Blog di Dante Paolo Ferraris

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La prima guerra mondiale e mio nonno

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07/191707 Forcella Ombladet - Paolo CostaIn un cassetto di casa, ritrovo una serie di piccole, ingiallite fotografie, sono foto che ritraggono i miei nonni materni. Le foto mi riportano alla mente pagine di storia che ormai temevo dimenticate e mi raccontano la gli eventi dei primi decenni del XX secolo.
Seduto su mio divano, osservo la foto che ritrae mio nonno Paolo, in posa sul suo cavallo con il suo attendente ritto in piedi sull'attenti. Fotografia scattata in mezzo alla neve sulla forcella dell'Ombladet a 2255 metri, la foto è datata luglio 1917. Per portare mio nonno dalla tranquilla sua cittadina dell'alto Monferrato sulle montagne del Carso c'è voluta una guerra.
Ripercorro velocemente le mie scarne reminiscenze scolastiche sulla storia. È un ventaglio di nazioni, di re ed imperatori, di vessilli che mi riportano la mente ai primi tre lustri del XX sec. Secolo iniziato con la "Belle Époque"; Torino nel 1911 è sede dell'esposizione internazionale, interamente dedicata all'Industria e all'arte. Lo stile imperante è il liberty, che imperversa nell'arredamento e nelle costruzioni delle grandi città. È un periodo contrassegnato dall'ottimismo, con grandi scoperte nel campo della scienza e dell'industria. E benché le classi sociali sono sempre gravemente divise tra ricchi e poveri, industriali, nobili terrieri e contadini ed operai, la borghesia conquista sempre più spazio, l'idea di una guerra è lontana dalla mente di tutti.
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Luci ed ombre a Torino (LI parte)

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Quirinus RaptorRaggiungo piazza Statuto, una delle piazze più importanti e misteriose di Torino. Ha forma strana ed allungata e da essa dipartono molte importanti strade, tra le quali, corso Francia, che in epoca romana era il tratto iniziale della strada per le Gallie, e via Garibaldi, che era il decumanus maximus dell'antica colonia romana.
La conformazione architettonica è simile a quella di altre piazze cittadine, con ampi portici lungo una parte consistente del suo perimetro.
Fu da sempre uno dei quattro ingressi della città e prese il nome di Porta Segusina perché da essa dipartivano importanti strade per la Val di Susa, la strada Rippolarum, ossia Rivoli, e la via Collegii cioè per Collegno. La porta fu abbattuta nel 1585, ma il nome, mutatosi in porta Susa, rimase alla piazza, che venne in seguito rinominata con il nome attuale a ricordo dello Statuto Albertino.
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Un passo indietro

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VolontariatoÈ mattino presto, il giornale-radio narra di eventi calamitosi italiani e all'estero. Partono così le mie riflessioni poco piacevoli e ancor meno condivisibili da chi vive o vorrebbe vivere su un altro pianeta. Terremoti, alluvioni, incendi, insieme a carestie, migrazioni e guerre vi sono sempre state e purtroppo sempre vi saranno. Utopia pensare un mondo senza guerre. Se così fosse, vorrebbe dire che dovremmo considerarci tutti uguali, ma uguali non siamo proprio, perché c'è qualcuno che si sente più uguale degli altri. Non dovrebbero esserci i mercanti di morte, eppure sono abbondantemente pagati. Non dovrebbero esserci fame, carestie e povertà, ma ci permettiamo le multinazionali del benessere e del lusso per una ristretta élite. Dopo e talvolta durante questi eventi calamitosi, annunciati dal giornale-radio, si mette in moto la macchina di soccorsi per dare aiuto e conforto alla popolazione. Al fianco dei tecnici e ai professionisti si uniscono i volontari organizzati in associazioni, formate ed addestrate. Ma chi fa la differenza sono i volontari che intervengono spontaneamente. Essi sono il vero volto umano che con donazioni ma anche attivandosi, senza curarsi del tempo, della burocrazia si portano nelle zone di operazioni, a spese proprie, per offrire solidarietà. Li trovi armati di badili e di sorrisi, spesso con stivali troppo grandi per i loro piedi. Molti di loro sono studenti ma ci sono persone di tutte le età: giovani e meno giovani. Spesso si accontentano di un bicchiere d'acqua e un panino per lavorare tutto il giorno. La loro paga sarà un grazie, una lacrima di commozione che accolgono come se fosse un grande tesoro. Abbracciano, sostengono, comprendono, accompagnano il pianto degli anziani e di chi la calamità l'ha subita. Queste lacrime formeranno il loro futuro carattere e favoriranno la crescita della società di domani, facendoli uomini e donne migliori.
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L'impegno di essere felice

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felicitàUna delle cose che amo di più è appisolarmi sul divano con la mia copertina colorata sulle gambe. Inserire le cuffie nelle orecchie e ascoltare le mie canzoni preferite. Rimanere assorto nei pensieri, magari con in mano un libro. Sono questi i momenti in cui cerco soluzioni alle preoccupazioni o che analizzo il percorso della mia esistenza. Quante volte, immerso nelle mie riflessioni, ho pensato che alcuni miei problemi fossero gravissimi, di difficile risoluzione. Mi sentivo cadere addosso tutte le disgrazie del mondo, ritenendomi quasi la persona più perseguitata dalla sfortuna dell'universo. Mi incupivo per diverso tempo, tanto da rendere triste ogni mio atteggiamento.
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Luci ed ombre a Torino (XLIX parte)

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BasiliscoPiazza Savoia è una delle piazze più trafficate e più vissute dai giovani del centro storico di Torino. Ciò grazie alla vicinanza a via Garibaldi e ai noti locali d'intrattenimento che vi si affacciano. Al centro della piazza è presente un imponente obelisco che la rende uno degli scorci più curiosi e caratteristici della città. E’ stata progettata nel Settecento a seguito dell'ampliamento cittadino voluto da Vittorio Amedeo II di Savoia. Dapprima era nota come Piazza Susina, per via della sua vicinanza alla Porta Susina, posta all'incirca presso le attuali via Garibaldi all'incrocio con via della Consolata. Con l'esilio di re Carlo Emanuele IV di Savoia, i francesi giunti in città ne mutarono il nome in Place de France. Restaurata la monarchia la piazza prese il nome di piazza Paesana, per la vicinanza con l'omonimo palazzo Saluzzo di Paesana, solo nel 1860, infine, prese il nome attuale. Importante sapere che Piazza Savoia non è legato alla dinastia dei Savoia, come si potrebbe pensare ma è intitolata alla regione, oggi francese, della Savoia.
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La terra degli dei (VI parte)

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greciaUna delle nostre prime mete partendo da Nauplia è Tirinto, un'antica città dell'Argolide, situata nel settore sud-orientale della piana di Argo. L'altura dove si ergeva l'antica città è aspra e dura. Un tappeto d'erba bruciata dal sole le fa da cornice. Solo poche agavi solitarie ed alte palme si ergono intorno. I pendii spogli e gli speroni rocciosi sono abitati da una flora bassa e legnosa come la ginestra spinosa. Tutt'intorno, dove la mano dell'uomo combatte contro l'aridità del terreno, invece si innalzano diverse varietà di piante, tra cui gli alberi da frutto come aranci e limoni ma soprattutto ulivi.
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Umbria 1997: una scossa che ha lasciato il segno

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Sisma Umbria 1997I giornali nazionali e le televisioni avevano solamente accennato della crisi tellurica avvenuta nella primavera del 1997 in provincia di Perugia. Poco eco ebbe anche la scossa di magnitudo 4,5 che il 12 maggio colpì Massa Martana. Essa danneggiò svariati edifici e rese inagibile il 70% delle abitazioni della piccola cittadina umbra. Nell'estate, molti piccoli eventi furono registrati su tutto l'Appennino umbro-marchigiano, interessando molti Comuni, tra i quali quelli di Foligno e Serravalle nel Chienti. Il 4 settembre ci fu una forte scossa di magnitudo 4,4 che iniziò a preoccupare seriamente.
Erano le 2:33 del 26 settembre 1997 quando ci fu una scossa di terremoto del VIII-IX grado della scala Mercalli, di magnitudo 5,8. Essa aveva epicentro a Cesi. A Collecurti, una frazione di Serravalle, una coppia di anziani coniugi morì sotto le macerie della propria abitazione. Numerose case furono danneggiate gravemente, specialmente nei comuni di Foligno e di Nocera Umbra. Anche molte chiese, fra le quali la più nota, la Basilica di San Francesco ad Assisi, subirono gravi danni. La mattina molte scuole furono chiuse alcune per precauzione altre perché inagibili.
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Luci ed ombre a Torino (L parte)

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NaginiGiungo così al Rondò della Forca. Con questo nome si indica un punto preciso, in un ampio spazio cittadino, che i topografi cittadini non hanno voluto, penso, intitolare a nessuno. Uno spazio che si trova tra corso Regina Margherita e corso Valdocco, nel quale si trovava il patibolo che fino al 1863, in cui conobbero la morte dozzine di condannati.
In quel periodo, l'attuale Rondò della Forca era in aperta campagna, scelto forse per la sua vicinanza alla prigione che si trovava in quella che oggi è via Corte d'Appello.
Il macabro rituale dell'esecuzione capitale era sempre lo stesso da secoli. Il condannato giungeva sul luogo del supplizio a bordo di un carro con le mani legate, in compagnia del sacerdote. Arrivata l'ora dell'impiccagione, il Sindaco della Misericordia bendava gli occhi al condannato e don Cafasso concedeva l'assoluzione e faceva baciare il crocifisso. Infatti quest'angolo di Torino, è legato proprio alla memoria di don Giuseppe Cafasso (1811-1860), dove gli è stato dedicata una statua. Eretta nel punto esatto in cui una volta vi era il patibolo. Monumento dedicato a colui che divenne il patrono dei condannati a morte per il sostegno spirituale incondizionato che offrì a tutti coloro che salivano sulla forca, incurante che fossero colpevoli o meno.
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L'uomo zerbino

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Uomo zerbinoSemaforo adiacente alla galleria san Federico. Fermo al rosso pedonale, osservo una coppia che mi è ferma di fronte. Lei, una bella signora over 50, bionda con permanente, altezza media, un viso pulito e luminoso, un trucco leggero che vuole adombrare l'età. Un vestito panna, con disegnati vistosi e colorati fiori, e una gonna svolazzante con molte pieghe a plissé. Una scarpa di gran lusso, mettono in mostra due belle caviglie e polpacci sodi. Anelli, bracciali, collane e borse manifestano apertamente lo stato di benessere economico e sociale. Lui, tra i 25 e i 28 anni, un bel ragazzo longilineo, una massa muscolare costruita con lo sport ma non sufficiente da essere definito un culturista. Capello biondo, tagliato cortissimo, una carnagione abbronzata su un viso lucido e a forma ovoidale, due ray-ban ultima moda con lenti a specchio colorate di blu sugli occhi.
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Sex shop allegro

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Sex ShopI sex shop sono luoghi di cui ci vergogniamo di parlare, ma tutti ci siamo siamo entrati almeno una volta. Raccontiamo che era per fare un regalo scherzoso per qualche festa di compleanno, addio di celibato o nubilato ecc... Anche quando passiamo davanti a quelle vetrine, spesse e dipinte di rosso che impediscono di poter vedere dentro, ci voltiamo dall'altra parte ma con la coda dell'occhio tentiamo di sbirciare cosa può nascondere la vetrata. La pubblicità di quei particolari negozi, la sfuggiamo velocemente se la troviamo sui giornali o i rotocalchi. Idem se troviamo i cartelloni stradali, facciamo finta di niente ma cerchiamo di memorizzare due tre cose, di un negozio in cui magari mai ci recheremo.
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Luci ed ombre a Torino (XLVIII parte)

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Rita SkeeterPercorriamo via delle Orfane e lentamente ci allontaniamo da piazza della Consolata. Sono molte le storie e le leggende che riguardano questa e alcune vie contigue. Una delle storie riguarda la chiesa di Sant'Agostino, sita nell'omonima via, all'angolo con via Santa Chiara. La chiesa originaria risale al XII secolo ed era dedicata ai santi apostoli Giacomo e Filippo. Integralmente ricostruita tra i secoli XVI e XVII secolo, venne poi assegnata all'Ordine di sant'Agostino. E' stata ristrutturata tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX dall'architetto Carlo Ceppi. In un pozzo appositamente scavato all'interno della chiesa, nel 1706, vennero sepolti i prigionieri francesi morti durante l'assedio della città. Si racconta che le loro anime, di notte, vaghino senza meta nelle strade intorno all'edificio religioso. La chiesa è a tre navate e conserva importanti monumenti funebri: quello del collezionista d'arte Cassiano dal Pozzo, e il mausoleo di Carlo Tommaso Maillard de Tournon, nato a Torino, il 21 dicembre 1668 e morto a Macao il 8 giugno 1710. Egli fu un cardinale e Legato pontificio per l'India e la Cina.
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