Blog di Dante Paolo Ferraris

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Il mio Piemonte: Villanova d'Asti

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Villanova d'Asti.Mi piace camminare, mi piace moltissimo, anche se ultimamente ho difficoltà a farlo. Oggi, mi metterò alla prova girovagando per un borgo astigiano. Voglio scoprire sempre nuovi dettagli e particolari ed in questo caso di Villanova d'Asti. Arrivo facilmente a Villanova d'Asti in Autostrada e prima di cominciare il mio vagolare faccio un breve ripasso di storia locale.
Fin dall'epoca romana il territorio era abitato, ad oggi è attestata la presenza di agglomerati di case in frazione Brassicarda, le quali probabilmente dovevano trattarsi di veterani ai quali venivano assegnati appezzamenti di terreno da coltivare. Infatti da questa zona passava la via Fulvia, che collegava Tortona a Torino. Ma la fondazione certa è dell'anno 1248, come risulta da documenti dell'archivio astigiano. Le prime testimonianze storiche che riconducono alle origini di Villanova d'Asti risalgono ai tempi di Ottone III della Casa di Sassonia, il quale donò nel 1001 al monastero di San Felice di Pavia un villaggio dal nome di Curtis vetula poi Corveglia, si trattavano di ruderi longobardi detti "corte vecchia" da qui il toponimo.
Le monache fecero costruire un monastero attorno a cui si sviluppò un abitato denominato Villanova e in seguito Villanova della Piana. Nel 1215, Villanova e il nucleo di Corveglia furono vendute al Comune di Asti dalle Monache. Da allora l'abitato venne denominato Villanova d'Asti. Secondo la narrazione del poeta quattrocentesco Antonio Astesano, Asti procedette nel 1248 alla rifondazione del borgo, popolandolo con abitanti provenienti da villaggi vicini. Sempre nel XIII secolo a Corveglia si stabilirono i canonici agostiniani che, all'inizio del XIV secolo, arricchirono il monastero che però dovettero lasciare nel 1340 per i troppi debiti contratti.
Passato sotto il potere dei Visconti di Milano il territorio circostante di Villanova, fu teatro di aspri scontri tra francesi e spagnoli nel secolo XVII e nel 1690 Villanova rischiò il saccheggio da parte delle truppe del generale Nicolas de Catinat de La Fauconnerie, allorquando Casa Savoia rovesciò le alleanze entrando nella Lega di Augusta a fianco degli Imperiali. Venne fatto voto solenne alla Madonna dai villanovesi affinché i francesi, noti per la loro crudeltà e che stanziavano in Villanova la abbandonassero.
Ancora oggi per rispettare il voto il Sindaco, dopo la solenne messa dell'Immacolata Concezione nella chiesa di San Martino, per tradizione prende la parola e da lettura del Vangelo.
Dopo il fallimento dell'assedio di Torino voluto dal Re Sole nel 1706, Villanova godette finalmente di lunga tranquillità interrotta solo dall'occupazione napoleonica e dalle due guerre mondiali. La mia prima sosta appena arrivato a Villanova è alla chiesa intitolata a Sant'Isidoro che risale al primo decennio del Settecento. La facciata della chiesa è delimitata da delle paraste angolari, reggenti la trabeazione e il frontone con timpano curvilineo contenente la raffigurazione dipinta del santo titolare. La porta d'accesso è anticipata da un portico quadrangolare sorretto da quattro pilastri e con un coronamento ad attico decorato con lanterne laterali.
Il campanile è a pianta quadrata in muratura di mattoni intonacato con una lanterna sommitale, anch'essa decorata con modellazioni plastiche come tutto l'edificio. Tra l'altro Sant'Isidoro è il patrono di Villanova d'Asti. Prendo dapprima viale Torino e poi proseguo per via Roma, raggiunto piazza Marconi e svoltato per via Tommaso Villa raggiungo piazza Supponito dove parcheggio. Negli ultimi 100 metri ho visto tanti begli edifici che mi riprometto di visitare e ammirare meglio.
Comincio dalla grande chiesa che si erge in piazza che è intitolata a san Pietro in Supponito. Questo edificio è in stile neo romanico lombardo e quando nel Cinquecento la vecchia chiesa parrocchiale fu in parte distrutta a causa delle diverse guerre, la popolazione si spostò in questo nuovo edificio che venne indicato come San Pietro Nuovo o San Pietro in Supponito dal nome della borgata. La facciata di questa chiesa è del 1893 mentre il suo alto campanile è del 1860. Presenta un prospetto con tetto salienti e un portale con arco a tutto sesto poggiante su colonne e semicolonne. Al di sopra della porta maggiore è situato un ottocentesco mosaico.
Vi è inoltre una teoria di cinque fornici a tutto sesto poggianti su colonnine con capitello. Ai lati del portale sono poi presenti due finestre con arco a tutto sesto lavorato esternamente a tortiglione e poggiante su colonnine e semicolonnine con capitello. Ad ornare ulteriormente la facciata in mattoni a vista della chiesa vi sono poi alcune croci greche con inserti vitrei poste sopra le finestre laterali. Una cornice a sega, sempre in mattoni, corre lungo tutto il culmine dei tetto.
Il campanile presenta una base quadrata, mentre la parte superiore presenta una forma più rotondeggiante con la cella campanaria circondata da quattro semicolonne in mattone e culminanti con un cupolino. L'interno è a tre navate con volte a crociera poggianti su pilastri. Conserva due preziose tele seicentesche del "Moncalvo", al secolo Guglielmo Caccia,rappresentanti la SS. Trinità, l'altra S. Francesco d'Assisi e un affresco posta sopra l'altare ove è rappresentata Santa Rita,  San Biagio tra le Sante Maria Maddalena e Lucia. Le case che s'affacciano sulla casa sono assai antiche e decorose, come Palazzo Richetta, un bell'edificio di origine nobiliare che si presenta interamente intonacato. È ben conservata anche la torre comunale tardo medioevale che domina il centro storico.
Chiamata anche torre dell'orologio, da sempre simbolo del comune di Villanova. La torre è di origine tardo medioevale e fu edificata come emblema dell'autonomia del borgo. Questo bell'esempio di torrione fu completamente ricostruito nel 1501 e, di nuovo, nel Settecento, con le caratteristiche architettoniche attuali. Presenta su due lati, ove si apre un arco passante, degli orologi e vi si trova affrescato lo stemma comunale; nella faccia rivolta verso la chiesa dell'Annunziata vi è anche una meridiana. È il momento di guardare con più attenzione l'adiacente Chiesa della Confraternita della Santissima Annunziata o Confraternita dei Batù che è in stile neo rinascimentale. La facciata interamente intonaca è tripartita da coppie di lesene e presenta un bel portale con colonnine quadrate ed architrave sagomato.
Mi colpisce il suo frontone curvilineo sotto il quale si apre una grande finestra incorniciata a stucchi modanati. Il tutto posto sopra al portale d'accesso, un marcapiano aggettante divide i due ordini. L'interno è a navata unica ovale e presenta una grande cupola. In questa chiesa era già presente la Compagnia dei disciplinanti della SS. Annunziata nel 1579. Belle le pareti interne tutte affrescate con figure e ornati in stile barocco, mentre l'altare maggiore è anticipato da una balaustra in marmo policromo come l'altare. Nel coro campeggia l'icona della SS. Annunziata. Oltre all'altare maggiore, sono due altari laterali; quello degli Innocenti e quello di Sant'Anna.
Tornato in piazza Marconi mi soffermo a guardare le belle case che si affacciano e tra le quali una con finestre con cornici di formelle in cotto, oltre ad un ampio marcapiano sempre in formelle di cotto molto lavorate. Di questo edificio quattrocentesco, alcuni avventori del sottostante bar mi dicono sia stato l'antico palazzo comunale in epoca medioevale, nessun cartello lo attesta ma sicuramente era un palazzo nobiliare. Proseguendo per via Roma dove ci sono molte attività commerciali e dove capita di incrociare lo sguardo di qualche passante, perfetti sconosciuti, con i quali, dopo essersi guardati fugacemente negli occhi ci scambia un sorriso gratuito. Dopo, ciascuno prosegue per la sua strada, ciò è veramente piacevole e si comprende come talvolta il rapporto umano anche nei gesti è assai importante.
Mi ritrovo davanti al bel giardino del Castello de Robertis che fu inizialmente la sede di un convento francescano. Successivamente venne acquistato dalla famiglia Villa (metà del XIX secolo) e trasformato nelle forme attuali. Una lapide ricorda che in questo ex convento veniva celebrato dal 1690 il voto all'Immacolata per la liberazione dei francesi. Oggi la struttura è proprietà privata, presenta una bella facciata settecentesca con due lati di porticato, anticipato da un elegante giardino all'italiana. La sua facciata posteriore invece si presenta n stile neogotico, realizzata nella seconda metà dell'Ottocento. Di fronte all'ingresso al Castello de Robertis vi è l'antico Albergo del Muletto, un edificio settecentesco adibito ad hotel dal 1820, che ha ospitato personaggi illustri come la Regina Elena di Savoia. Sempre su questa strada vi è anche l'albergo Cannon d'oro aperto fin da epoca napoleonica.
Tornato indietro attraverso via Roma, mi soffermo a vedere il particolare edificio che ospita il palazzo municipale sito in IV Novembre. Si tratta di un grande edificio il cui accesso è anticipato da una lunga scalinata e che sembra nelle forme di una villa palladiana. Sotto un portico, sorretto da due grandi colonne ioniche vi è l'ingresso del Municipio e sulle mura diverse lapidi, tra cui quella che ricorda il ventenne partigiano Giovanni Fogliato, trucidato dai nazifascisti il 7 settembre 1944. Le colonne del portico sorreggono un grande frontone triangolare nel cui timpano è affrescato lo stemma comunale.
Proseguo per via san Martino, fino a ritrovarmi di fronte a questa bella chiesa di San Martino. L'attuale chiesa è la medesima che anticamente portava il nome di San Felice. L'attuale chiesa di San Martino, è di notevole dimensione e presenta una facciata veramente imponente. La costruzione risale a circa all'inizio del secolo XII, mentre le otto cappelle laterali furono costruite in tempi posteriori. La facciata è in muratura di mattoni intonacata suddivisa da lesene in cinque parti nel primo ordine. Infatti la parte centrale in corrispondenza delle tre navate è a due ordini. Il secondo ordine si presenta con tetto a salienti, tripartita da lesene reggenti la trabeazione ed il frontone con timpano triangolare nel campo centrale del secondo ordine mentre in corrispondenza dei salienti le paraste terminano con pinnacoli su alti piedistalli.
Nel secondo ordine vi sono lacerti di affreschi, tutti bisognosi di maggiori cure. Gli accessi sono tre, tanti anticipati da una scalinata. Presenta una porta lignee centrale a due battenti ed è sormontata da una mensola, mentre nel secondo ordine, sopra lo sporgente marcapiano vi è una finestra a lunetta con cornice strombata in corrispondenza. Gli accessi minori laterali sono sottolineati da edicole meno elaborate sormontate da finestre rettangolari con cornice sagomata. Il campanile è invece del 1824. L'architettura dell'interno della chiesa presenta tre navate è in stile romanico lombardo, con colonne a fasci, e volte a crociera. L'accesso al presbiterio è raggiungibile salendo due scalini rispetto all'aula liturgica; presenta una bella balaustra e un altare maggiore settecentesco, in bellissimi marmi policromi. L'interno della chiesa è arricchito da numerose opere d'arte.
Mi soffermo ad ammirare la bella statua dell'Immacolata Concezione, in stile barocco, nonché le tele del Moncalvo, rappresentanti il Natale e l'Immacolata, e quella della Madonna del Rosario. Ma anche la bella tela rappresentante la Vergine con gli Angeli e Santi, attribuita giustamente a Macrino d'Alba. Lasciata la chiesa, a pochi passi da essa è sita una caratteristica dimora in mattoni a vista, casa Baldissera, classico esempio di Settecento piemontese.
M'aggiro tra le strade di Villanova d'Asti prima di riprendere l'auto. Raggiungo così il Santuario della Madonna delle Grazie edificato a seguito di prodigiosi. Secondo la tradizione popolare, una giovinetta di nome Maria Bai, che portava al pascolo il bestiame nel luogo ove sorge il santuario, giunti sul posto, si prostrava sempre in preghiera. Le apparve la Madonna, che le espresse il desiderio che venisse eretta una cappella, nei pressi della fontana ove si fermava a pregare. Fu costruito in seguito una Cappelletta, che esiste ancora oggi. Da allora numerose persone accorsero a visitare il luogo per ottenere le sue grazie della Madonna. Le molte guarigioni e grazie ricevute, bevendo con fede l'acqua della fonte, rese il luogo sempre più frequentato.
Vista la frequentazione fu edificato su progetto dell'architetto Talucchi di Torino, un Santuario, da dedicato alla Beata Vergine che venne inaugurato e aperto al culto il 14 agosto 1870. L'edificio è in stile Neoclassico e si presenta compatto e con un prospetto verso l'alto con i suoi due campanili che si stringono intorno all'alta cupola, sulla cui sommità si eleva la statua dorata della Madonna. La chiesa al suo interno è piccola ma riccamente decorata con un bellissimo simulacro della Madonna col Bambino, sono presenti numerosi ex voti.
Dopo aver sostato alla cappelletta che ospita il pilone dove avvenne l'apparizione della Madonna a Maria Bai, sita nel bel giardino del santuario, proseguo per la borgata Stazione. Questo gruppo di case prende il nome dalla stazione ferroviaria posta sulla linea Torino - Genova che dista circa 3 km dal centro principale. La stazione entro in servizio nel 1849, in concomitanza con l'apertura della tratta ferroviaria Trofarello-Asti. La zona di borgo Stazione fu praticamente disabitata fino all'avvento della ferrovia, tranne che per la presenza di alcune cascine. Questa frazione dalle più moderne costruzioni ha una moderna Chiesa intitolata a Maria Ausiliatrice. Questa chiesa venne costruita nel 1968 su disegno dell'architetto don Alessandro Quaglia. In zona è documentata anche la cappella campestre intitolata alla Madonna delle Campagne "Santa Maria di Bonenovelle" ora scomparsa.
Sempre in auto mi avvio su strade minori fino a raggiungere la prima di una serie di borgate campestri. La prima è la borgata Bianchi circondata da verdeggianti campi. La piccola borgata è composta da cascinali e belle villette, lungo la strada si erge la chiesa di San Sebastiano. La chiesa è risalente al 1785, e presenta una facciata intonacata delimitata da paraste angolari con alti piedistalli e reggenti la trabeazione, il frontone risulta arcuato. Sopra la porta lignea vi è una finestra strombata e il suo interno è a navata unica. Il campanile fu edificata nel 1956. Sempre in auto raggiungo a poca distanza la borgata Gianassi; si tratta di un cascinali e case residenziali sparse tra i campi di grano e di verdi prati stabili.
Lungo la strada s'affaccia, quasi priva di sagrato la chiesa del Santo Nome di Maria, mentre in precedenza e fino al 1985 era dedicata a San Sebastiano. La sua facciata è a capanna delimitata da paraste angolari intonacate mentre la parte centrale è rivestita in pietra di Luserna. La porta lignea a due battenti ha soprastante una finestra rettangolare. Il campanile a pianta quadrata, è posto leggermente arretrato rispetto al prospetto principale. Questo è in muratura di mattoni in parte a vista e in parte intonacata e presenta sinuoso cupolino sommitale metallico con croce.
Il mio girovagare prosegue fino ad attraversare Borgo Terrazza, un gruppo di case e moderne villette, tutte realizzate in muratura e con giardini ben curati. Raggiungo così Brassicarda, anche questa è una borgata immersa nella campagna, dove la tranquillità e l'aria buona la fanno da padroni. Mi aggiro tra le case della borgata, i cani di guardia nei cortili e giardini osservano il mio passaggio e con un abbaio avvisano gli altri cani dell'arrivo di un foresto. Anche qui le abitazioni e le cascine sono ben conservate.
A Brassicarda vi è la chiesetta intitolata a Sant'Anna, un edificio costruito nel 1716 probabilmente sul sedime di una precedente cappella già citata nel Cinquecento. La sua facciata è assai semplice con tetto a capanna ed è interamente intonacata, presenta paraste angolari e trabeazione con soprastante frontone con timpano triangolare. Sopra la porta d'accesso vi è un timpano triangolare spezzato, Sormontato da finestra con grata metallica. Il piccolo campanile, a pianta quadrata in muratura di mattoni a vista, è quasi nascosto ed emerge dal profilo delle coperture quasi volesse nascondersi. Mi inoltro tra queste strette strade fino a raggiungere la borgata Savi, tra le più grandi finora visitate.
Mi fermo in piazza, vi sono poche auto parcheggiate nella piazza alberata. Sulla piazza si affacciano diverse antiche ma ben conservate case in laterizio ma anche la chiesa parrocchiale di San Marco costruita nella seconda metà del Settecento, costruita sul sito di una precedente chiesa. Un bel gattone tricolore mi si avvicina in cerca di carezze, che gli dispenso volentieri e mi ricambia con le fuse. Con la coda dritta mi accompagna fino davanti alla chiesa per poi abbandonarmi dopo avermi salutato con uno sguardo.
La facciata è in muratura di mattoni a vista, con un prospetto sinuoso suddiviso a due ordini e tripartita da paraste angolari e lesene centrali che sorreggono la trabeazione e del frontone curvo con timpano intonacato. Nel primo ordine vi è la porta accesso con un portale riccamente decorato a stucco e invece nel secondo ordine, in posizione centrale vi è una finestra ovale incorniciata. Il campanile, in muratura di mattoni a vista ha un cupolino piramidale con croce metallica. L'ingresso avviene centralmente dalla facciata, superando tre scalini. L'interno ad aula unica centrale con cappelle laterali con presbiterio absidato separato da una balaustra marmorea, emerge dalle volumetrie circostanti con alcuni piani di torre, di cui una con orologi, cella campanaria con cornicione su cui s'imposta il conclusiva.
Dopo aver visitato la chiesa, fatto un giro tra le strade del borgo, dove non ho fatto incontri, in auto, seguendo una strada sterrata che conduce in campagna raggiungo la piccola cappella dedicata a San Giuseppe, edificata nel 1868 al posto di un pilone votivo con le elemosine degli abitanti. La copertura è a falde con manto in coppi di laterizio. La cappella è realizzata in mattoni a vista con tetto a capanna con l'ingresso anticipato da un portico.
Il panorama sulla campagna è veramente bello, ma devo affrettarmi perché ho tante cose ancora da andare a vedere. Vorrei raggiungere la Cappella della Madonna del Casale posta in direzione Montafia e poi vorrei arrampicarmi lungo una strada sterrata tra boschi e campi. Purtroppo devo rinunciarci per paura di non poter vedere la Bisocca e il castello di Corveglia. La Cappella della Madonna del Casale sorge ove un primo edificio, databile al 1680 era intitolato a Maria Vergine del Carmine e a San Silvestro; l'odierna cappella risulta una ricostruzione del 1842.
Superato nuovamente Savi e la borgata stazione, attraverso una strada sterrata che costeggia un grande allevamento di mucche, che mentre sto percorrendo la strada a piedi mi seguono con lo sguardo, e poco dopo mi ritrovo ai piedi della Bisocca, un alta torre d'avvistamento. Ve ne sono due a Villanova d'Asti, una posta a nord e l'altra a sud del paese. Il nome delle Bisocche ha origine incerta, forse mutazione del piemontese medievale di ‘bicocca', in Piemonte, intesa come piccola rocca con torre d'avvistamento. Le loro origini, si devono a Francesco I, re di Francia e grande rivale di Carlo V, che fortificò Villanova erigendo le due torri e le alte mura di difesa dell'allora cittadella fra il 1520 e il 1548. Dopo aver ammirato l'alta torre che si erge in mezzo alla campagna, in auto mi dirigo verso il castello abbaziale di Corveglia, importante testimonianza di architettura medievale, che si trova lungo la strada statale in direzione di Carmagnola.
Parcheggiata l'auto mi soffermo ad osservare il complesso e ripasso brevemente la sua storia. Nel 1001, l'imperatore Ottone III donò alle monache benedettine di San Felice di Pavia, il territorio di Curtis Vetula ossia Corte Antica. Un possedimento terriero corrispondente circa all'attuale territorio di Villanova d'Asti. Le monache vi fondarono Villa "Nova", per distinguerla da Curtis "Vetula", forse vecchio insediamento romano ed vi eressero il monastero di San Felice.
Intorno alla metà del XII i signori di Ferrere, vassalli del Comune di Asti, riconoscendo una rendita alle monache vi fondarono un ospedale intitolato a San Giacomo, retto da canonici agostiniani in località Corveglia. Gli "hospitali" medievali non servivano alla cura degli infermi, bensì ad alloggiare, a prezzo di favore, i pellegrini cristiani. L'ospedale e l'Abbazia cominciarono ad ingrandirsi ed arricchirsi, anche grazie al marchese Manfredo di Romagnano che gli conferì diversi terreni. Corveglia si dotò così di una chiesa con campanile, ingrandì l'ospedale.
Nel 1215 le monache, cedettero Villanova al Comune di Asti ma ormai Corveglia, aveva ormai un territorio autonomo. Corveglia fu comunque coinvolta nelle dispute tra le famiglie guelfe e ghibellini di Asti e fu abbandonata poco prima del 1376 dai canonici. Il Papa mise in vendita terre e ospedale e dopo diversi contrasti tra le famiglie nobili e il prevosto fintanto che nel 1447, con una bolla papale di Nicolò V passo alla famiglia dei nobili Ricci. Con loro l'ospedale divenne castello, con il campanile adattato a dongione. La chiesa, non più officiata fu ridotta a fienile. I Ricci vendettero una piccola parte di Corveglia ai Benso di Chieri, futuri Benso di Santena e poi di Cavour. Successivamente Corveglia passò ai De Ponte ormai ridotta a cascinale.
Nel 1588, su istanza del vescovo di Asti Della Rovere, fu riaperta la chiesa, ma sotto forma di piccola cappella qual è tuttora. Finalmente dopo un lungo restauro l'ospedale è tornato architettonicamente alle origini. Il luogo è ricco di leggende che lo riguardano, la più celebre risale agli accadimenti che portarono la famiglia Ricci di San Paolo e Solbrito a occupare e trasformare in fortilizio il vecchio ospedale. La più nota vuole che verso la metà del XIV secolo, dopo d'un grave dissesto economico dell'ospedale, uno dei canonici tal Clemente Ferrari, lasciò la veste e, spalleggiato da alcuni confratelli occupò il feudo dandosi al brigantaggio. Costoro avrebbero sequestrato e ucciso Bernardino Ricci, signore di San Paolo e Solbrito, scatenando la reazione dei figli che, conquistata Corveglia, avrebbero decapitato Clemente e gli altri briganti.
La leggenda vuole che nelle notti di novilunio il terribile Clemente e i suoi briganti, tutti privi della testa, emergano dalle nebbie della campagna per marciare in processione verso il borgo. Ed è tradizione in quella notte segnare con una croce gli stipiti delle porte per tenere lontani questa combriccola di banditi. Inoltre si racconta che il povero Bernardino Ricci continui a cercare di scappare dai suoi assassini senza scampo e si racconta che una finestra del secondo piano si trovi sempre aperta dove il malcapitato conte cerchi salvezza e libertà. Quella finestra è oggi detta "La Bernardina".
Il Castello di Corveglia oggi è adibito a uso ristorativo. Il complesso è articolato dall'aggregazione a forma di L al più antico campanile della chiesa di San Giacomo dell'ospedale di Corveglia. Il campanile-torre è l'elemento più antico ed è a pianta quadrata e si elevava in origine per circa 18 metri. Realizzato in laterizio cotto, organizzato su sei livelli o i primi tre presentano strette finestre strombate a tutto sesto, due presentano bifore, trifore, una su ciascun lato con capitelli in arenaria ed eleganti, su colonnine. La parte sommitale del campanile è in parte crollata è stata restaurata ma non rispecchia le originali fattezze. Ogni piano presenta un marcapiano scanditi all'esterno da una serie di archetti pensili su peduccio, sovrastati da un bordo a dentelli orizzontali. Il complesso comprende numerose le aperture finestrate rettangolari anche con archi a tutto sesto ma si leggono anche vecchie aperture a sesto acuto. A lato del castello, indicata da un abside circolare e un piccolo campanile a vela, sorge la cappella del borgo, un edificio ad una sola aula rettangolare.
Raggiungo, in aperta campagna la seconda Bisocca di Villanova d'Asti; anche questa torre d'avvistamento pare ancora oggi vegliare su Villanova d'Asti. Mi rimane da vedere un'ultima borgata e da fare ancora un acquisto prima di tornare a casa. Dapprima provvedo all'acquisto di un particolare e delizioso salume che definire di nicchia è assolutamente poco.
Villanova d'Asti è da sempre sinonimo di carne di qualità, infatti ho visto nel mio girovagare diversi allevamenti di vitelli di "fassone" piemontese, ma il borgo è noto anche per la pregiatissima gallina bionda. Questa gallina presenta determinate caratteristiche come la pelle sul giallognolo e il piumaggio fulvo, con la coda di piumaggio colore nero. Sono animali rustici e resistenti alle malattie. Cresta e bargigli particolarmente sviluppati sono utilizzati per il piatto tipico piemontese "la finanziera".
Altro prodotto tipico realizzato con questa gallina è il "Salame della Bionda". Questo salame, oggetto del mio acquisto è realizzato con petto e coscia lessati e aromatizzati con peperone. È un salame tenero e succulento dal sapore fresco e gustoso. Fatto l'acquisto arrivo facilmente alla Frazione Valdichiesa posta lungo la strada per Riva di Chieri e vicino al casello autostradale. Sembra una grande cascina ma in realtà è un agglomerato di case e cascinali, abitati e ben conservati che anticamente era un castello, circondato da ampio e profondo fossato.
Al suo interno vi è la cappella di San Bernardo, un tempo intitolata alla Beata Vergine Maria. Un anziana signora, scortata da un cagnolino meticcio mi accompagna nella visita. La facciata che si presenta a capanna, semplice e verticalmente ripartita da lesene reggenti trabeazione con frontone triangolare contenente un iscrizione che l'anziana signora mi dice ricordi l'antica intitolazione. Presenta una semplice porta con una grande finestra rotonda sopra. La pianta interna della chiesa è a navata unica rettangolare, coperta da volta a botte lunettata. Dal profilo della copertura scorgo un curioso campanile a pianta quadrata, con una curiosa cupolina a scaglie.
È il momento di tornare verso casa, anche perché devo mettere il mio salame in frigo.