In in Europa arrivò con le truppe nord-americane e questo virus trovò le condizioni favorevoli per lo diffusione, purtroppo anche grazie alle misere condizioni di vita della popolazione e ai militari costretti a vivere ammassati in trincee, caserme e campi. Prima di comparire in Spagna nell'aprile del 1918 questo morbo influenzale era già comparsa in Francia appunto con l'arrivo delle truppe nordamericane. Nella sola penisola iberica colpì oltre otto milioni di persone, molti uffici pubblici chiusero al pubblico e anche i tram a Madrid si fermarono.
Complessivamente furono contagiate circa un miliardo di persone, più della metà della popolazione del mondo e i morti accertati furono tra i 21 e 22 milioni, soltanto in Messico i morti furono mezzo milione, 225.000 in Inghilterra, 450.000 in Russia, 170.000 in Spagna, 166.000 in Francia, 180.000 in Brasile, 12 milioni in India ed Italia i morti accertati furono 350.000. Le condizioni igieniche e la malnutrizione delle truppe nelle trincee non giovarono sicuramente la situazione, tantoché nel 1918 i casi accertati tra le truppe britanniche furono circa 10.000 e certamente non meno tra le truppe tedesche.
Occorre anche ricordare che mancavano antibiotici e l'uso di gas asfissianti indebolì i polmoni dei soldati favorendone la virulenza. I sintomi che si manifestavano dopo due giorni d'incubazione erano "lieve catarro del naso" con "senso di molestia alla gola, stanchezza, dolori vaghi a tutto il corpo", tosse stizzosa, molte volte perdita di sangue dal naso, poi compariva febbre fino a 41° C, torpore muscolare, cefalea. Se non comparivano complicanze polmonari, in genere mortali, i più gravi vivevano uno stato di delirio, dopodiché venivano colpiti da una polmonite batterica.
Se in tre giorni la malattia migliorava con la scomparsa della febbre si poteva considerare superata. Però spesso l'abbandono, in questo caso dal letto e dalle cure provocava una ricaduta perlopiù fatale. La spagnola fu chiamata anche come "morbo crudele" per le moltissime vittime che fece tra i giovani e gli adulti In giro per il mondo l'epidemia prese nomi diversi; in Svizzera "Sferza Nera", in Ungheria "Coquette", in Polonia "malattia Bolscevica", nelle Filippine "Tracanzo" e "Catarro-lampo" in Germania, "fièvre de Parme" in Francia, "febbre delle Fiandre" in Inghilterra, "febbre di Bombay" a Ceylon, "febbre di Singapore" a Penang, "soldato di Napoli" in Spagna. Pregiudizi e suggestioni sorsero ovunque, ad esempio in Argentina gli spagnoli furono indicati come untori e ad esempio il loro piatto tradizionale Paella venne bandito da tutti i menu.
A Varsavia le misure di contenimento furono limitate agli ebrei, un decreto ufficiale indicava che la razza ebraica era "particolarmente nemica dell'ordine e della pulizia". Negli Stati Uniti, nel New Jersey vennero fucilati alcuni medici e infermieri accusati di diffondere in contagio in quanto spie dei Tedeschi fra le truppe americane. In Italia si diffuse la fuorviante informazione (oggi chiameremo bufala o fake news) che il disinfettante sparso per strada dagli addetti alla nettezza urbana, in realtà contenesse i germi dell'influenza.
La fobia e il timore del contagio creò diversi problemi, diversi campi coltivati furono abbandonati creando problemi alla distribuzione di prodotti agricoli, le industrie subirono un calo dell'occupazione in un momento già difficile per via della guerra. Le misure profilattiche adottate dai Sindaci e dagli ufficiali sanitari, sulla base delle circolari del ministro dell'Interno erano l'individuazione dei focolai epidemici con il conseguente isolamento dei malati, anche negli ospedali, dove erano proibite le visite. Previste chiusura delle scuole, riduzione al minimo di riunioni pubbliche in locali chiusi, disinfezione accurata e pulizia di case. Furono chiusi teatri, sale da concerti, cinema, grandi magazzini, fu vietato ogni tipo di assembramento, i negozi dovevano chiudere entro le 16.00.
L'orario di chiusura di bettole, osterie era fissato per le ore 21, mentre era prorogato l'orario di chiusura delle farmacie. Era proibito portare le condoglianze alle famiglie dei defunti e seguire i funerali, talvolta anche andare in chiesa. Furono affissi manifesti con indicazioni particolari come "Tenete i piedi asciutti e caldi", "Andate immediatamente a letto se non vi sentite bene", "Coricatevi tra lenzuola calde", fu sconsigliato l'uso del tram, fu imposto l'uso di una mascherina che coprisse la bocca e il naso. Addirittura fu suggerito di far portare al collo dei bambini dei sacchetti di canfora, ritenuta utile, all'epoca, per la prevenzione del contagio. Anche i vescovi impartirono disposizioni severissime ai parroci sulla disinfezione di banchi e confessionali.
Era proibito suonare le campane a morto parchè il lugubre rintocco era ormai continuativo in quanto i morti, ormai si contavano a centinaia e ciò era ritenuto deleterio per ‘lo spirito pubblico. Ad uccidere, spiegavano gli scienziati non era l'influenza in sé, bensì le complicazioni pleuropolmonari. Non esisteva profilassi: il consiglio divulgato dalle autorità sanitari e dai numerosi "avvisi" pubblicati dai giornali, era di "evitare il contagio e di praticare grande pulizia delle mani, delle cavità nasali, della bocca". Le informazioni più diffuse tra la classe medica erano di cure a base di tintura d'oppio canforata, di acido fenico, di iniezioni di percloruro di mercurio, alla somministrazione di fenolo e mentolo.
Molti iniziarono a fumare nella convinzione che il fumo uccidesse "i germi dell'influenza", altri a bere con l'idea che l'alcol allontanasse la malattia. Adottata nelle grandi città degli Stati Uniti, la quarantena e le altre restrizioni non furono adottate in Italia, dove lo stato di guerra esigeva la libera circolazione di uomini e mezzi. Curiosamente in Europa, dove vi furono miglia di morti tra i militari e decina di migliaia di soldati furono costretti al letto, limitandone le operazioni militari, il Generale Erich von Ludendorff, comandante le austro-tedesche sostenne che la vittoria fu condizionata dall'influenza che ostacolò l'avanzata bellica. Solo nel 1934 la spagnola fu identificata come un virus a RNA H1N1, appartenente alla famiglia dell'influenza A. Verso la metà del 1920, a circa due anni dal suo esordio, il ceppo mortale di influenza iniziò a scomparire, anche se non vi sono dichiarazioni ufficiali di fine pandemia.
L'esperienza del passato come quella della "spagnola" sono importanti perché sono eventi che si ripetono nel tempo e spesso con le stesse modalità, anche se non in maniera del tutto simile. Ciò dovrebbe aiutarci ad affrontare altri virus, perché questi si modificano nei loro comportamenti e noi dobbiamo prepararci a combatterli.