Blog di Dante Paolo Ferraris

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Pillole di storia: la tradizione del Presepe e i suoi 800 anni

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Presepe Vivente di GengaIl presepe mi ha sempre affascinato, ricordo con rimpianto quando in famiglia lo realizzavamo. Non era molto grande e nemmeno tante erano le statuine che ci potevamo permettere, ma vi erano le essenziali. Ricordo la ricerca del muschio e i tentativi ripetuti di creare le montagne con la carta da pacchi. L'esperienza del mio presepe finì con l'arrivo in casa di un bel gattone, che aveva fatto del presepio il suo gioco ideale.
Ancora oggi, ammiro con passione le realizzazioni presepiali e se trovo, nel mio girovagare, delle mostre e raccolte di Presepi vado a goderne la visione. Di queste ricordo con piacere la raccolta dei presepi provenienti da tutto il mondo esposti nella basilica superiore di Oropa o quello più piccolo ma meraviglioso esposto nei sotterranei dell'Oratorio e della Chiesa di San Silvestro, di Mornese e raccolto dalle figlie di Maria Ausiliatrice nelle loro missioni in tutto il globo. Tra l'altro il 2023 è stato l'anniversario degli Ottocento anni della prima rappresentazione della natività.
Il primo presepe, nel senso moderno del termine, risale a quello inscenato da San Francesco d'Assisi durante il giorno di Natale del 1223, nel piccolo paese di Greccio vicino Rieti. Anche se le prime testimonianze storiche del presepe risalgono al III-IV secolo, quando i cristiani raffiguravano nelle catacombe, le immagini di Maria con il piccolo Gesù in grembo. Certo non si trattava delle complesse scene presepiali di oggi, ma di semplici rappresentazioni simboliche.
Tutto ebbe inizio nel 1220 quando San Francesco dopo aver compiuto un pellegrinaggio in Terra Santa per visitare i luoghi della nascita di Gesù Cristo, tornato da Betlemme in Italia, chiese a Papa Onorio III di poter uscire dal convento di Greccio per creare la rappresentazione della natività nei pressi del convento. Il primo presepe venne allestito nei pressi del bosco vicino al paese, in una grotta. Nella grotta fu deposta la mangiatoia con la paglia e vi si condusse il bue e l'asino. Non vi erano personaggi che rappresentavano la Vergine Maria, Giuseppe e il bambinello, fu solo la parola di San Francesco a rappresentare la Sacra famiglia.
Il potere del "verbo" era assai più potente di qualunque immagine. Infatti l'intento del Santo era quello di far capire ad un popolo ancora incolto, l'evento misterioso della nascita di Gesù. Alla realizzazione del Primo Presepe Vivente vi fu l'attiva partecipazione di Giovanni Velita, castellano di Greccio e amico devoto del Santo, Greccio fu così la nuova Betlemme. A raccontarci la vicenda fu Tommaso da Celano, frate minore nato Celano nel 1190 circa e morto a S. Giovanni in Val de' Varri, Tagliacozzo nel 1260 circa. Costui fu il primo biografo di San Francesco da cui ebbe l'abito francescano nel 1215; missionario in Germania nel 1222 e tornato in Italia scrisse di San Francesco la cosiddetta Vita prima o Legenda Gregorii nel 1228/29, della quale fece 1230 un'epitome, ma anche Legenda ad usum chori; Vita secunda S. Francisci tra il 1245/47 e il Tractatus de miraculis S. Francisci, e la Legenda S. Clarae Virginis. Ma gli è anche attribuito il Dies irae.
Lascio direttamente la narrazione al beato Tommaso da Celano: "È degno di perenne memoria e di devota celebrazione quello che il Santo realizzò tre anni prima della sua gloriosa morte, a Greccio, il giorno del Natale del Signore. C'era in quella contrada un uomo di nome Giovanni, di buona fama e di vita anche migliore, ed era molto caro al beato Francesco perché, pur essendo nobile e molto onorato nella sua regione, stimava più la nobiltà dello spirito che quella della carne. Circa due settimane prima della festa della Natività, il beato Francesco, come spesso faceva, lo chiamò a sé e gli disse: «Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l'asinello». Appena l'ebbe ascoltato, il fedele e pio amico se ne andò sollecito ad approntare nel luogo designato tutto l'occorrente, secondo il disegno esposto dal Santo. E giunge il giorno della letizia, il tempo dell'esultanza! Per l'occasione sono qui convocati molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti dai casolari della regione, portando ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s'accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi. Arriva alla fine Francesco: vede che tutto è predisposto secondo il suo desiderio, ed è raggiante di letizia. Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e l'asinello. In quella scena commovente risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l'umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme. Questa notte è chiara come pieno giorno e dolce agli uomini e agli animali! La gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima, davanti al nuovo mistero. La selva risuona di voci e le rupi imponenti echeggiano i cori festosi. I frati cantano scelte lodi al Signore, e la notte sembra tutta un sussulto di gioia. Il Santo è lì estatico di fronte al presepio, lo spirito vibrante di compunzione e di gaudio ineffabile. Poi il sacerdote celebra solennemente l'Eucaristia sul presepio e lui stesso assapora una consolazione mai gustata prima. […] e uno dei presenti, uomo virtuoso, ha una mirabile visione. Gli sembra che il Bambinello giaccia privo di vita nella mangiatoia, e Francesco gli si avvicina e lo desta da quella specie di sonno profondo. Né la visione prodigiosa discordava dai fatti, perché, per i meriti del Santo, il fanciullo Gesù veniva risuscitato nei cuori di molti, che l'avevano dimenticato, e il ricordo di lui rimaneva impresso profondamente nella loro memoria". Dalla Vita prima di Tommaso da Celano, cap. XXX, 84-86. San Francesco portò così alla grotta la popolazione che accorse numerosa e così il santo poté narrare a tutti i presenti, che non sapevano leggere, la storia della nascita di Gesù. Sempre Tommaso da Celano ci racconta: "fu talmente commosso nel nominare Gesù Cristo, che le sue labbra tremavano, i suoi occhi piangevano e, per non tradire troppo la sua commozione, ogni volta che doveva nominarlo, lo chiamava il Fanciullo di Betlemme. Con la lingua si lambiva le labbra, gustando anche col palato tutta la dolcezza di quella parola e a guisa di pecora che bela dicendo Betlemme, riempiva la bocca con la voce o meglio con la dolcezza della commozione".
Partendo da Greccio, il presepe divenne così una tradizione popolare che si allargò in maniera capillare in tutta l'Italia. Seguendo il suo esempio, le prime rappresentazioni della natività con tanto di scenografia e statuine scolpite fecero la loro comparsa nelle chiese, al fianco dei dipinti che trattavano lo stesso argomento. Dal XV secolo il presepe divenne elemento indispensabile per ricordare l'evento della Santa nascita, soprattutto nelle case nobiliari, sotto forma di soprammobile o nelle vesti di cappella in miniatura. Ma fu il XVIII secolo che vi fu il fiorire di queste piccole rappresentazioni sacre ed ormai presente anche nelle fasce più popolari della popolazione.
I presepi si iniziarono a suddividersi nei diversi stili artistici come quello napoletano, genovese, bolognese, ecc… raggiungendo livelli espressivi originali e ricercati, tanto da diventare motivo di vanto per le diverse comunità e le nobili famiglie facevano a gara per avere il presepe più sfarzoso. Fu in questo periodo che venne istituita a Bologna la fiera di Santa Lucia, un mercatino annuale che ancora oggi richiama appassionati dove vengono esposte le statuine realizzate dagli artigiani locali. Ma certamente il mercato di statuine più famoso è quello di Napoli di via San Gregorio Armeno. Proprio il presepe napoletano è diventato nell'immaginario collettivo la rappresentazione d'eccellenza.
L'arte presepiale napoletana si è mantenuta tutt'oggi inalterata per secoli, divenendo parte delle tradizioni natalizie più consolidate, tanto che Goethe descrisse il presepe italiano nel suo Viaggio in Italia del 1787: "Ecco il momento di accennare ad un altro svago che è caratteristico dei napoletani, il Presepe […] Si costruisce un leggero palchetto a forma di capanna, tutto adorno di alberi e di alberelli sempre verdi; e lì ci si mette la Madonna, il Bambino Gesù e tutti i personaggi, compresi quelli che si librano in aria, sontuosamente vestiti per la festa […]. Ma ciò che conferisce a tutto lo spettacolo una nota di grazia incomparabile è lo sfondo, in cui s'incornicia il Vesuvio coi suoi dintorni".
I presepi più antichi ancora visibili in Italia sono a Roma con il presepio di Santa Maria Maggiore, di Arnolfo di Cambio risalente al 1289; tra i presepi più antichi di Napoli c'è quello della fine del Quattrocento di San Giovanni a Carbonara, con figure in legno e la presenza anche di profeti; nel Duomo di Modena invece c'è il cinquecentesco il presepe di Antonio Begarelli; mentre a Bologna nella Basilica di Santo Stefano il presepe è scolpito da tronchi di tiglio e di olmo, forse nell'ultimo decennio del XIII secolo, il cui autore è identificato come il "Maestro del Crocifisso". Il presepe è ormai diffuso in tutto il mondo e l'arte presepiale ormai diffusa vede tante scuole oltre quelle italiana posso ricordare quella catalana, provenzale, russa, ungherese, polacca ma anche africani e sudamericani.
Anche il termine Presepe deriva dal latino praesaepe, cioè greppia, mangiatoia, ma anche recinto chiuso dove venivano custoditi ovini e caprini e ciò ci riporta al presepe di Greccio. Il presepe, mi ricordo si smontava qualche giorno dopo il 6 gennaio, dopo che il giorno dell'epifania venivano inseriti nel presepio i Magi. Personaggi questi che derivano dal Vangelo secondo Matteo individuati come alcuni saggi astrologi, che seguendo la cometa, "il suo astro" giunsero da Oriente a Gerusalemme per adorare il bambino Gesù, il "re dei Giudei".
La tradizione cristiana ha aggiunto alcuni particolari, indicando che erano tre sulla base dei tre doni portati, oro, incenso e mirra e individuandoli come Melchiorre, Baldassarre e Gaspare. Inoltre nel tardo medioevo si ritenne che fossero oltre che sapienti anche dei re, venuti simbolicamente a rendere omaggio al bambino Gesù dalle tre parti del mondo allora conosciuto: Asia, Europa e Africa. Tanto che papa Leone Magno stabilì che i Re Magi furono tre, con un decreto papale.
Ogni presepio ha oggi, nelle singole tradizioni popolari locali un personaggio tipico, in quello napoletano è Benino o Benito, pastorello che dorme beato e che si immagina dia origine al presepe sognandolo; corrisponde al bolognese Dormiglione e al siciliano Susi Pasturi. Sempre nel presepe napoletano vi è anche la zingara, giovane donna dalle vesti rotte, che prevedendo il futuro, predice la passione di Gesù. Mentre nel presepe catalano non può mancare il caganer. Personaggio quest'ultimo presente anche in alcune località della Comunità Valenzana, oltreché nella vicina Andorra. Talvolta viene posizionata anche nei presepi delle isole Canarie e rappresenta un contadinello vestito con il costume tradizionale catalano, completo di cintura e berrettina rossa intento a defecare. È una figura scaramantica, fonte di fortuna e allegria e il non collocarlo all'interno di un presepe può essere causa di sventura. Oggi i presepi si trovano anche all'aperto, esposti nelle piazze, sui sagrati delle chiese di tantissime città d'Italia e non solo, ormai parte integrante delle decorazioni natalizie.
Furono la grandezza di San Francesco e l'interesse per le sue gesta a costituire lo sponsor ideale per la diffusione del presepe. Partendo da Greccio, il presepe divenne così una tradizione popolare che ha compiuto nel 2023 i suoi 800 fantastici anni.