Anche la centuriazione del territorio, conseguente ad espropri di terre a danno dei coloni locali testimonia la presenza romana. Inoltre secondo la tradizione l'origine del nome di Curtatone è attribuita alla presenza in questa località, di un accampamento installato dal Console "Curtius Odonis". Inoltre fu ritrovato nel XIX secolo, un sepolcro con corredo funebre: un vaso votivo, una lucerna policroma, il lacrimatoio e monete in bronzo dell'epoca di Tiberio. Una piccola necropoli dell'età di Augusto fu trovata in località Ponteventuno e furono inoltre scoperte delle strutture murarie romane e una lapide a Curtatone.
Ho letto che recenti studi farebbero risalire a Ponte-ventuno, frazione di Curtatone, il luogo in cui avvenne nel 452 lo storico incontro tra Attila e papa Leone I che interruppe le incursioni del condottiere unno. In epoca medievale fu edificato un castello denominato "Curtatono" che fu incluso, a tutela di Mantova, nel sistema difensivo denominato "Serraglio". L'importanza strategica del territorio determinò una proprietà diretta dei signori di Mantova, prima dei Bonacolsi e successivamente dei Gonzaga.
La città - fortezza di Mantova, protetta su tre lati dal fiume Mincio, completava la propria difesa sul quarto lato verso il comune di Curtatone con un complesso sistema fortificato formato da castelli, fortilizi e rocchette che costituivano una possente cortina difensiva a protezione della città di Mantova. In caso di assedio la città poteva perciò contare su una vasta fetta di campagna denominata "Serraglio" e corrispondente quindi a quel luogo fortificato comprendente Curtatone, Montanara, Buscoldo e Governolo.
Del castello di Curtatone non è rimasta traccia mentre è ancora esistente una delle tre "rocchette" di Montanara detta anche dell'Osone, per il canale che la costeggia, o Casale Rocca. Ne attesta l'antichità un'incisione murale datata 1459 che ricorda Papa Pio II (Enea Silvio Piccolomini) ospite a Mantova in occasione di un Concilio e pellegrino al Santuario della B.V. delle Grazie. Il toponimo di Montanara deriverebbe dal latino medievale "Montanarius" e poi "Montanaria" con riferimento all'altitudine superiore rispetto ai luoghi vicini.
Invece Buscoldo è citato per la prima volta in documenti del 1165 e la denominazione è legata alle caratteristiche morfologiche del terreno un tempo leggermente ondulato: Bosco Alto, Buscoldo. Curtatone con il suo territorio fu conteso da diverse casate come gli Scaligeri e i Visconti. Nella seconda metà del XIV secolo Bernabò Visconti distrusse molte fortificazioni saccheggiando il territorio. Inoltre è intorno a quegli anni che si fa risalire la scomparsa del borgo di Prato Lamberto ed è probabile che il paese sia stato saccheggiato e distrutto da Gian Galeazzo Visconti che nel 1397 invase il Mantovano forse anche aiutato dalla terribile pestilenza che scoppiò in quello stesso periodo.
Nel XVII secolo con la guerra per la successione di Mantova e del Monferrato, Curtatone viene occupata dalle truppe imperiali che assediano la capitale del Ducato di Mantova. Solo la cattiva stagione e la peste obbligarono gli imperiali a togliere l'assedio e i Gonzaga riconquistarono Curtatone, Montanara e Buscoldo. Nella guerra di successione spagnola, Mantova si trovò alleata con Francia e Spagna contro gli Asburgo d'Austria. Eugenio di Savoia alla fine del 1701 a capo delle armate imperiali occupò Curtatone con l'intento di porre il blocco a Mantova, assedio tolto nel 1702.
Le vicende della prima guerra d'Indipendenza nazionale hanno legato i nomi e i luoghi di Curtatone e Montanara alla battaglia combattuta il 29 maggio 1848 tra l'esercito imperiale austriaco che occupava militarmente il lombardo veneto, comprese le città fortezza del quadrilatero di Mantova, Verona, Peschiera, Legnago e il corpo di spedizione tosco - napoletano inquadrato nell'esercito piemontese e formato da soldati regolari e da volontari provenienti da Sicilia, Napoli, Roma e dalla Toscana. Nel 1848, tutta l'Europa fu percorsa da un moto di cambiamento politico, che partì dal basso, noto come "Primavera dei popoli".
Anche l'Italia fu coinvolta: a gennaio scoppiò la Rivoluzione indipendentista siciliana del 1848; tra gennaio e marzo il re delle Due Sicilie e quello di Sardegna dovettero concedere la Costituzione dietro pressione della popolazione; a marzo veneziani e milanesi si rivoltarono contro i dominatori austriaci, i primi costituendo la Repubblica di San Marco e i secondi cacciando gli austriaci dopo una lotta passata alla storia come le "Cinque giornate di Milano". Il 23 marzo il Re di Sardegna, Carlo Alberto, dichiarò guerra all'Impero austriaco, dando inizio alla prima guerra di indipendenza.
L'11 febbraio Leopoldo II di Toscana, cugino primo dell'imperatore Ferdinando I d'Austria, concesse la Costituzione, nella generale approvazione dei suoi sudditi. L'esempio asburgico fu seguito da Carlo Alberto di Savoia (Statuto Albertino) e da Papa Pio IX (Statuto fondamentale). Solo il re piemontese mantenne però lo statuto. Questo infiammò gli studenti universitari che vollero essere parte attività nella guerra d'indipendenza italiana. Le notizie relative ai moti rivoluzionari giunsero a Napoli e i giovani di questa città, particolarmente infervorati dalle parole della contessa milanese Cristina Trivulzio Belgioioso, accorsero ad iscriversi in liste di arruolamento, riservate prevalentemente a volontari.
Già il 23 marzo un primo contingente di circa duecento uomini, sostenuti economicamente dalla stessa contessa, salpò dal porto di Napoli diretto a Genova da dove, appena giunti si diressero a Milano. Nei giorni successivi, sempre via mare, partirono separatamente, diretti a Livorno, il 1° battaglione del 10° di Linea, capitanato da Giovanni Rodriguez e dal maggiore Viglia e un gruppo di circa seicento volontari, comandati dai maggiori Girolamo Ulloa Calà e Cesare Rossarol. Questi si diressero subito verso la Lombardia e si attestarono a Montanara e a Curtatone ed a questi si affiancarono gli studenti universitari toscani.
Infatti all'esercito Sardo si unì il battaglione universitario Toscano detto degli "scolari" costituito da circa 350 studenti al comando dei loro professori tra i quali Giuseppe Montanelli e il geologo Leopoldo Pilla. Lo scontro avvenne il 29 maggio 1848; erano poco più di 5000 volontari con 8 cannoni, in maggioranza studenti universitari toscani a cui si aggregarono un cospicuo numero di napoletani, tutti impegnati contro il ben più organizzato e numeroso esercito austriaco che contava oltre 20.000 soldati con 30 cannoni, al comando di Radetzky. Dopo la Seconda guerra d'indipendenza italiana, con la Pace di Zurigo del 1859, Curtatone e Montanara entrarono ufficialmente nel Regno di Sardegna all'interno della provincia di Cremona. Anche il 1943, durante la seconda guerra mondiale Curtatone fu protagonista di efferati eventi per mano nazi-fascista.
Arrivo così a Grazie di Curtatone, toponimo che deriva dalla presenza di un luogo di culto chiamato dal 1362 Santa Maria delle Grazie e documentato dal 1037. L'odierno santuario si trova nel punto in cui sorgeva la chiesa medievale di Santa Maria di Reverso. Il borgo si eleva su un piccolo promontorio emergente da un intrico di paludi, corsi d'acqua e canneti. Tra i canneti e la palude vi era un'edicola o forse un oratorio in cui contadini e barcaioli veneravano un'immagine miracolosa della Vergine col Bambino in grembo.
Nel 1399 iniziò la edificazione del santuario della Beata Vergine delle Grazie, sul luogo dell'immagine miracolosa, voluto da Francesco Gonzaga come ex voto per la fine della peste; intorno al santuario, consacrato nel 1406, sorse un villaggio in cui i pellegrini potevano trovare cibo e alloggio. Invece è nominata per la prima volta, nel 1425, la Fiera delle Grazie che si sviluppa ancora oggi, in tutte le principali strade del borgo. Preso alloggio in una delle tante strutture ricettive, inizio il mio girovagare per le Grazie, dapprima visitando le bancarelle della fiera e poi per vedere le opere dei Madonnari.
La fiera è una moltitudine di bancarelle che vendono qualunque cosa, ma io sono attratto soprattutto da quelli che vendono libri. Dopo aver acquistato qualche libro non posso non fermarmi ad assaggiare il piatto tipico delle Grazie ossia il panino con una fetta di cotechino fumante. Ormai sono nel grande piazzale dove centinaia di Madonnari hanno trasformano il sagrato del Santuario dedicato alla Beata Vergine Maria delle Grazie in una tavolozza dai mille colori. L'incontro Nazionale dei Madonnari, si svolge ogni anno dal 1973 e coinvolge centinaia di artisti provenienti da tutto il mondo.
L'arte dei madonnari è sicuramente un arte "sacra" ed un'arte popolare, anche se può definirsi un arte minore ed "effimera", perché potrebbe durare anche solo un giorno. Ciò è dovuto all'utilizzo di gessetti colorati per realizzare vere opere d'arte sull'asfalto. La loro durata dipende dai capricci del clima e se un acquazzone dovesse lavare le opere, i madonnari riprendono con pazienza il lavoro dall'inizio per la celebrazione religiosa dedicata all'Assunzione di Maria. L'evento con le sue opere è amato dal pubblico che è richiamato da ogni dove e suscita da sempre, molte emozione in quanto quest'arte di strada è ispirata alla tradizione cristiana.
Dopo aver osservato il monumento a Papa Giovanni Paolo II che vi fu pellegrino nel 1991, inizio ad inoltrarmi verso il santuario di Santa Maria delle Grazie. La facciata del Santuario presenta un tetto a salienti, tripartita da contrafforti con al culmine alti pinnacoli. Sulle spesse lesene, quasi piccole torri vi sono due orologi. Anche il culmine del tetto presenta un alto pinnacolo mentre la cornice del tetto presenta un coronamento ad archetti in cotto. Un lungo porticato, corre perpendicolarmente lungo ed oltre alla facciata della chiesa. Sotto di esso vi sono lunette affrescate verso la fine del Cinquecento che riportano scene della storia locale e hanno tutti in comune l'immagine della Madonna o suoi eventi miracolosi.
La facciata è completata da un bel portale rinascimentale in marmo rosso che reca sull'architrave, la scritta Sacrum Celesti Reginae Dicatum. Sotto il porticato vi sono diverse lapidi, tra cui alcune ricordano i caduti della famosa battaglia del 1848 e la lapide che ricorda il voto fatto da Francesco Gonzaga. Il Santuario della Beata Vergine delle Grazie è di stile gotico-lombardo, internamente con ampia volta che copre una sola navata, rimaneggiata nel sedicesimo secolo con motivi floreali. Entrando, mi colpiscono alcune peculiarità, innanzi tutto la particolarissima impalcata lignea che corre e ricopre la parte mediana delle pareti laterali e che ospita, in una sequenza di nicchie, su due ordini con decine di statue, ispirate a personaggi e temi della tradizione e della fantasia popolare.
Molte di esse sono in cartapesta. Alcune di queste furono spogliate di abiti e oggetti preziosi durante il saccheggio di Napoleone, altre sono state trasferite nel Museo Diocesano Francesco Gonzaga a Mantova. Completa la particolarità del Santuario la presenza di un coccodrillo mummificato, sospeso sulla parte iniziale e centrale della navata. Si tratta di un vero e proprio coccodrillo che è stato aggiunto nella chiesa nel XV o XVI secolo ed aveva un forte significato simbolico individuando in questo animale "esotico" la figura del drago che come il serpente erano associati al male, considerate personificazioni terrene del diavolo e animali che inducono al peccato.
Intorno a questo coccodrillo sono nate diverse leggende, c'è chi riporta la sua fuga dallo zoo privato dei Gonzaga, chi invece lo lega a miracolosi eventi: due fratelli barcaioli stavano riposando sulla sponda del fiume, a un tratto uno dei due venne assalito dal coccodrillo. L'altro fratello, chiedendo l'intercessione divina, si armò di coltello e riuscì a uccidere l'animale. Sull'impalcata che corre intorno alla navata non c'è parete, colonna, angolo disadorno da decorazioni composte da modellini anatomici in cera. Si tratta anche in questo caso di ex voto rappresentanti cuori, mani, occhi, seni, bubboni pestiferi, che rendono unico il Santuario.
La ricchezza della chiesa si evidenzia altresì con l'opulenza delle cappelle ai lati dell'unica grande navata. La chiesa ospita altresì la sepoltura di molti membri della famiglia Gonzaga tra cui Carlo II di Gonzaga-Nevers duca di Mantova e del Monferrato, duca di Nevers e Rethel e principe d'Arches. Faccio un giro per le Cappelle: la prima cappella sulla destra intitolata San Bonaventura ospita il Mausoleo di Baldassarre Castiglioni, noto per il celebre libro Il Cortigiano, opera di Giulio Romano, la cappella di San Lorenzo, quella di Santa Caterina, la bella cappella già della Mater Gratiae, quella di San Girolamo, bella anche quella di San Gabriele ma pure quella di San Sebastiano, armoniosa quella di Sant'Antonio, e quella di Sant'Ippolito.
Breve sosta davanti nel presbiterio dove in un tempietto voluto da Ercole Gonzaga con proprio testamento, poi realizzato nel 1646 dalla principessa Maria Gonzaga reggente del ducato, conserva la sacra immagine della Madonna delle Grazie, dalla quale il santuario trae l'intitolazione. Uscendo, volgo l'attenzione alla sagrestia nuova, fatta erigere nel 1642, conservante un bell'altare coevo con un dipinto con la Trinità e San Giovanni Battista. Particolarmente interessante il corridoio delle tavolette con un ciclo di lunette con affreschi che percorrono la vita di San Francesco. Infatti i francescani hanno gestito il santuario che era stato dotato di un convento, poi passato ai padri Passionisti. Di costoro rimane il simbolo passionista dipinto su una parete. Attualmente il Santuario è diretto dal clero diocesano. Il corridoio delle tavolette prende il nome dalle oltre cento tavolette votive, ex voto, dono di una moltitudine di cittadini per le grazie ricevute.
Lascio il Santuario dopo aver visto il piccolo chiostro sempre affrescato nelle lunette nel Seicento con la vita di San Francesco. Ormai è il momento di andare a presentare il mio libro sul Piemonte e lo faccio sul bellissimo lungo lago, là dove il fiume Mincio, comincia d allargarsi e a formare i tre laghi che circondano e proteggono la città di Mantova. La vista è splendida e spazia tra i canneti ed è colorato da una plaga di bellissimi fiori di loto, tra essi, gallinelle d'acqua e anatidi nuotano tranquillamente.
Dopo una serata passata in compagnia e un sonno ristoratore non posso lasciare Curtatone senza aver visitato il borgo e i luoghi della celebre battaglia. Breve ripasso della famosa battaglia: Il piccolo esercito dei Tosco-Napoletani costituito in tutto da poco più 5000 uomini, era stato messo a difesa dello schieramento destro dell'esercito piemontese tra Curtatone, Montanara e San Silvestro. Il 19 maggio il Battaglione Universitario si accampa alle Grazie, come riserva del presidio di Curtatone agli ordini del Generale Cesare Laugier, unitamente a reparti regolari del Regno delle Due Sicilie e del Granducato di Toscana. La mattina del 29 maggio l'armata austriaca agli ordini del feldmaresciallo Radetzky uscì dalla fortezza di Mantova forte di oltre 20.000 uomini deciso a eliminare l'esile linea tosco napoletana e piombare sull'esercito piemontese a Goito, prendendolo alle spalle.
L'artiglieria austriaca scatena la sua massa di fuoco mentre quella italiana è pressoché inesistente. Le colonne austro-ungariche si dividono in tre per creare una manovra a tenaglia che nei progetti doveva essere rapidissima; una prosegue per il ponte sull'Osone in Curtatone, la seconda è in direzione Montanara e la terza è destinata ad occupare Buscoldo. Radetzy, grazie al sacrificio degli universitari, fu costretto ad affrontare un accanitissimo combattimento che durerà tutto il giorno. Solo al tramonto, gli universitari, circondati, furono costretti alla ritirata. La tenace resistenza del battaglione universitario, quel giorno, ritardò l'esecuzione del piano di Radetzky vanificando la sorpresa austriaca e permise a Carlo Alberto di vincere il 30 maggio a Goito ed espugnare la fortezza di Peschiera.
I contingenti toscani e napoletani lamentarono su 5.400 uomini, 166 morti e 518 feriti, una percentuale assai alta che mostra l'intensità dello scontro, 1.178 prigionieri e 4 cannoni perduti, ossia poco meno di un terzo della forza complessiva. Gli austriaci ebbero 95 morti, 516 feriti e 178 dispersi. Dapprima mi reco a Curtatone dove nei pressi del mulino fu ferito mortalmente il capitano Leopoldo Pilla, docente universitario di mineralogia e geologia presso l'Università di Pisa che era amatissimo dai suoi studenti. Costui fu colpito mentre stava distribuendo le munizioni al suo reparto, trasportato nei pressi del ponte sull'Osone in attesa dell'ambulanza, ma se non ricordo male il suo corpo non fu mai più ritrovato. Ci rimane la testimonianza del comandante del contingente pisano-livornese, Giuseppe Montanelli che raccolse le sue ultime parole prima di spirare: "Non ho fatto abbastanza per l'Italia".
Giuseppe Montanelli, prozio di Indro Montanelli come lui stesso scrive nel suo libro Figure & Figuri del Risorgimento del 1987, fu Professore di diritto nell'università di Pisa fu in seguito fatto prigioniero dagli austriaci. Tra l'altro scrisse: "Nel mese di maggio quando fiorisce la rosa e l'usignolo innamorato della rosa canta sulle rive del Mincio, la Madre mantovana sparge di fiori la terra di Curtatone e Montanara e dice al figlioletto: Qui giovani toscani morirono gridando "Viva l'Italia"." Mi piace anche ricordare che dopo che fu liberato fu eletto tra i "triumviri" della Toscana, a differenza di Mazzini, era un federalista cioè auspicava la creazione di una confederazione di stati italiani e non una unione centralistica.
Dopo la restaurazione nel Granducato di Toscana, Montanelli, che si trovava a Parigi, fu condannato come sovversivo e rimase in Francia, speranzoso che Napoleone III intervenisse in favore della causa italiana. Ebbe modo di incontrare l'Imperatore per spiegargli il suo progetto federalista il 25 maggio 1859 ad Alessandria al seguito dei Cacciatori degli Appennini. Dopo il raggiungimento dell'unità nazionale, fu eletto deputato al Parlamento italiano. A Curtatone vi è il bel monumento ai caduti della battaglia, ora dedicato agli studenti volontari morti nelle guerre dal 1848 al 1945. Il Monumento fu inaugurato nel 1870 ed è opera dell'architetto fiorentino Giuseppe Poggi che aveva preso parte alla battaglia.
A questo monumento, consistente in una colonna in granito posto su un alto basamento in marmo collocato al centro di una grande piattaforma marmorea accessibile attraverso gradini è stato aggiunta un esedra a ricordo del Battaglione dei Volontari Universitari "Curtatone e Montanara" impiegato nella campagna d'Etiopia bel 1936. Tra le tante lapidi bronzee e marmoree che sono collocate sul monumento, quella che mi colpisce di più, recita: "Lasciarono i libri, imbracciarono le armi, accorsero ovunque si combattesse in nome dell'Italia. Caddero Eroicamente".
Il lungo elenco degli studenti caduti in combattimento è inciso nel bronzo, sia quelli caduti nel 1848 che quelli del costituito "battaglione Curtatone Montanara" riferite alla campagna d'Etiopia tra cui trovo il nome di due alessandrini. All'esterno di questa recinzione semicircolare ce n'è una bassa e quadrangolare su cui sono incisi i nomi di tutte le università ed accademie che hanno alimentato il battaglione universitario. Sempre a Curtatone vi è un altro importante Monumento a ricordo dei 10 militari italiani trucidati alla Valletta Aldriga di Curtatone il 19 settembre 1943, dai tedeschi della Wehrmacht. I dieci militari italiani furono prelevati dal campo di concentramento del Gradaro di Mantova ed uccisi uno ad uno come rappresaglia per il ferimento di due soldati tedeschi in un attentato, ma molto più probabilmente il massacro si inserì in una strategia terroristica preventiva attuata nei giorni immediatamente successivi all'8 settembre 1943 dopo che notizia che il Regno d'Italia firmo l'armistizio con le truppe Alleate.
Dopo aver visto la Locanda del Ponte, sull'Osone, dove nel primo pomeriggio del 29 maggio fu schierato il battaglione universitario capeggiato dai loro professori, proseguo il mio girovagare raggiungendo Montanara. Difficile immaginare il caos di quella giornata dove tra ordini e grida di dolore, si combatteva tra i boati dei colpi di cannone e il crepitare di fucilate, carri carichi di feriti, urla strazianti e il silenzio degli ultimi pensieri all'amata e alla madre di coloro che sanno che non vedranno il nuovo giorno. Transito davanti alla chiesa di Montanara che durante la battaglia si ritrovò conficcata in una lesena una palla di cannone austriaca. La chiesa è intitolata alla Immacolata Concezione della B. V. Maria e fu edificata nel 1725 al posto di una più antica di cui è rimasto il quattrocentesco campanile in stile gotico-lombardo. Di fronte esiste palazzo Loghino Sessa, chiamata "Casa Sissa", dal nome dei proprietari e che fu sede provvisoria del Comune dal 1840 al 1890. In questo edificio i Toscani trovarono protezione dall'assalto austriaco ma le forze austriaco erano soverchianti.
Mi fermo al monumento ossario , un grande obelisco che sorge nel luogo dove nel giorno della battaglia erano collocati due cannoni e un obusiero. Il giorno dopo la battaglia, forse in una trincea scavata trovarono luogo di sepoltura la maggior parte dei caduti. Solo nel 1866 i militari ivi sepolti trovarono pace nella cripta della locale cimitero. Invece in Corte Pierina, oggi un complesso residenziali, quel giorno ospito un ospedaletto volante per accogliere i militari feriti. Arrivo così davanti a Palazzo Zanetti - Cavalcabò con il suo grande cortile e il suo importante arco d'accesso con lo stemma araldico dei marchesi Zanetti. L'edificio è detto il "Palazzone" come veniva chiamato fin dai tempi remoti. Palazzo Zanetti-Cavalcabò fu costruito tra la fine del XVII secolo e gli inizi del XVIII secolo su un precedente edificio cinquecentesco e fu utilizzato anch'esso come sede municipale e scuola elementare.
In questo luogo si barricò un drappello di volontari toscani e ne nacque un violento scontro e dove gli austriaci utilizzarono anche granate e razzi incendiari. Di fronte vi è la Scuola primaria intitolata a Carlo Collodi pseudonimo di Carlo Lorenzini, meglio conosciuto come autore di Pinocchio, anch'esso ha combattuto a Montanara tra i volontari toscani. Nel giardino della scuola vi è un cippo che ricorda un giovane ufficiale austriaco, Antoni Schestak che fu ferito a morte da un proiettile di fucile durante l'assedio a Palazzo Zanetti-Cavalcabò e che simbolicamente ricorda tutti i caduti austriaci. Antoni Schestak era un ufficiale del 18° Fanteria Reisengher, aiutante di campo del Colonello conte Clam Gallas.
In auto raggiungo la Corte Spagnola, edificata alla fine del XVII secolo, di proprietà del marchese Claudio Zanetti e successivamente della famiglia Cavalcabò. Oggi è sede Municipale e durante quel infausto e glorioso giorno per il battaglione universitario, i ragazzi vi furono schierati "a bersagliera" cioè senza alcun riparo se non la corte stessa. All'interno della Corte Spagnola vi è una lapide marmorea realizzata nel 1898 dal Comune di Curtatone in occasione del cinquantenario della storica battaglia risorgimentale e ricorda i caduti di quello scontro e quelli periti successivamente a seguito delle ferite. Sulla via del ritorno mi fermo a guardare la Rocca dell'Osone, conosciuta anche come Rocca del Cantone, memoria del Serraglio, dove vi fu l'ultimo tentativo dei volontari di frenare l'avanzata austriaca.
Sarebbero tanti i bei palazzi da vedere come la settecentesca villa Eremo, l'ottocentesca Villa Bella in frazione San Silvestro, Vila Brunoris, Villa Bongiovanni, il teatro "Giuseppe Verdi" a Buscoldo. Oltre alle chiese e al santuario delle Grazie, di epoca tardo barocca vi è la chiesa di San Marco Evangelista a Buscoldo. In questo luogo si trova anche il santuario della Beata Vergine del Buonconsiglio edificato nel 1747. Invece a Levata vi è la neoclassica chiesa parrocchiale di San Tommaso.
Allontanandomi da Curtatone per fare rientro verso casa ricordo altri illustri personaggi che vi nacquero, come il capitano garibaldino Siliprandi Francesco natovi nel 1817 e che fu decorato di cinque medaglie e partecipò al moto insurrezionale contro l'Austria che culminò con l'impiccagione di un gruppo di patrioti italiani tra il 1852 e il 1855, poi chiamati i Martiri di Belfiore, dal nome della località dove vennero giustiziati. Ma anche Mons. Luigi Martini nato nel 1803, parroco di Levata, che ebbe l'incarico di assistere i condannati politici rinchiusi nel castello di Mantova tra il 1850 e il 1855.
Vi sono anche altri personaggi illustri soprattutto militari deceduti durante la prima e la seconda guerra mondiale. Ormai sono sulla via del ritorno e sono soddisfatto di aver colto l'occasione di visitare Curtatone, un piccolo comune che incarna la quintessenza della storia e della cultura italiana. Con la sua ricca tradizione e le sue profonde radici storiche, Curtatone mi ha offerto uno spaccato affascinante della vita italiana, dalle battaglie del Risorgimento alla tranquillità della vita moderna nel rispetto della tradizione. Questo luogo non solo custodisce il ricordo di eventi significativi ma raccoglie veri gioielli architettonici e spirituali che ne fanno una meta da scoprire.