Blog di Dante Paolo Ferraris

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Il mio Piemonte: Montechiaro d'Asti

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Montechiaro d'AstiLa mattinata e fresca e chiara, ormai la primavera la fa da padrona ed oggi voglio godermi un pezzo di Monferrato, raggiungendo un incantevole borgo piemontese. Montechiaro d'Asti, luogo dove incontrerò l'amico e collega Mauro, racchiude in sé la serenità e il fascino della campagna monferrina. Situato tra dolci colline e vigneti rigogliosi, questo comune è rinomato per la sua produzione vinicola ma soprattutto per essere un importante territorio dalle alte caratteristiche tartufigene. Montechiaro d'Asti, richiama appassionati da ogni dove anche per la sua storia e soprattutto per i suoi beni architettonici. Prima di salire sui tre colli su cui si distende l'antico borgo transito per la sua frazione Nocciola dove è ancora visibile l'antica Distilleria Martini e Rossi, ex complesso industriale edificato nel XIX secolo.
Qui vi è la stazione di Montechiaro d'Asti, fermata ferroviaria della linea Chivasso-Asti ormai utilizzata soltanto per i treni turistici. La stazione fu aperta il 20 ottobre 1912, contestualmente all'inaugurazione della linea, dotata anche di un binario per scalo merci. Inizio a inerpicarmi sui colli, seguendo la sinuosa strada provinciale. Antichi cascinali, moderne ville sono intervallati da distese verdi di campi in fiore e piccoli boschetti. Come sfondo, quasi un quadro, vi sono i tanti colli sormontati da castelli e campanili. Adagiato su una delle colline della dorsale che si erge tra le valli dei torrenti Rilate e Versa, Montechiaro d'Asti venne fondato il 13 marzo del 1200.
Si conosce con esattezza la sua data in quanto in quel giorno, novantatre uomini dei borghi di Piesenzana, Mairano e Maresco giurarono fedeltà al podestà di Asti ottenendo la cittadinanza astese e il permesso di fondare la nuova "villa" o "villa nova" con cittadini provenienti da Cortanze e dai borghi, poi scomparsi, di Piesenzana, Maresco e Mairano. Sin dalle origini il paese seguì le sorti di Asti nelle controversie con i Marchesi del Monferrato, fino a quando, nel XIV secolo divenne dominio visconteo e come tale, fu inserito nei beni dotali di Valentina Visconti nel 1387, in occasione delle sue nozze con Luigi d'Orléans. Nel corso delle guerre franco-spagnole del XVI secolo il territorio venne occupato dalle diverse parti in lotta, prima di passare definitivamente con la pace di Cambrai ai Savoia agli inizi del XVI secolo.
Arrivato sul culmine della strada che corre sulla dorsale collinare, già all'incrocio trovo la cappelletta intitolata a San Carlo, di proprietà privata. Questa è realizzata in mattoni intonacati e presenta una facciata a capanna con semplice portale in mattoni a vista con un timpano triangolare posto sopra architrave. Al centro della facciata vi è un oculo tamponato. La dedicazione è dovuta sicuramente al fatto che prima del 1817 la diocesi di Asti era suffraganea a quella di Milano. Proseguo per via Maresco in salita, dopo aver passato la caserma dei Carabinieri parcheggio in piazza IV novembre dove vi è da un lato il Monumento ai caduti e dall'altro la cappella di San Rocco e Defendente.
Qui vi trovo l'amico Mauro e anche Peppino che mi accolgono. Dopo i doverosi convenevoli, Peppino mi fa vedere questa Cappella. Questa è intitolata in origine a San Defendente Martire, ora conosciuta dai più come San Rocco e si trova in corrispondenza della distrutta porta di Maresco, poco fuori dalle antiche mura del paese. La cappella fu ricostruita nel 1715 sul sedime di una preesistente struttura, poi ampliata successivamente con la realizzazione delle cappelle laterali rendendo asimmetrica la facciata. Questa è bipartita ed in corrispondenza della navata principale la facciata si presenta semplice, incorniciata da paraste che reggono un frontone senza trabeazione con timpano triangolare; il portale di accesso centrale è dotato di cornice con oculo superiore con cornice curva mistilinea, mentre la porzione laterale aggiunta presenta centralmente una finestra rettangolare.
Accediamo al suo interno che è ben conservata e interamente intonacata. Si presenta a pianta a navata unica a tre campate con presbiterio quadrangolare e coro poligonale. Entrando, sulla destra trovo le tre cappelle laterali, dotate ciascuna di altare in muratura a parete una intitolata a San Rocco e una a San Vittone. Noto che l'aula liturgica è ribassata di uno scalino rispetto al presbiterio e alle cappelle laterali. Conserva una bellissima e grande tela seicentesca di Isidoro Bianchi raffigurante il "Trionfo dell'Eucarestia" e una bella statua di San Rocco. L'altare maggiore è in legno laccato, ornato con fiori dipinti. Nel pavimento vi è una lapide ricordante la sepoltura dell'ultimo parroco della chiesa di Maresco, Don Carlo Mossotto, 1838.
Considerevole è il mobile della sacristia, finemente scolpito in legno di noce e datato 1790, proveniente dalla demolita chiesa di Santa Maria Maddalena di Maresco. Salutato Peppino proseguo con Mauro il mio girovagare per Montechiaro e iniziamo a percorrere via Roma. Trovo subito un interessante laboratorio-negozio di pasticceria dove producono un noto dolce locale, la nocciolina una soffice torta di nocciole realizzata senza farina. Continuando il nostro percorso, Mauro mi mostra una lapide marmorea che ricorda che vi visse Roberto Sacchetti nato a nel 1847 e morto a Roma nel 1881.
Nel 1866, durante la terza guerra d'indipendenza, aveva preso parte alla campagna nel Trentino al seguito di Giuseppe Garibaldi. Costui fu Scrittore, giornalista e romanziere della corrente letteraria della scapigliatura. Nel novembre del 1870 Sacchetti aprì uno studio legale a Montechiaro d'Asti per fare fronte alle difficoltà economiche della famiglia seguite alla paralisi del padre. Nei pressi del moderno edificio della Banca di Asti si apre uno spazio e sul muro di una casa vi è una lapide che ricorda che qui vi era la chiesa parrocchiale di Maresco, dedicata a San Vittore e a Santa Maria Maddalena, soppressa nel 1838 ed abbattuta nel 1923.
Subito dopo trovo la settecentesca cappella ex confraternita di Sant'Anna. Realizzata interamente in cotto con mattoni a vista la sua facciata è articolata in due ordini, la parte superiore è il risultato dalla sopraelevazione dell'intero fabbricato. L'ordine inferiore è caratterizzato da un alto basamento in muratura a vista con un portale in cotto con timpano spezzato che accoglie finestra modanata. Il secondo ordine presenta una finestra centinata centrale ed è sormontata da un frontone semicircolare con nel timpano un piccolo affresco raffigurante la santa titolare. Un piccolo campanile è posizionato in facciata sullo spigolo settentrionale. Questa era la sede della Confraternita delle Umiliate.
L'interno, apprendo è ad unica navata, con numerose tele sei- settecentesche, con stemmi nobiliari, e da antiche statue lignee e di terracotta. La cappella si affaccia su una piazzetta panoramica da cui godo una vista molto apprezzabile sulle colline circostanti, in cui Mauro mi indica la chiesa barocca di Sant'Antonino e la pieve romanica dei Santi Nazario e Celso, con l'alto campanile che emerge da un boschetto. Proseguendo per via Roma raggiungo piazza del Municipio o meglio piazza Umberto I, dove si affacciano tra i negozi, oltre il palazzo municipale anche la torre civica, risalente all'XI secolo. Questa bella torre quadrata è posta all'angolo del palazzo municipale e forse è quanto rimane di una casaforte.
L'imponente torre interamente in cotto è munita di orologio e porta sul culmine un tettuccio che rende la rende inconfondibile. Sotto la torre si apre un passaggio, ossia l'antica porta di Mairano. Infatti l'antica cinta urbica aveva tre porte, situate in direzione dei tre borghi circostanti preesistenti: Piesenzana, Maresco. quella di Mairano è l'unica ancora esistente. Il palazzo Municipale presenta al piano nobile una bella balconata in pietra e ferro battuto. Sull'edificio su cui è affrescato lo stemma comunale e una meridiana è posta altresì una lapide con i nomi dei caduti nelle guerre del 1855, del 1860 - 1861, 1866, 1896 e 1915 - 1918.
Colgo l'occasione per apprendere che negli anni della seconda guerra mondiale, tra il 1940 e il 1943, furono internati a Montechiaro 15 profughi ebrei tra cui bambini. Dopo l'8 settembre 1943, con l'occupazione tedesca, fortunatamente costoro prontamente si dispersero salvandosi, chi trovando rifugio in zona, chi in Svizzera. Purtroppo Kabiljo Levi, fu invece arrestato il 1° dicembre 1943 e deportato e ucciso ad Auschwitz nel febbraio 1944. Altri ebrei piemontesi arrestati a Montechiaro furono anche Elda e Rita Colombo il 7 dicembre 1943 e Aldo Colombo il 23 agosto 1944.
Fiancheggia la piazza la chiesa parrocchiale di San Bartolomeo, di sicure antiche origini ma oggi si presenta con fattezze barocche, modificata a meta XVIII secolo, spostando anche la facciata da quella originaria. La chiesa di San Bartolomeo presenta una facciata in mattoni a vista ed è suddivisa su due ordini, tripartita da leggere lesene e con cornice marcapiano poco aggettanti. Interessante e movimentato il portale novecentesco in cemento che emula il settecentesco barocco piemontese. La chiesa di San Bartolomeo presenta una pianta asimmetrica a tre navate con due cappelle laterali e cappella a conclusione della navata laterale destra.
Sulla sinistra vi è la fonte battesimale con cancellata in ferro, luogo ove fu battezzato Francesco Bergoglio, bisnonno di "Papa Francesco". Al centro del coro vi è una grande tela raffigurante l'incoronazione della Madonna con Santi, di scuola moncalvesca. In un vicolo, sul retro della chiesa di San Bartolomeo vi è la chiesa Confraternita della SS. Annunziata o dei Batû. Questo edificio fu edificato nel 1514 quando venne fondata la Confraternita dei Disciplinati sotto il titolo della S.S. Annunziata promossa dal Comune e con il contributo della popolazione. La chiesa pare chiusa tra i bastoni della città e la chiesa di San Bartolomeo. L'accesso avviene dal vicolo omonimo sotto un voltone che la unisce alla chiesa di San Bartolomeo.
Internamente si presenta ad aula unica con sacrestia che si sviluppa in una parte di torre medievale. L'altare maggiore a gradini è addossato al muro, presenta un paliotto in scagliola ed ancona raffigurante la Santissima Annunziata. Mauro i racconta che conserva una bella "macchina" processionale della Madonna Addolorata, che veniva portata in processione per il borgo. Tornati sulla via principale ossia via Piesenzana e ci avviamo verso la chiesa parrocchiale di Santa Caterina che dista poco distante. La strada in porfido è affiancata da diverse attività commerciali che raccontano la vivacità del borgo. Arriviamo così davanti alla bella chiesa di Santa Caterina edificata negli ultimi anni del XVII secolo sul sedime di una precedente chiesa in parte riutilizzata.
La sua facciata è barocca in muratura a vista, si presenta su due ordini, pentapartita da lesene nel primo e tripartito nel secondo. La presenza di un timpano curvilineo movimentano l'andamento del prospetto. I due ordini sono divisi da ampio marcapiano mentre tra le lesene nell'ordine inferiore vi sono degli sfondati e nicchie nel secondo ordine. Il portale d'ingresso è protetto da protiro con timpano curvo spezzato che fa posto alla statua della santa titolare. Il bel portone è in noce con eleganti pannelli, scolpiti. Il campanile è posizionato lateralmente alla chiesa all'altezza della facciata ed ha accesso indipendente dall'esterno. La sua prima attestazione risale al 1270 quando l'edificio di culto viene nominato come dipendente da Santa Maria di Pisenzana.
Con lo spostamento dell'abitato di Montechiaro sul crinale della collina, la chiesa, per comodità degli abitanti, assunse, di fatto, le funzioni parrocchiali. L'aula a unica navata è assai grande, ricoperta da volta a botte ed affiancata da sei cappelle passanti. La volta è stata affrescata all'inizio del secolo scorso da Luigi Morgari. Entrando, la prima cappella di destra ospita il fonte battesimale in marmo con cancellata in ferro dove nel 1752 fu battezzata Domenica Bossone, che era la nonna di Don Bosco. Poco distante dalla chiesa è presente il monumento in legno al "trifolao e al suo tabui". Sulla parete della casa difronte alla piazza, posta su via Vittorio Emanuele III vi è un affresco che ricorda la vittoria del palio di Asti nel 1981 da parte di Montechiaro.
Da questa posizione privilegiata si può percorrere via Pietratti che funge anche da belvedere decisamente scenografico ma soprattutto corre sul muraglione ad archi, antica parte delle mura difensive che vengono chiamati popolarmente i Voltoni. Percorriamo dapprima via Mondo e poi andremo a vedere la Casaforte di Piesenzana. Infatti in via Mondo trovo sia la chiesa di Sant'Antonio Abate. Questa chiesa è molto antica, tanto che risulta citata nel verbale della visita pastorale effettuata nel 1627. Fu ricostruita nell'attuale fattezze nella seconda metà del 1700 e possiede una facciata barocca in cotto a vista con eleganti cornici alla finestre e al portale che accoglie un portone a pannelli settecenteschi scolpiti.
Poco distante una lapide ricorda che in questa casa vi nacque nel 1859 il Cav. Giovanni Pianta che fu medico e benefattore di Montechiaro. Torniamo indietro e per poche decine di metri percorriamo via Gerardi dove si affaccia l'antica Casaforte di Piesenzana, un edificio altissimo, totalmente in mattoni a vista con l'antico accesso a una discreta altezza, ora balconato e una bella cornice a denti di sega che abbellisce il suo fronte, tra le aperture recenti con diverse finestre fa bella mostra di se una finestra gotica ad arco acuto con cornice in laterizio modanato e decorato, ormai tamponata. A questa è affiancato l'alto muro difensivo su cui fu elevato il retro e l'abside rettangolare della chiesa di Santa Caterina.
Continuiamo per questa strada e cammino con il naso all'insù per guardare le antiche mura difensive su cui sono state appoggiate le case medievali, fino a raggiungere piazza del mercato. La piazza si estende lungo le antica mura dove ancora si gioca ancora nello Sferisterio la Palla Tamburello a Muro. Il tamburello a muro o, in piemontese "tambass", è uno sport di squadra ed è una disciplina che prende nome dal caratteristico tamburello e sul muro laterale d'appoggio. Lo sferisterio nei paresi monferrini è principalmente ricavato da piazze poste sotto i bastioni dei borghi, donando lori un particolar fascino al gioco che racconta un misto tra storia, tradizione, agonismo e sport.
Da vicino la piazza si può raggiungere nuovamente la piazza del Municipio passando sotto la torre civica, lungo questa salita vi è un piccolo monumento in legno. Torniamo a prendere l'auto per proseguire il nostro girovagare per Montechiaro con il mio sherpa. La prima tappa è davanti ad una casa in cui una lapide ricorda che vi soggiornò da bimbo, nella casa dello zio, Giovanni Pastrone, pioniere della cinematografia. Costui nacque nel 1882 ad Asti, fu un importante regista di film in costume e drammi girati per lo più all'inizio del XX secolo a Torino, allora una delle capitali del cinema mondiale. Ricordo il suo film muto del 1914 "Cabiria" considerato il primo kolossal cinematografico nella storia del cinema, ricco di effetti speciali all'avanguardia per l'epoca.
In questo film la scenografia e le didascalie erano di Gabriele D'Annunzio. Ci ritroviamo ad un Quadrivio dove si erge una cappelletta intitolata a Sant'Antonio abate, una data dipinta riporta la data 1734. Prendiamo via San Sebastiano, una stretta strada tra antiche case in mattoni a vista, ad un incrocio troviamo la cappella di San Sebastiano. Questa Cappella ha dimensioni ridotte e l'intonacatura della facciata la fa pensare ad un edificio recente, invece nel 1627 era già presente. Proseguiamo per questa stretta strada che dopo un tratto diventa sterrata ma anche panoramica, correndo sul culmine di alcuni rilievi. Lasciamo l'auto ed iniziamo a salire sul culmine del colle attraverso un tratturo.
In cima al colle, circondata da un un prato fiorito e un panorama incredibile si erge la piccola Chiesa di Santa Maria Assunta in Pisenzana. Questa chiesa fu già parrocchiale prima della fondazione di Montechiaro, anzi era la Pieve di Pisenzana fino al 1662, ora ridotta a cappella campestre. La chiesa di Santa Maria Assunta è del X secolo ed è citata nel 907 da papa Sergio III come pieve sotto il nome di Maria Madre di Dio. La chiesa intorno aveva il cimitero fino al 1895, come era costume un tempo e come testimoniano alcune lapidi appoggiate alle mura perimetrali dell'edificio. Si presenta con facciata a tetto a capanna e presenta ancora abside semicircolare con coronamento ad archetti e lesene.
Nell'abside si aprivano due monofore, ora tamponate, con archivolto di pietra. Interamente realizzata in pietra squadrata e mattoni, presenta una semplice porta di accesso a doppio battente con finestra gotica ad arco acuto posante su un architrave ligneo. L'edificio presenta graffiti antropomorfi e decorazioni geometriche. Due finestrelle di più recente fabbricazione ad arco acuto sono poste ai lati della porta mi permettono di osservare l'aula unica rettangolare con altare a parete in muratura. Rientriamo verso l'auto e ci ritroviamo al quadrivio dove prendiamo la strada che ci porta alla vedere la bella fontana della Rocca recentemente restaurata.
Sempre dal quadrivio prendiamo vicolo Morelli, un bel percorso nel verde e poi raggiungiamo via Mairano e superato la sede del sodalizio della Croce Verde, prendiamo un bivio a destra e dopo poco proseguiamo a piedi per raggiungere il culmine di un altro colle, ove si erge la chiesa di Sant'Antonio da Padova detta anche di Sant'Antonino. Questa chiesa fu costruita per volontà del Comune di Montechiaro nel 1660 circa. La facciata barocca in cotto è costituita da due ordini sovrapposti con timpano curvilineo. La facciata ha un aspetto nobile ed elegante. Ripresa l'auto percorriamo la strada provinciale in direzione Bettola Scandeluzza. Fin da subito incontriamo la Cappella di Santa Vittoria, già esistente nel 1635, sia stata totalmente riedificata nel 1846.
Si dice che sia stata costruita a ricordo della vittoria dei montechiaresi sui fuoriusciti astigiani nel sec. XV. Superiamo la Tartufaia didattica e il cimitero e nei pressi della cascina San Nazario lasciamo l'auto per poi percorrere un tratto di strada a piedi fino a raggiungere la splendida chiesa di San Nazario e Celso. Questa chiesa si erge solitaria su una collinetta da cui si domina tutta la campagna circostante della valle Versa da cui si può ammirare tutti i borghi che sulle alture circostanti sono stati edificati. La chiesa romanica dei SS. Nazario e Celso martiri fu edificata nel 1140 circa.
L'edificio doveva far parte del villaggio ora scomparso di Mairano, i cui abitanti confluirono nella Villanova di Montechiaro già dagli inizi del XIII sec. abbandonando la chiesa, che fu poi officiata una sola volta all'anno. L'edificio è costruito in pietra arenaria e mattoni alternati creando graziosi disegni geometrici a fasce e a scacchi. Il complesso è caratterizzato da un alto campanile a quattro ordini fuori terra posto in posizione avanzata rispetto la chiesa, presenta monofore e bifore. La prima intitolazione della chiesa, attestata dalla visita apostolica del 1585, è ai Santi Nazario, Celso, Vittore e Innocenzo. La facciata è a capanna delimitata da paraste angolari e superiormente presenta un coronamento di archetti pensili.
Il portale centrale presenta un arco a doppia ghiera coronato con riseghe a "denti di lupo" in pietra e cotto, mentre le ghiere interne hanno scolpito un cordone a nastri intrecciati mentre la più esterna presenta un motivo a cornucopie. I piedritti del portale si innalzano come due semicolonne con capitelli che giungono fino al coronamento di archetti pensili ed uno presenta un capitello con figure zoomorfe forse elementi simbolici legati alla vita religiosa e lavorativa dei contadini. La chiesa presenta belle monofore strette e strombare incorniciate da colonnine e da un piccolo arco tutto stesso scolpito con bel cordone a nastri. Lasciamo questo scrigno d'arte romanica e rientriamo verso Montechiaro, Mauro vuole far vedere ancora una particolarità.
Percorriamo tutta via Mondo fino a raggiungere una cascina ormai disabitata e in parte diruta. La particolarità e quella di avere sopra il portone carraio d'ingresso un bell'affresco. Si tratta di un edificio tutto in cotto con un portone ligneo con un timpano in laterizio intonacato ove sopra è stato affrescata la Sindone. Porto l'amico Mauro in paese e sono proprio felice sia della sua compagnia che per aver potuto ammirare questo antico borgo con le sue stradine strette e le case in pietra raccontano storie di un passato ricco e di una cultura contadina ancora viva.
Montechiaro d'Asti non è solo un luogo di produzione agricola, ma anche un custode di tradizioni, arte e architettura. Una visita che mi ha offerto l'opportunità di riscoprire la pace e la bellezza della vita rurale monferrina, immergendosi in un contesto di autenticità e ospitalità senza pari.