturate e abbellite con vasi di colorati fiori.
Tornando verso l'auto e uscendo da Piasca ritrovo l'oratorio di Sant'Antonio Abate, costruito tra il XVII - XVIII secolo, con una bella facciata settecentesca decorata con molti stucchi. La chiesetta è anticipata da un bel sagrato erboso ed è a capanna. La facciata è divisa in due ordini e tripartita da lesene, nel primo si ha una porta centrale con un bel portale e un timpano a lunetta, ai lati due finestre; interessanti sono i tre affreschi collocati nel registro appena sopra alla porta d'ingresso ossia la Madonna col bambino e due santi. Nell'ordine superiore tra cui le statue di San Bernardo e del Beato Giacobino poste in nicchie vi è una grande finestra, sempre incorniciata da preziosi stucchi. Al centro del timpano vi è una elaborata e bella cornice in stucco.
Lascio così Piasca e mi dirigo verso Venarolo, dove tra le poche, ma belle case trovo la chiesa, costruita intorno al 1620, dedicata a San Giacomo Apostolo. Anche questa chiesa è ben conservata ed ha la facciata interamente intonacata e sopra la porta d'accesso vi è una finestra a serliana affiancata da due nicchie vuote, mentre due finestre rettangolari accompagnano i lati dell'unica porta d'accesso. Un bel sagrato in pietra ne anticipa l'accesso. Per arrivare alla chiesa devo scendere diversi gradini dal piano stradale. Davanti alla chiesa una grande vasca in pietra funge da fontana dove sgorga un acqua freschissima. Il borgo si presenta ben ordinato e pulito, come a Piasca, gli abitanti son pochi e non ne ho trovati in giro per il paese. Riprendo l'auto per raggiungere il Santuario della Brugarola; per arrivarci percorro una stretta strada costeggiata da frondosi alberi, ove ogni tanto vi è anche un pilone votivo. Il Santuario è immerso nel verde e fu costruito nel 1721 in onore della Madonna d'Oropa con il nome di santuario della Beata Vergine Incoronata. Il Santuario sorge maestoso in stile barocco nei pressi di bosco di castagni sulla strada che porta all'Alpe di Noveis. Oltre che dalla chiesa vi è anche un edificio civile, un tempo adibito ad abitazione per gli eremiti. L'accesso al santuario avviene attraverso una gradinata in pietra che conduce al sagrato, purtroppo infestato dalle erbacce nel momento della mia visita. Anche questa chiesa, con il tetto capanna è diviso in due ordini riccamente decorati a stucchi, Nell'ordine inferiore, tripartito da lesene come quello superiore, vi è l'unica porta d'accesso frontale, accompagnata ai lati da due finestre; due nicchie con statue in altorilievo sono poste sopra le finestre, mentre una scultura e posta sopra la porta d'accesso. Anche nel secondo ordine vi sono due nicchie con le statue che affiancano un bel finestrone rettangolare incorniciato da stucchi modanati. Sia il marcapiano tra i due ordini che come il frontone sono sporgenti e con fasce ricche di fregi. La chiesa presenta un campanile slanciato. L'interno è a navata unica, con l'altare maggiore dedicato alla Madonna, raffigurata in un dipinto tra Sant'Eusebio e San Bernardo mentre gli altari laterali sono dedicati a San Pietro e a San Francesco. Riprendo l'auto e dovessi proseguire inerpicandomi su questa strada, raggiungerei, dopo anche una passeggiata tra prati e boschi la Chiesetta Alpina all'alpe di Noveis costruita nel 1933 a ricordo degli "Eroici Alpini della Valle Sessera che fecero olocausto della loro vita per la grandezza della Patria", ma voglio raggiungere Giunchio. Ritorno così verso Venarolo e Ailoche e prendo una stretta ma bella strada tra i castagneti, che segue un piccolo corso d'acqua, dove ogni tanto un ponticello di pietra pedonale lo scavalca. Mentre percorro questo tratto di strada, ricordo di aver visto ad Ailoche una lapide che ricordava l'Abate Giovanni Bissaiga, ivi natovi nel 1610, che fu Prefetto dell'Archivio Segreto di ben quattro Papi: Alessandro VII, Clemente IX, Clemente X e Alessandro VIII. Raggiunto Giunchio, trovo il borgo disteso nella lunga e larga vallata del torrente Strona di Postua.
Le case anche qui sono in pietra, al massimo raggiungono i tre piani, e benché il centro abbia strade strette la borgata pare più luminosa. Lungo la strada provinciale 74 Postua - Crevacuore trovo una piccola cappella, che pare tagliata dalla strada; infatti ha una facciata con un frontone a semicerchio con oculo ovale nel timpano che pare di epoca successivo al resto della cappella. Dalle piccole finestre, posso vedere un affresco dipinto sull'altare maggiore che necessità un urgente restauro. L'affresco mi sembra rappresenti la Resurrezione. Parcheggiata l'auto, mi aggiro nel piccolo centro, dove i bambini giocano in strada senza correre pericoli. Il luogo è tranquillo e i gatti sornioni accompagnano il mio girovagare con lo sguardo. La piccola chiesa, dalle semplici fattezze, con tetto a capanna , una semplice porta d'accesso e con un oculo nel sottotetto, il tutto ben conservato. Un campanile in pietra accompagna la chiesetta dedicata alla Santa Croce. Ormai è ora di lasciare questo piccolo Comune che conserva un patrimonio artistico di tutto rispetto, dove le numerose cappelle e piloni votivi testimoniano lo spirito di preghiera che un tempo animava gli abitanti di queste zone. Ricordo inoltre che il territorio di Ailoche fu oggetto di estrazione mineraria fin dalla fine del Quattrocento e che lo sfruttamento continuò fino a Novecento, quando i due conflitti mondiali richiesero grandi quantitativi di ferro per la produzione bellica.
Infatti, ormai sommersi dalla folta vegetazione boschiva vi è complesso intrigo di gallerie scavate all'interno di un massiccio roccioso ricco di minerale che potrebbero diventare un interessante attrattiva turistica.
Dal 1945 in poi il sito ha visto un repentino abbandono, al punto che il bosco si è riappropriato delle strade e delle costruzioni, oggi l'esplorazione è possibile solo con persone che conoscono molto bene i sentieri e i punti più pericolosi . Una felice scoperta di questo mio meraviglioso Piemonte.