Probabilmente a fine XIII secolo, fondarono un nucleo abitato che prese il nome di Burnus Aymericorom, mutato in Borghetto solo verso la metà del XV secolo. In quegli anni il territorio della val Borbera era diviso tra diverse famiglie, quella dei Rati Opizzoni, tortonesi e ghibellini, quella degli Americi, guelfi, e quella della famiglia Opizzoni Spinola. I primi erano signori di Precipiano e Vignole, i secondi controllavano, come già detto, Ronco Scrivia, Lerma, Casaleggio Boiro, Persi e Borghetto; gli Opizzoni Spinola possedevano, nella val Borbera, Serravalle e il castello di Cabella. Nell'ambito delle lotte tra i guelfi e i ghibellini, spesso alquanto cruenti, nel dicembre 1359 il podestà di Tortona, indicò Sorli e Borghetto come i confini oltre ai quali i Rati Opizzoni e, rispettivamente, gli Americi non potevano spingersi. Il Borgo si sviluppò come un quadrilatero cinto di muro e fossato.
Agli angoli del perimetro della cinta muraria erano poste altre torri, delle quali oggi ne rimane soltanto una. La storia medioevale cercherò di leggerla nei diversi castelli e chiese che costellano il territorio di questo borgo. La mia visita inizia dalla chiesa di Sant'Antonio martire del IV secolo, detta comunemente di Sant'Antonino. Situata poco dopo il bivio, lasciando la SP 140, prima di entrare nell'abitato, mi soffermo brevemente ad osservare la sua semplice facciata. La chiesa ha una struttura a capanna con un affresco sul prospetto principale che raffigura la Madonna e Sant'Antonio da Padova che intercede per Santa Rita. L'abside della chiesa è l'unico elemento medioevale, sicuramente mai rimaneggiato nei secoli; si presenta realizzata con pietre a vista con conci di forme diverse, squadrati, spianati ed esibisce due monofore con arco a tutto sesto, ora chiuse.
La coronazione dell'abside termina con archetti ciechi e pensili sorretti da peducci modanati. Ampliamenti e restauri sono evidenti e ricordati da epigrafi come quella su pietra sulla quale appare la data 1681 posta sopra la finestra alla sinistra del portale. Sicuramente nell'edificio originale l'interno era ad una sola navata mentre ora è a tre navate. Questa chiesa fu usata anche come lazzaretto ed era costume fino agli anni Cinquanta del secolo scorso, nel pomeriggio di Pasqua per i bambini accompagnati da genitori, sostarvi per mangiare l'uovo di cioccolato. Dietro alla chiesetta ha trovato spazio un antico sarcofago in pietra detto di "Lucrezio".
Originariamente questo sarcofago di epoca romana si trovava in strada Premirino e fungeva da abbeveratoio e cosi funse fino a quando Borghetto non si dotò di un acquedotto. Poi fu posto, agli inizi degli anni Settanta del secolo scorso sul lato settentrionale della chiesetta di San Michele, fino a trovare la sua attuale collocazione. Purtroppo il coperchio andò distrutto e in un testo del 1808 dal titolo " Le antichità di Tortona e del suo agro" del Canonico Bottazzi si apprende che a tale data si poteva ancora leggere "Luctetius Verinae et. Filius. Liviae. Iulius. Ennius. F.C. (faciundum curarunt)", da qui il nome dato al sarcofago.
Proseguendo su via Roma entro in paese e faccio una breve deviazione su via San Michele a vedere l'omonimo oratorio. Le case che costeggiano la strada sono tutte belle villette con ampi e fioriti giardini, Raggiungo così la chiesa di San Michele, che risale al X-XII secolo e che era parte dello scomparso borgo di Teglione. Anche questo edificio è in stile romanico almeno nella porzione absidale e centrale, mentre la facciata rivela rifacimenti successivi. Realizzato con una muratura in conci non regolari, interrotta da monofore e lesene aggettanti e coronata da piccoli archetti ciechi in muratura almeno nella parte romanica.
La parte anteriore fu aggiunta in epoca molto più tarda ma comunque sempre realizzata in pietra squadrata come il piccolo campanile a vela. La chiesetta internamente è ad una sola navata. Nel catino absidale è conservato un affresco del 1579 di autore anonimo realizzato per conto dei signori Pierino, Nicola, Biasino eredi di Francesco Vergagni ad onore di Dio e della Beata Vergine e di San Michele come ho potuto appurare da alcuni testi. L'affresco è raffigurante Cristo in Croce con ai lati San Michele che uccide il drago e la Madonna. Conserva anche un seicentesco affresco della Vergine Lauretana. La dedicazione a San Michele la troviamo la prima volta in un documento del 1314 quando l'Abate benedettino di San Pietro in Molo individua come rettore dell'oratorio tale Opizzino Ramerio.
La facciata dell'edificio è semplice con tetto a capanna, un solo accesso, con un affresco ormai consunto dal tempo e dalle intemperie sopra la porta e un ampia finestra squadrata sotto il culmine del tetto. Mi dirigo verso il centro del borgo, non prima di una breve sosta al piccolissimo oratorio cinquecentesco intitolato ai Santi Rocco e Sebastiano. Edificio questo in stile tardo romanico recante un'iscrizione su un sasso tufaceo che riporta la data, 1563 e i nomi dei finanziatori. Parcheggio l'auto davanti al bel palazzo municipale sulla cui facciata garriscono le tre bandiere ufficiali; Italia, Unione Europea e Piemonte.
Inizio ad aggirarmi tra le vie del borgo. Ci sono tante attività commerciali, segno di vivacità della sua popolazione. Anche le case sono ben conservate e assai antiche, difficile trovare edifici moderni che non s'intonino con il borgo medioevale Nel centro del paese trovo una torre medioevale rotonda ora inglobata all'interno di un abitazione, sicuramente parte dell'antico castello. Prima di andare a vedere la chiesa parrocchiale percorro l'antica via Caminata che conduce alla porta medioevale d'accesso al borgo.
Lungo la stretta e ben conservata strada medioevale si notano le antiche case in pietra ben conservate, forse addirittura parti dell'antico maniero. Vi trovo anche un bassorilievo scolpito che riporta simboli riconducibili ai marchesi Lonati. Questa famiglia, originaria di Pavia, erano diventati feudatari di Sorli con l'investitura concessa da Gian Galeazzo Visconti nel 1386. Il feudo di Sorli comprendeva Borghetto e Vignole Borbera. I Lonati rimasero feudatari di Borghetto fino al 1797, quando Carlo Emanuele III estinse l'istituto feudale.
In fondo alla via non si può non notare e rimanere ammirati della torre con porta d'acceso che si affaccia sul torrente Borbera, realizzata in mattoni e che mette in bella vista gli scassi dei bolzoni del ponte levatoio. Sfortunatamente uno stemma nobiliare che vi era affrescato tra gli scassi è purtroppo danneggiato. Nei pressi dell'alta torre vi è la chiesetta o cappelletta dedicata alla Madonna della Stella, risalente a metà XIX secolo. Una anziana signora, intenta a cambiare l'acqua ai fiori posti sull'altare mi fornisce qualche indicazione su questo piccolo edificio religioso.
Apprendo così che fu realizzata per volontà dell'Arciprete, teologo Don Giovanni Grossi sul luogo dove esisteva una sacra immagine raffigurante l'immagine di Maria santissima, sotto il titolo di Auxilium Christianorum che il popolo venera come Madonna della Stella. L'antica immagine fu poi sostituita, visto che il tempo l'aveva deteriorata con una tela opera di un sacerdote dei Figli della Divina Provvidenza di San Luigi Orione. La volontà di Don Giovanni Grossi si deve ad un fatto miracoloso accaduto a Spoleto nel 1862, dove la Madonna apparve ad un bambino in una povera chiesetta tra Spoleto e Montefalco dove vi era un immagine della Madonna con Gesù bambino sulle ginocchia ed un devoto vi posizionò una stella d'argento per ricordare il fatto miracoloso.
Lascio la simpatica vecchietta che mi racconta anche la processione che vi si svolgeva un tempo e a cui la popolazione pia accorreva con fiori e ceri. Dal sagrato della chiesa parrocchiale mi soffermo ad osservare l'imponenza della chiesa parrocchiale intitolata a San Vittore. Edificata nel corso dell'XI – XII secolo, epoca a cui risalgono l'abside e parte delle mura esterne, è stata in seguito rimaneggiata e ampliata, soprattutto nel Settecento. Monsignor Goggi in Storia dei Comuni e delle Parrocchie della Diocesi di Tortona, afferma che l'attuale edificio è stato edificato con il recupero dei materiali dell'antica pieve di Monduglio, posto tra Borghetto e Torre Ratti. Di certo qui vi era l'Oratorio della Confraternita dei Disciplinati di San Giovanni Battista forse del XIII secolo.
L'anziana Signora che ho incontrato mi ha raccontato che all'interno della chiesa sono conservate alcune reliquie del Santo cui la chiesa è intitolata. La facciata interamente intonacata è divisa in due ordini e scandita da lesene, sormontata da un semplice timpano e movimentata solo dall'oculo polilobato nel secondo ordine. Un alto campanile si erge sul fianco destro della chiesa sormontato dalla classica cupola a cipolla che ricorda i campanili settecenteschi liguri. Vi accedo e trovo un chiesa ad una sola ma ampia navata.
Lo sguardo non può non soffermarsi lungamente, a naso insù, sulla cupola interamente decorata negli anni venti del Novecento. Bello l'altare, dalle forme settecentesche anche se rimaneggiato nel XX sec. Interessante il Cristo Processionale, datato 1861 e che ricorda i "cristi" liguri. Bella anche l'antica acquasantiera che riporta lo stemma dei signori di Torre de' Ratti: I Rati Opizzoni. Notevoli anche gli altri altari laterali con importanti opere come la statua lignea di San Maurizio databile XVII circa, o l'altare del Rosario con ancona raffigurante la Vergine del XVIII sec., coronata dai tondi dei misteri incorniciati da motivi a volute di stessa epoca.
Lascio il centro storico e mi dirigo lentamente a prendere l'auto per recarmi verso Torre Ratti, una borgata non molto lontana dal capoluogo e sempre rivierasca del torrente Borbera. Per questa borgata devo passare vicino al centro sportivo, al centro polifunzionale e davanti al bel monumento ai caduti della prima e seconda Guerra Mondiale. Subito dopo mi ritrovo quasi subito a Torre Ratti e lascio l'auto vicino alla chiesa di San Rocco e Sebastiano edificata nel 1930 dove, spostato di 10 metri insisteva una più antica chiesetta intitolata ai santi Rocco e Sebastiano e datata 1563. Questa chiesetta è a navata unica e benché sia molto piccola è assai accogliente.
Come quasi tutte le chiese del circondario presenta un campanile indipendente. La facciata presenta un portale a tutto sesto contornato da lesene e sovrastato da un timpano stuccato con la testa di un angelo e sopra da un rosone polilobato. Le finestre sono a monofore a tutto sesto sovrastate da due affreschi ritraenti San Sebastiano e San Rocco. La borgata è assai bella con antiche case ben conservate e belle ville. La strada che mi conduce verso il castello e percorre tutto il centro del borgo è recentemente stata rifatta con un bel selciato. Mi ritrovo così davanti all'antica porta del borgo fortificato che presenta ancora le caratteristiche feritoie.
Accedendovi trovo sulla sinistra una piccola cappelletta mentre sulla destra in una parte della struttura denominata la Casa del Fante vi è un originale Museo del Giocattolo creato da Antonio de Benedetti. La casa del Fante è una costruzione trecentesca con originali soffitti e travature in legno ed un tempo ospitava il Corpo di Guardia dei militari della Repubblica di Genova. Il Castello di Torre Ratti con il suo borgo, anticamente era conosciuto come Pobledo. Le prime testimonianze dell'esistenza del Castello risalgono al 1100 quando fu infeudato alla famiglia Rati-Opizzoni che sostenne i tortonesi contro l'assedio del Barbarossa. Il Castello di Torre de' Ratti assunse un'importanza fondamentale nel 1463 quale presidio meridionale del Ducato di Milano. Il complesso per tali motivi fu ampliato e più volte ristrutturato.
Curioso venire a sapere che alla fine dell'Ottocento, il cardinale Achille Ratti, poi papa Pio XI, chiese, data l'omonimia, ai Rati Opizzoni di poter usare il loro stemma che divenne così lo stemma di papa Ratti, che concesse in cambio alla famiglia il titolo ducale. Il castello si collega all'adiacente borgo attraverso la antica chiesa abbaziale di san Bernardo. La lunetta che sovrasta la porta vicino all'abside riporta la scritta "Abattia Sancti Bernardi". Questa chiesa fu un monastero cistercense ciò è testimoniato dalla presenza di un monaco che vi viveva nel XIII. Della primaria chiesa rimane ben poco, infatti durante la visita pastorale del 1575 il vescovo interdice la chiesa a causa dello suo stato decadente. La ricostruzione avvenne nel XVII-XVIII secolo.
Mentre sono discordanti le tesi che vogliono identificare Torre Ratti anche come la sede dell'antica e ormai scomparsa pieve di santa Maria di Pobleto. Lascio Torre Ratti e devo superare il torrente Borbera su un ponte assai stretto e bisognoso di cure per raggiungere una serie di frazioni in sponda sinistra del torrente. Comincio dalla borgata Castel Ratti. La borgata si affaccia con una balconata sul torrente ed è godibile una bella vista sia su Borghetto che Torre Ratti. L'accesso all'antico borgo passa attraverso ad una volta che potrebbe essere stata l'accesso alla borgata. Subito dopo l'accesso si nota subito come le antiche costruzioni fatte di massiccia pietra facessero parte della fortificazione del borgo. Subito dopo l'accesso esisteva un antico oratorio medioevale dedicato a Sant'Innocenzo, che ormai pericolante fu dapprima abbandonato e poi abbattuto. Oggi ne rimangono tratti di mura laterali e lo stipite della porta.
Raggiungo la chiesa di Nostra Signora del Carmine, già intitolata alla Natività della vergine Maria, che sorge al limite ovest della frazione di Castel Ratti, davanti al piccolo cimitero. Sul muro del piccolo cimitero, una lapide ricorda i caduti di Castel Ratti nella prima Guerra Mondiale. La chiesa presenta una facciata a capanna ed è intonacata e dipinta con righe verticali che la tripartiscono. Sopra l'unico portone d'accesso vi è una finestra a serliana. Il campanile è di sezione quadra, sorge presso il fianco destro della chiesa, nella zona absidale. Il suo interno è a navata unica e presenta tele della seconda metà del XVII secolo, ma anche una seicentesca statua della Madonna con Bambino e un crocifisso settecentesco ed altri importanti arredi sacri e statue e tele. L'edificio fu costruito nel XVIII secolo, grazie all'intercessione dell'abate Gio Batta Maiocchi la cui sorella aveva sposato un Rati e poi restaurato ad inizio XX secolo.
Voglio raggiungere il Santuario del Bambin di Praga che è situato su una cresta collinare fuori dal centro abitato a 360 m.s.l.m.. Vi è un sentiero per raggiungerlo ed una strada che però è raggiungibile solo con un fuoristrada o un trattore. Ho così l'occasione di raggiungerla in trattore grazie alla collaborazione di un contadino che deve recarsi nei suoi pressi. Raggiunto la cima della collina e salutato il mio scherpa mi avvicino alla chiesa che si presenta a pianta circolare con abside poligonale. L'edificio costruito nel 1925 è realizzato in pietra a vista e presenta un accesso con pronao con arco e colonne cilindriche e pilasti ai lati. È presente un piccolo campanile a vela. L'interno è intonacato e tinteggiato ed è in buono stato di manutenzione.
L'accesso alla chiesa è accompagnato da un lungo viale di alberi. Rientrato a Castel Ratti proseguo il mio viaggio in auto, sempre in sponda sinistra del torrente e dopo aver percorso un tratto di strada costeggiato da boschi e prati stabili raggiungo la piccola borgata di Liveto. Qui vi abitano pochissime persone e le case abitate sono ben conservate e con bei giardini prospicienti. Il borgo deve essere antichissimo, come tutti quelli presenti in questa zona. Al centro della piccola frazione di Liveto trovo l'oratorio di Sant'Antonio abate, mentre mi soffermo ad osservarlo un anziano signore mi si avvicina; è uno dei pochi abitanti della borgata e si mostra assai orgoglioso della chiesetta. Come dargli torto, è conservata benissimo e decorata con dei fiori nelle sue finestrelle di facciata. Presenta una facciata a capanna, con piccolo cornicione ed è intonacata e tinteggiata.
Ha un unico accesso, sul fianco sinistro del quale si apre una piccola finestra quadra; sopra alla porta vi è una finestra di maggiori dimensioni. Due tondi affrescati sono posti a metà altezza dei fianchi e rappresentanti Sant'Antonio Abate e credo San Luigi Gonzaga che riceve la comunione da San Carlo Borromeo. È presente un campanile a vela posto sopra il fronte destro della chiesa. L'edificio risale forse al XVII ma non ho notizie certe. L'anziano signore mi inviata a raggiungere a piedi, il cima di un colle che sovrasta l'abitato dove sorge la cappella della madonna del Cosacco. Mi racconta che fu edificata come ex voto alla Madonna, al ritorno di un militare nativo di Liveto che era partito per campagna di Crimea 1853 - 1856. Mi faccio spiegare il sentiero e inizio la mia camminata per raggiungere questa chiesetta che l'anziano signore mi aveva detto era sottoposta a continui consolidamenti a causa di smottamenti.
Lungo il mio percorso trovo una coppia di giovani caprioli intenti a mangiare delle mele selvatiche cadute da un albero. Mi soffermo ad osservarli e solo dopo che mi hanno visto con grandi balzi si allontanano. Raggiungo la chiesetta dedicata alla Madonna della Mercede ma conosciuta come Madonna del cosacco. L'edificio è in pietra di fattura semplice e con tetto a capanna, presenta una semplice porta affiancata da due piccole finestre e una lunetta centrale a metà del corpo di facciata. All'interno, noto attraverso la finestra, un'aula unica, ben conservata e pulita. Presenta un campanile a vela posto anteriormente, mentre sui fianchi sono presenti massicci contrafforti di cemento armato di consolidamento. Scendo lentamente dai 441 metri s.l.m. per andare a visitare la borgata di Cerreto Ratti.
Prima di visitare questa borgata voglio recarmi a visitare un altra antica chiesetta posta su un colle, grazie alla collaborazione di alcuni volontari della protezione civile che incontro sulla mia strada. Raggiungiamo cosi il colmo della collina, ove l'oratorio di Santo Stefano si erge, circondata da boschi. Il sagrato è in erba e la facciata della chiesetta è a capanna con tetto a due falde e copertura in tegole. L'intero edificio è in pietra a vista, sono presenti in facciata due finestre, una sul fianco della porta d'accesso e l'altra, più grande sopra l'ingresso. L'interno ha navata unica, con volta a botte intonacata così come il presbiterio. È presente un piccolo campanile a vela. La pavimentazione è in piastrelle di cotto quadrate. Sul fianco esterno destro sono visibili due elementi lapidei scolpiti databili intorno al secolo XI. Si hanno notizie della sua presenza già nel 1523, ma non vi è notizia certa circa la sua origine
Raccolgo così dai miei accompagnatori una storia tramandata oralmente di cui non si conosce origine e veridicità. Nella chiesa si trovava un piccolo sarcofago con il coperchio spezzato. Voleva la tradizione che contenessero le reliquie del Santo titolare e che un prete le avesse trafugate per portarle nella chiesa parrocchiale di San Calogero a Sale. Però chi aveva trafugato le sacre reliquie ne lascio alcune parti. Dopo aver visitato questo splendido luogo scendo a Cerreto Ratti sempre grazie a questi provvidenziali volontari. Dopo esserci salutati inizio a visitare questa piccola borgata, già più densamente abitata e vi trovo subito un grande edificio religioso in stato di rudere.
Questo edificio, di cui non riesco a conoscere l'intitolazione, ha un alto prospetto intonacato con una porta centrale affiancata da due finestre rettangolari con arco a tutto sesto. Sopra la porta, in un riquadro anticamente vi doveva essere un affresco. Sopra uno sporgente marcapiano è presente una grande finestra quadrata. Dalle finestre, addobbate con vasi di fiori posso scorgere l'interno e vedo una triste devastazione, con ampi danni ai muri della chiesetta ad aula unica ivi compresi gli arredi e alle tele presenti. Tra l'altro la tela dell'altare maggiore, assai danneggiata rappresenta un soldato in uniforme risorgimentale ed una popolana inginocchiata davanti alla Madonna con Bambino inserita all'interno di un'edicola votiva. Chissà cosa voleva rappresentare?
Mi auguro vivamente che questo piccolo scrigno di devozione popolare venga recuperato, magari grazie all'interessamento dell'amministrazione comunale. Mi aggiro tra le case della borgata, accompagnato da un bel gattone che mi segue passo a passo e che pare voglia controllare i miei spostamenti. Raggiungiamo cosi la piazza su cui si erge la chiesa parrocchiale intitolata a Santo Stefano Protomartire. La parrocchia fino al 1570 era quella di Santo Stefano che ho visitato sopra il colle.
La sua facciata è a capanna, con lesene ai bordi dotate di capitello, sorreggenti una sottile trabeazione sopra alla quale si imposta l'aggettante frontone triangolare. Risulta interamente intonacata, con unico portone sopra il quale è presente un affresco con il Santo titolare e sopra questo si apre una finestra a lunetta. Al centro del frontone triangolare aggettante è presente un tondo affrescato. Il campanile, a sezione quadra, è posto sul fianco destro dell'abside. La chiesa internamente è a navata unica e presenta in controfacciata lo stemma araldico dei Rati Opizzoni che avevano il giuspatronato della chiesa stessa. L'edificio conserva un crocifisso processionale del 1870 in stile ligure. L'altare maggiore è del Settecento, in stucco modellato e dipinto. Sopra il coro vi è un dipinto con Madonna tra i Santi Stefano e Bernardo risalente al XVII sec, mentre la fonte battesimale è a catino semisferico in pietra dovrebbe essere del XVII secolo. Sono presenti anche altari dedicati a Santi Stefano e Sebastiano, alla Vergine e al Sacro Cuore.
Il borgo e il territorio di Cerreto Ratti è caratterizzato da numerose edicole sacre con affreschi poste sulle antiche case. Proseguo il mio girovagare fino a Monteggio. Questo luogo, assai interessante dal punto di vista paesaggistico e naturalistico, presenta una fantastico panoramico e scenografico colpo d'occhio sul paesaggio del sottostante corso del torrente Borbera. Le poche case son ben conservate e gli antichi fienili ora sono riadattati a deposito di oggetti non più in uso. Tra i quali noto un antico banco scolastico in legno, forse risalente agli anni Trenta. Faccio presto ad aggirarmi per il borgo e raggiungo il sagrato in erba dell'oratorio di Santa Lucia che è posto sulla sommità della cresta montuosa da dove si gode uno spettacolare panorama, grazie anche ai suoi 610 metri di altezza sul livello del mare.
Scorgo sull'altro versante il luogo dove ormai sorge il villaggio abbandonato di Rivarossa. Questo è uno dei piccoli paesi abbandonati dopo il boom industriale degli anni Cinquanta-Sessanta del secolo scorso che richiamò verso la città i contadini che risiedevano in questi luoghi, accecati dal guadagno più facile e da una vita meno faticosa. Invece l'Oratorio di Santa Lucia a Monteggio fu edificato anteriormente al XVIII secolo ma è stato riedificato nelle forme attuali intorno al 1900. La sua facciata è a capanna e presenta un paramento in pietra a vista con begli archi ed oculo centrale. Il tetto è a doppia falda con manto in coppi. La chiesa è a navata unica, con zona absidale a sviluppo curvilineo. Presenta di piccola vela campanaria nella zona absidale.
Lascio Monteggio e tutto il versante sinistro del torrente Borbera e vista l'ora mi reco a Borghetto per un pranzo frugale, per poi ricominciare le mie esplorazioni. Dopo aver pranzato in una locale trattoria e aver conversato con alcuni avventori abituali, reputo di aver raccolto informazioni necessarie per proseguire nel mio girovagare, così mi inoltro lungo la strada provinciale 120 in direzione Molo Borbera. Questa borgata era Comune fino al 1928 quando fu accorpata a Borghetto di Borbera ed aveva diverse frazioni. Comincio il mio breve tour dalla borgata più a Nord che è Cerreto di Molo, piccola frazione arroccata lungo le pendici della Val Cravaglia.
Per raggiungerla devo percorrere l'unica strada che dalla Provinciale si dirama verso il paese. Le poche case sono in pietra e in parte ben conservate come il suo Oratorio dedicato all'Arcangelo Michele, posto al centro del paese. La facciata dell'oratorio è a capanna, in paramento in pietra a vista con lesene angolari e una che divide longitudinale il prospetto, presenta un portone di ingresso sovrastato da un affresco raffigurante san Michele Arcangelo. È presente un piccolo campanile a vela posto sul lato destro del tetto. Questo piccolo edificio venne realizzato presumibilmente a cavallo del ventesimo secolo.
Torno sui miei passi e mi reco a Molo Borbera. Il borgo si estende ai piedi ed aggrappato a un colle su cui si erge un alta torre medioevale. È ciò che rimane, con altre poche vestigia della potente e fortificata abbazia benedettina di Molo Borbera. Questa Abbazia dedicata a San Pietro, fu edificata con ogni probabilità in epoca carolingia. Sede di una comunità benedettina che per molto tempo rappresentò non solo un centro religioso, ma anche politico ed amministrativo; infatti erano gli stessi monaci ad essere investiti del feudo di Molo.
Raggiungo così il sagrato della chiesa parrocchiale. Le vicende della chiesa di Molo Borbera intitolata a San Pietro in Vincoli, seguono quelle del Monastero di Molo, la cui torre sorge su una collina che domina la Valle e che sarà una mia prossima tappa. La chiesa edificata nel XVI secolo ha un sagrato in moderni autobloccanti ed alcuni gradini per accedere al suo interno. Presenta una facciata intonacata, con paraste che la tripartiscono. Sopra la porta principale si apre una finestra serliana in laterizio a vista e a coronamento della facciata vi è un frontone in laterizio. Il campanile è a sezione quadra, è posto su un fianco sinistro della chiesa, nella zona absidale: la sua parte inferiore è in pietra, quella mediana è intonacata e presenta finestre a bifora occluse, la parte estrema è dotata di cella campanaria con un tettuccio a base poligonale.
Noto un secondo abside medioevale in pietra squadrata del secolo XII dove è collocata la sacrestia; evidente parte dell'antico monastero fortificato. L'interno è a unica navata, intonacato e decorato con affreschi e presenta due altari laterali che si aprono nel presbiterio. Sulla facciata della chiesa una lapide ricorda i militari di Molo Borbera caduti nelle due grandi Guerre Mondiali. Le antiche case in pietra con i loro lunghi e spessi muri in pietra danno l'idea di un borgo fortificato.
Sono numerose le attività commerciali presenti, compreso un agriturismo, questa attività è posta lungo la strada provinciale a dimostrazione della vivacità della zona che d'estate è oggetto di invasione di un discreto turismo. Raggiungo cosi il culmine della collina dove si erge ciò che rimane del Castello abbaziale di Molo Borbera, ossia la torre. Questa è in buono stato di conservazione ed è risalente al sec. XIII, il panorama è splendido e spazia dal Monte Leco al Monte Tobbi e al Castello di Sorli. Visibile anche nelle belle giornate di sole la Madonna della Guardia di Gavi e Monte Spineto. L'accesso alla torre è interdetto ma davanti alla porta d'accesso esiste ancora la cisterna per la riserva idrica. Intorno alla torre insistono alcune belle case con paramento in pietra e bei giardini.
Poco scostato si erge la chiesa di Nostra Signora di Lourdes. Si tratta di un edificio presumibilmente edificato durante il secolo XIX con facciata a capanna e in pietra la vista, mentre la pianta della chiesa è a croce greca con tre absidi semicircolari. Al portone di ingresso è affiancata una piccola finestra laterale riquadrati in laterizio; sopra al portone vi è una finestra semicircolare. Una piccola campanella a catena è appoggiata in facciata. A coronamento dell'edificio vi è un timpano triangolare intonacato. Una serie di pilastrini in ghisa, con catenelle, cinge il fronte della chiesa che si apre su un ampio piazzale.
Scendendo verso Molo Borbera, lungo la strada sterrata, mi soffermo dopo una curva per ammirare una cappelletta che si erge su una altura posta in curva. Questa cappelletta è raggiungibile con una lunga scalinata ed il piccolo edificio è dedicato alla Trinità. Presenta un piccolo portico anteriore e sul timpano in facciata sono affrescati due angioletti. Sulla porta d'accesso è iscritto A.D. 1947 e nel suo interno, protetto da un cancello in ferro vi è un affresco del crocifisso, assai danneggiato. Un cartello segnavia, posto lì vicino mi ricorda che sono a 400 metri sul livello del mare. Tornato sulla strada provinciale 120, rientro brevemente verso Borghetto Borbera fino a incontrare la strada provinciale per Sorli, Garbagna e Stazzano.
La strada è assai più stretta e s'inerpica lungo la montagna ed è accompagnata da bei boschi e prati. Lungo questa strada trovo deviazioni per altre piccole frazioni come Croci e Bignasca; luoghi tranquilli con cascinali abitati e ristrutturati. Raggiungo così la frazione di San Martino di Sorli e subito ad accogliermi trovo la sua chiesetta .Questa chiesa ha un sagrato erboso e presenta una facciata a capanna e rosone quadrilobato sopra al portone di ingresso affiancato da due finestre strombate, due lesene in pietra ai bordi delimitano la facciata intonacata. Il suo campanile è romanico in pietra a vista con bifore cieche. Della antica chiesa del XI-XII secolo rimane parte del campanile e l'abside. Fu sicuramente parrocchiale almeno fino al XVI secolo, in quanto nel 1532 la chiesa parrocchiale di Sorli era quella di San Lorenzo posta lungo la strada per Garbagna.
Dopo aver visto esternamente la chiesa in quanto l'ho trovata chiusa, non potendo così ammirare l'affresco di San Martino che mi dicono assai particolare ed ero curioso di scoprirne il perché, inizio ad aggirarmi per il borgo. Le case sono tutte molto antiche, moltissime medioevali, ottimamente conservate. Inoltre l'Associazione culturale Sorlese ha avuto cura di identificare le case con targhe che ne identificano la proprietà, l'uso in epoca medioevale e l'anno di costruzione. Peccato che ciò non ci fosse anche negli altri antichi borghi. La prima casa indicata che trovo è anche la più moderna e fu sede del Comune di Sorli e delle scuole fino al 1928. Infatti Sorli fu comune autonomo fino al 1928 quando fu accorpato a Borghetto di Borbera.
Altre case segnalate e che sono assai belle sono anche Casa Boveri che fu abitazione dei fabbri e falegnami e dei feudatari nel XVII secolo; Casa dei notai Ratti consegnatari dei diritti feudali dei Lunati nel XVIII secolo. Molte case sembrano addirittura fortificate e forse un tempo dotate di torri, come Casa Lunati che è adiacente alla Piazzetta che fu abituale, luogo di ritrovo degli abitanti del borgo. Questa Casa fu la dimora di Rosa Lunati, ultima discendente dei feudatari di Sorli. Mentre Casa Ferrarazzo è della metà del XVII secolo, Casa Roncoli è invece un antica "casa.torre" del XVII secolo.
Proseguo la strada che diventa sterrata e assai stretta, dove trovo ciò che rimane del Basticone o Bastigone del XVII secolo, come veniva chiamata questa ultima casa prima della salita verso il castello Questa strada, un tempo univa Sorli a Cuquello e a Tortona. Ormai mi arrampico verso la cima del colle dove sorgono in posizione dominante i ruderi del Castello di Sorli che risale al XII. secolo. Questo maniero fu proprietà dei Visconti di Milano, infeudato dapprima ai fratelli Pietro e Martino Grecesio e poi a Bernardo Lunati con il titolo di Signore e rimarrà alla sua famiglia fino alla caduta dei diritti feudali nel 1752. Del castello posto a 661 metri s.l.m. rimangono oggi poche tracce tra cui una torre d'avvistamento e il muro di cinta e la cisterna. Mi aggiro tra i suoi ruderi visto che è stato messo in sicurezza e perdo il mio sguardo a guardare gli splendidi panorami che questo luogo mi offre.
Scendo lentamente, purtroppo la borgata di San Martino è scarsamente abitata e non ho incontrato nessuno per prendere maggiori informazioni. Ricordo però che durante il periodo della seconda guerra mondiale e nel periodo di liberazione dalla dittatura nazi-fascista, questo borgo era una base di appoggio della Divisione "Pinan-Cichero" e per questo oggetto di rastrellamenti e bombardamenti nel 1944, da parte di truppe nazifasciste. Subì anche due bombardamenti da parte delle truppe alleate, il primo nella notte tra il 9 ed il 10 agosto 1944 che fece due morti, il secondo fortunatamente non fece vittime.
In auto raggiungo la borgata Sabbione ove vi sono anche alcune case e fienili in pietra abbastanza diruti. Raggiungo cosi la chiesa parrocchiale di San Lorenzo. Questa chiesa è lontana da tutti i centri abitati e comunque a metà strada da San Martino a Poggio Maggiore. Questa chiesa era già parrocchiale dal XVI secolo. La sua facciata si presenta intonacata e tripartita da lesene, mostra un frontone curvilineo raccordati da volute. Il portone principale è sormontato da un rosone polilobato e presenta elementi diversi pittorici affrescati. In facciata lapidi ricordano i caduti di Sorli nelle due guerre mondiali con tanto di foto di ogni caduto.
La chiesa, internamente è a due navate con abside curvilineo. Mentre il campanile è a base quadra; in pietra con riquadri intonacati e tinteggiati e la cella campanari è sormontate dalla copertura a cipolla. Guardo rapidamente le borgate di Cervari e di Corti che non si trova lungo la strada provinciale e raggiungo Poggio Maggiore e Poggio Minore, tutte comunque abitate. In particolare a Poggio Maggiore, che si trova a 585 metri s.l.m. alcune targhe mi aiutano ad individuare antiche case di famiglie patrizie, come l'antica casa Baiardi del XVI secolo, case Poggio del secolo XVI-XVII secolo, tutte in pietra. Curioso anche un enorme architrave in pietra incisa con lettere e numeri, posto a terra.
Tornando indietro, sulla strada provinciale 120, ben presto prendo la strada per Figheto. Anche questo piccolo borgo si erge lungo la cresta di una collina e la sua strada è assai stretta e tortuosa. Ad accogliermi ci sono case abitate e una cinquecentesca casa in pietra con corte interna, necessitante di importanti restauri, indicata come la casa dei notai Figheti. In questa borgata vi è una piccola cappella dedicata alla Vergine, molto semplice nelle sue forme ed è mantenuta in ottimo stato di conservazione. Questa ha una facciata con tetto a capanna ed è interamente intonacata e presenta due finestre rettangolari che affiancano la porta. Sopra alla porta vi è un affresco raffigurante la Madonna. Il piccolo campanile sembra un matitone con la sua cupola a punta a quattro facce. Sulle due panche in pietra davanti alla chiesa due anziane signore mi osservano e mi rivolgono un saluto a cui ricambio con un cenno de capo.
Tornato sulla strada provinciale e poi grazie alla S.P.140 raggiungo Persi. Mi aggiro a piedi per questa frazione e mi soffermo davanti alla sua grande chiesa parrocchiale. Dedicata a Santa Maria Assunta esisteva già nel 1525 ma subì nei secoli diverse ricostruzioni e ampliamenti. Fu da sempre giuspatronato della nobile famiglia del feudo di Torre de' Ratti. In controfacciata, infatti, si trova lo stemma araldico appartenente ai Rati Opizzoni. La facciata è con tetti a salienti ed è tripartita, delimitate da lesene, e si presenta interamente intonacata e tinteggiata con un color paglierino. Il portone principale è affiancato da due porte laterali sormontate da finestre a lunetta; mentre quello principale è sormontato da mosaico in medaglione raffigurante la Madonna del Giordano.
Al di sopra dello stesso è presente una finestra serliana. Il campanile posto sul fianco destro della zona absidale presenta una cella campanaria con monofore su ogni lato ed è sormontato da un lanternino con copertura a cipolla. L'interno è a tre navate con una pavimentazione in marmo a scacchiera. Sono presenti pregevoli opere come il seicentesco altare, dedicato a San Carlo Borromeo. La pala d'altare, probabilmente di scuola Lombarda, raffigura il committente inginocchiato davanti a San Carlo. Vi è inoltre la tela dell'Assunzione della Vergine del 1690, di uno dei maggiori esponenti artistici del Seicento ossia Luca Giordano. Un altro dipinto molto importante è la seicentesca Vergine col Bambino e Santi, tra l'altro inserita in una cornice di pietra, sormontata dallo stemma gentilizio dei Rati Opizzoni. Ottocentesca è la statua dell'Assunta e vi sono diversi Crocifissi processionali sia settecenteschi che del XX sec.
Inoltre la chiesa conserva la pietra sepolcrale della famiglia Rati Opizzoni. Sull'ampio sagrato trovo il monumento a stele che ricorda i caduti di Persi per la Patria della prima e seconda guerra mondiale. Visito altre località limitrofe a Persi come Castellaro, Costiolo, Forneto e loc Fraccia. Tutte borgate abitate e con belle casette, Raggiungo in auto su una stretta strada comunali, dapprima la frazione Roncoli, poi le località Cadisi e Sala e per ultima la frazione Fontana. Nella piccola frazione di Roncoli, paesino totalmente ristrutturato, appena vi entro sono colto da una bella sensazione di quiete forse grazie anche dai lussureggianti boschi che in parte la circondano.
Borgo panoramico da cui osservo la torre di Molo. Mi si racconta infatti che era alloggio di frati e che la borgata dipendeva dalla abazia e poi parrocchia di Molo. In questo luogo posso vedere la Colombaia realizzata sopra ad un passaggio ad arco a tutto sesto e che accoglie ancora i fori praticati per l'alloggio dei piccioni, ma anche ad un forno comunitario. Roncoli ha la piccola chiesa, magnificamente conservata e riaffrescata. La chiesetta è dedicata a Sant'Antonio Abate ed ha fattezze piuttosto semplici. Gli affreschi in facciata, di moderna fattura, ricordano le benevolenze del Santo titolare verso la locale popolazione, raccontando i lavori quotidiani nei campi e nei boschi, l'altra ricorda la Guerra Mondiale e la difficile vita in borgata. Al centro un affresco raffigura Sant'Antonio Abate e San Paolo eremita nel deserto.
È presente un piccolo campanile a vela in pietra sul lato destro della facciata, mentre la porta d'accesso è affiancata da due piccole e quadrate finestre e da una apertura a lunetta sopra di essa. Il timpano è curvilineo e tutta la chiesetta dovrebbe essere databile XIX – XX secolo. Invece nella frazione di Fontana che prende il nome dalle sue numerose fontane, oltre a trovare abitazioni con le colombaie, trovo un bellissimo punto panoramico sulla sottostante vallata e sui colli che la circondano con tutti i suoi piccoli borghi. Anche questa borgata era abitati dai frati e dai lavoranti per l'Abazia di Molo e anche quivi è una piccola chiesetta dedicata a San Fermo Martire. La chiesetta è posta in centro paese e presenta bei affreschi in facciata: al centro il Signore Benedicente, a sinistra l'angelo annunciante e la Beata Vergine, a destra l'angelo che difende due bambini dalla Serpe che indica il diavolo e i peccati.
Il piccolo oratorio di San Fermo indicato anche come di San Pietro in Fontana è stato edificato intorno al 1900. La facciata a capanna è intonacata e presenta una finestra rettangolare sopra il portone d'accesso ed altre due piccole finestrelle l'affiancano. È presente un piccolo campanile in pietra a vista sul lato sinistro del fronte. Caratterizza la chiesetta uno zoccolo in pietra a vista che corre intorno alla chiesetta, così come gli architravi delle finestre. Lascio questa bella borgata realizzata interamente in pietra a vista e scendo sulla strada provinciale 140 e lungo la circonvallazione di Borghetto di Borbera seguo i cartelli stradali che lungo una strada comunale che mi condurrà al Santuario della Madonna della Neve di Cà del Bello. Il santuario sorge sul colle detto di Prà San Martino a 492 metri s.l.m. e la strada carrozzabile per raggiungerlo è accompagnata da 14 cappellette della via Crucis realizzate nel 1833 per sostituire quelle settecentesche. La fondazione del Santuario risale al 1672, ampliato nel 1757, poi ancora 1868 e gli ultimi lavori risalgono a metà XX secolo.
Molti dei lavori del secolo scorso sono stati finanziati grazie agli emigrati Borghettesi nelle Americhe L'edificio fu realizzato per volontà e devozione popolare. Originariamente di modeste dimensioni accoglieva sull'altare una pala raffigurante la Vergine Lauretana con i santi Vescovi Martino e Cipriano. La facciata a capanna è preceduta da un porticato a tre campate con archi a tutto sesto, che ripara l'unico portone di accesso. Il portone è affiancato da due finestre quadre. Nel secondo ordine della chiesa con tetto a capanna, nel campo centrale intonacato vi è un tondo con bassorilievo. Il braccio sinistro del transetto è in pietra a vista, quello destro è intonacato. Il campanile, a sezione quadra, è posto sul fianco destro della zona absidale e presenta copertura a cipolla. La devozione popolare è assai attiva, tanto da essere visitata da fedeli e turisti. Nei suoi pressi tra i diversi monumenti vi è il cippo che ricorda il partigiano Rino Ghion detto "Tricoli" che venne ferito a morte dai nazisti nei pressi del Santuario l'11 aprile del 1945. Costui originario di Loreggia in provincia di Padova, vi nacque nel 1923 e nel 1942 fu chiamato al servizio militare e assegnato alla "Divisione Alpina Monte Rosa".
Dopo l'8 settembre 1943 entrò nei partigiani dopo aver conosciuto il Comandante "Marco" a Dernice militò nella Divisione garibaldina "Pinan Cichero". Il 10 aprile 1945. "Tricoli" con "Ottimo" ossia Emilio Gambari e un terzo partigiano vengono mandati a Cassano Spinola per una azione di sabotaggio alla linea ferroviaria Genova/Milano senza riuscire nell'intento. Il mattino successivo mentre rientrano verso Sorli vengono scoperti da una pattuglia della Divisione "Turkestan", la famigerata "162ª Divisione" di Fanteria dell'esercito tedesco, composta prevalentemente da soldati di origine caucasica e turkmena, reclutati tra i prigionieri di guerra e i disertori, che localmente erano chiamati "mongoli". I tre vengono fatti segno di una violenta scarica di fucileria. "Ottimo" se pur ferito riesce a scappare, si salva pure il terzo partigiano, mentre "Tricoli" rimane ferito gravemente e i mongoli lo finiscono con delle pietre fracassandogli la testa. "Tricoli" venne sepolto inizialmente al cimitero di Rocchetta Ligure, poi la madre, Ghion Maria, venne a riprendersi il corpo del figlio per portarlo in Veneto.
Lascio Ca' del Bello per raggiungere il mio ultimo obiettivo che è una cappelletta posta in aperta campagna. Mentre raggiungo ragione San Colombano mi sovviene di un noto avvocato di borghettese, natovi nel 1881 che fu un importante autore dialettale. Angelo Arrighetti fondò nel 1920 una compagnia dialettale, compose inoltre molte opere che riscossero un buon successo, soprattutto commedie che furono rappresentate tra gli anni Venti e Trenta del secolo scorso. Raggiungo la Cappella di San Colombano nell'omonima Regione. Questa cappelletta è immersa nel verde, raggiungibile attraverso una strada sterrata ed è stata recentemente restaurata. È collocata ove probabilmente sorgeva un'antica chiesa come ricorda uno scritto del 1531. La cappelletta oggi è dedicata alla Beata Vergine e ai Santi Margherita e Colombano. L'interno è completamente affrescato e le sue fattezze sono di un edificio con tetto a capanna, realizzato interamente in pietra.
Il ritrovamento di reperti di epoca romana testimonia la presenza di una villa rustica databile tra il I a.C. e il VI d.C. ciò evidenzia come la zona fosse già abitata nel periodo tardo romano, confermato poi dal ritrovamento di due tombe del periodo medioevale ed altri reperti. Il toponimo della strada, di via Chiesa Vecchia, potrebbe essere indicativo cosa vi fosse in questa zona, più probabilmente un centro monastico già tardo-medioevale più che una singola chiesa sorta su un antico edificio romano. Il mio girovagare si conclude e torno verso casa felice di aver scoperto un altro pezzo di questo meraviglioso territorio.