Probabilmente il borgo era abitato da tribù di origine ligure, in seguito romanizzate, infatti in epoca romana il territorio era parte del percorso dell'acquedotto romano di Acqui Terme. E ancora presente con un cunicolo che portava le acque del torrente Erro nella città termale. Inizialmente fu feudo della chiesa milanese poi nel corso dell'XI secolo passò ai conti di Acquesana, feudatari imperiali e signori di parte di Acqui Terme. Melazzo diede i natali a San Guido d'Acqui, città nella quale fu vescovo dal 1034 al 1070. Costui donò i propri diritti signorili alla chiesa di Acqui, la quale ne ottenne conferma del possesso nel 1039 e successivamente nel 1052 dall'imperatore Enrico III. Passò poi dalla Chiesa d'Acqui al Comune e successivamente ai Marchesi del Bosco.
Nel 1300 il borgo fu oggetto di contese con gli alessandrini in lotta con Acqui per la sede vescovile. Tra il 1330 e il 1333, narra la tradizione orale, il re d'Inghilterra Edoardo II Plantageneto trovò rifugiò nel castello di Melazzo, dopo essere fuggito dal castello di Berkeley, dove era stato imprigionato. Melazzo entrata in possesso dei marchesi del Monferrato, subì, nel 1431, i saccheggi delle truppe di Francesco Sforza in lotta con i marchesi del Monferrato. Il feudo dal duca di Mantova e del Monferrato passo ai Gandolfi, marchesi di Melazzo e di Ricaldone e il suo castello nel XVI secolo fu distrutto dagli spagnoli e ricostruito successivamente dai Gandolfi.
Nel 1630, durante la guerra per la successione di Mantova e del Monferrato vi si diffuse la peste e gli acquesi si recarono in processione a Melazzo per venerare le reliquie di San Guido, protettore della diocesi. Agli inizi del XVIII secolo Melazzo passò sotto il controllo dei Savoia. Raggiunto a Melazzo, parcheggio proprio sotto le mura del castello. Inizio a vagolare per il borgo, dapprima faccio il giro intorno alle alte mura del castello Gandolfi che fu in origine degli Acquesana. L'ultimo dei Gandolfi, Giuseppe Accellino, lasciò in eredità tutte le sue proprietà di Melazzo alla famiglia Roberti. Il castello Gandolfi è cinto da alte e massicce mura, fu costruito per ragioni di difesa e strategia militare, proprio per la sua importante posizione sulla strada che conduce al mare.
La sua importanza strategica fece sì che il Castello venisse riprodotto negli affreschi della galleria delle carte geografiche in Vaticano, volute da Papa Gregorio XIII nel 1580. Nel Rinascimento quando il castello fu di proprietà dei Conti Falletti, la poetessa Eleonora della Croce, moglie del conte GiovanGiorgio Falletti, ne fece per lunghi anni un importante cenacolo di umanisti. Il castello fu ricostruito nel XVII secolo dopo la distruzione attuata dalle truppe spagnole, è stato poi rimaneggiato e trasformato in tempi più recenti.
Una lapide collocata nel 1879 nella galleria del Castello ricorda l'avventurosa vita del re Edoardo II Plantageneto, deposto re d'Inghilterra che si dice vi soggiornò dal 1330 al 1333. Il Castello presenta un cammino di guardia, protetto dall'originario muro difensivo merlato dotato di aperture e feritoie, tutte strapiombanti sui sottostanti imponenti bastoni in pietra. Le stradine intorno al castello hanno tutte il selciato in porfido con le case che vi si affacciano, alcune moderne ed altre in pietra con bei balconi in ferro battuto.
Molte le serrande con le insegne di antiche attività commerciali ormai scomparse, come quella che ricorda il cinema teatro. Raggiungo così a metà del mio girovagare piazza san Guido ove si erge la chiesa parrocchiale. Dalla piazza e dal suo belvedere, si gode di un panorama straordinario e suggestivo che abbraccia la sottostante valle dell'Erro. I borghi che scorgo sparsi lungo le pendici delle montagne circostanti appaiono sonnolenti, come le persiane delle case chiuse per tenere fuori il calore, che ho trovato nel mio girovagare.
La Chiesa parrocchiale di San Bartolomeo fu edificata nel 1757 in stile barocco piemontese e si presenta con una facciata in mattoni a vista con tetto a salienti è tripartita da lesene binate nella parte centrale. Una breve scalinata conduce alle tre porte d'accesso, minori quelle laterali e più ampia e con cornice laterizio la principale. Sopra la porta vi è una grande finestra polilobata mentre due piccole finestre circolari sono sopra le porte minori. Anche il frontone e in laterizio.
Il campanile a pianta quadrata con un bel cupolino a cipolla con modanature barocche alla base. La parrocchiale di San Bartolomeo, conserva un dipinto di Guglielmo Caccia detto il Moncalvo, datato 1611, che raffigura la Madonna del Rosario. La chiesa contiene decorazioni in stile barocco, bei affreschi e anche un quadro dedicato a San Luigi opera di Rodolfo Morgari. La chiesa oltre a pregevoli arredi lignei in noce massiccio conserva le spoglie di alcuni autorevoli esponenti del casato Scati-Grimaldi.
Un tempo esisteva un omonima pieve di San Bartolomeo che si trovava nel fondovalle tra il rio Caliogna e il torrente Erro, ora scomparsa. Adiacente alla chiesa parrocchiale vi è l'oratorio di San Pietro Martire, risalente al XV secolo che conserva interessanti arredi barocchi. L'Oratorio San Pietro Martire si presenta con un portale d'ingresso con una bella porta a doppio battente in legno scolpito incorniciata da due finte colonne con capitello ionico che sorreggono un timpano triangolare spezzato con un affresco al centro raffigurante il santo titolare. L'oratorio è a navata unica e presenta interessanti arredi barocchi di fine XVIII secolo oltre la statua del santo titolare.
Proseguo il mio girovagare e mi ritrovo davanti al municipio, ove sotto il suo porticato vi sono collocate delle lapidi sia a ricordare i melazzesi caduti durante le battaglie per l'unità d'Italia che nelle guerre in Africa orientale che durante le due guerre mondiali. Nelle strade percorse trovo poche persone che si avventurano e quei pochi cercano l'ombra e un po' di frescura.
In auto percorro via dell'Annunziata e quasi nei pressi del cimitero trovo la Chiesa dell'Annunziata edificata nel 1783 anch'essa in stile barocco che si erge solitaria. Si presenta realizzata in mattoni a vista e pietrame, alta e slanciata con due lesene angolari in facciata che pare reggere un timpano semicircolare con ampie modanature. L'unica porta presente è in legno scolpito a due battenti, sopra vi è un ampia finestra modanata e trilobata. Due finestre ovali sono poste in basso ai lati della porta e sotto ci sono due panchine in pietra. Un basso muretto in pietra e mattoni crea un piccolo sagrato.
Il mio tour per Melazzo prosegue per le sue frazioni. Comincio dalla frazione più lontana, ossia la borgata Caliogna che raggiungo dopo aver percorso una stretta stradina circondata da boschi e fantastici e colorati campi. La chiesetta della borgata è in aperta campagna tra bei prati verdi puntinati di splendidi fiori campestri. Questa chiesetta è intitolata a San Defendente e risale al XV secolo. Si presenta con una tetto a capanna, facciata in pietra con timpano intonacato con nicchia centrale e statua. Affiancati alla porta d'ingresso vi sono due finestre rettangolari con due panche in pietra poste esternamente sotto esse. La porta è protetta da una piccola tettoia mentre il campanile ha pianta quadrata con cuspide piramidale.
Torno indietro e dopo una lungo percorso tra boschi di querce che sembrano immobili sotto il peso del caldo raggiungo località Molli. Anche questa borgata è piccolissima ed ha la caratteristica del borgo di campagna con diversi cascinali, alcuni abbandonati. All'interno del borgo c'è la chiesetta dedicata a San Felice martire risalente a fine XVI secolo. Una targa apposta sull'edificio ricorda che la chiesetta fu voluta e finanziata dagli stessi abitanti della borgata Molli e il campanile fu invece edificato nel 1845.
Lascio questa tranquilla borgata, disturbata solo dall'abbaiare dei cani mentre un tempo fu purtroppo scenario di feroci combattimenti in epoca napoleonica. I militari caduti in combattimento furono sepolti nei pressi della chiesetta. Sulla via del ritorno verso Melazzo ripercorro una leggenda che vide protagonista sempre questa borgata. Infatti si narra vivesse una prosperosa donna che era lo spauracchio dei bambini, questi la ricambiavano con degli scherzi. Lei si vendicava ed ancora oggi si racconta si vendichi, nascondendo gli oggetti delle persone. La “Madamon”, così era chiamata fa poi ritrovare gli oggetti nascosti.
Supero così il ponte sul torrente Erro e raggiungo la frazione Arzello, posta in un bel pianoro costeggiante il corso del torrente. Le case sono ben conservate sia quelle moderne che quello più antiche. In piazza Balestra vi è la chiesa intitolata a San Giuseppe. Anche questa chiesetta ha fattezze semplici, suddivisa in due ordini, nel primo è tripartita da lesene con porta incorniciata da piedritti e un ampio architrave intonacato con decorazioni in gesso. Nel secondo ordine vi è una finestra a lunetta incorniciata da un arco a tutto sesto.
Nel borgo vi era anche una scuola e sulla stessa è collocata una lapide in marmo con i nomi dei militari caduti e dispersi durante la guerra italo turca 1911 – 1912, prima e seconda guerra mondiale. Proseguendo lungo la strada, tra i campi in località Gaini vi è la romanica chiesa di San Secondo. Questa chiesa risale al XII secolo ed è caratterizzata da una navata unica e ampia, illuminata da tre monofore e da una bellissima abside semicircolare in conci di pietra locale.
Ovviamente la chiesa è chiusa ma apprendo che all'interno sono visibili quattro semicolonne con capitelli cubici ai lati dell'altare maggiore; nell'abside vi sono tracce di affreschi ridipinti nel corso degli anni. Mentre torno verso Melazzo ricordo l'antico acquedotto romano costruito nei pressi della foce del rio Caliogna, dove si può vedere un tratto di ciò che resta dell'acquedotto romano. Questa opera risale al I secolo d.C., ed era lungo circa 13 km, aveva origine dal territorio di Cartosio e terminava ad Acqui Terme valicando il fiume Bormida su imponenti archi ancora visibili.
Raggiungo così la località Quartino dove vi è Villa Scati. Questa è una storica dimora dei Marchesi Scati, oggi trasformata in una struttura ricettiva. La villa fu costruita a partire dalla fine del XVII secolo ed ha ospitato grandi personalità, da Silvio Pellico a Guglielmo Marconi e ripetutamente i membri della famiglia Savoia. Il Conte Gregorio Scati acquistò il Quartino, come era allora chiamata, nel 1684 dai Conti Avellani e subito venne iniziata l'edificazione nel primo nucleo, poi proseguiti dal Conte Vittorio Emanuele Scati di Casaleggio che affidò la progettazione a Giovanni Ceruti, autore anche del progetto della Bollente e del primo nucleo del Grand Hotel "Nuove Terme".
I lavori terminarono in pieno periodo Liberty. Gli Scati, erano l'unica famiglia nobile di origine acquese presente alla corte dei Savoia, soprattutto quando la Marchesa Costanza Scati Grimaldi del Poggetto divenne dama di compagnia della Regina Maria Adelaide. Leggenda vuole che, nascosti, vi siano antichi cunicoli che colleghino la Villa al sovrastante Castello di Melazzo. La villa è immersa in un grande parco di alberi secolari che rende assai idilliaco il luogo.
Otre alle già numerose testimonianze del passato di Melazzo non è secondario il fortilizio ottagonale detto della Tinassa, risalente al XIV secolo. Posta in cima al colle di Montecrescente, raggiungibile solo a piedi attraverso un sentiero che si snoda tra i boschi, sorge questa fortificazione con quattro torri angolari. Il nome di Tinazza o Tinassa è dovuto alla sua forma che ricorda quella di un tino capovolto. La fortificazione sorvegliava lo sbocco delle valli della Bormida e dell'Erro ed oggi purtroppo è in stato di abbandono.
Ormai è sera, il sole tramonta lentamente dietro le montagne, e con esso la temperatura inizia a scendere leggermente. La foschia si dissolve e il cielo si colora di rosso e arancione, regalando un po' di sollievo e speranza per una notte più fresca. È il momento di tornare a casa. Il borgo di Melazzo rappresenta una tappa imperdibile per chi visita il Piemonte. Con la sua ricca storia, il fascino medievale e le bellezze naturali, IL borgo offre un'esperienza unica che incanta i visitatori di tutte le età.