La sua storia è assai oscura e con tante versioni diverse; il Manzoni ne fa una figura eroica nella sua prima tragedia il "Conte di Carmagnola" scritta tra il gennaio 1816 e il dicembre 1819 e pubblicata nel gennaio del 1820. La storia che preferisco sul Conte di Carmagnola vuole che Francesco Bussone che nacque tra il 1382 e il 1385 e come spesso accadeva nei secoli passati, prendeva il nome dal luogo di nascita: Carmagnola fosse figlio di contadini, gente molto povera.
Costui è descritto come rozzo e ignorante ma robusto e deciso nei comportamenti. Si arruolo ed entrò al servizio di Facino Cane, condottiero di ventura. Divenne rapidamente un ottimo soldato, tanto da essere tenuto in alta considerazione dal condottiero. La sua fortuna ebbe inizio il 16 maggio 1412 quando Giovanni Maria Visconti, duca di Milano fu ucciso in una congiura. I congiurati proclamarono duca di Milano Ettore Visconti, figlio di Bernabò Visconti, che Gian Galeazzo, padre di Giovanni Maria aveva spodestato dalla Signoria di Milano 27 anni prima.
Filippo Maria, erede legittimo fuggì e si rifugiò nel castello di Pavia dove stava morendo Facino Cane. Due mesi dopo la morte di Facino Cane ne sposò la vedova Beatrice da Tenda. Filippo Maria ereditò i beni e il suo esercito e così Francesco Bussone passò al servizio dei Visconti. Il Carmagnola, a capo delle truppe comincio la sua riconquista nel nome di Filippo Maria Visconti. Il Carmagnola iniziò così una serie di campagne militari che portarono alla riconquista di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi, Trezzo e molte altre. Il Carmagnola usava spesso il pugno di ferro e lasciava dietro di sé solo il deserto.
Fra l'ottobre e il novembre 1421 il Carmagnola compì l'impresa della conquista di Genova. Così Filippo Maria fuggitivo nel 1412 senza potere e territori nel 1424 si trovava nei suoi possedimenti tutta la Lombardia, il piacentino, il parmigiano, il reggiano, il Piemonte orientale, la valle del Ticino fino a Bellinzona e parte della Liguria, Genova compresa. Il Carmagnola disperdendo le truppe di Ettore Visconti permise a Filippo Maria il 16 Giugno di essere riconosciuto duca di Milano dal popolo e dal Gran Consiglio.
L'11 novembre 1414 il Carmagnola fu proclamato conte di Castelnuovo e primo condottiero del Ducato, divenendo dopo il Duca il personaggio più potente e influente dello Stato. Il potere, le simpatie, il carattere iroso e scontroso del Carmagnola a corte, lo rese inviso dopo poco tempo al Duca stesso. Nel novembre 1424, il duca Filippo Maria licenziò il Carmagnola che offeso si ritirò nel suo castello di Sale, nell'alessandrino. Rancoroso e vendicativo il Carmagnola raggiunse nel 1425 Venezia, nemica acerrima di Milano.
Dopo poco, riuniti in una lega composta da Venezia, Firenze, gli Este di Ferrara e i Gonzaga di Mantova le loro truppe capitanate dal Carmagnola si avventurarono in una guerra contro il ducato di Milano. La guerra durò un anno fintanto che il 12 ottobre 1427, a Maclodio, vicino a Brescia l'esercito visconteo fu praticamente distrutto. Il 19 aprile 1428 a Ferrara fu firmata la pace e Venezia si prese il bresciano e buona parte del bergamasco nonché terre nel cremonese. Nei tre anni successivi il duca di Milano fece di tutto per incrinare il rapporto di fiducia e provocarne la rottura tra il Carmagnola e la repubblica di Venezia.
Nel gennaio 1423 Venezia dovette riprendere le armi contro il ducato di Milano e fu nuovamente messo a capo delle truppe veneziane il Carmagnola. Questa volta la guerra non arrise ai veneziani, dove ad esempio nella battaglia navale sulle acque del Po a Soncino i veneziani furono sconfitti. I veneziani iniziarono a temere che il Carmagnola fosse d'accordo con il Visconti e che li avesse così traditi. Convocato a Venezia e il 7 aprile 1423 il Carmagnola fu quasi subito arrestato e rinchiuso nelle carceri di Palazzo Ducale.
L'11 aprile inizio il processo a suo carico dove fu accusato di tradimento. Il processo fu mantenuto segreto e durò quasi un mese. Il 5 maggio 1423 al mattino fu letta la sentenza dove fu considerato colpevole e condannato alla decapitazione nel pomeriggio stesso giorno. Il Carmagnola fu condotto al patibolo, vestito di rosso e con la bocca chiusa da un mordacchio e decapitato tra le due colonne di San Marco e San Todaro ossia Teodoro poste in piazza San Marco verso il molo e l'omonimo bacino. Nessuno conosce la verità, se fosse innocente o colpevole, non essendovi atti o testimonianze. La sua figura resterà enigmatica nella storia italiana tra il XIV e XV secolo, epoca fosca e sanguinaria, tempi in cui grandi condottieri e personaggi vissero e morirono tragicamente.
Quando morì, Francesco Bussone, soprannominato il Carmagnola, aveva cinquant'anni. Mezzo secolo di vita gli era bastato per compiere una ascesa folgorante, per divenire, da misero e rozzo contadino a uno degli uomini più potenti e temuti d'Italia, per poi finire decapitato con vergogna come un malfattore. Le vicissitudini del conte di Carmagnola vennero riprese da Alessandro Manzoni che vi scrisse una storia senza l'ombra del tradimento che parte degli storici oggi ci trasmettono.
Sono convinto che l'ottocentesco racconto volesse sottolineare soprattutto la determinazione del condottiero cosa che il popolo italiano diviso tra lotte fratricide non trovava per ottenere l'unificazione. La tragedia del Manzoni mette in scena la vicenda di Francesco di Bartolomeo Bussone, che dopo aver assicurato la fortuna al suo signore, Filippo Maria Visconti, duca di Milano, ne suscita l'invidia ed è quindi destituito. Passa allora al servizio dei veneziani e alla testa delle truppe di San Marco, sconfigge il suo antico signore nella battaglia di Maclodio presso Brescia. In un impulso di generosità, lascia in libertà i prigionieri di guerra. La Repubblica di Venezia per questo lo accusa di tradimento: è giudicato e condannato a morte.
Dal racconto del Manzoni si evince che l'autore era però convinto dell'innocenza del conte. Il Manzoni fa iniziare la vicenda nel 1426, quando il conte di Carmagnola sfugge a Venezia ad un attentato organizzato da Filippo Maria Visconti e il Senato della Repubblica gli affida il comando del proprio esercito. La tragedia, in versi, è divisa in cinque atti. Il conte Carmagnola esorta il Senato veneto a far guerra al Visconti, dichiarandosi certo della vittoria. Malgrado le riserve espresse dal senatore Marino, il Senato, specialmente per l'intervento del senatore Marco, decide la guerra.
Decisiva è la battaglia di Maclodio (1427), nella quale il conte Carmagnola sconfigge duramente i milanesi, ma poi il condottiero non solo non dà ascolto a uno dei due commissari veneziani (che lo esorta ad incalzare ed annientare il nemico), ma libera anche alcuni prigionieri avvalorando nell'animo dell'altro commissario il sospetto di tradimento. Il Senato, informato della condotta del conte, e convinto della sua colpevolezza, lo richiama a Venezia per sottoporlo a giudizio. Invano il senatore Marco, duramente attaccato da Marino, cerca di difendere il Carmagnola, ma riceve l'ordine di partire per Tessalonica, inoltre è costretto a giurare di non far parola del giudizio che attende il conte. Il Carmagnola giunto a Venezia vede inutili le sue spiegazioni e le sue proteste d'innocenza.
Condannato a morte, il Carmagnola si prepara a morire dopo un ultimo commovente colloquio con la moglie e le figlie: La visita in cella della moglie Antonietta e della figlia Matilde che invita a non covare sentimenti di vendetta. Il Carmagnola, nella tragedia manzoniana è visto un uomo di potere che intende rispettare il codice militare e quello morale e vorrebbe essere giusto e leale in un mondo politico dominato dall'immoralità, dall'ipocrisia, dalla fredda ragion di Stato. Mentre il senatore veneziano, Marco, personaggio inventato, amico di Carmagnola, è costretto dalla ragion di Stato a tradirlo.
Se un tema dell'opera è la condanna delle guerre fratricide fra italiani e italiani (veneziani contro milanesi) e pone l'accento sull'assurdità di una guerra della quale i combattenti ignorano le ragioni e sulla amara constatazione della facilità per lo straniero di dominare genti divise, l'altro tema che interessa Manzoni è quello che oppone il giusto alla società ingiusta, la quale lo isola e finisce per ridurlo al ruolo di vittima: Questo conflitto non ha soluzione se non nella morte. Ormai sono giunto a Carmagnola, oggi famosa come centro agricolo, noto per i peperoni e per il mercato del bestiame ma che conserva molte tracce medioevale e rinascimentali delle sue costruzioni ed impianto urbanistico.
Parcheggiato l'auto in piazza IV martiri, intitolata a memoria dei 4 Martiri fucilati dai tedeschi nel 1945, come rappresaglia dopo un attacco partigiano. Nella piazza è presente una lapide che ricorda l'eccidio e condanna della barbarie nazifascista. Torno leggermente indietro per raggiungere via Fratelli Vercelli, poco distante dall'antica Ala del Mercato si erge la chiesa della Beata Vergine della Consolata.
L'attuale chiesa è di inizio XVIII secolo, edificata su un precedente edificio religioso. Il fronte della facciata è a capanna, suddiviso in due registri separati da ampio cornicione modanato, e con timpano triangolare alla sommità. Presenta in facciata tre finestre a bifora, contornate da cornice in rilievo. Il portone in legno è sormontato da lunetta con bassorilievo raffigurante la Vergine. Invece al centro della facciata vi è un affresco rappresentante la Beata Vergine Consolata.
Torno sui miei passi e inizio a percorrere la bella e antica via Valobra. Questa strada è incorniciata da antichi portici che la percorrono per tutta la sua lunghezza. La via è intitolata a Ferruccio Valobra, un capo partigiano della zona nato nel 1899 a Torino. Costui fu radiato dall'esercito per la sua fede ebraica. Il Valobra fu catturato il 9 settembre del 1944, venne portato a Torino, torturato e ucciso al Martinetto il 22 settembre.
Percorro i portici di via Valobra ove si affacciano antiche botteghe fino a raggiungere Piazza Garavella che taglia in due parti la lunga via principale. Su questa piazza si erge la Chiesa della Misericordia edificata tra il 1614 e il 1618 ed è caratterizzata dal forte contrasto fra la facciata austera ed il ricco interno in stucchi barocchi. La facciata è interamente intonacata presenta un tetto a capanna, due coppie di larghe e alte lesene che sembra sorreggano il frontone triangolare. Una grande finestra a serliana è posta centralmente. Curioso il campanile ottagonale, anch'esso una pregevole opera settecentesca.
La tradizione vuole che nel sito in cui è costruita la chiesa, donato dalla Municipalità il 12 aprile 1614, sorgesse il primo palazzo comunale e che la torre campanaria si innesti su quanto rimane della prima torre civica. L'interno è a una sola navata, a pianta rettangolare coperta da volte a botte lunettate. Proseguo per la bella via Valobra tra bei antichi palazzotti ricchi di fregi e loggiati, fino a raggiungere piazza Sant'Agostino.
Proprio sull'angolo della piazza e della strada principale vi è Casa Borioli. Questo edificio fu edificato nel XV secolo, nei secoli successivi subì diversi interventi edilizi che ne hanno modificato l'aspetto originario. Nonostante ciò conserva memorie gotiche di grandi cornici a finestre ad arco acuto, realizzate con formelle in cotto poste in facciata sia verso piazza Sant'Agostino che su via Valobra.
Sempre sulla piazza si affaccia la Casa delle Meridiane, un palazzotto signorile edificato a partire fine XV secolo ed appartenuto alla famiglia Cavassa. La facciata presenta uno straordinario complesso di affreschi realizzati negli anni 1555-1557 concepito in funzione dei quadranti solari che vi sono inseriti, ancora oggi visibili, unitamente ad un insieme immagini allegoriche pagane e cristiane, motti, simboli e fregi decorativi. Il nome delle Casa è dovuto alle tre meridiane dipinte sul muri con le "Hore di Babilonia", le "Hore italiane" e quelle di Francia.
Sulla piazza si erge il monumento a caduti della prima guerra mondiale. La statua del monumento è in bronzo rappresenta una madre o una moglie che raccoglie le spoglie del figlio/marito morente e poggia su di un parallelepipedo in pietra che ha frontalmente e sul retro due targhe in bronzo ed è racchiuso da una forte cancellata in ferro battuto.
Su Piazza Sant'Agostino chiusa su tre lati da portici, un tempo piazza del Popolo si ergono maestosi, sia la chiesa Omonima che Palazzo Lomellini. La Chiesa di Sant'Agostino fu costruita ad inizio XIII secolo unitamente al complesso agostiniano comprendente anche il convento, oggi sede di un Istituto scolastico. Tra l'altro mi si dice che all'interno del ex monastero agostiniano, ora adibito a scuola superiore vi sia la pietra tombale di Jacopo di Turnabula, condottiero scozzese al servizio di Carlo VIII che morì a Carmagnola nel 1464 e che fosse uso degli studenti sfiorare con i loro piedi l'altorilievo come porta fortuna prima dei compiti in classe ad uso scaramantico.
Nel corso dei secoli l'intera costruzione della chiesa ha subito innumerevoli trasformazioni; infatti la facciata era originariamente in mattoni a vista, l'attuale realizzata nelle forme neoclassiche risale al 1835 suddivisa in tre campiture, quella centrale con un bel portale rinascimentale del 1496 attribuita a Meo del Caprino ossia Amedeo da Settignano, mentre le due ali laterali presentano grandi trofei od ornamenti raffiguranti mitra, bastone pastorale ecc… sono di inizio XX secolo. Il trofeo con le insegne episcopali sono riferite a Sant'Agostino, mentre gli emblemi militari sono forse riferimento a Francesco Bussone, detto il Carmagnola.
Dall'esterno la chiesa presenta originale il campanile con guglia ottagonale e abside in stile gotico, mentre all'interno, che non ho potuto vedere perché chiusa, sono evidenti i rimaneggiamenti barocchi; avevo però letto che conserva tante pietre tombali di nobili e cavalieri tra cui quella di Gian Giacomo Piscina. Costui fu un eminente personaggio del XVII secolo che fu Prefetto di Saluzzo, Ambasciatore a Venezia, in Francia, Presidente del Senato, Gran Cancelliere dei Duchi di Savoia. Si copri di gloria nella battaglia di Ceresole tanto da essergli concesso l'uso dei gigli di Francia per adornare il suo stemma.
Fu in questa piazza davanti alla chiesa che vennero emessi i voti alla Vergine dell'Immacolata Concezione, per implorare la fine delle pestilenze che colpirono la città nel 1522 e nel 1630, come ricorda una lapide apposta sul muro dell'edificio. Tra gli agostiniani ricordo Gabriele Bucci vivente nel XV secolo, frate agostiniano, fu maestro di teologia e scrittore della prima opera storica sulla città di Carmagnola, Memoriale Quadripartitum. Invece Girolamo Ferragatta vissuto nel XVI secolo, anch'esso frate Agostiniano, fu prima coadiutore del Vescovo di Mondovì, poi Vescovo di Aosta.
Sono ormai rivolto davanti a Palazzo Lomellini, le cui prime notizie storiche risalgono all'inizio del XIV e prende il nome dalla famiglia Lomellini originaria di Genova. Il palazzo presenta una nobiltà antica e solenne facciata, anche se diverse sue parti, hanno subito modifiche e adattamenti. L'intero palazzo si presenta tutto a mattoni a vista con archi a sesto acuto tardogotici del portico, ed ancora leggibili i segni di finestrelle gotiche, monofore, con cornice in cotto, in gran parte oggi murate, mentre sono state aperte finestre di forma ovale. Molto bello il soffitto del portico, a cassettoni in legno, un tempo dipinti.
Un insolito il campaniletto a vela è posto d'angolo e supera il profilo del tetto, che con un affresco che raffigurava San Paolo ricorda un particolare uso dell'edificio. Infatti sull'architrave della porta d'accesso è scolpita la scritta "Congregazione di carità", memoria di quando Palazzo Lomellini ospitò, dal 1717 e per una sessantina di anni, la "Congregazione Caritatevole di San Paolo" già stata fondata nel 1695, che si occupava soprattutto del sostegno materiale e spirituale delle vocazioni religiose. Della famiglia Lomellini ricordo Giovanni Battista del XVIII che fu Confessore di Papa Benedetto XIII, Vescovo di Alghero e poi di Saluzzo, Alessandria e Vercelli.
Inizio a percorrere Via Pertusio Lomellini fino a raggiungere via Avv Lorenzo Cavalli ove sorge il palazzo ospizio di carità 1788 fondato da Avvocato Lorenzo Cavalli. Si tratta di un bel palazzo dalle forme barocche in mattoni a vista edificato nella prima metà del XVIII secolo. Fastose le sue alte finestre entro ricche cornici in cotto. Invece su via conte di Carmagnola trovo palazzo Lionne con il suo pregevole portale marmoreo in stile rinascimentale. Questa presenta due lesene scanalate su alti plinti con capitelli ionici e architrave di tipo classico arricchito da volute che racchiudono lo stemma e il motto della casata. Mentre la facciata è molto semplice, abbellita da sottili cornici marcapiano e lesene, comunque bisognose di restauro.
Girando su via Granaglie mi ritrovo nei bastioni di via Cavassa in cui è stata ricavata una sala polifunzionale. Rientro su piazza sant'Agostino dopo aver ammirato la bella e alta abside gotica dell'omonima chiesa, attraverso via Porta Zucchetta, imbocco Via Bellini per trovarmi in piazza Domenico Berti realizzata a metà del XIX secolo demolendo parte del monastero agostiniano.
Percorro via Giovanni Maria Bertini, bella strada affiancata anch'essa da vecchie case. La strada è intitolata al professore di Storia della Filosofia dell'Università di Torino nella metà del XIX secolo; il Bertini fu altresì impegnato in politica dove assume varie cariche. In questa strada vi trovo la Sinagoga del XVIII secolo ed è ciò che resta dell'antico ghetto: un minuto agglomerato edilizio è posto all'interno del "quartiere delle Cherche", delimitato dalle attuali vie Bertini, Benso, Delle Cherche e Baldessano. La numerosa comunità ebraica era presente a Carmagnola almeno dal XV secolo ma che per effetto delle Regie Costituzioni di Vittorio Amedeo II del 1723 fu relegata in questo ghetto.
Parallela a via Bertini vi è via Giacinto Carena, strada intitolata al noto Professore di Fisica dell'Università di Torino dal 1805 al 1813, membro dell'Accademia delle Scienze, autore di un prontuario dei termini attinenti arti e mestieri. Su questa strada vi è Torre della Musica. All'interno del cinquecentesco palazzotto caratterizzato da una alta e compatta torre, snellita dall'apertura nell'ultimo piano di una loggia a tre ampie arcate vi è la sede della Società Filarmonica fondata nel XVIII secolo anche se la scritta sul cancello riporta il 1837.
Su via Benso o meglio Angelo Francesco Benso appartenente alla nobile famiglia dei Benso di Chieri che fu nel XVIII avvocato fiscale generale per Sua Maestà e Presidente della Reale Udienza in Cagliari, si prospetta Palazzo di Cortemilia, un edificio, di semplici linee architettoniche. Raggiungo via Valobra dove subito incontro la storica casa Cavassa costruita nel 1438 da Enrico Cavassa. Questo edificio è uno dei più interessanti palazzi di Carmagnola e conserva ancora le caratteristiche delle case gentilizie rinascimentali con il suo doppio loggiato nel cortile. Interessanti i fregi architettonici, i marcapiani in cotto e i cenni di affreschi delle facciate principali. L'edificio fu anche la residenza del Governatore di Carmagnola ed oggi ospita la Società Operaia di Mutuo Soccorso "Francesco Bussone".
Tra i suoi residenti illustri ricordiamo Galeazzo e Francesco Cavassa nel XV e XVI secolo, Padre e figlio, ricoprono la carica di Vicari Generali del Marchesato di Saluzzo. Da qui posso già vedere la chiesa parrocchiale o Colleggiata, ma io voglio percorre un tratto di via Valobra per andare ad ammirare, almeno esternamente la Chiesa di San Rocco dalla facciata tipicamente barocca. Questa chiesa deve la sua costruzione alla Confraternita di San Rocco, istituita nel 1630 con lo scopo di assistere gli appestati e fu edificata fra il 1668 e il 1745, utilizzando i mattoni ricavati dalla demolizione delle mura cittadine. Realizzata in laterizio, in stile tardo barocco, la chiesa oggi si presenta con un fastoso insieme di effetti movimentati nella pentapartita facciata suddivisa da lesene.
L'edificio è diviso in due ordini con quattro nicchie vuote, ed un frontone semicircolare un'insolita, grande cupola circolare ricoperta con un tetto a coppi ed è diventata uno degli elementi caratterizzanti Carmagnola. L'interno che non ho potuto vedere ha una pianta a croce greca sormontata dalla grande cupola barocca a forma ellittica. Posso cosi tornare verso la chiesa Collegiata intitolata ai Santi Pietro e Paolo in piazza Giuseppe Verdi. La collegiata presenta una facciata neogotica del 1894, mentre l'intero edificio fu costruita fra il 1492 e il 1514 in stile gotico-romanico poi ampiamente rimaneggiata in epoca barocca. Il campanile è stato innalzato nel XVII secolo in stile barocco
L'interno a tre navate conserva l'aspetto gotico con le tipiche volte a crociera con dieci cappelle laterali oltre alle due in testa alle navate laterali. Bello è il settecentesco altare maggiore in marmo circondato dalle eleganti vetrate dell'abside. Il presbiterio è decorato con affreschi raffiguranti il martirio dei due santi titolari. Di particolare pregio è la cappella dedicata all'Immacolata Concezione con il suo straordinario apparato decorativo e la venerata statua di Maria Immacolata realizza, da un tronco di salice nel 1636 – 1937 dallo scultore astigiano Michele Enaten. La devozione alla Immacolata Concezione dei carmagnolesi è sempre stata molto fervente ed è alla Vergine che si rivolsero durante l'epidemia di peste del 1522 e del 1630.
Ancora nel 1714 quando Carmagnola viene colpita da una gravissima moria di bestiame, voto ripetuto nel 1734 a causa di una lunga siccità. Alla Immacolata Concezione nel mese di luglio 1944 la popolazione carmagnolese affidò le proprie case e i propri famigliari con un preghiera-supplica dopo che le truppe tedesche avevano incendiano Borgo Salsasio minacciando di dare alle fiamme l'intera città. Bella ed interessante è la tela tardo cinquecentesca di Guglielmo Caccia detto il Moncalvo raffigurante l'Assunzione della Vergine originariamente eseguita per la chiesa di San Bernardino .
Mi soffermo inoltre ad osservare il settecentesco gruppo scultoreo di Cristo risorto e la statua di san Sebastiano del 1740 di Ignazio Perucca, anch'esso proveniente dalla chiesa di Sant'Agostino. Presenti anche delle incisioni artistiche che ricordano la Compagnia delle Anime, che aveva il compito di assistere i moribondi, così come indicato dalle decorazioni rappresentanti teschi e scheletri. Lascio la Collegiata dei Santi Pietro e Paolo e proseguo per via Valobra fino a raggiungere via dell'ospedale dove si erge il nosocomio dedicato a San Lorenzo con la sua bella facciata barocca a mattoni a vista.
Nel mio girovagare mi sono ricordato di altri famosi personaggi di Carmagnola legati alla Collegiata e alla chiesa di Sant'Agostino, come il venerabile Giuseppe Bartolomeo Menochio nato nel 1741, agostiniano, fu vescovo di Reggio Emila poi trasferito nelle Marche che fu altresì confidente di Papa Pio VII. Attraverso via Tasso raggiungo corso Sacchirone dove vi è il Giardino Unità d'Italia su cui si affaccia un fianco del castello. Nel giardino vi sono diversi monumenti: quello dedicato alle vittime delle foibe, monumento ai caduti della prima guerra mondiale e quello alle vittime nei lager nazisti.
Mentre giro intorno al castello che si alza poderoso e imponente, benché modificato ripetutamente nei secoli ricordo la storia del borgo di Carmagnola. Il toponimo di Carmagnola compare per la prima volta intorno all'anno Mille, quando, la città rientrava ancora sotto la giurisdizione degli Arduinici che governavano la Marca di Torino. Con la morte dell'ultima arduinica Adelaide nel 1091 il territorio carmagnolese venne ripartito tra i Marchesi di Romagnano e quelli del Vasto. Furono questi ultimi, che sarebbero divenuti in seguito Marchesi di Saluzzo, ad imporsi progressivamente nel corso del XII secolo, fino a quando i Romagnano non si ritirarono nella vicina Carignano.
Da allora fino alla metà del Cinquecento Carmagnola restò assoggettata al dominio dei Marchesi di Saluzzo che vi edificarono il castello e cingendo l'abitato urbano con mura e fossati. Si deve sempre a questo marchesato lo sviluppo dei commerci e il conseguente sviluppo culturale e artistico. Quando dalla prima metà del XVI secolo anche il Marchesato di Saluzzo fu territorio conteso tra gli eserciti di Carlo V, Imperatore e Re di Spagna e di Francesco I, Re di Francia conobbe una rapida decadenza. Carmagnola restò alla mercé di invasori e di saccheggi: dapprima i lanzichenecchi di Carlo V al tempo della prima terribile pestilenza del 1522, poi truppe francesi, spagnole e imperiali che si alternarono nell'occupazione della città.
Con la battaglia di Ceresole del 1544, vinta dai francesi sugli spagnoli, inizio il quarantennio di occupazione francese e segnò la fine dell'ormai agonizzante Marchesato di Saluzzo. Nel 1588 Carmagnola passò nelle mani dei Savoia, quando Carlo Emanuele I l'assediò e la tolse ai francesi, che se ne rimpadronirono nuovamente nel corso del Seicento, durante la guerra civile tra Madamisti e Principisti. Nel 1690 la città fu occupata dal generale francese Catinat e il suo territorio devastato, ma nel 1691 Vittorio Amedeo II la riportò definitivamente entro l'orbita sabauda.
Da allora Carmagnola perse sempre più il suo ruolo strategico-militare con l'abbattimento delle fortificazioni. Poté pertanto dedicarsi a sviluppare la sua vocazione agricola e commerciale che le permise un notevole sviluppo economico, soprattutto legata alla coltura e alla commercializzazione della canapa e dei manufatti di tela e cordami. Il Castello fu edificato da Manfredo II Marchese di Saluzzo sul finire del XII secolo. Venne ampliato e rinforzato nei secoli XV e XVI, aveva una pianta quadrangolare con cortile interno, con accesso mediante ponte levatoio, posto ove si erge l'attuale chiesa di San Filippo. Conserva l'antica torretta circolare e la quattrocentesca torre di guardia. Fu parzialmente distrutto agli spagnoli e ricostruito dai francesi a metà del XVI secolo.
Da inizio XVIII secolo fino a metà del XIX secolo divenne convento dei padri Filippini. Oggi è sede del Municipio di Carmagnola. Aggirato il castello mi ritrovo in piazza Manzoni dove oltre l'ingresso del Castello, oggi del Municipio si erge la bella chiesa di San Filippo. Questa chiesa fu edificata fra il 1715 e il 1739, maestoso esempio di architettura barocca. Per la sua costruzione furono utilizzati i materiali tratti dalla demolizione delle fortificazioni. Presenta un elegante facciata barocca in cotto a vista ripartita su due ordini con grande frontone triangolare. Ogni ordine è suddiviso in più parti e nei due ordini sono presenti nicchie vuote.
La chiesa ha pianta rettangolare con unica navata e quattro cappelle laterali. Sempre in piazza Manzoni vi è una lapide su una la casa che ricorda che vi visse madre Anna Maria Rubatto, nata a Carmagnola nel 1884. Costei fu la fondatrice delle Suore Terziarie Cappuccine di Loano, diventate poi dal 1973 Suore Cappuccine di Madre Rubatto. Si trasferì come missionaria presso gli indios in America latina e morì il 6 agosto del 1904 a Montevideo.
Nel 1922 madre Anna Maria Rubatto fu canonizzata da Papa Francesco. Madre Rubatto è la seconda donna piemontese, dopo l'alessandrina Maria Domenica Mazzarello ad essere canonizzata. Su via Sacchirone all'angolo con via Gardezzana vi è un bel palazzo interamente in cotto che una scritta indica utilizzato, un tempo come "Albergo Reale con buon vino", una antica scritta dipinta che andrebbe salvaguardata. Una lapide posta in facciata ricorda la sosta del principe Vittorio Emanuele Torino Giovanni Maria di Savoia, conte di Torino con gli ufficiali della Regia Scuola di Guerra.
Inizio a percorrere via Gardezzana fino a raggiungere la seicentesca chiesetta di Sant'Antonio da Padova. L'edificio si colloca nel centro cittadino, tra la Piazza Sant'Agostino e l'antico castello. La facciata è a due ordini sovrapposti, separati da un cornicione curvato verso l'alto con all'interno cornice ovoidale e presenta un frontone terminale triangolare. I due ordini sono tripartiti da lesene e l'ordine inferiore ospita il portone d'ingresso fiancheggiato da due finestre rettangolari; al di sopra di esse sono collocate due nicchie vuote. L'ordine superiore ospita al centro una finestra quadrilobata.
Mentre mi reco a prendere l'auto per continuare il mio girovagare per Carmagnola mi sovviene che in questo borgo ha avuti i natali Bartolomeo Casalis natovi nel 1825 e che fu un Patriota, Senatore del Regno d'Italia nel 1880 e Capo della Polizia italiana dal 1885 al 1887 ma anche prefetto di Catanzaro, Catania, Avellino, Macerata, Genova e Torino. Altro personaggio importante Bartolomeo Galimberti natovi nel 1813, nonno del più noto Duccio, eroe popolare e partigiano della Resistenza cuneese Bartolomeo Galimberti fondò nella seconda metà del XIX secolo periodico "La Sentinella delle Alpi", giornale laico, politico, amministrativo e letterario.
Ormai sono in auto in direzione via del Porto.
Fine I parte.