Oggi, su mura e le facciate delle case sono rappresentate la storia di Fontanile dal Medioevo ai giorni nostri. La prima rappresentazione dipinta che trovo, è sulla cabina elettrica di via Roma ove i suoi muri raccontano la "Storia dell'automobile", dalle prime auto fino alla FIAT 500. Prima di accedere al borgo ricordo brevemente la sua storia. Il suo toponimo deriva dal latino Fontinalis o Fontanilis, con il significato di "terra ricca di acque sorgive". Il luogo era già abitato tra il IV-V secolo d.C., quando le invasioni barbariche costrinsero le popolazioni del fondo valle a trasferirsi in luoghi più elevati e meglio difendibili. Il territorio fu soggetto alle scorribande dei Saraceni. L'antico borgo era cinto da due cinture murarie e il cui accesso avveniva attraverso due porte protette da solidi grate.
Un largo fossato girava intorno al borgo ed era superato solo da due ponti levatoi. Il primo ordine di mura esterne era un grande rettangolo con quattro poderose torri angolari che prendevano il nome di famiglie locali: Ferrario, Fulco, Mussano e Ansaldi. Il secondo ordine di mura racchiudeva il borgo più antico ed edificato intorno all'anno Mille. Il nucleo centrale nel XV secolo prese nome di Villa, dentro al quale esisteva la residenza feudale, case nobiliari, la chiesa parrocchiale, la sede del pretore e la sede del senato. Infatti nel 1537 il Monferrato fu assegnato ai Gonzaga di Mantova e nel 1557 il Senato di Casale venne trasferito da Acqui a Fontanile e vi rimase fino al 1559, anno in cui ritornò a Casale. Nel 1606 i Gonzaga elevarono a marchesato il feudo di Fontanile e lo cedettero ai marchesi Bevilacqua. Passo poi in feudo nel 1673 a Nicola Faà Marchese di Bruno e Conte di Carentino.
Percorro la strada provinciale 45 che diventa via Roma, fino a incontrare la chiesetta di San Rocco. Questo Santo come San Sebastiano venivano invocati contro le epidemie e tradizionalmente le loro chiesette erano costruiti fuori dall'abitato ma nei pressi dell'ingresso del paese. L'attuale edificio, in mattoni a vista è assai piccolo e risale al 1912 e sostituisce due edifici assai più antichi del 1529 e 1738. La chiesetta è posta all'angolo di crocicchio, presenta una sola porta d'accesso con doppio battente, due lesene oculari, un grande oculo posta sopra la porta ed un frontone semicircolare poggiante su un ampio marcapiano. Al centro del timpano semicircolare è ricavata una piccola nicchia con allocata una statua. Subito dopo sul muro dell'ex opera Pia Rabachino e Caviglia, che aveva lo scopo di aiutare le famiglie più povere del paese, divenuta poi agli inizi del XX secolo sede di un asilo infantile gestito dalle Suore Salesiane, trovo un bel dipinto murario raffigurante "girotondo di bambini" con suore, a ricordare l'antico ruolo dell'edificio. Poco distante, nel cortile del piccolo giochi vi è un altro bellissimo dipinto murario "Saggio scolastico dei bambini" dove è rappresentata la recita di fine anno nel teatrino della scuola d'infanzia.
Parcheggiato l'auto, dove un tempo vi era il ponte levatoio d'accesso al borgo, inizio il mio girovagare. Percorro l'antica via Maestra tra belle case e giardini fioriti. Raggiungo così l'antica porta Ottoniana. Dell'antica porta rimane la soletta con le antiche travi che oggi sorreggono delle stanze di alcune abitazioni. Nei suoi pressi vi è ancora la targa dell'Associazione Nazionale Combattenti e Reduci, oggi sede del Gruppo alpini di Fontanile. Superato il voltone, le residenze prendono l'aspetto nobiliare, con bei portali e portoni, ricche corti interne, infatti questo è il quartiere La Villa. Anche qui muri raccontano la storia, infatti trovo dipinto "L'armeria" sempre sulla via Maestra che oggi è denominata Via Roma. Il dipinto ricorda che in questo luogo nel quindicesimo secolo si trovava un'armeria gestita dalla famiglia Baltucio, una delle famiglie più facoltose della comunità, dedita anche ad altri commerci. I loro interessi non si limitavano solo al commercio d'armi ma riguardavano anche il bestiame ed i trasporti.
Il dipinto riporta la corte interna con il suo colonnato, con due personaggi armati di alabarda e con un cinquecentesco fucile a miccia, rappresentate anche della cacciagione e un cane da caccia. Un altro grande dipinto invece presenta sempre la stessa corte con bambini, nobili signori e servitù, sempre in abiti cinquecenteschi. Difronte, su un antico portone d'accesso ad una corte interna, invece si legge ancora una antica scritta commerciale che ricorda che quella era l'entrata di un albergo. Subito dopo, invece c'è un dipinto che copre l'accesso e le vetrine di quello che un tempo doveva essere la Sartoria, Infatti questa sartoria era della famiglia Robusto che commerciava nel quindicesimo secolo stoffe pregiate sia in seta che lana e canapa. Molte erano le ragazze che vi lavoravano o che ne imparavano il mestiere. Sono dipinte sia queste lavoranti che persone intente a scegliere i tessuti, mentre un anziana signora in abiti cinquecentesca come tutti gli altri personaggi raffigurati, sorridente da il benvenuto a nuovi acquirenti.
Raggiungo quindi la grande piazza del paese, intitolata a San Giovanni Battista, titolare anche della grande chiesa parrocchiale che vi si affaccia. In piazza si affaccia altresì il palazzo municipale e il monumento ai caduti, posto nei pressi del belvedere. La chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista è grandiosa in stile eclettico con caratteri del neogotico. Fu edificata all'inizio del XX secolo sul sedime di una più vecchia chiesa a quattro navata abbattuta nel 1897. Quest'ultima aveva la facciata rivolta sulla via Maestra. Dell'antica costruzione rimangono il campanile cinquecentesco, parte dell'abside, il portone ligneo, un portale lavorato in pietra. Mentre osservo la bella e artistica facciata, una gentile anziana signora mi si avvicina e nel rivolgermi la parola apprendo quanto questo edificio è considerato parte integrante della comunità, tanto da inorgoglire l'intera popolazione.
L'edificio fu costruito su disegno dell'ingegnere architetto bolognese Francesco Gualandi coadiuvato dal figlio Giuseppe. La posa della prima pietra avvenne il 1º maggio 1898 e alla fine del 1899 si eresse la cupola alta 52 metri con diametro interno di 16 metri, sicuramente la più alta dell'astigiano. All'interno sono interessanti i due affreschi del presbiterio raffiguranti "Il trionfo di Cristo Re" e "La Decollazione del Battista" del pittore torinese Luigi Morgari. Sono pure del Morgari il "Crocefisso del Coro" e i "Quattro Evangelisti". Sul muro laterale, in via Roma, un dipinto racconta "La vecchia chiesa" che è stata abbattuta nell'ottobre 1897.
L'anziana signora mi raccontò un aneddoto che riguarda l'edificazione della nuova chiesa. Il fatto avvenne la vigilia del Natale 1897 durante gli scavi quando furono trovate delle monete d'oro, nascoste dove un tempo vi era un bagno di una locanda. L'operaio che le trovò cercò di trafugarle ma scoperto consegnò ben 156 monete al Pretore di Mombaruzzo in cambio di un compenso di lire 350. L'edificio del palazzo Municipale si presenta con un ampio porticato, sotto il quale vi è una lapide marmorea con il lungo elenco dei fontanelesi caduti durante la guerra 1915-1918. Sulla piazza si erge anche l'Obelisco alla memoria dei Caduti in guerra. Dal belvedere ammiro la sottostante ex Chiesa di San Giuseppe, oggi circolo culturale e teatro San Giuseppe.
Precedentemente la chiesa era utilizzata dalla Confraternita dei Battuti. La facciata dell'edificio è tripartito da lesene e suddiviso da un marcapiano che la divide in due ordini. Anche il timpano è tripartito da lese e con al centro una piccola rettangolare finestra. Mentre nel secondo ordine, in posizione centrale vi è una grande finestra quadrilobata. L'edificio presenta un solo ingresso in facciata. Proseguo per via Roma e subito trovo una lapide, posta sul muro di una piccola casa con un bel balconcino sagomato con ringhiera in stile liberty. La lapide ricorda che l'edificio fu l'abitazione del dott. Cesare Beltramini che professò l'arte medica a Fontanile per oltre quarant'anni nel XX secolo. Subito dopo, all'angolo con vicolo del Pozzo vi è dipinto sul muro "Il venditore di sale" a ricordo dell'antica bottega che esisteva lungo la via Maestra, dove si vendeva il sale ed anche altri generi alimentari.
Il sale non era solo un condimento ma era molto importante anche per la conservazione dei cibi. Poco distante vi è il dipinto di una bionda figura femminile che si affaccia ad una finestra gotica. La finestra è parzialmente coronata da rose rampicanti e la figura femminile è identificata come "la signora Michelina" che pare sorridere a tutti i viandanti. Subito dopo vi è dipinta un "Antica spezieria". La Spezieria era un tempo una specie di laboratorio farmaceutico che vendeva erbe aromatiche e spezie. Supero così l'altra porta d'accesso al quartiere la Villa. Questa porta, come la prima risale al X secolo e sono ancora visibili anche qui gli architravi. Denominata Porta Maestra si è anch'essa salvata perché sopra fu adibita ad abitazione. Lungo tutto il quartiere ho trovato spesso degli stemmi di famiglie nobiliari o meglio Sigilli nobiliari, come quelle delle famiglie Bottino, Fagus, Robusto, Sardo, Scalia e Spiotta.
Superato Porta Maestra arrivo al luogo ove esisteva l'antico ponte levatoio, ossia l'accesso alla prima cinta muraria che si sviluppava a forma di rettangolo allungato intorno al borgo. Le antiche mura si affacciano su Piazza Trento Trieste. E su questi muri trovo dipinto "il fosso" che ricorda il largo canale pieno d'acqua che circondava il paese. Diverse sono le attività che si svolgevano lungo questo canale e che sono riprodotte sul muro, come lavare i panni, navigarvi in barca, abbeverare il bestiame, bagnare la canapa prima del suo utilizzo,ma anche bere un bicchiere di buon vino in compagnia e corteggiare una ragazza. Tra le piante di capperi che vi nascono naturalmente tra gli antichi mattoni vi è anche effigiato un pittore sulla sua lunga scala di legno intento a dipingere.
Il muro è lungo circa 1550 metri e alto una trentina e il largo specchio d'acqua sorgiva, d'inverno diventava la pista di pattinaggio per i più giovani. Nel 1850 il laghetto e il canale fu interrato e sul luogo che insisteva lo specchio d'acqua vi venne realizzato uno sferisterio per il gioco del pallone elastico. Qui sicuramente vi giocò Aldo Pesce che fu Campione di Italia di "Palla a pugno" ovvero Pallone elastico nel 1953 e 1954. Costui nacque a Fontanile nel 1914 e vi trascorse tutta la sua vita. Era soprannominato "Il mancino" e "zampa di velluto", per la sua calma olimpionica e perché colpiva il pallone senza violenza, tanto che dava l'impressione che lo toccasse appena, guidando la palla dove voleva. Sempre sulla piazza, ma non sul muro di cinta è raccontata un altra storia, entrata nel mito del paese, ossia "la gita in Svizzera del 1912". Erano anni quelli, in cui possedere una bicicletta voleva dire essere un benestante.
Cinque fontanellesi, tutti muniti di bicicletta, decisero di fare una gita di circa 600 chilometri raggiungendo la Svizzera da dove spedirono una cartolina. Il dipinto ritrae i 5 protagonisti con le loro biciclette e vestiti con gli abiti dell'epoca. Sul muro di dirimpetto, su alcune case sono invece dipinti altre scene di vita contadina, come "Il ritrovo per una chiacchierata tra amici", ossia tre anziani seduti su una panchina. Un altro tipico momento di vita contadina riprodotta e l'attività del mezzadro che si appresta ad accompagnare i buoi, di razza fassona piemontese per esporli alla fiera del bestiame che a Fontanile aveva luogo proprio in questa piazza. Un altro momento di vita contadina riprodotta è "La trebbiatura". Questa era un momento festa per il paese soprattutto quando arrivava la trebbiatrice; un grosso macchinario alimentato da un trattore con motore a testa calda.
Quando si terminava di trebbiare, si mangiava tutti insieme come in una grande festa, trebbiatori, lavoranti, contadini con la loro famiglia. Ed in quest'ultimo dipinto è ritratta anche una pittrice che con il suo cavalletto da pittura è intenta a riprendere la scena con il suo gatto accoccolato al suo fianco. Una bicicletta dipinta in misura reali e appoggiata al muro, mentre una bambina con il suo cane sembra osservare i viandanti sulla pubblica strada. Devo fare un centinaio di metri per ritrovare sul muro di cinta, nei pressi della pesa pubblica il dipinto il «Gioco del nascondino», un sicuro gioco senza tempo, ma vi è anche dipinto un fisarmonicista intento a suonare, con una donna dalla finestra che pare intenta ascoltare.
Torno indietro sulla piazza, supero il luogo ove esisteva il ponte levatoio, oggi un ponte in muratura e raggiungo la Torre degli Ansaldi, l'unica ancora visibile delle quattro torri angolari della prima cinta muraria. Osservata la torre di forma circolare, tozza e robusta e che ormai risulta abbassata e priva di merli, proseguo per via Guglielmo Marconi. Tra le antiche case e le vecchie mura di cinta trovo dipinto un gatto all'ombra di un vaso. Poco dopo vi è dipinto un Armigero con cavallo, intento ad abbeverarlo. In questo punto si trovava la Torre Ferrarlo, una delle quattro torri che cingevano il paese. Salita la scalinata, ove un tempo correva l'acqua e vi era un ponte levatoio, prendo per via San Giuseppe, ritrovandomi da dove sono partito e parcheggiato.
Lungo via San Giuseppe, confine della "Villa" medioevale, in vicolo Rebuffo trovo dipinti "Tre bambini e un capretto". In questa zona vi erano stalle con animali e greggi, oltre una filanda ed altre attività commerciali e artigiane come una segheria, ed il macello. Subito dopo trovo "l'Angolo della Promessa" dove i fidanzati sono invitati a dichiararsi amore eterno lasciando sul muro l'impronta delle loro mani. E il momento di riprendere l'auto e proseguire il mio girovagare raggiungendo altri importanti luoghi di Fontanile. Intanto voglio ricordare un importante fontanellese: Giuseppe Maria Robusti natovi nel 1757 che fu comandante di un corpo di spedizione sfortunato contro le truppe napoleoniche nel 1794. Dapprima mi soffermo nei pressi della moderna cappella della S.S. Annunziata.
Poco distante sul muro della Cantina sociale di Fontanile, un grande dipinto racconta "la vendemmia", dove uomini, donne e bambini sono impegnati nella raccolta delle uve per essere poi trasportate dal carro trainato dai buoi. Fontanile oggi, come nei tempi antichi la coltivazione della vite dettava i ritmi di vita di molte famiglie monferrine. Oggi si coltivavano vini pregiati, come Barbera, Dolcetto, Cortese, Chardonnay, Moscato d'Asti e Brachetto d'Acqui. Proseguo fino in Regione Arzenda dove vi è la chiesa di San Sebastiano. Questa chiesetta a navata unica era già presente nel 1472, come attestano antichi scritti che la citavano come intitolata ai "Sancti Fabiani et Sebastiani". Come le chiesette dedicate a San Rocco, queste venivano costruite sulle strade che conducevano ai centri abitati a protezione dalle pestilenze. L'attuale chiesetta risale al 1894 in quanto quella precedente era diroccata.
Si presenta con fattezze semplici, un tetto a capanna con un ampio frontone con ai lati due piccole piramidi. Due piccole finestre affiancano l'unica porta d'accesso; al centro dell'edificio vi è un affresco raffigurante la passione di San Sebastiano. Devo fare un pezzetto di strada su e giù per le colline su strade strette e nel tratto conclusivo sterrata per raggiungere la chiesa di Neirano. Questo edificio, posto su un colle, risale al XVI secolo, e poco più a monte sorgeva un monastero benedettino del X secolo, divenuto poi cistercense nel XIII ed infine eremo. Monastero poi distrutto durante una scorreria nel 1527 del Lanzichenecchi. La chiesetta di Neirano è intitolata a Maria Assunta e fu edificata dopo la scorreria. Si presenta con un tetto a capanna e fattezze similari a quelle della chiesetta di San Sebastiano. Frontone e lesene sono in mattoni a vista, ed all'interno del timpano è presente una rotonda finestra. La facciata nella parte centrale è intonacata, sul retro si erge un piccolo campanile, interamente intonacato con un culmine a cuspide. Dalla finestra posso vedere l'interno che si presenta interamente intonacato con bei pavimenti e suppellettili ben conservate.
È il momento di rientrare verso casa, lascio questi dolci colline e con piacere ricordo un bel dipinto murario che ho visto che racconta "la spannocchiatura del granoturco", quando la famiglia si riuniva per separare il granoturco dalle sue foglie. Queste venivano poi utilizzate per imbottire i materassi, ma anche per fare le bambole per le bambine. Un bell'angolo di Monferrato in questo grande Piemonte