Blog di Dante Paolo Ferraris

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Ascoli Piceno : città di travertino (II parte)

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Ascoli PicenoLa seconda giornata, dopo aver partecipato alla prima giornata del meeting, torno a scoprire la città Ascoli-Piceno che si dimostra, man mano che ci gironzolo sempre una bellissima scoperta. Dopo aver percorso la rua che si apre davanti al B&B dove alloggio mi ritrovo davanti all'eclettico palazzo della Casa di Risparmio, oggi proprietà di un'altra banca. Questo palazzo, sito in via mazzini, fu costruito nel 1914 ove esisteva il convento delle benedettine di sant'Onofrio.
L'edificio è in stile neo-rinascimentale e il suo ingresso è "protetto" da due grandi sculture di elefanti che fungono da basamento a due quadrate colonne che pare sorreggere il balcone posto sopra la porta d'accesso. Ovviamente tutto l'edificio è in travertino e dell'antico convento rimangono tre trifore gotiche poste sul retro dell'edificio. In corso Mazzini che percorro per un lungo tratto fu il decumano principale dell'Ascoli romana.
Percorro via Bonaccorsi, attraverso piazza della viola per raggiungere piazza Arringo detta anche piazza dell'Arengo, è la piazza monumentale più antica e di maggiori dimensioni della città di Ascoli Piceno. La piazza ha forma rettangolare e vi si prospettano alcuni dei più importanti edifici cittadini: il palazzo dell'Arengo o palatium Aringhi; il duomo di Sant'Emidio; il battistero di San Giovanni, il palazzo vescovile, il museo diocesano e palazzo Panichi, sede del Museo Archeologico.
La denominazione della piazza trovò origine nel periodo medievale quando Ascoli divenne libero comune ed utilizzò questa piazza quale sede per le assemblee popolari dei parlamenti definiti arringhi, arenghi o arringhe. In epoca medioevale al centro della piazza, avevo letto, vi era una gigantesca pianta di olmo di cui si rinnovava la piantumazione ogni volta che l'albero moriva. Sotto la sua chioma si riunivano tutti coloro che amministravano la giustizia e discutevano della res publica.
Nel 1882 in piazza fu collocato il monumento a Vittorio Emanuele II, collocata in asse con l'ingresso del palazzo comunale e tra le due fontane. Dopo la seconda guerra mondiale la statua del re fu rimossa e collocata nel 1961 presso i giardini pubblici di corso Vittorio Emanuele. La forma della piazza ricalca presumibilmente quella del Foro romano, che era inquadrato da edifici civili e religiosi. Le due ottocentesche fontane, realizzate contestualmente alla statua di Vittorio Emanuele II, sono costituite da vasche ellittiche di travertino con una colonna centrale sormontata da un catino. La vasca è decorata con sculture in bronzo, raffiguranti dei cavalli con la coda da tritone.
Belli anche i bassorilievi bronzei raffiguranti dei putti, collocati lungo il fusto della colonna. La cattedrale di Ascoli Piceno, ufficialmente intitolata a Santa Maria Madre di Dio e sant'Emidio, è stata elevata nel maggio 1857 da papa Pio IX alla dignità di basilica minore. L'attuale edificio è il risultato di molti adattamenti e sovrapposizioni avvenuti tra il IV ed il XVI secolo. Alcuni resti rinvenuti dimostrano che il primo tempio fu costruito su un preesistente edificio di epoca romana, forse un tempio pagano dedicato forse alle Muse o a Ercole oppure altri studiosi affermano a Giunone.
La trasformazione più importante, secondo me fu probabilmente quando assunse l'assetto romanico, con la realizzazione della facciata, e la costruzione della cripta per accogliere le reliquie di sant'Emidio, santo martire,e primo vescovo della città. La facciata che posso ammirare ancora oggi, fu costruita dal 1529 al 1539 su progetto di Cola dell'Amatrice. Questa facciata del duomo è di forma rettangolare è costruita in blocchi di travertino, scandita in tre parti da quattro colonne corinzie. Nella porzione del prospetto al di sopra delle 4 colonne corrono orizzontalmente architrave, fregio e l'importante cornicione sorretto da mensole.
Al centro della facciata si apre il portale d'ingresso alla cattedrale inquadrato dalle colonne sezionate verticalmente, con basi, capitelli e cornici di gusto ionico. Ai lati del portale, nei due intercolumni minori, concludono la facciata due grandi nicchie che ospitano due sedili in travertino. Allo spazio superiore del prospetto fu aggiunta nell'anno1592 la balaustra terminale composta da colonnine. Agli estremi della facciata si innalzano due torri a base quadrata, risalenti alla seconda metà dell'XI secolo. Una è adorna di una cuspide in laterizi e da una balaustra, mentre l'altra è di poco più alta della facciata della chiesa.
Il fianco sinistro del duomo, prospiciente il battistero è ornato da lesene scanalate e nei loro interspazi sono sistemate belle bifore gotiche ornate di colonnine tortili e di trafori finissimi, su una delle quali è visibile lo scudo con stemma. Sempre su questo lato si apre un ingresso laterale alla cattedrale in stile rinascimentale, con due lesene che sorreggono un timpano semicircolare. Questa porta è chiamata Porta della Musa e il suo nome deriva dall'epigrafe murata nella parete esterna del transetto.
Una curiosità è che questo imponente portale fu originariamente il portale principale, che fu smontato e ricollocato in questa posizione, successivamente alla realizzazione dell'attuale portale principale. Alla porta si accede tramite una scala ornata da una balaustra in travertino. Accedo all'interno e rimango impressionato dalla bellezza del locale. Conserva tante belle opere d'arte sacra, non potrò soffermarmi su tutte ma cercherò quelle che più colpiscono la mia immaginazione. L'ampia aula interna del duomo, è suddivisa in tre navate da sei pilastri ottagonali sormontati da capitelli rinascimentali ed è in stile romanico-gotico.
Tra le opere che mi soffermo a osservare sono il Braccio - reliquiario di Sant'Emidio, opera in argento dorato e smalti colorati del XV secolo. Un anello è infilato nell'anulare della mano del reliquario ed ha un rubino centrale e dodici diamanti, fu donato nel 1790 dal vescovo che lo aveva ricevuto dall'Imperatore Giuseppe II, durante un viaggio apostolico in Austria al seguito di Pio VI, di cui era confessore. Interessanti anche due cassette di legno risalenti all'XI secolo, probabile epoca della traslazione del corpo di Sant'Emidio nella cripta, che fino alla ricognizione del corpo nel 1959 li contennero.
Diversi i monumenti funerari, sia di vescovi che di canonici, particolare è il monumento funebre cinquecentesco di Gaspare Sgariglia, con la figura del condottiero giacente in armatura al di sopra del sarcofago. Altri monumenti sono quelli in onore del principe romano Silla Orsini, morto nel 1592 e molti altri. Bello il seicentesco pulpito in noce. L'altare maggiore è sormontato dal ciborio ligneo è ornato da quattro bassorilievi degli Evangelisti. La cattedrale conserva un prezioso Polittico realizzato nel 1473 da Carlo Crivelli collocato nella cappella del SS Sacramento; ma anche un paliotto d'argento del XV secolo e un tabernacolo realizzato su disegno di Giorgio Vasari.
Nella Cappella del Sacramento il Polittico è strutturato su tre ordini con la predella, che raffigura nella tavoletta centrale il Cristo benedicente, affiancata da Pietro, Paolo ed altri Apostoli, in pose dinamiche; l'ordine mediano, che presenta i Santi Pietro, Giovanni Battista, la Madonna col Bambino, Emidio e Paolo; l'ordine superiore i Santi Caterina d'Alessandria, Girolamo, Giorgio ed Orsola. Invece il paliotto in argento che riveste l'altare è di pregevole manifattura e fu realizzato tra il XIV e il XV secolo ed è composto da un totale di 27 formelle quadrate.
Queste formelle raffigurano scene del Nuovo Testamento, ma soprattutto quelle della Passione di Cristo. A lato del paliotto vi è un tabernacolo ligneo policromo, realizzato nella seconda metà del XVI secolo su disegno di Giorgio Vasari. Il tabernacolo ha una forma architettonica incredibile, costituito da un ordine inferiore di forma poligonale con nicchie sormontate da conchiglie e colonne scanalate che presentano al centro uno sportello con l'immagine del Cristo risorto. La parte superiore vede un alto tamburo, che presenta le figure di personaggi dell'Antico Testamento dipinte a monocromo, sormontato da una cupola a scaglie.
Il presbiterio risulta innalzato rispetto al piano della chiesa a seguito della costruzione della cripta avvenuta nell'XI secolo. L'altare risale al secolo XIII ed è costituito da plutei marmorei lavorati ad intarsio. Alla cripta vi accedo attraverso delle scale e si sviluppa nell'area sotto il presbiterio, corrispondente allo spazio occupato dalla Basilica del Foro. Fu edificata, secondo la tesi più accreditata, verso la metà dell'XI secolo. Questa chiesa sotterranea è strutturata in sette navate suddivise da 64 colonne in travertino, elementi di reimpiego dell'antico periodo sia romano altomedievali.
Al centro è posta la tomba di Sant'Emidio, realizzata con un sarcofago pagano del III secolo, originariamente destinato ad un milite. Al di sopra di essa è il bellissimo gruppo marmoreo settecentesco raffigurante Sant'Emidio che battezza Polisia di Lazzaro Giosafatti. Lungo le pareti della cripta sono collocate lapidi funebri dedicate a vescovi, prelati, storici ed esponenti della nobiltà cittadina, ivi trasportate dopo lavori ottocenteschi di restauro e ripristino della chiesa superiore. Ma vi sono anche decorazione risalente al periodo medioevale con un vasto ciclo pittorico, risalente ai sec. XIII e XIV.
Uscito dalla Cripta e dalla cattedrale mi reco verso il vicino Battistero, costruito tra il V-VI secolo. Il battistero di San Giovanni è collocato al lato sinistro del prospetto principale della cattedrale ed è un monumento semplice ed austero nelle forme delle architettura romanica. Benché la sua costruzione sia di difficile datazione, si ipotizza che la parte interna dell'edificio sia stata un tempio pagano del foro. L'utilizzo del tempio come battistero avveniva a partire dal V - VI secolo.
Questo edificio è completamente realizzata da blocchi squadrati di travertino e si sviluppa da una base quadrata sormontata da un tiburio ottagonale, aperto da 4 monofore, sovrastato da una cupola circolare arricchita da una lanterna cuspidata alla sommità. Il battistero è chiuso ma ho appreso che l'aula interna ha una pianta ottagonale irregolare, con nicchie, al centro della pavimentazione vi è la vasca circolare o piscina, datata tra il V o VI secolo ed usata, secondo il rito cristiano, per il battesimo ad immersione. E' inoltre presente una fonte battesimale, del XIV secolo o XV secolo, posto su di una colonna tortile.
Poco dietro al battistero in via dei Bonaparte vi è palazzo Bonaparte con la sua facciata che si distingue per l'unicità dei decori e degli altorilievi scolpiti sulla sua facciata, che la rendono unica arricchendola in elegante bellezza. Uno dei migliori esempi d'architettura rinascimentale dei palazzi gentilizi ascolani. Il palazzo e la strada prende il nome dall'antica e titolata famiglia Bonaparte, fra le più nobili, che ne fu proprietaria e di cui si hanno innumerevoli notizie nella storia cittadina tra il XIII e il XIV secolo. La costruzione dell'edificio realizzata su due ordini con conci squadrati di travertino.
La facciata principale è riccamente decorata da pietre intagliate che adornano porte e finestre. Infatti vi è un carosello di grifi, sirene, cavalli marini e delfini che si rincorrono e si intrecciano formanti eleganti fiori e foglie. Il portale maggiore ha la lunetta sovrapposta sorretta da due angeli mentre sui piedritti fanno bella mostra di sé elmi,spade, corazze, balestre, tamburi e altri simboli militari. Tornato sulla piazza passo davanti a Palazzo Panichi, sede del Museo Archeologico con facciata sette/ottocentesca. E' comunque un edificio che presenta forme cinquecentesche.
Di fronte vi è il complesso vescovile composto da Palazzo Caffarelli, l'Episcopio e Palazzo Roverella. Attraverso il passetto che passa sotto il palazzo vescovile ove vi è l'ingresso della Pinacoteca che conserva anche preziose opere di oreficeria. Dopo il passetto si apre il bel giardino vescovile e una piccola piazzetta intitolata a sant'Emidio. Tornato sulla piazza del Arringo mi reco davanti palazzo dell'Arengo che presenta la facciata lunga 65 metri realizzata in epoca barocca e caratterizzata dal portico centrale a cinque arcate. Questo Palazzo ospita una delle sedi principali del Comune e la Pinacoteca Civica.
Il primo nucleo del Palazzo venne costruito alla fine del XII secolo, con la nascita del Libero Comune (1183). Venne inizialmente ingrandito tra il XIII secolo ed il XIV secolo ed ancora nel Sei-Settecento. Nel Quattrocento, il palazzo divenne la sede del Governatore Pontificio fino al 1564. La facciata è realizzata in blocchi squadrati di travertino. Nella parte centrale presenta un portico a cinque arcate. Sopra la fascia marcapiano, al primo piano si aprono le finestre del con frontespizi su cariatidi. Mentre le finestre del secondo piano presentano telamoni reggenti, grossi cartocci e volute.
All'interno di questo palazzo, oggi, oltre diversi uffici comunali, ospiti quello del Sindaco. Il giardino di Palazzo Arengo è uno scrigno di tesori, sia botanici che per una serie di busti bronzei e frammenti lapidei romani. I 18 busti raffigurano personaggi illustri come Poeti, musicisti, letterati, militari, scultori, banchieri ecc. legati ad Ascoli Piceno. Tra questi Antonio Orsini, nato ad Ascoli Piceno nel 1788 fu botanico, chimico, zoologo, cristallografo e pirotecnico; diventato famoso per il suo celebre erbario. Fu tra i fondatori del Teatro dei Filarmonici e nel 1861 venne nominato Senatore del Regno d'Italia.
Un altro raffigurato in un busto marmoreo è Giuseppe Sgariglia, nativo di Ascoli Piceno fu musicista, studioso di lettere e musica, prese parte alle lotte per l'unità nazionale arruolandosi volontario nella guerra contro l'Austria nel 1848.
A fine guerra divenne un valente violinista professionista che suonò con le importanti orchestre nei maggiori teatri in Italia e nel mondo. Ma anche John Pierpont Morgan, importante banchiere statunitense nella banca paterna, la JP Morgan Chase & Co. Costui, collezionista di opere d'arte riconsegnò al governo italiano, nel 1907, un sontuoso piviale appartenuto a Niccolò IV che nel 1902 fu trafugato un dalla cattedrale ascolana, per poi ricomparire due anni più tardi in una mostra al South Kensington Museum di Londra, prestato dal miliardario americano che l'aveva acquistato a Parigi.
Tornato sulla piazza all'angolo tra via XX settembre e via Tornasacco, collocato all'estremità occidentale di piazza Arringo,con la sua imponente e squadrata mole a forma di compatto parallelepipedo vi è Palazzo Tibaldeschi. Con la sua classica muratura, fatta di conci di travertino, benché privo di particolari decorazioni è un bell'esempio di architettura ascolana. L'ingresso è sovrastato da una trabeazione con un fregio di triglifi, metope e fiori scolpiti a coronamento. Interessante è la lastra scolpita posto a destra del portale sono presenti tre stemmi: quello di Ascoli, quello dei Tibaldeschi e al centro forse il blasone di papa Gregorio IX insieme alle chiavi dello Stato Pontificio.
Al piano terra, i diversi vani ora utilizzati da esercizi commerciali tra cui vi è la pubblicità della famosa Olive all'ascolana. La città di Ascoli Piceno è divenuta conosciutissima al mondo proprio grazie alle sue olive ripiene e fritte, "ascolane". Gli ascolani hanno con queste olive una tale identificazione tanto da chiamarle semplicemente "fritte". La storiografia locale fa risalire la ricetta al XIX secolo, quando un cuoco al servizio delle famiglie nobile della città per riciclare la carne di un arrosto lo riempie nelle olive.
Fu subito un successo diventando una moda, diventando un piatto di recupero in cui finiscono carni diverse e spezie. Percorro un tratto di via XX settembre fino a raggiungere piazza Roma. Al centro della piazza troneggia il Monumento ai Caduti di tutte le guerre e ricordo che alla città fu conferita la medaglia d'oro al valor militare da parte del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi nel 2002. Il monumento ha una bella statua di bronzo "La Vittoria", raffigurante la Dea Minerva, posta su un basamento in laterizio e marmo.
Venne eretto per iniziativa del Conte Roberto Fiocca Novi con il concorso della Comunità Italiana di New York. Il Monumento ai Caduti di tutte le guerre fu eretto nel 1927, con statua in bronzo dello scultore Gaetano Orsolini (1884-1954). Piazza Roma era anticamente denominata piazza della Quartarola, poi Montanara; il suo aspetto attuale si deve alle sistemazioni urbane del periodo del governo fascista. La statua è collocata al centro di bei giardini.
Su un lato della piazza si affaccia la chiesa di Santa Maria della Carità. Questa chiesa è comunemente chiamata dai cittadini ascolani "chiesa della Scopa" dal nome della Confraternita dei Disciplinati, i cui aderenti, durante le processioni, si procuravano punizioni corporali con fruste a forma di scopa. In realtà la chiesa è dedicata a San Marco Evangelista e la denominazione "della carità" deriva dall'antico ospedale che era annesso all'edificio religioso.
La facciata è tripartita da quattro eleganti lesene corinzie con capitelli lavorati a foglie e solidi piedistalli. La costruzione della chiesa è iniziata nel 1532 su progetto di Cola dell'Amatrice. Si accede attraverso tre porte, Il portale centrale, presenta un timpano triangolare ed il portone è incorniciato da eleganti sculture ad altorilievo. Al di sopra della porta vi è lo stemma del Capitolo di San Pietro in Vaticano. Ai lati della porta centrale vi sono le altre due porte più piccole sormontare anch'esse da due timpani semicircolari spezzati.
Sopra ad uno spesso marcapiano vi è centralmente un ampia finestra quadrangolare a cui è sovrapposto un frontone triangolare, mentre ai lati due sono poste due piccoli obelischi. L'interno della chiesa a navata unica presenta una imponente ricchezza decorativa impostata tra il classicismo tardo rinascimentale e il Barocco. Le cappelle laterali sono poco profonde con volta a vela, ornata di eleganti decorazioni seicentesche, concluse nella parte superiore a conchiglia. Un grande arco trionfale seicentesco introduce all'area presbiteriale, quest'ultima è decorata con stucchi bianchi e dorati.
Tornato sulla piazza, osservo i palazzi che la circondano come Palazzo Gabrielli, Pallotta, Trenta e Palazzo dell'Enal con il suo bel portale. Attraversato via Panichi, raggiungo piazza del popolo. Su questa bella piazza, interamente lastricata si affacciano antichi palazzi porticati, oltre al palazzo capitani del popolo, lo storico caffè Meletti e la chiesa di San Francesco e la loggia dei Mercanti. La rinascimentale piazza può definirsi il salotto cittadino, dove da sempre gli ascolani s'incontrano per chiacchierare e passeggiare ed è in questo luogo che è ambientato lo scenario di eventi legati al Carnevale e alla giostra della Quintana.
Un tempo questa piazza era nominata come  platea superior,  platea magna certamente era sede di qualche importante edificio pubblico romano come l'area mercatale. La cinquecentesca piazza fu anche scenografia per diversi film, fiction Rai e molte competizioni canore come il festivalbar, oltre a pubblicità anche televisive. Il Palazzo dei Capitani del Popolo è uno degli edifici storici più noti di Ascoli Piceno con la sua alta torre medioevale merlata.
Il palazzo è l'accorpamento di almeno due edifici risalenti al XII secolo con la realizzazione di un'unica nuova facciata. Centralmente in facciata si apre l'imponente portale, sormontato dal monumento dedicato a papa Paolo III. Ai fianchi dell'ingresso vi sono due bassi arconi sormontati da due loggette con bifore risalenti al XV secolo. All'interno del palazzo vi sono: la Sala della Ragione, la Sala dei Savi, la Sala degli Stemmi, due gallerie espositive ed un cortile porticato.
Trovo affascinante il porticato che si sviluppa su tre piani all'interno del piccolo cortile interno, tutto realizzato in travertino. La sala della Ragione è assai grande fu la sede del Consiglio dei Cento, ove ancora oggi si riunisce il Consiglio Comunale della città e conserva un affresco del XV secolo attribuito a Pietro Alemanno. Fantastico il controsoffitto con i dodici pannelli dipinti su legno nei secoli  XVIII e XIX. Al terzo piano c'è la Sala degli Stemmi che prende il nome dalla fascia affrescata che corre lungo le quattro pareti.
I dipinti riproducono emblemi e stemmi gentilizi, corredati dei nomi e dall'indicazione degli anni di servizio di molti Governatori pontifici dell'Ottocento. Dalla fine del XIII secolo, il palazzo fu la sede del Capitano del popolo, figura istituzionale delle amministrazioni locali di epoca medioevale, che rivestiva la carica di capo delle milizie ed esercitava il potere legislativo. In seguito, ospitò anche i Podestà che avevano i poteri esecutivi, giudiziari e di polizia. Quando Ascoli divenne un libero comune fu sede delle più alte istituzioni e assemblee comunali.
Il palazzo fu scenario anche di eventi tragici quando nel Natale del 1535 alcuni rivoltosi appartenenti alle nobili famiglie ascolane, Guiderocchi, Malaspina e Parisani, si asserragliarono all'interno del fabbricato. L'allora commissario pontificio fece appiccare il fuoco all'edificio, per porre fine alla rivolta. Il palazzo bruciò per due lunghe giornate. Tornato sulla piazza mi trovo di fronte allo storico Caffè Meletti la cui apertura risale al 1907 e fin da allora è noto per la sua raffinata ricercatezza.
Il locale è da sempre considerato il ritrovo di personaggi illustri e di cultura nonché punto d'incontro per la vita mondana ascolana. L'edificio in stile neoclassico è di colore rosa antico in facciata esterna ed è ben armonizzato con palazzi storici presenti in piazza. L'edificio fu però edificato tra il 1881 e il 1884 per ospitare il Palazzo delle Poste ove nei secoli precedenti vi era il palazzo del Picchetto della Dogana. Iniziò ad essere Caffè alla fine del 1903, quando Silvio Meletti, industriale produttore di liquori e fondatore dell'omonima azienda, acquistò la palazzina a un'asta pubblica.
Divenuto proprietario trasformò l'edificio e commissionò la decorazione delle sale al pittore Pio Nardini, i molto attivo ad Ascoli in quegli anni. Il locale fu inaugurato la sera del 18 maggio 1907. Oggi il locale è stato dichiarato d'interesse storico e artistico dal Ministro dei Beni Culturali. Il Caffè ha annoverato fra i suoi illustri clienti anche Ernest Hemingway, Mario Del Monaco, Renato Guttuso, Beniamino Gigli,Simone de Beauvoir, Pietro Mascagni, Jean Paul Sartre e Mario Soldati, ecc.
Il prospetto frontale, è arricchito da un antistante portico con arcate e soffitto affrescato da pittore e decoratore ascolano Giovanni Picca, con motivi pittorici, legati all'originaria funzione postale dell'edificio. Al primo piano rialzato si aprono cinque finestre sormontate da arcate che propongono gli stessi fregi rinascimentali degli altri edifici di piazza del Popolo. All'ultimo piano vi è un ampia balconata.
Accedo al caffè e trovo un ambiente con belle decorazioni di gusto Liberty. Vi sono gli originali arredi lignei lavorati e intagliati con i grandi specchi a parete, divani e sedie sono rivestiti di velluto. Belli anche i piccoli tavoli rotondi con piano di marmo di Carrara e pesante piede in ghisa ma anche i lampadari in ottone e vetro di Murano. La scala a chiocciola che conduce al piano superiore ha preziosi intagli nel legno.
Mi accomodo ed ordino un caffè ed una pasta con la crema all'anisetta, vera specialità della casa. La particolarità dello storico locale ascolano è l'assaggio "dell'anisetta con la mosca" ossia del liquore cui si aggiunge dentro il bicchiere un chicco di caffè. L'anisetta è un liquore a base di anice verde lavorato secondo la ricetta di casa Meletti.
E se Trilussa scrisse: «Quante favole e sonetti m'ha ispirato la Meletti» proprio in rifermento all'anisetta, il locale fu scenografia del film "I delfini" del 1960 di Francesco Maselli con Tomas Milian e Claudia Cardinale e del film del 1972"Alfredo Alfredo" diretto da Pietro Germi con Stefania Sandrelli e Dustin Hoffman.



Fine II parte.