Blog di Dante Paolo Ferraris

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Il mio Piemonte: Francavilla Bisio

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Francavilla BisioStamattina il sole sarà sfavillante, la primavera è entrata a pieno titolo nei suoi più allegri colori, con i fiori sboccia quel pizzico di serenità che mi permette di fare un breve giro in auto.
Raggiungo le primi propaggini dell'Appennino ligure per fare una visitina ad un piccolo e antico borgo.
Raggiungo così tra i campi di grano, pronti per essere mietuti, dove il giallo oro delle spighe fa da contraltare al verde intenso delle foglie della vite che nascondono il loro prezioso tesoro, i grappoli che stanno gonfiando gli acini del prezioso nettare che mi permetterà, tra qualche mese di assaporare il suo virtu0so frutto, magari bevendo un buon bicchiere di dolcetto.
Ai piedi della collina, anche verdi prati seguono il sinuoso corso del torrente Lemme. Si staglia in cima al colle, guardingo su quello che accade a valle il castello. Raggiungo così Francavilla Bisio, piccolo borgo costituito da un gruppo di case dai tetti di coppo, che corre lungo la valle, dalla quale emerge l'alto campanile della parrocchiale.
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Il mio Piemonte: Riva presso Chieri

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Riva presso ChieriNel caldo afoso del pomeriggio con il sole che crea particolari giochi e riflessi di luce, m'avvio per raggiungere la casa di Paola a Chieri, colgo l'occasione per visitare un piccolo borgo posto nella pianura tra Chieri e Villanova d'Asti.
Il suo toponimo allude ad una ripa o riva di un torrente a cui è affacciato l'abitato di Riva presso Chieri. I primi documenti che lo citano sono del 1152 in cui l'imperatore Federico Barbarossa lo infeuda metà del Borgo al conte Guido di Biandrate. All'epoca dell'infeudazione esisteva un castello su territorio di Riva, ora scomparso. L'altra metà viene infeudata dall'Imperatore nel 1164 al Marchese Guglielmo del Monferrato. Dal XIII secolo la storia di Riva è indissolubilmente legata a quella di Chieri che si avvia a diventare uno dei più importanti comuni subalpini. Nel 1212 dopo che l'imperatore Ottone IV lo aveva affrancato da tutti gli obblighi verso il Vescovo di Torino, Chieri acquista Riva nel 1223 e già nel 1229, passa all'onore delle cronache in quanto vi viene firmata la pace fra Chieri e i conti di Biandrate.
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A zonzo con il calessino (XXVI parte)

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CalessinoRaggiungiamo così Campiglia Cervo, posto al centro del fondovalle del torrente Cervo che lo percorrere. È uno dei principali centri turistici della vallata che nasconde molte bellezze e tra queste anche curiosità e leggende.
Le prime notizie di Campiglia risalgono al 1207, quando in una bolla del Papa Innocenzo III, si cita l'esistenza di una chiesa dedicata a San Martino. La stessa chiesa, all'epoca rettoria, fu tra le prime nel 1575 a staccarsi dalla chiesa matrice di San Lorenzo di Cacciorna. Già nel 1580, l'originaria chiesa, viene nel frattempo dedicata a San Bernardo da Mentone e a San Tommaso Apostolo, e più tardi ai Santi Bernardo e Giuseppe.
L'attuale chiesa parrocchiale fu consacrata nel 1662, ricostruita sulle preesistenti fondamenta. Questo edificio presenta una facciata arricchita con lesene e cornici del 1866; l'interno è a tre navate e custodisce un polittico del 1565 di Bernardino Lanino. Un'altra tela importante è il Crocefisso con le Pie Donne di Giovanni Antonio Cucchi. Costui, campigliese di nascita, in frazione Ondini nel 1690, è considerato uno dei più prolifici pittori decorativi attivi in Lombardia e nel Biellese, sembra essere stato tra i più richiesti cantori delle glorie delle famiglie patrizie milanesi.
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Un tempo che fu nei nostri paesi!

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zuppa di ceciAl mattino del giorno di Ognissanti tutti partecipavano alla Messa, il pomeriggio si tornava in chiesa per la processione e poi ci si recava al cimitero a fare il giro delle tombe a trovare i propri cari, per una visita agli amici che ci avevano abbandonato troppo presto, a rimembrare pregi e difetti di ognuno, a deporre un fiore, accendere un lumino. Alla sera tutti riuniti intorno al desco famigliare, c'era anche chi recitava il rosario con tutti i 15 misteri e poi si cenava con castagne bollite e vino nuovo. La notte si lasciava la tavola imbandita con tanto di libagioni per la visita notturna dei nostri morti.
Tra il giorno di Ognissanti e quello dei Morti le visite ai cimiteri, vestiti con l'abito bello si ripeteva e anche il cerimoniale del pasto, magari con una zuppa di ceci con le gustose costine e testina di maiale, ma anche con lo zampino.
Le serate erano passate intorno al camino o alla stufa dove i nonni raccontavano le antiche leggende orali tramandate di generazione in generazione. I bimbi stavano con gli occhi sgranati e la bocca aperta ad ascoltare le storie con il cuore colmo di paura. Poi a nanna, dopo aver acceso una candela e posta sulla finestra della cucina, per invitare i propri morti che alzati dalle loro tombe tornavano a casa per una notte a sedersi intorno al tavolo della cucina.
Tradizioni perse, rimaste nella memoria dei più anziani, sostituite da fuggevoli visite ai cimiteri, forse una veloce preghiera, un breve ricordo del defunto. Grandi vasi di costosi fiori sostituiscono tutto il resto che poi dimentichi appassiranno. Unica tradizione rimasta è la zuppa di ceci ma rigorosamente priva di troppi grassi. Solo le persone anziane si soffermano un attimo in più e partecipano alle funzioni religiose, quasi a voler trovar conforto in un futuro che è inesorabile ed uguale per tutti.
 

A zonzo con il calessino (XXV parte)

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CalessinoIntravediamo da lontano Rosazza con i suoi tetti in losa. Il calessino pare abbia voglia di arrivarci velocemente, infatti in pochi minuti ci ritroviamo in Paese e parcheggiamo il bolide rosso a tre ruote, vicino alla chiesa. Lele ci sta già attendendo per fare un giro insieme nel piccolo borgo.
L'abitato di Rosazza, è un piccolo Comune abbarbicato alle pendici di una irta montagna, le cui case in pietra sembrano incollate. Il Borgo è bagnato dal torrente Cervo e dal torrente Pragnetta, suo affluente, che proprio a Rosazza si sposano, poco distanti dall'antico ponte in pietra posto sulla provinciale che supera quest'ultimo corso d'acqua.
La storia di Rosazza coincide con quella di tutti gli altri centri abitati della valle. L'isolamento della vallata, che non ha sbocco, l'ha tenuta isolata per molti anni e questo apparente sfavore l'ha però preservata, mantenendone la sua originalità.
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Il mio Piemonte: Pozzolo Formigaro

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Pozzolo FormigaroEccolo il sole e con lui il caldo, finalmente l'estate è alle porte. Il verde dei campi, degli alberi, il cielo azzurro, il profumo dei fiori della campagna riescono a rendermi la giornata lieta e a farmi sorridere. Con l'auto non vado tanto lontano da casa, raggiungo i confini a sud della Fraschetta. Parcheggio proprio sotto i bastioni del vecchio castello e munito di macchina fotografica inizio ad aggirarmi per Pozzolo Formigaro.
Il borgo situato nella pianura alessandrina è posto in un area che con l'arrivo dei romani si trasformò in una centuriazione romana. La cittadina non è infatti lontano da importanti strade consolari costruite dai romani subito dopo la conquista del territorio abitato da Dectunim della tribù degli Irieti e degli Statielli della Val Bormida. Le strade consolari di cui oggi ancora è facile comprendere il tracciato sono la via Postumia del 148 a.C. che nel tratto che collegava Derthona (Tortona) a Libarna si divideva in due percorsi costeggiando le rive del torrente Scrivia. Sul lato sinistro è ancora identificabile oggi con la strada comunemente chiamata "Strada dell'Imperatore" che qualcuno chiama erroneamente "strada di Napoleone". Lungo questa strada vi sono stati diversi ritrovamenti di tombe romane.
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Quelle lenzuola bianche

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papàLe lenzuola bianche e senza pieghe, il profumo della barba appena fatta, quella cuffietta di lana che nasconde quei capelli indiavolati ormai dimentichi di quel rosso pel di carota di un tempo.
Il giornale preferito sul comodino, quella voce monocorda di un tono sopra, la squadra di calcio preferita, la forza di un ideale politico e la delusione dei politici erano gli argomenti preferiti.
Ti ho lasciato così, con un ci vediamo domani.
La telefonata nella notte che non vorresti mai ricevere.
Una corsa inutile. Mille pensieri, mille immagini, mille ricordi, mille cose non dette, mille rimpianti.
Gli occhi che velano le lacrime, tue, mie, di molti. Un vuoto assoluto e assordante.
Il dolore arriva così, senza preavviso. Con una violenza tale da lasciarti senza fiato.
Piangere dicono faccia bene. Io so solo che fa male.
La ricerca nei cassetti della memoria dei momenti felici.
Solo dopo si capisce il valore di quella parola, di quello sguardo, troppo tardi e senza possibilità di ritorno: Papà.
 

Leonardo da Vinci

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LeonardoA 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci non potevo non andare a visitare i suo luoghi natii. Il borgo di Vinci è immerso in una campagna verdissima tra vigne e oliveti ed è situato alle pendici del Montalbano nel cuore della Toscana. Il borgo per incantevole che sia, è diventato famoso nel mondo per il fatto di avere dato i natali a Leonardo da Vinci e perché vi si trova il museo leopardiano, con le più importanti ricostruzioni di invenzioni del grande maestro.
Voglio, innanzitutto, con voi ripercorrere brevemente la storia di questo famoso personaggio. La vita in fanciullezza del piccolo Leonardo ce la riporta suo nonno Antonio da Vinci raccontandoci che Leonardo viene alla luce alle tre di notte di sabato 15 aprile 1452, secondo il calendario gregoriano, ossia alle ore 21.40 del 23 aprile secondo il calendario precedente; figlio primogenito nato da una relazione illegittima tra il notaio ventiquattrenne Ser Piero da Vinci e Caterina, una donna di estrazione sociale modesta.
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Il mio Piemonte: Fontanetto Po

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Fontanetto PoC'è il sole, non serve altro per raggiungere il piccolo borgo di Fontanetto Po.
Il territorio del piccolo borgo appare come emerso in un grande lago. Infatti le risaie che lo circondano sembrano far emergere le sue antiche mura da un grande lago. Il sole riflettendo sull'acqua disegna colori vivi, quasi incandescenti.
Il riso sarà presto alto e il suo biondo colore riverbera sulle rogge e canali, dove l'acqua lo ha per mesi alimentato.
Il borgo, posto sulla sinistra del grande fiume Po, nel vercellese, forse insiste su quello che un tempo era l'abitato romano di Ceste – Vetusto Cestis, ancora attestato come tappa al XXXII miglio della strada che collegava Pavia con Torino. Con le invasioni barbariche il vecchio borgo scomparve dalla memoria collettiva.
I primi reperti sono di epoca longobarda, rinvenuti nel 1886 durante le costruzioni della linea ferroviaria Chivasso-Casale. Già prima dell'anno Mille, Fontanetto era infeudata all'Abbazia benedettina di San Michele di Lucedio, poi detta di San Genuario.
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Missione Arcobaleno

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Pozzolo FormigaroDalla fine della Seconda Guerra Mondiale il Kosovo era una provincia autonoma della Serbia i cui abitanti nativi però erano a maggioranza albanesi. Con la morte di Josip Broz Tito nel 1980, rinascono i vari nazionalismi fino allora sopiti, ed in particolare si accentua l'insofferenza etnica della popolazione albanese in Kosovo verso la Federazione Jugoslava, iniziando a rivendicare la propria autonomia.
Ben presto il Kosovo rivendica l'indipendenza dalla Federazione Jugoslava, per potersi riunire all'Albania, ma il governo centrale jugoslavo risponde anche con oppressioni e si impone come potenza egemone nel nome di una unità nazionale.
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Il mio Piemonte: Balocco

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BaloccoIl ticchettio della pioggia, le nuvole grigie e il vento ha accompagnato la mia notte. Forse non è splendente il mattino, ma le nuvole che offuscavano il cielo sono scomparse e il viaggio in auto verso il vercellese si presenta tranquillo.
Raggiungo così Balocco, l'antica Badalauchum, toponimo che deriva da uno strumento per catturare gli uccelli o addirittura poteva essere Badaluchus ossia scaramuccia. Di certo nel 1224 era attestato come Badalocus che rinvia al verbo batare cioè "lasciare aperto" o "abbandonare al suo destino", con un po' di fantasia, attraverso locus potrebbe significare "luogo senza difesa".
Balocco comunque è un luogo antichissimo, fu sede di una delle prime sedici pieve rurali vercellese, già citate da una lettera del Vescovo Ottone o forse Ingone a Waldone tra il 924 e il 960. Invece è del 7 maggio 999 il diploma di Ottone in cui appare un riferimento alla chiesa di San Michele. Nel 1124 viene menzionato Eustacchio Gonfalonieri di Balocco, primo nobile che infeudò il territorio e vi signoreggiò a fasi alterne fino all'inizio del XVII secolo.
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