Faccino sereno, lineamenti rugosi che esprimono tenerezza, sguardo alto ma benevolo, assolutamente poche parole, sempre in seconda fila è l'identikit del nuovo Richelieau italiano.
Il mondo mediatico di cui lui è profondo conoscitore non fa che dirci che esistiamo solo se siamo visibili, ma intanto i veri potenti non li conosce nessuno, paradossale.
I burattinai mandano i pupazzi in TV a rimestarsi al posto loro e intanto il palcoscenico, che sia per recitare un melodramma o fare del varietà é lo stesso, anzi il secondo da possibilità a molte ex veline e tronisti di continuare la carriera da soubrette e cubisti; intanto questa politica è da talk show.
I burattinai non si mostrano mai se non a spettacolo finito, per prendere gli applausi se il teatrino ha avuto successo, e certamente non si mostrano se temono che invece di fiori possano essere lanciate uova e pomodori marci.
Un po' più sotto a questi personaggi invisibili, ma il cui solo nome fa tremare tutti, tanto da porli in posizione di quasi venerazione, troviamo i "Mezzi Uomini": quelli che vanno in TV, che cercano la prima fila in tutte le occasioni pubbliche, che hanno bisogno che il loro nome compaia nei comunicati stampa, quelli che la loro foto vorrebbero che fosse affissa sulle pareti di tutte le scuole ed edifici pubblici tra il Presidente della Repubblica e Nostro Signore crocifisso ma che devono accontentarsi della pagina su facebook, sempre alla ricerca di tanti fans e fedelissimi.
Intorno ai "Mezzi uomini" trovi sostanzialmente tanti "Quaquaraquà", pronti ad azzannare il più caro amico per godere delle briciole lasciategli dal loro padrone di turno, personaggi dall'applauso facile, pronti a lanciarsi nella mischia e a difendere l'indifendibile alla ricerca di un prestigio personale che diversamente con onestà e lavoro non avrebbero trovato. Nullità che salgono su uno sgabello traballante e che da lì idolatrano il proprio Principe (Mezzi Uomini).
E poi ci siamo noi, suddivisi tra galleria, platea e loggione. I primi, quelli che non contano proprio niente e che si agitano per strappare un sorriso dai "Mezzi uomini", nella speranza di poter entrare nella schiera dei "Quaquaraquà" ed affrontare così la scalata al potere, pronti a vendere la madre ad un cenno della testa del "Mezzo uomo" di turno che dalle pagine di facebook, attuale e moderno teatrino, gli racconta la favola che vogliono sentirsi dire, illusi tra gli illusi e paganti un biglietto doppio degli altri per partecipare ad uno spettacolo senza conoscerne la trama. In platea i disillusi, quelli che vogliono vedere come finisce la tragicommedia, assistere alle scenette dei novelli commedianti che dal palco fanno promesse, infuocano le sale di risate lanciando insulti ed epiteti ai molti che per tutta risposta lo applaudono pur di non perdere la "prestigiosa" poltroncina del piccolo potentato.
E poi c'è il loggione dei critici, di coloro che sono pronti a fischiare l'attore e la soubrette che canta fuori dal coro e lo stesso burattinaio, se mai dovesse comparire sul palcoscenico. Sono sempre pochi e per evitare di sentirsi lazzi e fischi i novelli Richelieu, con la compiacenza dei "Mezzi uomini", fanno di tutto per non farti partecipare al loro vergognoso teatrino e se per sbaglio sei potuto entrare o eri dentro e ti sei accorto che era tutta una farsa, bisogna farti uscire con l'aiuto dei "Quaquaraquà".
Ma ogni spettacolo ha un inizio ed un termine, ogni attore ha una vita propria e la carriera dei "Quaquaraquà" è indissolubilmente legata ai "Mezzi Uomini", tanto da tornare degli emeriti sconosciuti quando i tendoni scuri del teatro vanno a chiudersi. Rimarranno solo noti alla giustizia terrena perché quella divina negli inferi li avrà già scagliati. E il Richelieau di turno, volto nascosto del potere, godrà delle loro nefandezze fintanto che i quattro moschettieri non riusciranno a smascherarlo dimostrando al Re (nel nostro caso il popolo sovrano) il suo tradimento e le sue falsità, avendo così termine una altra saga di un nepotismo tutto italiano.