
Il percorso parte da Vignole fino ai paesini di alta montagna, come Capanne di Cosola e Montaldo di Cosola, passando per vari borghi storici e aree naturali spettacolari. Ci sono molti punti panoramici lungo la strada in cui vale la pena fermarsi per scattare foto o semplicemente ammirare il paesaggio. Le strade della Val Borbera, specialmente quelle che portano in alta Valle o nelle frazioni più alte, possono essere strette e tortuose.
Raggiungo Cabella Ligure, un piccolo comune situato nell'Alta Val Borbera. Si tratta di un borgo di montagna, immerso tra le valli appenniniche, da sempre luogo turistico,suggestivo e incontaminato circondato da una natura lussureggiante, con boschi di faggi, castagni e querce.
Parcheggio l'auto in piazza della Vittoria, dove si erge il monumento ai caduti della Prima e Seconda guerra mondiale. Si tratta di un Monumento costituito da alto obelisco sormontato dalla statua di un fante rappresentato nell'atto di sguainare il pugnale. Il basamento è ornato da motivi decorativi scolpiti con le fiaccole della Vittoria. Sul retro è presente un tropaion d'armi a bassorilievo assai deteriorato a causa della porosità del materiale. Sui lati dell'obelisco sono inserite alcune lapidi recanti i nomi di soldati caduti durante le guerre mondiali.
Il monumento è collocato entro aiuola delimitata da cancellata in ferro con pilastrini scolpiti con motivi a fasci littori. Nei suoi pressi, lungo il giardino che costeggia il torrente Borbera trovo una stele commemorativa ai partigiani della divisione Pinan-Cichero, che fu formazione garibaldina che ha combatté sull'Appennino ligure-piemontese durante la Resistenza, da fine febbraio 1945 fino alla Liberazione.
Prima di iniziare il mio girovagare per il centro del borgo, ripasso brevemente la storia del borgo. Già citata in documenti del XII secolo, fu feudo di Opizzino Spinola, passò in seguito ai Pallavicino, ai Doria, ai Centurione e poi ai Spinola Pallavicini. Entrò a far parte del Regno di Sardegna con il congresso di Vienna (1815). Assunse l'appellativo Ligure quando entrò a far parte della provincia di Alessandria in seguito alla riforma amministrativa voluta da Rattazzi. Anche Cabella Ligure, come altri centri della Valle Borbera, subì una forte emigrazione, prima verso la Americhe e poi verso le grandi città industriali del Nord Italia. Tra le emigrate originarie del paese si conta anche la nonna materna di Papa Francesco.
Inizio il mio girovagare tra le strette vie del borgo; le case sono ben conservate, abbellite da fiori e preziosi affreschi. Spesso le case più antiche sono corredate da cartelli turistici realizzati con disegni degli scolari delle scuole elementari, cosi trovo: La polveriera, un area in cui i diversi feudatari conservano la polvere da sparo, una zona lontana dalle abitazioni ed ora circondata da orti, l'edificio che conservava le polveri fu distrutta da una piena del torrente Liassa; Il mulino, il cartello ricorda che sul territorio di Cabella vi erano diversi mulini ed in paese c'era quello della famiglia Bozzini e che funzionò fino alla metà degli anni '60 del secolo scorso.
Un altro cartello ricorda la Ferriera che fu costruita dall'esercito austriaco durante l'assedio di Genova ma che servì anche a forgiare attrezzi di lavoro, sia agricoli che ferri per il bestiame. Vi sono anche cartelli che indicano il negozio del Merciaio e altre botteghe seicentesche. Un cartello indica che vi era una volta il cinquecentesco oratorio intitolato ai Santi Marta e Luca che sorgeva lungo la strada che conduce a Teo e che era sede della Confraternita dei Disciplinati, edificio che fu abbattuto nel 1956. Un altro individua l'area dove sorgeva l'edificio adibito a Gabella, cioè a riscuotere le tasse per il feudatario, Invece dell'esistenza nel borgo di una chiesa dedicata a San Francesco Saverio, lo ricorda un'altra targa che fa presente che la chiesa della metà del XVII secolo fu voluta da Felice Pallavicini, feudatario di Cabella e che questa fu distrutta a fine XVIII secolo da una piena del Torrente Liassa.
A ricordare il mercato medioevale ci pensa un cartello che era collocato sotto un loggiato che univa due piazzette. Arrivo ai piedi della chiesa parrocchiale intitolata a San Lorenzo. Questa chiesa fu edificata nel 1607 sull'area dell'oratorio di San Rocco e fu ricostruita e decorata nuovamente nel 1876 su impulso della famiglia Spinola. Originariamente l'antica parrocchiale, presente già nel XIV secolo, sorgeva lungo la riva destra del torrente Borbera e nei suoi pressi esisteva il cimitero. La parrocchiale fu spostata poi all'oratorio di San Rocco in quanto la chiesa era stata ripetutamente alluvionata. La facciata è in stile neoclassico con un alto basamento, tripartita da lesene in stile corinzio con capitelli che pare sorreggere un secondo ordine al cui centro vi è una lunetta.
Un frontone triangolare completa la facciata. Nel primo ordine vi sono tre porte, quella centrale assai più ampia di quelle laterale e tutte ricoperte da lamine in rame cesellate da un artigiano locale a fine del secolo scorso. Il portale principale è sormontato da un timpano triangolare e sopra di esso un affresco raffigurante San Lorenzo. Sopra le porte laterale vi sono due nicchie con le statue di Santa Rosa da Lima e San Martino di Porres donate nel 1896 dai fratelli Bronzini emigrati in Perù e che vollero essere riconoscenti ai santi peruviani. Nel secondo ordine, incorniciate da ampie volute a accompagnato da acroteri a piramide vi è una lunetta sormontata da un frontone triangolare che pare essere sorretta da lesene angolari doriche.
Si racconta che nei pressi della scomparsa chiesa parrocchiale vi fosse stata anche un altra chiesetta intitolata a Santa Maria Maddalena, anch'essa scomparsa. L'antico borgo medioevale è un intrico di viette e i loro nomi ricordano il passato e le attività artigianali e commerciali un tempo esistenti. Molti edifici sono caratterizzati dalle facciate dipinte con i colori pastello tipiche della cultura genovese. Il centro storico di Cabella Ligure offre l'opportunità di fare una piacevole passeggiata tra antiche case in pietra e viuzze acciottolate. Qui si possono ammirare le case tradizionali e alcuni edifici storici dominati dall'alto da Palazzo Spinola.
Questo è un bellissimo edificio che già nel 1362 esisteva ed era proprietà degli Spinola. Il Palazzo faceva parte del feudo di Cremonte dove Opizzino Spinola era stato investito del suo castello. Il palazzo con l'intero feudo fu poi venduto nel 1583 a Gian Andrea Doria I. Il palazzo e il feudo passo poi a Felice Pallavicino, dopo diverse successioni troviamo il palazzo e il feudo venduto al principe Andrea Doria Landi IV che fu l'ultimo feudatario. Successivamente il palazzo fu in stato di abbandono fino al 1863 quando fu acquistato dal notaio genovese Livio Maggiani poi al ginecologo Rapetti che dal 1942 al 1945 ospitò nel palazzo le bambine di un orfanotrofio di Genova che vi trovarono rifugio dai bombardamenti.
Dal 1991 il palazzo è di proprietà della principessa indiana Shri Nirmala Devi che vi ospita la comunità Sahaja Yoga. L'edificio sorge su un'altura dominante il borgo e della fondazione medievale non rimane più nulla in quanto la fattura seicentesca. Il complesso è a pianta quadrangolare con contrafforti angolari sporgenti. Palazzo Spinola Doria Pallavicino, antica e nobile residenza nobiliare, oggi rappresenta un luogo di pace e meditazione. Prima di iniziare il mio girovagare, supero il ponte sul Liassa e vado fino all'inizio di una scalinata ove su una casa è posta targa che ricorda Giulia Oroli che fu l'infermiera ai partigiani feriti durante la battaglia di Pertuso nell'agosto 1944 ma anche staffetta partigiana.
È il momento di riprendere l'auto e continuare a inerpicarmi per raggiungere alcune importante borgate, oggi ricercate sedi per il turismo lento. Curva dopo curva, tornante dopo tornate, godendo di paesaggi fantastici raggiungo segue la strada provinciale 140, superata la frazione di Cornareto proseguo per Aie di Cosola. Questa è una località situata nel cuore dell'Appennino ligure-piemontese in un ambiente montano suggestivo, circondata da verdi colline e boschi. Prima di Aie di Cosola, parcheggio l'auto in un piccolo spazio, voglio percorrere poche decine di metri nel bosco per raggiungere quella che gli abitanti del luogo chiamano la chiesa vecchia.
Raggiungo questo piccolo edificio completamente ricostruito, collocato in un bel prato incorniciato dal verde bosco. Si tratta di un edificio interamente intonacato e di bianco tinteggiata, con un fronte a capanna e portico antistante sorretta da due colonne in pietra squadrate. Sotto il porticato vi è l'ingresso affiancato da due finestrelle quadrangolari. Una piccola cella campanaria è posta sul culmine del tetto, sotto il quale vi è una piccola finestra lunettata. Poco distante vi è una bella fontana in pietra e laterizio. Una lapide ricorda che la chiesetta intitolata a Sant'Antonio da Padova fu ricostruita nel 1775 e restaurata nel 1997 a ricordo della primitiva chiesetta cosolese innalzata intorno all'anno 1000.
Ripreso l'auto raggiungo il mio primo borgo da visitare. Le Aie di Cosola conservano tracce delle attività rurali e pastorali tipiche della val Borbera ed è frequentata da chi apprezza uno stile di vita legato alla terra, con una forte tradizione contadina che rispetta i ritmi della natura. Proseguendo sulla strada provinciale, situato poco dopo l'abitato di Aie di Cosola, in posizione sopraelevata si erge la chiesa di Santa Maria Assunta eretta ove un tempo vi era l'oratorio dei Santi Fabiano e Sebastiano già presente nel 1350. L'attuale edificio risale al 1560 e si presenta con una facciata che presenta un paramento unico e continuo. Il profilo superiore della facciata è modanato, mentre la facciata presenta lesene angolari poggianti su uno zoccolo.
Al centro è posto un portale modanato e sormontato da un oculo polilobato. La facciata è interamente intonacata come il campanile. Quest'ultimo è a sezione quadrata e la sua cella campanaria è sormontata da un tamburo ottagonale concluso da cupola e lanternino. Raggiungo Montaldo di Cosola, un altro piccolo affascinante borgo montano posto a 920 metri s.l.m. Questa borgata conserva anch'essa una forte tradizione contadina con le case in pietra che testimoniano un passato vissuto di agricoltura e pastorizia. Aggirarmi a piede tra le sue strette strade si gode di un carattere autentico, con un'atmosfera che sembra sospesa nel tempo. Sono presenti piccole trattorie che offrono piatti della tradizione locale, spesso a base di ingredienti genuini e a chilometro zero come il formaggio di capra o il miele locale.
La Grande Guerra o prima Guerra mondiale non lasciò indenne Cosola che versò un pesante tributo di vite umane ricordati in un monumento ai caduti. Anche gli eventi bellici legati alla Resistenza hanno interessato questo territorio e il paese, come testimonia la lapide che ricorda l'uccisione di due partigiani in fuga dalla casa dove, il 16 dicembre 1944, con altri 16 compagni, avevano trovato rifugio. La lapide è posta lungo la strada provinciale che unisce Montaldo con Capanne di Cosola. La storia racconta che il 13 dicembre 1944, questi partigiani appartenenti alla Divisione Aliotta e al comando Divisione Cichero tentarono alle Capanne di Cosola di fermare, in un estrema difesa, l'avanzare delle truppe tedesche della divisione Turkestan provenienti dalla valle Staffora.
I 16 partigiani trovarono rifugio presso la baita di Beitana. Tra di loro c'era Silvio Ferrari, un giovane di 18 anni di Tortona, gravemente ferito durante un'azione di combattimento. Il giorno successivo, il 16 dicembre, le truppe tedesche li raggiunsero e sebbene la maggior parte del gruppo riuscì a fuggire, due partigiani, Silvio Ferrari e Giovanni Azzaretti, un ventunenne di Varzi, furono sorpresi e uccisi. La Beitana, che ospitò i partigiani e per questo è ancora oggi conosciuta come "Casa dei Partigiani", venne poi data alle fiamme. La violenza nazifascista prosegui uccidendo Giovanni Burrone, il sarto del paese che aveva prestato aiuto ai partigiani che venne immediatamente fucilato il giorno successivo. Anche Giovanni Negro, un cittadino innocente, fu fermato e ucciso senza alcuna ragione dalle truppe tedesche.
Arrivo in auto, tornante dopo tornate e godendo di paesaggi fantastici, a Capanne di Cosola posta a 1502 metri. Si tratta di un valico montano che rappresenta un luogo di grande interesse per chi ama la natura, l'escursionismo e la tranquillità dei paesaggi montani. Inoltre il luogo è il confine di quattro Regioni: Piemonte, Liguria, Lombardia ed Emilia. Le Capanne di Cosola conservano una forte tradizione storica e culturale legata ad elementi culturali comuni in queste vallate, il più noto è quello musical-coreutico. Il modo di cantare dei cori e dalle musiche con il piffero e fisarmonica e le danze popolari, dette appunto delle Quattro Province sono ormai famosi ovunque.
Le province interessate sono quella di Genova, di Alessandria, di Pavia e di Piacenza. Questa zona è sempre stata di grande interesse, infatti storicamente era percorsa da pellegrini e viaggiatori, commercianti ed eserciti. Dopo aver mangiato un panino nella trattoria posta sul valico rientro verso Cabella Ligure riprendo il mio vagolare. Ricordo che solo a fine XIX secolo, le due frazioni che oggi compongono Cosola, furono e poste sotto la giurisdizione di Cabella Ligure. Infatti la "rivalità" tra le borgate di Aie, posta sotto Cabella Ligure e Montaldo posta sotto Carrega Ligure ne aveva impedito l'unione.
Sono molte le borgate che mi sono prefisso di vedere e la prima che voglio raggiungere la valle del Gordenella e per raggiungerla devo supera il ponte sul torrente Borbera e percorrere su una strada stretta fino a raggiungere la borgata di Rosano. Il piccolo borgo pare scomparire davanti alle dimensioni imponenti della chiesa, sorta sul sedime di un più antico oratorio già esistente nel 1596 dedicato a San Giacomo. L'attuale edificio è un santuario intitolato a Nostra Signora della Guardia fu eretto nel 1918. L'edificio sorge in posizione rialzata rispetto al piano strada, mi soffermo con l'auto nei suoi pressi per ammirarla ed osservare meglio il borgo.
L'austero fronte della chiesa si sviluppa su due ordini tripartiti da lesene e divisi da un aggettante marcapiano. L'ordine inferiore è di altezza decisamente maggiore rispetto al superiore e presenta un portale preceduto da protiro voltato impostato su colonne doriche e rosone finestrato posto sopra di esso. Il secondo ordine non presenta alcuna apertura e nicchia. Completa la composizione il timpano ad arco con acroteri ai lati. Il campanile è a sezione quadrata e si sviluppa sul lato sinistro della chiesa, presso l'abside. La sua cella campanaria è coperta da tetto a pigna, impostato su tamburo ottagonale. La chiesa presenta pianta basilicale ad unica navata, suddivisa in due campate, con due cappelle laterali semicircolari in prossimità del presbiterio.
Su un lato della chiesa vi è una lapide marmorea che ricorda i caduti delle due grandi guerre mondiali. Bello è il sagrato del santuario realizzato con autobloccanti circondato da un muretto decorati con urne contenenti dei bei fiori. Il borgo conserva le caratteristiche del borgo di montagna ma con belle villette che si affiancano ad antiche case ben conservate. Stupendo il restauro dell'antico lavatoio coperto da un portico con tetto in legno e realizzato con pietre a spacco, oggi luogo di chiacchiere come testimoniano le anziane signore sedute sulle panchine poste sotto il loggiato.
Proseguo per la strada comunale dei Dovanelli e raggiungo dopo aver parcheggiato l'auto e percorso a piedi la stretta strada e lunga salita costeggiata da edicole raffiguranti la Via Crucis, la cima del colle. Qui vi sorge il Santuario di Nostra Signora di Dovanelli. La tradizione vuole che la Madonna apparse su questo colle ad una pastorella chiedendole che vi venisse eretta una chiesetta a protezione dei viandanti, successivamente apparve nuovamente, operando un miracolo dando la parola ad una pastorella muta. La data di costruzioni è di inizio XVI secolo ad opera del nobile Angelo Maria Spinola. La facciata interamente intonacata e squadrata, è assai semplice, presenta due lesene angolari e un coronamento orizzontale aggettante.
Sotto di essa vi è decorata l'intitolazione del Santuario. Il tetto esibisce pinnacoli ai bordi, due oculi ed una nicchia tamponati. Il tetto si conclude con un piccolo timpano centrale che presenta un oculo tamponato al centro. Il portale di ingresso è delimitato da paraste con capitelli dorici e trabeazione, sormontato da lunetta. Ai fianchi della porta vi sono due piccole finestre. Il campanile, di sezione quadra, è posto sul fianco destro della zona absidale e la cella campanaria è sormontato da una lanterna ottagonale con guglia a cipolla. Ricordo che nell'adiacente canonica trovarono rifugio i partigiani della divisione Pinan Cichero. Dall'ampio piazzale si gode di un incredibile panorama sulla sottostante Rosano e il torrente Borbera.
Ripresa l'auto prendo la strada comunale per Dova Inferiore. La strada è assai stretta e lentamente sale, il panorama dei boschi che mi circondano rendono fiabesco il mio girovagare. Raggiungo così Dova Inferiore, mi accoglie una grande fontana e lavatoio e molte belle abitazioni, molte case sono costruite con pietre a spacco. Sul borgo si erge la grande chiesa dedicata Sant'Antonio Abate, edificata nel XVII. La chiesa presenta una facciata a capanna, intonacata, suddivisa in due ordini da un marcapiano. I due ordini e il timpano sono penta-partite da lesene con finti capitelli. Nel ordine inferiore in posizione centrale si trova l'unico portone di ingresso, mentre nel secondo ordine è posta centralmente una lunetta.
Il campanile, di sezione quadra, è posto sul fianco destro della facciata ed è anch'esso intonacato. Sopra la cella campanaria vi è una lanterna ottagonale con cipolla rivestita in rame con croce sommitale. Benché la chiesa sia chiusa si legge chiaramente lo schema planimetrico a navata unica. Non trovo nessuna persona che s'aggira per la borgata benché dalle case si comprende che è abitato. Ripreso l'auto per Dova Superiore, un piccolo paesino posto nella valle del torrente Gordenella. Questo borgo è situato a 932 metri d'altezza sul livello del mare e dista pochissimi chilometri dal confine con la regione Liguria. Alcuni fonti affermano che Dova Superiore esistesse già nel IX secolo.
Un documento del 25 Maggio 869 rivela infatti che l'allora Imperatore del Sacro Romano Impero, Ludovico II, donò alla moglie Angelberga la Corte di Dova come luogo di caccia e svago, come ci racconta Clelio Goggi in "Storia dei comuni e delle parrocchie della diocesi di Tortona". Nella porzione di terra circostante il cimitero che è più pianeggiante e che è detta "Valle della Corte", come mi suggerisce un anziano signore che trovo mentre si reca al camposanto, induce a pensare che vi fossero le costruzioni medioevali dell'antica corte. Costui mi indica inoltre una piccola collina su cui si erge una piccola cappella dedicata a Sant'Anna e che viene localmente indicata come il castié "Castello".
Sono diverse le cose che mi obbligano a soffermarmi maggiormente, oltre alla tranquillità e al sole che scalda questi verdi prati. Dapprima vado a vedere, almeno esteriormente la chiesa di San Martino e il suo bel sagrato in erba, circondato da un muretto. La facciata della chiesa è a capanna ed è delimitata da una coppia di lesene angolari, poggianti su un alto basamento. L'edificio presenta un robusto timpano con trabeazione spezzata. Sopra al portale è posizionato un oculo quadrilobato; tra di essi un piccolo bassorilievo. Il campanile di sezione quadra e collocato sul fianco destro dell'abside ed è interamente intonacato come l'intera chiesa. Anche il cupolino di questo campanile è a cipolla con lanterna ottagonale.
Questa chiesa era già presente nel 1523, una frana la distrugge però nel 1872 e fu ricostruita a fine XIX secolo. Il territorio di Dova fu scelto dagli Alleati durante la Seconda Guerra Mondiale, come luogo per i "lanci" di armi, viveri, medicinali per sostenere i partigiani che svolsero un ruolo molto importante nella liberazione dell'Italia. A ricordarlo è una un piccolo cippo in pietra con una lapide in bronzo che ricorda Saverio de Palo, il "Macchi" nato il 26/10/1899 a Ruvo di Puglia (BA). Di famiglia contadina costui si accostò giovanissimo all'ideologia marxista, diventando un militante antifascista, per questa ragione subì l'arresto e la detenzione nel carcere di Reggio Calabria.
Una volta scarcerato emigrò a Genova, dove trovò lavoro nei cantieri navali e allacciò rapporti con le cellule comuniste locali. Dopo l'8 settembre 1943 fu tra i primi organizzatori dei Gap in città, costretto a riparare in montagna, assume la carica di vicecomandante del Comando intendenza della 3a brigata Liguria. Scampato al rastrellamento nazifascista della Benedicta aderì alla brigata Buranello e ne divenne vicecomandante. Scampato a un nuovo rastrellamento nei pressi della Cirimilla presso Lerma, passò nelle file della brigata Oreste, attiva in val Borbera, stabilendosi a Cabella Ligure. Il 20 dicembre 1944 venne però fermato nei pressi di Dova Superiore nel corso di un rastrellamento di tedeschi, imprigionato, torturato e infine fu fucilato sul posto.
Venne decorato Medaglia d'argento al valor militare. Proseguo per Guazzolo, un altro piccolo borgo posto a poca distanza da Dova Superiore che come il resto della vallata fu allacciato all'energia elettrica nel 1934. Nel 1956 le frazioni di Dova Superiore, Dova Inferiore e Guazzolo vennero annesse al Comune di Cabella Ligure mentre prima erano parte del comune di Mongiardino Ligure. Proseguo la strada che ad anello mi riporterà a Rosano seguendo sempre il corso del Gordenella.
Lungo la mia strada trovo le borgate di Casalbusone, Gordena, che fanno parte del comune di Mongiardino Ligure e superato le case di Serasso mi ritrovo a Rosano, supero il ponte sul torrente Borbera e ripresa la strada provinciale per un tratto devio a destra per Selvagnassi, Teo e Piuzzo. La strada s'inerpica rapidamente e superato Selvagnassi percorro un bel tratto tra boschi e prati. L'agricoltura di montagna trova qui il suo regno ideale, dove l'ambiente, paesaggio e natura sono un tutt'uno. Raggiungo così una borgata da cartolina, parzialmente abitato. Lasciata l'auto inizio a percorrere le strette stradine di Teo che si snoda tra antiche case, piccoli cortili e belle residenze.
In un crocicchio trovo l'antico abbeveratoio e lavatoio e la chiesetta della borgata. L'oratorio di San Bernardo era già sicuramente presente nel XVII secolo e l'attuale edificio presenta una facciata con fronte a capanna tripartito verticalmente da lesene doriche scanalate, suddivisa in due ordini da uno spesso marcapiano. Un campanile a vela e posto centralmente al culmine della facciata. L'intero edificio è intonacato e tinteggiato di rosa scuro con lesene in un tono bianco. L'ordine inferiore ha una porta posta centralmente affiancata da due finestrelle squadrate. Nel secondo ordine vi è una finestra a lunetta. L'interno a navata unica si presenta interamente decorato con affreschi e conserva una tela seicentesca.
Una targa posta nei pressi dell'oratorio ricorda che a Teo nacque Maria Gogna, nonna materna di papa Francesco. Costei vi nacque il 3 giugno 1887, figlia di Pietro Giovanni Gogna, calzolaio, e Regina Demergazzo. A Teo, Maria rimane solo pochi anni: papà Pietro decide di emigrare in Argentina in cercar fortuna. La famiglia Gogna si trasferisce a Buenos Aires. Il 4 aprile 1907, Maria sposa Francesco Sivori il 28 novembre 1911, dà alla luce una bella bambina che chiamerà Regina come sua madre, morta il giorno del suo matrimonio. Regina Maria Sivori, sposerà a sua volta Mario Bergoglio e sarà la mamma del futuro papa Francesco. Lascio questo bel borgo di pietra dove dormono le case abbandonate e forse sognano la vita che hanno custodito.
Continuo in auto a salire verso la borgata di Piuzzo inferiore. Si tratta di un altra piccola borgata, un agglomerato di casa incollate alla montagna. Nonostante la distanza dal capoluogo vi trovo diversi abitanti con cui chiacchiero volentieri e da cui apprendo che borgata è assai antica e risale a prima dell'anno 1000. Inoltre mi raccontano come un tempo Piuzzo vedeva i suoi uomini più valenti, andare a lavorare in Lombardia per poi tornarvi in primavera. Anche a Piuzzo a fine XIX secolo vi fu una forte emigrazione, soprattutto in Argentina. La chiesa di Piuzzo è dedicata a San Marziano e si ha notizia dell'esistenza nel 1659 ma sicuramente ve ne era una più antica.
La sua facciata è a capanna, intonacata, tripartita verticalmente in tre campi da lesene con capitello dorico che pare sorreggere la trabeazione del frontone triangolare. Il portone è posto centralmente e sopra di esso vi è uno sfondato quadrato, forse un tempo conservante un affresco e sopra di questo un oculo. Il campanile, di sezione quadra, è posto sul fianco sinistro dell'abside, e anche questo è interamente intonacato, presenta cella campanaria con monofore a tutto sesto, sormontata da tamburo ottagonale e concluso da una cipolla. Apprendo da un anziana signora che internamente è a navata unica con una vasca battesimale cinquecentesca e confessionali lignei settecenteschi.
Rientro a valle e riprendo la strada provinciale 140 rientrando verso Cabella Ligure. Superato piazza m'inoltro sullo stretto ponte sul torrente Borbera ed inizio ad avviarmi verso Cremonte. Intanto che la stretta strada tornante dopo tornante mi conduce a questa borgata, ripercorro la storia di alcuni importanti personaggi locali come Giovanni Renza di Cabella vissuto nel XV secolo che fu Governatore della Repubblica di Genova a Caffà in Crimea nel 1465-1467. Sempre vissuto nel XV secolo fu Barnaba di Cabella che divenne Console della Repubblica di Genova a Tana, la moderna Azov dal 1467al 1470. Ed ancora Antoniotto da Cabella anch'esso vissuto nel XV secolo che fu l'ultimo console della Repubblica di Genova a Caffa nel 1474.
La strada per Cremonte è stretta e tortuosa ed è circondata da paesaggi incantevoli, dove è possibile fare passeggiate e attività all'aria aperta. Cremonte oggi fa pochi abitanti ma si legge nei muri delle sue case che doveva essere una località con una buona densità abitativa. In questa località vi era un castello, costruito nel secolo X dal vescovo di Tortona ed utilizzato con la duplice funzione di controllo di un'antica strada di comunicazione e di avvistamento dei Saraceni che facevano frequenti incursioni nell'Appennino ligure. Di questo castello non restano oggi che dei ruderi.
Secondo Clelio Goggi, nel suo libro "Toponomastica Ligure dell'Antica e della Nuova Liguria", il nome Cremonte afferma che potrebbe derivare da "kar", cioè "monte", quindi "Cremonte" sarebbe una tautologia, ossia una ripetizione dello stesso concetto. All'ingresso del borgo, sopra ad un rilievo trovo la chiesetta intitolata a Santa Elisabetta L'edificio presenta un fronte a capanna ed è interamente intonacato e tinteggiato in bianco, privo di ogni decorazioni decorazioni. La porta d'ingresso, posta centralmente, presenta un accesso voltato con arco ribassato. Lateralmente alla porta, due finestrelle con sagoma analoga, mentre una finestra quadrangolare, posta superiormente all'ingresso, sormontata dalla Croce.
La chiesetta presenta un piccolo campanile a vela posto sul lato destro della chiesa, in prossimità dell'abside. L'edificio è a navata unica con area presbiteriale rialzata rispetto al piano dell'aula ed abside semicircolare. Non si hanno notizie certe sull'erezione del fabbricato, che potrebbe essere stato edificato tra il secolo XVII e XVIII. Dopo un rapido giro per il piccolo borgo, riprendo l'auto, scendo verso Cabella Ligure per poi risalire verso la borgata di Casella. Nel frattempo mi sovviene un altri importante personaggio che ebbe i suoi natali a Cabella Ligure: Giovanni David natovi nel nel 1743 e morto a Genova nel 1790. Costui fu un noto Pittore e incisore. Lavorò a Roma, Venezia dove decorò il teatro La Fenice, Francia, Olanda e Inghilterra.
A Genova, lasciò diverse opere tra cui un autoritratto a Palazzo Reale, la rappresentazione della Vergine al tempio nella Chiesa delle Vigne e sopratutto, il lunettone con la battaglia della Meloria, conservato al Palazzo Ducale. Raggiungo Casella che è stata edificata proprio sopra il Capoluogo e da cui riesco a osservare l'abitato e palazzo Spinola. In una curva trovo la piccola chiesetta di Nostra Signora della Guardia con piccolo campanile a vela. La chiesetta è in ottime condizioni, anche gli edifici del paese sono ben conservati. Come nelle altre borgate rimango sempre affascinato dai voltoni in pietra che caratterizzano tutti i borghi della Val Borbera.
Proseguo la strada che sale verso Pobbio inferiore, tornante dopo tornante, godendo di panorami incantevoli Poche centinaia di metri prima della borgata, trovo in posizione panoramica una delle tante cappelle votive di cui è piena la valle. Anche questo piccolo edificio, raggiungibile attraverso un breve sentiero, incorniciato da ginestre è in ottimo stato di conservazione. Raggiungo Pobbio Inferiore e lo supero fino a parcheggiare a ridosso dell'Oratorio di San Pietro. Questo edificio è citato in un documento del 1596, se ne ignora l'anno esatto di fondazione. L'oratorio presenta un fronte a capanna, è interamente intonacato e tinteggiato di bianco, privo di ogni decorazione.
La porta d'accesso è a due battenti e presenta una finestra posta centralmente sopra di essa. Mentre a lato della porta vi è solo una piccola finestrella. La gronda in facciata è in deciso aggetto, sopra la quale vi è la vela campanaria in posizione sommitale. Il sagrato della chiesetta è in erba e dal quale l'occhio può vagare per l'intera valle, infatti Pobbio Inferiore è a 1067 metri s.l.m. Da qui posso anche ammirare il piccolo borgo che da sempre vive di attività agricole e forse un tempo anche artigianali. Nei pressi dell'oratorio trovo un cippo che ricorda nella sua targa i partigiani della Divisione Garibaldina "Pinan Cichero". Un altro cartello turistico riporta una poesia "Sull'Ebro".
Infatti Pobbio inferiore e superiore sono state edificate, quasi incollandole a questa montagna che in vetta è a 1700 m. s.l.m. e fa da spartiacque tra Val Borbera e Val Curone. Proseguo la mia strada fino a Pobbio superiore posto a 1132 m.sl.m, dove finisce la strada asfalta e da dove partono diversi sentieri e mulattiere per le escursioni di trekking per il monte Ebro e il monte Chiappo. Pobbio Superiore pare disabitato, un gruppo di case in pietra le cui persiane in legno sbattono contro i muri per il venticello fresco ed irriverente che si è alzato. Dopo aver osservato una piccola cappellina, rientro verso Cabella Ligure.
La strada in discesa pare più corta e il venticello che si è alzato porta con se i profumi della montagna e dei cespugli di ginestre che trovo sui fianchi della strada. Un anziano contadino, seduto sulla porta di casa a Pobbio Inferiore mi fa un cenno di saluto, che ricambio. Il suo cappello è ben calzato in testa e la sua giacca pare consunta. Mi domando quante persone potrà aver visto oggi a cui scambiare un cenno di saluto. Sceso a Cabella Ligure, lascio il capoluogo per rientrare verso casa, ma anche se il vento si è fatto più fastidioso e il cielo si è coperto da nuvole minacciose, decido di fare ancora una breve deviazione per vedere ancora una borgata.
E dopo aver abbandonato la strada provinciale, percorso qualche chilometro mi ritrovo a Centrassi. Una piccola borgata in cui trovo case restaurate ma anche case e casolari in pietra abbandonate. Sotto a dei portici trovo vecchi carri agricoli e attrezzi in legno abbandonati chissà da chi e da quanti anni. Purtroppo la chiesetta locale versa in pessime condizioni, vicino al crollo. L'oratorio è intitolato a San Carlo e dovrebbe risalire tra il XVI-XVII secolo, costruito in pietra intonacata. Purtroppo sono vistosi i distacchi di intonaci ma anche di materiale lapideo. L'edificio presenta un fronte a capanna, in parte in pietra a vista per effetto del distacco dell'intonaco.
Non presenta decorazioni se non la sola cornice del frontone. L'ingresso è privo di portale e la sua porta è in semplice legno a due battenti. Due piccole aperture finestrate quadrangolari affiancano il portone, sopra il quale vi è una finestra a lunetta. Completa l'insieme una nicchia, ora vuota, di forma quadrangolare e posta tra la lunetta e la porta. Presenta un basso campanile in muratura in parte a vista con un'insolita torre a base triangolare che si sviluppa sul fianco destro dell'edificio, presso il fronte. Sono veramente desolato vedere questo edificio versare in queste tristi condizioni.
Lascio Centrassi e Cabella Ligure, una perla nascosta, un luogo dove il tempo sembra essersi fermato e dove è possibile ritrovare la pace e la serenità della vita montana. Sono soddisfatto del mio viaggio in Val Borbera che mi ha offerto una combinazione perfetta tra natura, storia e tradizione, ideale per chi cerca un angolo autentico e rilassante.