Blog di Dante Paolo Ferraris

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il mio Piemonte: Lamporo

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LamporoIl sole si sta alzando lentamente, illuminando i campi. Le risaie, a quest'ora del giorno, riflettono la luce dorata del sole, creando un'atmosfera quasi magica. Un viaggio in un paese risicolo è un'esperienza unica e affascinante, ricca di contatto con la natura e tradizioni millenarie. A Lamporo le risaie dominano il paesaggio, si estendono a perdita d'occhio, verdi o d'oro sono sempre lussureggianti, dove è facile immaginare il ritmo delle stagioni e del lavoro agricolo. Il paese che oggi visito ha poche centinaia di abitanti ed è edificato su due file di edifici allineati sulle sponde del canale o roggia Lamporo, tributario del torrente Marcova per poi confluire nel fiume Sesia.
Parcheggiato l'auto in piazza piazza Don Ferruccio Deva a poca distanza del municipio e la chiesa parrocchiale, inizio ad aggirarmi per il paese. Il Comune deve la propria attuale denominazione da quella dell'antico torrente Ampurius, o Emporium. Don Ferruccio nacque il 9 giugno del 1925 a Lamporo e morì a Torino nel 1992, oltre a essere stato un docente universitario e pedagogista scrisse diversi sillabari e libri di lettura per le scuole elementari nonché un libro di storia sul borgo natio, ed è a Lui che è intitolata questa grande piazza.
Il borgo pare abbia una storia ancora tutta da scoprire, di certo fu edificato nei pressi del guado sul omonimo canale lungo la strada che collega tutt'ora Crescentino a Livorno Ferraris. Le prime notizie storiche sul nucleo abitato si trovano tuttavia in documenti riguardanti l'Abbazia di San Genuario, fondata nel 707 da Gauderi, cavaliere del re longobardo Ariperto II. I primi insediamenti furono forse proprio le loro curtis, strutture agricole autonome. Negli atti dell'Abbazia di San Genuario, ora scomparsa, appaiono molti toponimi, ancora in uso, che permettono di assegnare all'abbazia quasi tutto il territorio attuale di Lamporo.
Con la decadenza prima e la scomparsa poi dell'Abbazia San Genuario si crede che abbia preso forma il paese che era indicato col nome di «Case del Lamporo». Si fa risalire al 1571 l'esigenza di creare una parrocchia autonoma, staccata da Crescentino in quanto troppo distante dal borgo. Nel XVII secolo il duca Vittorio Amedeo II, rende autonomo borgo di Lamporo da Crescentino infeudandolo al conte Guglielmo Pastoris di Saluggia. Il borgo di Lamporo subì diverse carestie e pestilenze e nel 1705 dopo la caduta della rocca di Verrua , anche Lamporo fu saccheggiata quasi distrutta dalle truppe francesi del maresciallo Vendôme.
All'angolo di piazza Don Ferruccio Deva vi è un piccolo e moderno Monumento ai Caduti lamporesi. Subito mi ritrovo davanti ad un oratorio, alla chiesa parrocchiale e al Municipio. La chiesa parrocchiale intitolata a San Bernardo fu edificata nel 1566 dove sembra sorgesse una cappelletta già nel XIII secolo e poi un oratorio. La prima chiesa aveva due navate poi ampliata nel 1665, poi ancora 1728 e nel 1818. Il 25 aprile 1571 la chiesa venne eretta a parrocchiale, rendendola indipendente dalla chiesa matrice di Cresentino.
La facciata interamente intonacata è suddivisa in due ordini ed è tripartita da lesene binate, mentre il tetto è a salienti. L'ordine inferiore è anticipato dal pronao tetrastilo caratterizzato da colonne e pilastri sorreggenti degli archi a tutto sesto. Le tre porte sono corrispondenti alla rispettive navate con quella maggiore, posta sotto il pronao, assai più grande. Le porte laterali hanno sopra di esse due ampie finestre rettangolari. Nel registro superiore, centralmente sono affrescate immagini di Santi su finte finestre incorniciate da stucchi.
Nel timpano triangolare si legge la scritta D.O.M./ SANCTO/ BERNARDO/ DICATUM/ MCMLXXVIII. Nel suo interno, in stile barocco vi sono delle decorazioni con soggetti fitomorfi, mentre il soffitto è caratterizzato da dei tondi in cui sono visibili i ritratti di alcuni santi. Sono inoltre conservati un pregevole organo di fine XVIII secolo, altari laterali dedicati a Sant'Orsola, Sant'Antonio, San Carlo e ai santi Germano e Protrasio. Vi è inoltre un pregevole reliquiario settecentesco e un dipinto attribuito al Moncalvo o alla sua scuola.
Bella e slanciata la squadrata torre campanaria con una cuspide piramidale a sei facce. Nei suoi pressi vi è il palazzo Municipale la cui costruzione risale alla metà del XIX secolo. Successivamente fu costruito un ulteriore edificio, annesso al palazzo comunale per collocarvi la scuola femminile con l'alloggio per gli insegnanti, per il medico e le aule scolastiche. Sulla bella facciata del Municipio sono collocate le lapidi marmoree ai militari di Lamporo caduti nel conflitto armato del 1915 -1918 e quelli della guerra 1940 – 1945.
Un altra lapide ricorda il partigiano lamporese Corrado Semenenga nato il 3 novembre 1919 e fucilato a Tortona il 27 febbraio 1945, appartenente alla Brigata Patria. Il 26 febbraio 1945 a Sarezzano in provincia di Alessandria, durante uno combattimento tra partigiani e tedeschi, rimase ucciso un soldato tedesco e un altro fu gravemente ferito, morì poche ore dopo. Il giorno seguente per rappresaglia, il comando tedesco prelevò dal carcere di Casale M.to dieci prigionieri rastrellati in Monferrato durante l'inverno e li fucilò al Castello di Tortona, tra questi vi era il Semenenga.
Sotto il portone d'ingresso vi è invece una lapide che ricorda l'Avv. Cav. Ettore Monateri nato a Lamporo nel 1887, laureato in Giurisprudenza che fu un importante pubblico amministratore. Invece la Chiesa della Confraternita come è localmente chiamata, è situata a destra della facciata dalla parrocchiale e fu costruita nella prima parte del XVIII secolo per la Confraternita della Beata Vergine del Suffragio, su un'area già in parte adibita a cimitero. La facciata con tetto a capanna è assai semplice, si prospetta su via Garibaldi ed è caratterizzata da un frontone con timpano modanato che pare sorretto da slanciate lesene angolari.
La porta centrale è incorniciata da una finta trabeazione con lesene e timpano. L'intera facciata è intonacata e mi si è raccontato che l'edificio è ora utilizzato per attività espositive e che la porta principale è murata dall'interno e vi si accede dalla porta laterale che ha le medesime fattezze e si affaccia sul sagrato della chiesa parrocchiale. Lascio l'oratorio della Beata Vergine del Suffragio e mi reco nella piazza della chiesa realizzata dietro l'edificio parrocchiale dove si erge un antico edificio che ospita la fondazione Conti Marone e Don Ottavis.
L'edificio che ospita la fondazione era sede dell'asilo infantile e fu lasciata in eredità da Pietro Conti e Maria Marone. La fondazione eroga servizi alla persona e supporta la popolazione indigente di Lamporo. Presente anche un ostello utilizzato soprattutto dai pellegrini che percorrono la via Francigena che attraversa il borgo. Percorro via Marone, una delle due strade che corrono lungo il canale Lamporo in direzione ovest fino a raggiungere la Cappella della Madonna di Loreto. Questa strada è intitolata a Giacomo Bartolomeo Marone (1550 – 1623) che fu un senatore e poi primo presidente del Senato Sabaudo. A costui fu infeudato, «per i servigi resi, di due "grange" presso Crescentino ossia a Lamporo.
Le case che costeggio sono perlopiù cascinali, tutte ben conservate ed abitate. La cappella della Madonna di Loreto è edificata proprio sopra la roggia Lamporo e fu edificata nella prima metà del XVII secolo. Una leggenda vuole che un capitano di ventura al ritorno da una campagna militare in Francia, in possesso di una notevole quantità di denaro, si fermò in un osteria per riposarsi. In piena notte si sveglio di soprassalto e vide una lama di una spada pendergli sul petto, comprese che l'oste e i suoi soci volevano ucciderlo per impossessarsi dei suoi denari, riuscì a scappare e trovò rifugio in un canale, nascondendosi dagli inseguitori che muniti di cani gli davano la caccia.
Scampato il pericolo promise alla Madonna che in quel luogo avrebbe edificato una Cappella dedicata alla Vergine per ringraziarla per aver avuto salva la vita. In effetti la cappella fu edificata per volontà del nobile Guglielmo de Capitaneis. La cappella ha un ampio portico e presenta un interno con volte a botte e sull'altare vi è la statua della Madonna di Loreto. Il campanile, in cotto con una cupola elaborata ed in stile barocco è settecentesco come la sagrestia.
Torno sui miei passi e raggiunto la piazza, superata la strada provinciale 2, proseguo verso Est, sempre costeggiando la roggia Lamporo lungo via Chiò. Anche questo tratto di canale è costeggiata da due strade che corrono parallele. Dopo un centinaio di metri vi trovo lungo le sue rive la Cappella di San Rocco. Questa Cappella fu edificata, almeno si crede ad inizio XVIII secolo, altri affermano invece risalga al XVII secolo come luogo di ricovero per gli ammalati di peste. La facciata è a capanna semplice con un frontone modanato e con un timpano che racchiude uno sfondato ottagonale con l'inscrizione "MDCCXVII San Rocco".
La facciata è suddivisa in due ordini da uno sporgente marcapiano, presenta lesene angolari a tutto tetto. Nel primo ordine vi è il portone d'ingresso preceduto da un cancelletto in ferro ed è fiancheggiato da due finestrelle. Nel secondo ordine centralmente vi è una finestra a croce. La facciata e il campanile sono intonacati e tinteggiati mentre il resto è a mattoni a vista. Il piccolo campanile a base quadrata risale al 1959 e presenta una guglia ha forma piramidale con base quadrata e porta in cima una croce in ferro battuto.
La posizione della Cappella di San Rocco è quasi simmetrica a quella della Madonna di Loreto rispetto al centro del paese, ma essa sorge a fianco e non al di sopra del canale. È il momento di andare a pranzo e fortunatamente a Lamporo vi è una rinomata trattoria proprio in piazza. Ovviamente, un viaggio in un paese risicolo non sarebbe completo senza esplorare la cucina locale. Il locale è frequentato da avventori locali, il servizio è veloce e il personale cordiale. Si tratta della classica trattoria di cucina tipica piemontese con piatti della tradizione ma il piatto d'eccellenza, almeno per il sottoscritto, è la panissa vercellese.
Come antipasti, evitando gli affettati o preferito i tomini, vitello tonnato, lingua in salsa verde veramente eccezionali e poi la regina della tavola è la panissa, un piatto a base di riso, fagioli , meglio quello di Saluggia, salame sotto grasso, lardo senza cotenna, brodo di carne, cipolla e un bicchiere di vino rosso corposo. Dopo un lauto pranzo, innaffiato da un bicchiere di Barbera del Monferrato, riprendo l'auto per infilarmi lungo una polvorosa stradina di campagna per raggiungere una cappelletta posta in mezzo ai campi.
La trovo in un quadrivio di strade di campagna tra i campi coltivati a riso o anche a mais. È semplicemente chiamata cappelletta della Madonna e si tratta di un piccolo edificio con tetto a capanna, interamente intonacata, anticipata da un piccolo portico. Collocata sicuramente lungo importanti strade di collegamento è ben conservata, segno che vi è una grande devozione alla sua Madonna. Lamporo racconta in ogni suo luogo la cultura del riso che non è solo un prodotto agricolo, ma un simbolo culturale.
Non mi resta che tornare lentamente verso casa e godermi ancora questi fantastici paesaggi piemontesi.