Blog di Dante Paolo Ferraris

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Il mio Piemonte: Paderna

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PadernaLa mattinata primaverile inizia con il frescolino e l'aria è frizzante ma piacevole e ricco dei profumi dei fiori che sbocciano tra l'erba bagnata dalla rugiada. I primi raggi di sole, scivolano tra le fronde degli alberi, creando bei giochi di luce ed è con questa piacevole vista e sensazioni, dopo un abbondante colazione mi avvio alla scoperta di un nuovo borgo. La strada, accarezzata da questa luce primaverile sembra pennellare le case e i prati intorno a me, creando un esplosione dei colori con il verde brillante delle foglie novelle il bianco e il rosa nelle diverse tonalità dei fiori.
Raggiungo così Paderna un piccolo comune agricolo, posto tra il rio Cornigliasca e il rio Castellania, collocato sulle colline tortonesi che sulla sponda destra degradano sulla valle del torrente Scrivia. Il borgo si trova in posizione panoramica, su di un bellissimo colle. Da cui si gode di uno spettacolare panorama. Il nome del borgo è di origine ligure, significa "altra riva dei pini", dove padus sta appunto per pino, da non confondersi con Padus, Po o corso d'acqua in genere ed erna, ripa. Altri affermano che il toponimo derivi da Praedia , il cui significato è "fondi ereditati dal padre" tanto da ritrovarla come Villa Paterna.
Il borgo venne fondato dai tortonesi e la prima attestazione è del 1155, allorché i Montemerlo, signori del posto, accorsero con i propri uomini alla difesa di Tortona, assediata dal Barbarossa. Nel corso della battaglia il Montemerlo fu colpito a morte da una lancia nemica; Tortona fu costretta alla resa dopo una strenua difesa durata settanta giorni. Forse le origini del borgo dovrebbe però essere precedente, non esattamente dove ora è collocata ma in una località, posta tra Paderna e la vicina Spineto, denominata Bosilio, citata in una donazione del X secolo.
Ricordo inoltre che durante il dominio dei Visconti e poi degli Sforza il borgo godette di certa sicurezza contro il banditismo che all'epoca era molto diffuso, nonostante gli fosse stato imposto di mantenere dodici cavalli con i relativi cavalieri. Fu in seguito alla morte dell'ultimo Montemerlo che il feudo passo agli egli Spinola e poi in proprietà della famiglia Carbone, salvo un breve periodo, tra 1676 e 1688, in cui gli abitanti ottennero il riscatto del feudo, al fine di avere una maggiore indipendenza. Anche Paderna conobbe la peste ed epidemie come quella del 1347 quando scoppiò un'epidemia che infuriò per tre anni e ne seguì un lungo periodo di carestie, lotte intestine con stragi e devastazione.
La peste descritta dal Manzoni del 1630 non dimenticò Paderna in cui causò 153 morti quando i padernesi furono ridotti ad una novantina di persone. Paderna con Spineto nel 1706 furono saccheggiati nel 1706 dalle truppe che assediavano Tortona. Paderna fu comune autonomo fino al 1929 poi fu unito a Spineto dal quale riuscì a staccarsi nel 1949 con la caduta del fascismo. Appena giungo nel borgo la prima cosa che vado a vedere il suo monumento più importante, ossia la parrocchiale di San Giorgio, la cui mole si erge sulla parte superiore del borgo. Infatti il borgo era suddiviso in Superiore e Inferiore.
L'edificio attuale è il risultato di successivi ampliamenti di un primitivo nucleo, sorto grazie al lascito della locale abazia probabilmente intorno al X secolo, e vide nei secoli XIII e XIV diversi ampliamenti e modifiche. La chiesa ha tetto a capanna con due lesene che dallo zoccolo corrono fino al triangolare frontone. Al centro della facciata quattrocentesca ed intonacata si trova il portale racchiuso fra stipiti in marmo sovrastato da un'apertura voltata con arco a tutto sesto. Il timpano è arricchito da una cornice e presenta un affresco raffigurante il santo a cui è intitolata la chiesa. Il campanile, edificato nel 1889, ha pianta quadrata presenta tre fasce marcapiano.
La cella campanaria è sormontata da un tiburio chiuso con un pinnacolo a base ottagonale. L'interno della chiesa è ripartito in tre navate quelle laterali sono più piccole e furono aggiunte con lavori di ampliamento tra il XIII e il XIV secolo. L'interno conserva una statua lignea equestre di San Giorgio, opera attribuita alla scuola del Maragliano e intagliata in un unico blocco la statua fu donata alla chiesa per volere degli Spinola. Presenti anche due tele raffiguranti un San Sebastiano e una Madonna con Bambino. Le strade del borgo si snodano tra case in laterizio, alcune delle quali risalenti a secoli fa, con le persiane in legno e dai bei balconi adornati di fiori colorati.
Il campanile della chiesa con i rintocchi delle sue campane che scandiscono le ore mi accompagna nel mio girovagare. Nel borgo la vita scorre lentamente. È un giorno feriale e i pochi adulti che incontro sono impegnati nelle loro attività agricole, anche le panchine sono deserte, sicuramente troveranno compagnia nelle ore pomeridiane. Raggiungo così la piazza principale, ove si erge il palazzo comunale. Il sedime dell'attuale piazza ospitava anticamente il castello dei Montemerlo, già in rovina nel XVII secolo che era circondato da un fossato, spianato nel 1875.
Del castello è rimasto il toponimo della piazza antistante il municipio. Sulla facciata dell'edificio Municipale che ospita anche l'ufficio postale è affissa una bella lapide che ricorda i caduti della Prima e Seconda guerra mondiale e una meridiana affrescata. Nel mio girovagare trovo vicino al locale della SOAMS che un tempo ospitava anche un panificio. In questa panetteria era solito fermarsi Fausto Coppi per andare a comprare il pane per farsi dei panini con il prosciutto per pranzo. La bicicletta la posava sull'adiacente pozzo, ancora esistente. Questo pozzo risale ai primi del XX secolo ed è realizzato interamente in mattoni a vista.
La storia vuole che il pozzo fu costruito da tre uomini in tre anni, mentre si vuole, per beffa dei paesani dei borghi circostanti, indicare i padernesi come i "t'à bù l'acqua" (hai bevuto l'acqua) a significare che sei come uno di Paderna ossia dissennato. Infatti si narrava che i Padernesi fossero diventati pazzi dopo aver bevuto l'acqua di questo pozzo. Proseguo il mio girovagare fino ad uscire dal piccolo borgo e sostare ad ammirare dal colle in cui si erge il cimitero il panorama su Casasco e i borghi circostanti posti in lontananza su dolci colline verdeggianti, punteggiate da filari di viti, piccoli boschetti e prati puntellati di fiori.
Ripresa l'auto scendo nel fondovalle dove si ergono i ruderi o ciò che resta dell'antichissima pieve che venne costruita nella conca di Vezzano. In questa conca della pieve è rimasto solo il campanile romanico. Il complesso era un ex convento di origine quattrocentesca, inizialmente affidato ai Frati Minori di San Francesco, poi passato ai Frati Francescani riformatori. Con l'arrivo di Napoleone Bonaparte egli soppresse gli ordini religiosi e pose fine anche alla vita conventuale. Sembra che un primitivo edificio religioso sia già documentato nel XII sec. Ad esso, nel XV, si sovrapporrà il convento di cui sopravvive il campanile romanico.
Lascio questo piccolo e bel borgo felice di aver scoperto con più calma un altro angolo della mia terra.