
Da subito incontro l'oratorio di San Rocco. Questo trecentesco oratorio era originariamente parte di un monastero cistercense. La facciata ha un tetto a capanna e l'intera costruzione è in pietra squadrata e spaccata. Presenta una singola porta a doppio battente con cornice in mattoni a vista. Sopra la porta ha un ampia vetrata rettangolare con vetri colorati. Anche la finestra ha una cornice in laterizio. Solo parti del timpano è intonacato. Mi hanno raccontato che conserva un ancona seicentesca in legno dorata. L'alto campanile sembra voler far il solletico alle nuvole con la sua cuspide piramidale. Anche il campanile è in pietra, compresa la cella campanaria.
Sul suo fianco si erge il Municipio, ricavato da quello che rimane del monastero cistercense del XII secolo. Il municipio è edificato anch'esso in pietra spaccata e davanti al suo prospetto si erge il monumento ai Partigiani caduti per la Libertà e ai militari morti nella guerra 1915 – 1918. Questo monumento è realizzata in granito con la figura femminile della Vittoria in bronzo. Sono 10 i nomi dei partigiani uccisi dai nazi-fascisti incisi sul marmo. In piazza Luchino dal Verme, tutta lastricata in pietra e porfido, tra le belle case che la circondano c'è Palazzo Dal Verme, un antico edificio in pietra su cui è collocata un elaborata lapide scolpita che ricorda la caduta del volo USAF - C47-954 sul vicino monte Calenzone avvenuta il 22-23 febbraio 1945 e in cui persero la vita 5 aviatori statunitensi e 2 inglesi.
L'aereo si stava apprestando ad un lancio di armi sul monte per i partigiani. Sempre sulla piazza si erge un altro bel palazzo seicentesco in pietra che fu della nobile famiglia Arcelli – Codebò e che fu sede della pretura di Zavattarello fino al 1937. Il territorio è citato per la prima volta nell'862 nei documenti del monastero di Bobbio. Zavattarello era indicato come Sarturianum, forse ad indicare che un tempo vi fosse un tempio romano dedicato al culto di Saturno. Si narra che Zavattarello sia stato il rifugio di militari romani scampati alla battaglia del Trebbia, vinta da Annibale nel 218 a.C. Ma il ritrovamento di reperti più antichi, suggeriscono che il luogo fosse già abitato in precedenza.
Si pensa che questi si siano fermati in questo luogo, fondando un castrum. Zavattarello fu sede di una pieve, ora chiesa parrocchiale, gia intitolata a Sancti Pauli in Sarturiano. Dopo la formazione della Contea vescovile di Bobbio, Zavatterello diviene un feudo personale del Vescovo che vi costruisce il castello a fine X secolo d.C., altri affermano per volontà dei monaci del Monastero di Bobbio. Da Piazza Luchino Dal Verme, superato l'arco acuto in pietra o "voltone", ex torre medioevale proseguo per via Marconi, un tempo la strada principale del paese che conduceva fino al castello in cima alla collina. La strada è ormai asfaltata e inizia a inerpicarsi.
Dopo pochi metri una lapide su una casa in pietra del XVIII secolo ci ricorda che questa abitazione fu sia carcere mandamentale, posto di guardia della gendarmeria e caserma dei Carabinieri. Mentre continuo lentamente la mia salita verso il castello, con lo sguardo al bellissimo paesaggio sottostante ripercorro la storia del borgo. Nel 1169 il castello di Zavattarello cade nelle mani della città di Piacenza. Il castello e il suo territorio sono parte delle lotte per il possesso del maniero tra i ghibellini Landi e i guelfi Scotti. Nel 1264, il vescovo di Bobbio infeuda Zavattarello a Ubertino Landi che fortifica la rocca rendendola inespugnabile.
Nel 1390 il vescovo di Bobbio Roberto Lanfranchi cede il castello al capitano di ventura Jacopo Dal Verme. Dopo l'assasinio del conte Pietro dal Verme il feudo passo temporaneamente ad altre famiglie per poi tornare definitivamente ai Dal Verme nel 1525. Nel 1530 Marc'Antonio e Federico si spartirono il feudo e Zavattarello rimase al primo e alla sua discendenza fino al 1975, anno della donazione al comune del castello e dei terreni circostanti con vincolo di destinazione culturale da parte della contessa Titina Gavazzi dal Verme. La strada tornante dopo tornante si arrampica fino in cima al colle, costeggiata da un bellissimo parco. La strada diventa nuovamente selciata in pietra a poche centinaia di metri dal castello.
Il Castello di Zavattarello, conosciuto anche come Castello Dal Verme si presenta come un imponente maniero che con la sua mole imponente domina il borgo e le vallate sottostanti. È un evidente luogo di difesa strategico. Il maniero è completamente costruito in pietra, si tratta di un complesso architettonico medievale che ha resistito a numerosi assedi. Un tempo l'imponente rocca, abbarbicata sulla collina, era completamente priva di vegetazione per permettere ai difensori del maniero di avvistare ogni ostile assalto, oggi è attorniato da un bellissimo parco alberato. La pianta del castello è un poligono irregolare, forse per adattarsi alla morfologia del terreno.
Benché le facciate del complesso siano imponenti e sobrie non mancano alcuni particolari architettonici di pregio come una finestra settecentesca, una loggetta ad archi e il portale dell'antico ingresso, impreziosito da un affresco rappresentante un drago avvinghiato ad un albero di mele sul quale è posata un'aquila pronta all'attacco. L'affresco è accompagnato dal motto "Pareda vilis vigilataque poma" ossia "La preda è umile ma i suoi frutti sono ben protetti", quasi a voler distogliere dall'attacco i possibili assalitori. Varcato l'attuale ingresso mi ritrovo mi ritrovo in una grande corte con scuderia e ghiacciaia.
Quest'ultima è una costruzione circolare quattrocentesca che serviva per conservare il ghiaccio, insomma un antico frigorifero, che grazie alla sua posizione e ai diversi strati di paglia poteva conservare la neve e il ghiaccio fino all'estate successiva. Invece le scuderie, anch'esse quattrocentesche avevano al piano inferiore sia lo spazio per i cavalli che per le carrozze, mentre al piano superiore vi erano gli alloggi per gli stallieri. Ammassate ai lati trovo massi di pietra scolpiti a forma tondeggiate, sicuramente usati per la difesa, facendoli rotolare giù dal pendio e forse chi lo sa anche per una catapulta.
Si racconta del passaggio dal castello di Leonardo da Vinci per avervi ideato una particolare feritoia sui muri di cinta per meglio colpire l'assalitore. Interessante l'ingresso originale del castello, oggi non più utilizzato e che era stato realizzato in modo tale da rendere difficile l'utilizzo della testa d'ariete. Dopo aver fatto due passi sulle mura di cortina vado a vedere la cappella castrense dedicata alla Madonna della Neve. Questa settecentesca cappella fu edificata per volontà dell'abate Pietro dal Verme. La cappella è piccola e con una sola navata a pianta rettangolare. L'altare e la grande croce che la sovrasta è in marmo rosso. I conti potevano assistere alle celebrazioni liturgiche, senza uscire dal maniero, raggiungendo la chiesa attraverso stanze interne e seguire la messa da un matroneo in legno.
Interessante è una scultura in marmo rosso raffigurante un leone accovacciato sul cui dorso si erge l'acquasantiera. L'interno del castello consta di una quarantina di stanze e che oggi ospita un museo d'arte contemporanea. Dalla terrazza e dalla torre si gode un panorama mozzafiato del territorio circostante, tra le verdi campagne, i freschi boschi, si distinguono gli altri castelli della zona che si ergono su altrettanti colli: Montalto Pavese, Valverde, Torre degli Alberi, Pietragavina. La storia del castello comunque racconta le sue tragedie come quando durante la guerra di Successione Austriaca, nel 1747, il castello fu seriamente danneggiato da un forte incendio appiccato dai soldati francesi e solo nel 1895 venne restaurato dal conte Carlo Dal Verme.
Ma le tristi vicissitudini del castello non erano terminate, infatti nel 1945 fu nuovamente danneggiato e saccheggiato dalle truppe tedesche durante un rastrellamento di partigiani, in quest'occasione andarono perdute le raccolte d'arte e la mobilia del XV e XVI secolo. Come tutti i castelli anche quello di Zavattarello ha il suo fantasma e questo risale ad un fatto vero, quando nel 17 ottobre 1485 Lodovico Sforza detto il Moro fece avvelenare il conte Pietro dal Verme dalla moglie Chiara Sforza per incamerarne il patrimonio e dividerlo con la vedova in quanto la coppia non aveva avuto ancora figli. Si racconta che per le stanze del castello si senta la presenza del conte Pietro e che si manifesti attraverso fasci di luce e suoni di campanelle.
Alla base dell'assassinio c'è comunque una storia d'amore. Pietro Dal Verme era fin da piccolo il promesso sposo di Chiara Sforza, un matrimonio di convenienza che avrebbe legato il suo territorio alla città di Milano. Pietro era però innamorato di Cecilia del Maino che riuscì a sposare dopo molte vicissitudini tra cui l'arresto per disobbedienza. La sua Cecilia sfortunatamente, lo lasciò prematuramente nel 1479 e fu costretto a risposarsi con Chiara Sforza e unì il suo destino, e quello del suo territorio, alla città di Milano. Chiara non accettò di essere considerata una seconda scelta e, istigata dallo zio Ludovico il Moro, uccise Pietro durante una colazione, avvelenandolo. Dopo la visita al castello, torno a fare una passeggiata tra le stradine acciottolate del borgo con le sue case in pietra, le antiche mura in una atmosfera tranquilla e suggestiva.
Nel mio girovagare transito davanti al Vicolo dell'Abate che deve il suo nome alla presenza di un antico monastero ormai scomparso. Ripassando davanti al palazzo municipale mi sovviene la particolare storia di questo Comune e delle sue genti. Dopo le diverse dipendenze feudali Zavattarello fu unito con il Bobbiese al Regno di Sardegna nel 1743 entrando a far parte poi della Provincia di Bobbio. Subì diversi passaggi come parte del Dipartimento di Marengo durante l'occupazione napoleonica, divenne parte della Regione Ligure e poi anche del Piemonte e nel 1859 entrò a far parte nel circondario di Bobbio della nuova provincia di Pavia e quindi della Lombardia.
Nel 1923, dopo lo smembramento del circondario di Bobbio, passò alla provincia di Piacenza e quindi all'Emilia-Romagna. Questa divisione determinò numerose proteste degli abitanti, desiderosi di rimanere sotto la giurisdizione pavese. Dopo la cosiddetta marcia su Bobbio fu indetto un referendum il 27 febbraio 1925 che chiedeva il ritorno in provincia di Pavia, chiamata anche la "Provincia Madre". Nel 1926 i comuni di Romagnese, Ruino e Zavattarello vennero annessi alla provincia di Pavia e quindi ritornarono alla Lombardia. Raggiungo così la chiesa parrocchiale situata nel cuore del borgo. La chiesa di San Paolo ha origini medievali databile tra il 900 e l'anno 1000 con il rango di pieve.
San Paolo in Sartoriano era il suo antico titolo, già nel XVI secolo fu ampliata, risale al XVIII secolo ed ancora a fine XIX l'attuale facciata in stile baroccheggiante e vi furono apportati alcune decorazioni alla chiesa. La posizione dominante della chiesa posta su un poggio ne risalta l'imponenza. Vi si accede tramite una maestosa gradinata e si arriva al sagrato fiancheggiato da altissimi cedri del Libano e cipressi. Infatti l'edificio presenta un'importante facciata intonacata, anticipata da un piccolo sagrato. L'interno ha un aula a navata unica con tre cappelle per lato.
All'interno si può ammirare anche alcuni pregevoli affreschi come il dipinto su tavola del 1400 che raffigura la Madonna in piedi con abito rosso gigliato e manto verde che porge la mano sinistra al Bambino mentre con la destra regge lo scettro che poggia sulla spalla, alla sua sinistra vi è un demonietto con sguardo torvo. Nell'abside, addossata alla parete di fondo, si alza l'imponente Pala d'Altare del primo Seicento, di legno dorato con al centro la figura del Redentore. Il campanile è in stile romanico ed ha la pianta quadrata. La facciata è suddivisa in due ordini e pentapartita da lesene. Nell'ordine inferiore la parte centrale convessa presenta due pronunciate lesene ad inquadrare il portone, sormontato da una finestra tamponata a forma rettangolare.
Nell'ordine inferiore sono presenti due finte nicchie. Un elaborato cornicione separa i due ordini. Un portone a due battenti con sopra il portale è presente un affresco raffigurante la Madonna col Bambino. La chiesa ha un frontone curvilineo con fianchi a volute, fianchi e la zona absidale, chiaramente in stile romanico, sono in pietra a vista e privi di elementi decorativi. Sul retro della chiesa vi è il cimitero che ha forma ottagonale e che accoglie la cappella della famiglia Dal Verme.
La Chiesa patronale di San Paolo viene citata nel 929, in occasione della sosta dei monaci di Bobbio che stavano trasportando a Pavia le spoglie di San Colombano, quando si racconta che durante la notte, con l'arca del Santo posta davanti all'altare maggiore, i ceri posti intorno al santo si riaccesero da soli dopo che un soffio di vento li aveva spenti. È arrivato il momento di assaggiare i prodotti tipici locali. La cucina locale annovera piatti della tradizione dell'Oltrepò Pavese e del Piacentino come i ravioli al brasato, il salame crudo di Varzi, la coppa piacentina, il cinghiale in salmì con la polenta, gli arrosti, formaggi e i vini locali, tra cui sono degli di nota i rossi e i frizzanti, formaggi e i vini locali, tra cui spiccano i rossi e i frizzanti.
Dopo un abbondante pasto riprendo l'auto per andare a vedere le diverse frazioni di Zavattarello. Sono molte le frazioni ed ognuna ha interessanti storie e caratteristiche. Ad esempio in località Tovazza trovo la Chiesa di San Michele. Già edificata nel XVII secolo fu ampliata negli anni Settanta del secolo scorso. La facciata è coperta da un porticato aggiunto successivamente, l'edificio è realizzato in pietra e laterizio. La chiesa è costituita da un piccolo vano unico rettangolare. Presenta un Campanile a pianta quadrata posto sul fianco destro dell'aula. Tovazza è una tipica località agricola dell'Oltrepo pavese.
Sulla strada che mi ha condotto a Tovazza, in località costa Ceci, nei pressi di una cappelletta votiva ho trovato una lapide che ricorda i civili Bottiglioni Luigi e Stefanone Pietro entrambi di anni 42 e di professione contadini, uccisi il 25 novembre 1944 durante un rastrellamento nazifascista. Nei pressi della borgata Casale vi è il monumento realizzato in prossimità del luogo dove è caduto l'aereo americano con sette militari alleati a bordo (volo USAAF C-47A 42-100954 appartenente alla 64th TGC) partito da Rosignano (LI). Invece a Perducco trovo due edifici religiosi, indice di come un tempo questa località agricola fosse intensamente abitata.
Collocato appena fuori l'abitato, l'oratorio di Sant'Antonino risale alla fine del XVI secolo. Ora questo oratorio si presenta come un piccolo edificio a base rettangolare con portale in legno affiancato da due finestrelle protette da grata, mentre un tempo la costruzione era a forma circolare con muro a secco che fu abbattuta per motivi di transito e ricostruita in uno spiazzo di poco lontano. Mentre la Chiesa di Santo Stefano risale all'anno 1000 circa e fu pieve fino al XIV, col titolo di Sant'Antonino. Nel 1189 il paese fu preso e incendiato dai piacentini e anche la chiesa subì ingentissimi danni. La chiesa ha una piccola aula rettangolare con, sul fondo un altare in legno rialzato di uno scalino da una piccola pedana, sempre in legno.
Vi è anche una piccola cappella dedicata a Maria. La facciata appare quella di una caratteristica casa di edilizia rurale anticipato da un ampio portico ad un'arcata. Il portico è intonaco mentre il resto della costruzione è in muratura di pietrame lasciata a vista. Anche il campanile è a pianta quadrata in muratura di pietrame. Il borgo è tipico insediamento medioevale e mi si racconta che sul cucuzzolo che sovrasta il paese pare ospitasse l'antico cimitero risalente al XVIII secolo. Le abitazioni sono ben conservate e si comprende che molte sono adibite a villeggiatura, complice la tranquillità del luogo. Invece è trecentesco l'Oratorio di San Silverio posto subito sopra l'abitato che prende il nome dall'edificio religioso.
Nel 1950 il trecentesco edificio fu demolito e ricostruito come voto per il ritorno dei figli dalla Seconda guerra mondiale. Il piccolo oratorio è isolato, situato in aperta campagna con tetto a capanna e una piccola abside. Ai lati del portone, collocato al centro, sono presenti due finestre rettangolari e sopra un piccolo oculo. All'interno l'aula ha la pianta rettangolare con un'abside a semicerchio. Nella borgata rurale di Crociglia tra le belle case trovo l'Oratorio di San Domenico, incredibile pensare che in ogni borgata vi sia un Oratorio e in quelle più piccole cappelle votive.
Quando mi reco in piccoli borghi, cerco sempre la chiesa locale perché questa mi racconta la storia del luogo ed è più facile trovarci un edificio religioso che un castello, torre o palazzo nobiliare. Le altre frazioni che riesco a visitare, anche se solo superficialmente sono: Rossone, un tempo chiamata Arsone e Riscione, con il suo Oratorio intitolato alla Beata Vergine dell'Assunzione; A Pradelle, l'oratorio è dedicato a Maria Santissima Addolorata. La cappella di metà XIX secolo si erge all'inizio della frazione, all'incrocio tra le strade che salgono verso Tovazza. Fu utilizzata anche come scuola elementare ed abitazione dell'insegnante.
Una lapide posta sulla chiesetta ricorda i Caduti delle guerre e una ricorda il partigiano della Divisione "Aliotta", Brigata "Crespi"; Berto Negruzzi residente nlla borgata, professione contadino che morì a 31 anni in combattimento l'11 marzo 1945 nei pressi di Oramala di Varzi.; A Lagagnolo il moderno oratorio di fine XX secolo è intitolato a San Pietro; invece a Cascine l'oratorio è dedicato a Maria Santissima e fu edificato nel 1858, voluto dalla locale popolazione "per somministrazione dei Sacramenti agli infermi e impotenti e per la celebrazione della Messa nei giorni 26 maggio, 17 gennaio e 8 dicembre di ciascun anno onde adempiere al voto fatto per la grazia ricevuta mentre il colera desolava tutti gli altri vicini villaggi".
Sempre a Cascine vi è una lapide che ricorda l'ex carabiniere e partigiano Valpi Angelo che a soli 23 anni dopo un aspro combattimento con truppe nazifasciste periva trucidato il 16 ottobre 1944. In località casa Marchese, nel giardino di una casa, un monumento ricorda il comandante partigiano Barbieri Carlo, detto Cirio di anni 54 che vi visse nel dopo guerra. Costui fu tra i primi partigiani ad entrare a Milano il 27 aprile 1945. Invece è intitolato alla Madonna della Guardia l'oratorio di Ossenisio risalente all'inizio XX secolo come recita una targa sulla porta d'accesso.
In questa località su una casa trovo la lapide che ricorda che il contadino Botta Giovanni di anni 46 vi trovo in questo luogo la morte per mano nazifascista durante un rastrellamento. L'ultimo frazione che visito, sempre rapidamente è Moline, qui trovo l'oratorio intitolato a San Martino di Tours che presenta una piccola navata ottagonale con un altare in sasso. Tornando verso casa mi fermo nei pressi della casa di riposo di Zavattarello dove vi è una lapide, posta lungo la strada provinciale 207 che ricorda due contadini trucidati per mano dei repubblichini fascisti il 24 luglio 1944 , si tratta dei due settantasettenni Albertocchi Pietro e Marzi Carlo.
Sulla strada del ritorno mi fermo a Crociglia, un borgo assai grande e il suo oratorio risale al XVIII secolo ed è interamente in pietra con tetto a capanna mentre il campanile è della metà del XX secolo. Sopra il portone d'ingresso vi è un dipinto di San Domenico ed una finestra rettangolare. L'interno è assai ricco con molti bei dipinti e ciò mi racconta quanto il borgo sia sempre stato assai prospero. Appoggiato alla facciata vi è un grosso masso rotondeggiante, un anziana signora, che ho incontrato in loco mi racconta che un tempo la Burèla, il nome dato al sasso, veniva fatto scorrere quando due giovani si sposavano.
Gli amici degli sposi, attrezzati di robusti pali facevano rotolare il grosso sasso lungo le vie del paese cercando di non farlo uscire dalla rotta che doveva percorrere per trarne buoni auspici al matrimonio. Lungo la strada provinciale 107 sul muro di pietra di un antica abitazione vi è collocata una targa in marmo che ricorda che in questo luogo trovo la morte il carabiniere Ballerini Giovanni che all'età di 28 anni fu barbaramente assassinato il 10 luglio 1944 dai fascisti della Polizia Autonoma. Si tratto di una rappresaglia per vendicare la morte di Alberto Guido Alfieri, comandante della polizia autonoma Sichereit. A seguito di questo evento furono catturati alcuni giovani: Giovanni Ballerini venne immediatamente fucilato, perché trovato in possesso di un'arma, gli altri quattro verranno giustiziati il 10 nei pressi di Pietragavina (Varzi).
Lascio definitivamente Zavattarello, un borgo perfetto per un breve viaggio tra storia, natura e arte.