Blog di Dante Paolo Ferraris

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Il mio Piemonte: Candia Canavese

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Candia CanaveseDicono che quando qualcuno si alza presto per fare qualcosa di utile, abbia l'ora in bocca. Io non rappresento di sicuro questa categorie di persone, anche se mi alzo sempre poco dopo l'alba. Stamattina in particolare, ho voluto essere mattiniero per raggiungere un Borgo piemontese, il cui nome deriva dal patrominico romano Candidus.
La strada è assai lunga anche se non particolarmente disagevole. Raggiungo così Candia Canavese che il sole già alto e scalda abbondantemente la giornata.
L'epoca di fondazione di Candia è romana, anche se preesistevano sulle sponde del suo lago insediamenti palafittici. Conferme dell'origine romana del luogo non deriverebbe solo dal toponimo, ma anche da alcuni reperti archeologici rinvenuti sul suo territorio.
In periodo Medioevale Candia fu al centro di aspre lotte, soprattutto durante i secoli XIII e XIV, quando il Vescovo Conte di Ivrea, il Marchese di Monferrato ed il Principe d'Acaia si contesero il controllo di questo lembo di terra canavese. Nella seconda metà del XIII secolo, Guglielmo VII del Monferrato cercò di sottomettere il Canavese, il Vescovo lo scomunicò insieme e ai suoi alleati che erano i signori di Candia e Castiglione. Qui i Marchesi del Monferrato vi consolidarono la loro Signoria durata fino alla pace di Cherasco del 1631 dove subentrarono i Savoia. Ciò non tolse che dal ‘XIV al XVIII secolo il Borgo di Candia subì continui assedi e distruzioni del territorio.
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Il mio Piemonte: Aramengo

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AramengoLa giornata si presenta già afosa al mattino presto, preferisco pertanto di concedermi un breve giro sulle colline del basso Monferrato. È bello salire e scendere da verdi colline, girarci in torno e scoprire nuove vallette, ove torrenti e rii sono accompagnati da roverelle, pioppi e salici. La campagna è un alternarsi di colture diverse e da boschi di latifoglie.
Raggiungo così Aramengo, il cui toponimo, qualcuno afferma avrebbe origini romane, derivando da Ara Mea divenuto poi Aramengum in epoca longobarda con l'aggiunta del suffisso –engo. Altri affermano invece che l'origine del nome debba essere collegata ad una voce germanico, dato il suffisso -engo, ossia dal tedesco -ing, la cui radice potrebbe indicare un nome personale, sempre di origine tedesca. Comunque sia, non è ancora ben definita l'origine.
La mia curiosità invece è nel modo di dire che ancor oggi si dice vai a “ramengo” espressione che equivale ad andare in rovina, in bancarotta. Un esclamazione volgare di stizza per mandare qualcuno al diavolo.
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Capodanno

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Fanculo 2020Siamo finalmente arrivati alla fine di questo anno terribile, da dimenticare. L'anno che è appena passato non lo voglio dimenticare solo perché possa essere di monito per il futuro.
Tutto iniziò con l'oroscopo di Fox che annunciava un anno straordinario con molti cambiamenti. In effetti i cambiamenti ci sono stati, tutti in peggio. Anche il detto "Anno bisesto anno funesto" ha confermato le vecchie dicerie. Abbiamo visto un anno terribile, tanto da farci sembrare le antiche epidemie cose molto più vicine al nostro quotidiano. La memoria torna quasi subito, alla peste "manzoniana" che colpì anche nel territorio di Alessandria. A rileggere i vecchi scritti ritrovi l'antesignana "zona rossa" con l'isolamento della città. L'unico sistema per difendere la città dal contagio era presidiarne le porte incaricando cittadini "in arme" di farvi accedere soltanto individui muniti di apposita "bulletta" attestante la provenienza da città libere dalla peste. Erano i cittadini stessi a dover fare da guardiani alla sicurezza sanitaria della città e se tali cittadini si rifiutavano di prestare servizio erano puniti con il carcere. Infatti all'archivio di Stato cittadino, in un documento del 14 agosto 1630, riporta che è stato segnalato da Bernardo Guasco, capo del quartiere di Borgoglio, che alcuni non si erano presentati a svolgere il servizio di presidio delle porte, la Congregazione ordina che «li signori capi di Milizia possano far dettenere in prigione chiunque ricuserà obedire essendo comandato ad andare di guardia con le armi alle porte per servizio della Sanità ne possa essere rilasciato senza spezial consesso di detto officiale».
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Il mio Piemonte: Villanova Monferrato

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Villanova MonferratoLa sveglia ha tardato a suonare, ma il mio viaggio oggi non è molto lungo, pertanto posso prendermela con comodo. Raggiungo Villanova Monferrato, senza nemmeno usare l'autostrada per arrivare a questo grosso Borgo posto sulla sinistra del fiume Po. Un tempo era una zona con molteplici tipologie di colture, oggi sostituite con la coltivazione del riso. Oggi Villanova Monferrato ha anche una discreta zona industriale e un area commerciale di tutto rispetto.
Entrando in Villanova trovo in Via Ing Pietro Bosso, la Chiesetta della Madonna della Neve. Questa Chiesetta che trovo chiusa è di semplice fattura con tetto a capanna e ampio frontone. La chiesa è del XVI secolo e presenta una porta d'accesso con ai lati due ampie finestre ovali, protette da una grata. Sopra la porta vi è un ampio affresco rappresentante la Madonna con Bambino che necessita un restauro. Sopra di essa un ampia lunetta completa la facciata. Questa strada, ossia Via ing. Pietro Bosso, ricorda il patriota che nacque a Vercelli, 1799 e morì a Torino nel 1857. Costui partecipò ai moti del 1821 e fu esule dopo la repressione dei moti mazziniani del 1833, stabilendosi dall'autunno a Bruxelles. Fu proprio l'ing Bosso a convincere Gioberti, di cui era amico, a raggiungerlo da Parigi a Bruxelles. Nel 1838 il Bosso rientrò in Italia, riprendendo la sua attività professionale di ingegnere, soprattutto dedicandosi alla realizzazione delle strade ferrate piemontesi, ma s'impegno anche nel marzo del 1849 a dirigere le opere di difesa di Casale dall'assalto degli austriaci.
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A zonzo con il calessino (XXXIX parte)

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CalessinoLa statua della Minerva accoglie i visitatori ed è un simbolo della città di Pavia. È un opera imponente e fu realizzata dallo scultore Francesco Messina nel 1938.
La Minerva, secondo la mitologia greca era la Dea della sapienza, della saggezza e della guerra; virtù proprie della città con la sua prestigiosa Università e la difesa dell'autonomia della città. Infatti ci sono degli aneddoti su questa statua, tra i quali: la Dea tiene la lancia rivolta verso il terreno in segno di eccellenza della cultura a discapito delle armi, anziché verso l'alto quale indicazione di trionfo. Vige negli studenti universitari, quali segno scaramantico evitare di guardare la Minerva negli occhi, pena la mancata conclusione degli studi universitari.
In origine la statua della Dea aveva i seni scoperti, ma la pudicizia di un tempo avevano obbligato lo scultore a coprirla con una placca leggera a forma di mantellina. Infatti il corpo della statua della Minerva è visibile solo nelle braccia e nel viso che è di bronzo, mentre il vestito è di marmo.
La rivalità con la città di Milano è ricordata voltando le spalle alla città meneghina e la presenza dello scudo e della lancia sembra voler controllare e difendere la città.
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Il mio Piemonte: Fossano

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FossanoSituata sull'altopiano Famolasco è come un grande terrazzo che si affaccia sul profondo incassato corso della Stura di Demonte. Fossano fu fondata il 7 dicembre 1236 come presidio contro Asti, da una Lega di città guelfe e divenne presto un libero Comune. Nel 1238, Fossano si dichiara ghibellina, sotto l'egida imperiale di Federico II, fino al 1250 quando perse l'appoggio imperiale ed iniziò un periodo conflittuale ed instabile. Partecipando alla guerra contro Carlo I d'Angiò subì una breve occupazione angioina.
Nel 1304 la popolazione giurò fedeltà ai Marchesi di Saluzzo e passò nel 1314 nei domini dei principi d'Acaja con Filippo I d'Acaja. Nel 1365, Fossano è coinvolta nel conflitto tra Giacomo d'Acaia e il marchese Federico di Saluzzo. Nel 1418, estintasi questa casata degli Acaja, Fossano entrò definitivamente nei possedimenti sabaudi. Nel 1521, Fossano fu colpita da una terribile pestilenza.
Nel 1566, il duca Emanuele Filiberto la eleva al rango di città, a riconoscimento della fedeltà durante le invasioni francesi del XV secolo; infatti il motto della città è Fidelitatis in signia e nel 1536, anche se Fossano è occupata dai francesi, questi non riescono a conquistare il castello.
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Il mio Piemonte: Belgirate

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BelgirateLa giornata è splendida per non fare un escursione in un luogo in cui si possa godere di una eccezionale posizione panoramica. Infatti, viaggiando in autostrada raggiungo Belgirate.
Il bel Borgo lagunare è posto incastonato nel promontorio, costituito dal versante orientale del colle della Motta Rossa, che separa il bacino inferiore del Lago Maggiore dal Golfo Borromeo. Il luogo per molti anni fu abitato da pescatori e contadini e subì per diverso tempo una forte emigrazione. Infatti, per i belgiratesi come per gli altri abitanti del Vergante, molte persone si adattarono a fare il mestiere dell'ombrellaio. Curioso il soprannome che ai belgiratesi venne appioppato i "sciatt" ossia i rospi.
I ritrovamenti archeologici d'epoca romana imperiale attestano la presenza e la frequentazione di questi luoghi. La prima attestazione riguardante Belgirate risale al XII secolo. Nel Medioevo fece parte del feudo del Vergante di cui seguì le sorti, appartenendo dapprima ai Visconti poi ai Borromeo che l'ebbero infeudata dal 1441 fino alla fine del XVIII secolo, quando ebbe fine il sistema feudale.
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Natale al tempo del CoViD

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CoViDIl Natale di quest'anno è diverso da tutti quelli che ho finora vissuto. Il mio Natale è sempre stato fatto in famiglia, dapprima con i miei genitori e poi a casa di mia sorella. Una famiglia che si è ristretta numericamente, ma che non ha perso le tradizioni. L'albero si è sempre fatto l'8 dicembre, giorno della Immacolata Concezione che unitamente con il presepe accompagna le mie festività fino al 6 gennaio. Il presepe dapprima era realizzato con le statuine, la capanna, il muschio ecc… che creavano a casa dei nostri genitori. Oggi, il mio presepe è il solo gruppo della Sacra Famiglia realizzato in ceramica, ma mi perdo volentieri ad osservare quelli che sono realizzati nelle vetrine dei negozi o nelle chiese. D'altra parte le abitudini non si perdono facilmente ed in questo caso meno male.
Mi è capitato così di fermarmi davanti ad un bel presepio, con tante statuine di personaggi della cultura contadina, impegnati nei loro modesti lavori, con le tradizionali pecorelle ed agnellini oltre al bue ed all'asino nella stalla. Molte le casette, mulini e locande, tutto ben illuminato e con ruscelli d'acqua e il verde del muschio naturale.
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Santa Lucia e i Lecabòn

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lecabonDa bimbo attendevo con ansia il giorno della festa di Santa Lucia, non capivo il perché di quella ricorrenza, forse non me lo sono nemmeno mai chiesto, ma aspettavo che mia madre mi portasse a casa il Lecabòn. Questo è un dolce tipico alessandrino che si distribuisce solo il 13 dicembre e per qualche giorno a seguire.
Santa Lucia è un ricordo prezioso, mi riporta tutti gli anni alla mia infanzia e se sono in città non mi faccio mancare una capatina in piazzetta Santa Lucia a comprare il piccolo e goloso dolce. La piccola piazzetta, oggi come ieri, si riempie di luci e di colori, le bancarelle che vendono dolci sono sempre presenti a commerciare torroni e Lecabòn.
Sicuramente a Siracusa, dove la Santa è nata, la partecipazione popolare sarà molta, ma anche ad Alessandria vi è una discreta adesione. Da poco tempo ho apprese che anche a Verona si festeggia questa ricorrenza con un bellissimo mercatino che occupa le vie del centro cittadino. La festa veronese è dovuta a un fatto che accade nel XII secolo, quando una grave e incurabile malattia colpì gli occhi di molti bambini rendendoli ciechi. Gli abitanti organizzarono una processione e a piedi nudi si recarono nella chiesa dedicata alla Santa per chiedere l'intercessione e la guarigione. Così, vuole la tradizione, l'epidemia cessò. Infatti Santa Lucia è la Santa della luce, anche se è rappresentata sempre cieca, simbolo del suo martirio.
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Il mio Piemonte: Verrone

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VerroneLa giornata è soleggiata, con l'auto corro su un nastro d'asfalto baluginante, i colori della primavera rendono ancor più luminoso il mio viaggio.
Raggiungo così il Comune di Verrone, il suo toponimo segnalerebbe origini antiche. Secondo alcuni studiosi deriverebbe dal termine latino vetus'– eris cioè vecchio, secondo altri è di derivazione celtica da uer, ossia sopra, per cui si tratterebbe di un luogo posto sopra qualcosa, oppure da viro-, sempre di origine celtica che significherebbe saldo, oppure vigoroso
Anche se il ritrovamento di lucerne e cinerari romani fa pensare ad insediamenti precedenti, oggi la storia documentata di Verrone risale ai secoli XI-XII.
La storia del Borgo è legata in modo indissolubile a quella della famiglia che l'ebbe in feudo, ossia i Vialardi. Lo testimoniano il Castello e la Chiesa di San Lorenzo sulla quale i feudatari esercitavano diritto di patronato.
Le origini della famiglia dei Vialardi, è tanto antica da perdersi nella leggenda e sono da ricondursi al periodo longobardo. Infatti, Widalardo ossia Wied der Hard, Guido (il coraggioso) il capostipite, sarebbe vissuto tra il IX e il X secolo, con la sua famiglia già da tempo si era insediato sul territorio biellese diventandone un riferimento politico ed economico.
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Il mio Piemonte: Castelspina

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CastelspinaIl sole è già alto, ma oggi non devo andare tanto lontano, pertanto posso prendermela con calma ed assaporare i profumi e i colori della primavera che stanno arrivando.
Sono poche le decine di chilometri che devo percorrere per raggiungere il piccolo Borgo di Castelspina e lo faccio agevolmente. Il Borgo è tanto minuto che decido di parcheggiare nella piazza antistante il Palazzo Comunale e girare l'intero abitato a piedi.
Le origini di questo piccolo Borgo della pianura alessandrina, sembrano risalire al periodo medievale, tra il XII e il XIII secolo. Dai primi documenti il territorio risulta appartenere al vicino comune di Gamondium, ossia all'odierno Castellazzo Bormida. Il primo atto ufficiale che lo cita risale al 1367 e i primi signori furono probabilmente i Malvicini. Ma la sua storia è strettamente legata al Castello degli Spina che, secondo alcuni studiosi, venne costruito verso l'anno 1100 in una zona detta Pian Castello, di cui oggi vi sono poche tracce.
Nel XIV secolo nell'ambito delle lotte interne tra Guelfi e Ghibellini passò sotto il dominio dei Visconti. Alla morte di Gian Galeazzo Visconti, sopraggiunta nel 1402 e dopo le distruzioni e i saccheggi del condottiero Facino Cane, subentrarono gli Sforza e poi i Marchesi del Monferrato. Questi ultimi lo cedettero in feudo ai fratelli Feruffini. Tra i diversi feudatati troviamo anche i Visconti e i Guasco.
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