Blog di Dante Paolo Ferraris

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Il mio Piemonte: Canonica di Vezzolano

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VezzolanoAi piedi della collina di Albugnano, nel basso Monferrato, ai confini dei possedimenti del marchese del Monferrato ma soprattutto, all'epoca della sua fondazioni la Canonica di Vezzolano era nella diocesi di Vercelli posta a breve distanza da quella di Torino e Asti e non lontano da quella di Ivrea. Fu anche inclusa nella diocesi di Casale Monferrato quando questa fu istituita nel 1474, divenne parte della diocesi di Torino dal 1805 fino ad essere inclusa in quella di Asti nel 1817.
Il paesaggio in cui è immerso il complesso canonicale è fatto di verdi prati, ricchi di filari di vigneti e boscosi versanti collinari. Placide acque corrono lungo la valletta, dove è da un millennio che rinfrescano il grande complesso religioso.
La Canonica regolare è anche più nota come Abbazia di Santa Maria di Vezzolano, uno dei più pregevoli monumenti religiosi medioevali del Piemonte. L'ecclesia di Vezzolano, sorge sul finire dell'XI secolo come Canonica dell'ordine regolare di Sant'Agostino, su una precedente chiesa. Secondo fonti leggendarie, mai provate e forse di fantasia, la fondazione della prima chiesa risalirebbe a Carlo Magno, quando nel 773 al tempo della sua prima discesa in Italia e durante una battuta di caccia, gli sarebbero apparsi tre scheletri, usciti da una tomba, provocandogli grande spavento.
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Una veloce passeggiata per Senigallia

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SenigalliaL'occasione è ghiotta, un viaggio a Senigallia per un importante convegno, che mi permetterà di vedere una bella città ricca di storia. Mi reco in questa bel centro marchigiano in treno e in compagnia di Stefano. Coglierò ogni attimo utile per fare una passeggiata e visitare la città.
Alloggiamo in un bell'albergo con vista mare a pochi passi della Rotonda, dove si svolgerà il convegno.
Già in treno abbiamo ripercorso la storia della città che la tradizione vuole fondata da un mitico "Brenno", condottiero dei Galli. Fu la prima colonia romana sull'Adriatico. Subito dopo subì un profondo periodo di decadenza e la sua rinascita avvenne intorno alla metà del XV secolo, quando Sigismondo Pandolfo Malatesta la fortifica e ripopola il suo territorio.
Dopo un periodo di conflitti armati tra le varie Signorie diventa possedimento di Federico da Montefeltro e la città viene data in vicariato ad Antonio Piccolomini dal Papa Pio II e, ancora con alterne vicende è concessa da Sisto IV a suo nipote, Giovanni Della Rovere, destinato a sposare Giovanna, figlia di Federico da Montefeltro al quale il pontefice conferirà, in quello stesso anno, il titolo di duca. Giovanni Della Rovere diventa altresì Prefetto di Roma e Duca di Sora ricevuto in eredità dal cugino Leonardo.
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Venzone: un viaggio alla ricerca dell'Orcolat

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VenzoneLa sveglia ha suonato già di prima mattina. Il vento ha passato tutta la notte ad ululare ed ha ha strappato tutto quel velo di nuvole che ieri sera, all'arrivo in albergo ricopriva tutta la Carnia. Stamattina sopra le nostre teste, distese azzurre senza confini e un sole che sicuramente renderà più illuminante la nostra giornata. Il viaggio che ci ha condotti in questa parte della Carnia è stato lungo ma piacevole. Un comodo alloggio e una ristoratrice cena a base di piatti tipici, ci ha messo in condizione di affrontare questo particolare giornata di studio. Il nostro cuoco ci ha preparato per cena: un cestino di frico con patate, fatto con formaggio stagionato, patate, cipolle e pancetta affumicata, funghi e selvaggina hanno poi riempito i nostri piatti. Il tutto di innaffiato da una bella bottiglia di vino, come il Refosco dal peduncolo rosso.
Non è la prima volta che vengo in queste lande, a parte aver svolto il servizio militare di leva a poche decine di chilometri da qui. Vi ero giunto con occhi diversi, pochi anni or sono per vedere con sguardo attento le capacità di ricostruzione dell'uomo dopo gli eventi calamitosi del 1977 che oggi non guardiamo con il dovuto merito.
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A zonzo con il calessino (XX parte)

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CalessinoRaggiungiamo così Borgofranco d'Ivrea, antico ricetto del XIII secolo che conserva l'architettura regolare delle sue strade, con i suoi edifici a due piani e un antica torre medievale che funge anche da campanile, sembra che osservi dall'alto le antiche case, quasi a volerne essere la guardia.
La parrocchiale della Madonna del Rosario e dei Santi Maurizio e Germano fu eretta nel 1663 e restaurata nel 1792. La chiesa realizzata dalla confraternita del Rosario è a tre navate con arredi in stile barocco. Prima di questo edificio religioso, la parrocchiale fu l'antica chiesa medioevale di Santa Marta, ampliata e modificata nel 1691 su volontà del marchese Claudio Morini, ciambellano del re di Francia e ambasciatore presso i Savoia, di cui fu feudatario di Borgofranco dal 1623.
L'edificio storico di maggior pregio è proprio Palazzo Marini; imponente costruzione, le cui parti più antiche possono essere datate tra il 1200 e il 1300. Intensamente affrescato e decorato all'incirca fra il 1625 e 1650, con richiami al mito di Proserpina e altri molteplici allegorie.
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Il mio Piemonte: Il viale della Rimembranza di Castelceriolo

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Castelceriolo: Viale della RimenbranzaRecentemente andando al cimitero di Castelceriolo dove sono sepolti di miei cari,non ho potuto che notare, con molto disappunto il taglio di un Ippocastano che insieme ad altri crea un viale alberato. Il ricordo corre a tanti anni fa, quando con mio nonno paterno dovevamo transitare sotto le frondose chiome degli ippocastani per raggiungere la vigna. Era altresì frequente che mentre io scalciavo i ricci e le castagne mentre vi transitavamo, il nonno mi raccontasse che ogni albero voleva ricordare dei suoi giovani amici che a differenza sua non erano riusciti a tornare a casa dalla prima guerra mondiale. Infatti su ogni albero insieme a un mazzolino di fiori freschi vi era affisso una targhetta che riportava il nome del caduto in guerra.
Infatti il 27 dicembre 1922 il Ministero della Pubblica Istruzione inviò a tutti i regi Provveditori agli Studi una lettera circolare con la quale veniva richiesto: "[...] che le scolaresche d'Italia si facciano iniziatrici di una idea nobilissima e pietosa: quella di creare in ogni città, in ogni paese, in ogni borgata, la Strada o il Parco della Rimembranza. Per ogni caduto nella grande guerra, dovrà essere piantato un albero; gli alberi varieranno a seconda della regione, del clima, dell'altitudine [...]". Un'iniziativa che il nonno ricordava benissimo e che aveva avuto luogo anche nel piccolo paesino alle porte di Alessandria.
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Il mio Piemonte: Monastero Bormida

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Monastero BormidaLa sveglia stamattina mi pare abbia suonato con anticipo oppure la notte mi è sembrata più corta e non ho avuto il tempo di chiudere gli occhi che già era tempo di alzarsi. Ma per fortuna il cielo sembra morbido con le nuvole gommose in cielo e il sole che naviga tronfio verso l'alto. La giornata la trascorrerò in un borgo astigiano insieme ad Andrea. La macchina già sfreccia sulle strade dell'appennino acquese e il gusto del caffè della colazione è un mero ricordo, lasciamo cosi il Monferrato ed entriamo nelle Langhe astigiane.
Monastero Bormida, il nome lo lascia intuire, fu fondato da un gruppo di monaci benedettini che, intorno al 1050 circa, arrivarono dall'abbazia di Fruttuaria di San Benigno Canavese, chiamati da Aleramo marchese del Monferrato per sollevare le sorti con il loro lavoro nei campi a dissodare e seminare le terre devastate dalle invasioni di Saraceni. I Saraceni, provenivano dalla Provenza dove a Frassineto, presso Saint Tropez avevano creato un loro insediamento. I saraceni valicarono le Alpi e scesero in Piemonte dopo aver distrutto il monastero di San Dalmazzo di Pedona e quello di San Pietro di Ferrania, mettendo tutto il contado a ferro e fuoco, facendo stragi di inermi, raggiungendo le mura di Acqui, dove furono sconfitti nel secolo IX. Il Basso Piemonte a quei tempi era suddiviso in tre Marche , quella Aleramica, quella Arduinica ed infine quella Obertenga. Monastero Bormida faceva parte della Marca Aleramica. All'epoca delle incursioni saracene il territorio saccheggiato della valle Bormida nei documenti dell'epoca era indicato come deserta loea o Marchesato del Vasto, cioè della terra devastata.
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A zonzo con il calessino (XXI parte)

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CalessinoAttraversata Ivrea, ci accoglie Bollengo. Siamo nuovamente alle pendici dell'anfiteatro morenico eporediese. Il comune si divide equamente tra il colle e il piano.
La zona ricca di stagni avalla la possibilità che il nome derivi dalla voce celtica di bola, ossia palude. Fu luogo di confine tra le influenze di Vercelli ed Ivrea. Anticamente quando fu sottoposto al controllo di Ivrea fu edificato un castello e un ricetto, terminato nel 1250, per ostacolare la politica espansionistica di Vercelli, rendendo così Bollengo un borgo franco.
Accorsero ad abitare il nuovo borgo gli abitanti di Paerno e Pessano, villaggi che rimasero abbandonati. Di quegli antichi villaggi non rimangono che le vestigia. Di Paerno una suggestiva torre campanaria, svettante solitaria su un pianoro tra i boschi della Serra. Il campanile apparteneva alla chiesa romanica San Martino, atterrata per volere del vescovo nel 1733, in quanto versava in pessime condizioni. Di Pessano rimane la chiesa romanica dei Santi Pietro e Paolo, posta sul percorso della via Francigena canavesana.
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Il mio Piemonte: Sagliano Micca

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Sagliano MiccaIl vento ha passato la notte ad ululare, mentre ora pare bisbigliare. Ha allontanato le nuvole che di prima mattina, hanno accompagnato il mio viaggio verso la valle Cervo. Ora lo stesso vento pare accarezzare i tetti e un cielo limpido senza confini è pronto ad accogliere il sole, che può fare quello che vuole. La strada è come sempre lunga, ma sono accompagnato dalle canzoni dei miei cantanti preferiti. Da tempo mi ero ripromesso una visita a questo borgo, e questa domenica mi sembrava la più ideale. La strada verso la montagna si fa più tortuosa, ma l'ho già percorsa altre volte e non mi spaventa. Parcheggio la mia auto nella grande piazza posta di fronte al nuovo e moderno municipio. Sulla piazza si innalza il monumento dedicato al più illustre personaggio di Sagliano, ossia Pietro Micca. È stato proprio la sua storia a volermi portare sui luoghi natii, che tradizione vuole abbia permesso di cambiare la storia del mio Piemonte e forse anche la storia d'Italia.
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Il mio Piemonte: Neive

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NeiveLa giornata, con l'amico Matteo, la dedichiamo al borgo di Neive, Oggi il sole sembra non essersi svegliato. Ha tirato la coperta di nuvole fino alla testa e di lui non c'è traccia. Non abbiamo nessuna speranza che i suoni delle campane del mattino possano scuoterlo. Ma sorridiamo ed illuminerò la giornata con le belle cose da ammirare a Neive.
Di Neive c'e ne sono due; una in fondo alla collina, più moderna e attiva, sviluppatasi intorno alla stazione ferroviaria posta sulla linea Alessandria-Cavallermaggiore, purtroppo oggi disattivata nonostante sia nel territorio Unesco e sia un notevole richiamo turistico.
La seconda, quella di nostro interesse è invece abbarbicata in cima della collina, raccolta intorno ad una torre medioevale.
Parcheggiato la macchina, poco distante dalla Cappella San Rocco, percorriamo brevemente la storia del borgo prima di iniziare la nostra breve visita turistica. Neive è stato abitato fin dal Neolitico, grazie ai fitti boschi e alla ricchezza di acque, fu abitato da Liguri e da tribù galliche, fino all'arrivo dei Romani, intorno al II secolo a.C.
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A zonzo con il calessino (XIX parte)

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CalessinoSan Grato, fu vescovo di Aosta dove vi morì il 7 settembre 740; secondo la leggenda avrebbe ritrovato la testa di San Giovanni Battista e la reliquia della sua mandibola è conservata nel tesoro della cattedrale di Aosta. San Grato è il patrono della città di Aosta e della regione Valle d'Aosta, oltreché essere invocato come protettore dai contadini a protezione dei raccolti, soprattutto dalla grandine.
Invece di San Giocondo si conosce poco; pare sia stato il terzo vescovo di Aosta dopo San Grato, di certo fu presente al concilio di Roma nel 501 e 502.
Della cattedrale mi ha impressionato il bellissimo quattrocentesco chiostro e le due torri campanarie che risalgono all'XI secolo. La torre nord presenta ancora le antiche aperture romaniche, ma le guglie a forma ottagonale sono tardo gotiche.
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Il mio Piemonte: Olmo Gentile

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Olmo GentileÈ una di quelle giornate in cui il cielo promette tutto e non mantiene niente. Nuvole, sole e vento parlottano lassù e alla fine nessuno prenderà una decisione. Il mio viaggio in auto nella alta langa astigiana prosegue all'insegna del cielo variabile. Oggi voglio visitare il borgo di Olmo Gentile, il suo territorio è attraversato dal rio Tatorba, mentre il centro del borgo è arroccato intorno al castello con la sua alta torre e la chiesa parrocchiale. Vi arrivo percorrendo la strada che proviene da Roccaverano; il paesaggio è suggestivo nonostante l'alternarsi del gioco delle nuvole con il sole. Il territorio è sostanzialmente collinoso, con diversi terrazzamenti dove si alternano campi coltivati, pascoli, gerbidi e boschi. Da sempre l'agricoltura ha rappresentato per la popolazione la fonte più importante della economia locale. Il paesaggio sulla cresta che divide due vallate pare voglia oggi essere lo scenario del vento che con le sue folate schizza strani disegni sui prati e gioca con le foglie degli alberi.
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