Blog di Dante Paolo Ferraris

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Il mio Piemonte: Piedicavallo

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Piedicavallo (Valle Cervo)È una bella giornata di sole e con Lele e Gian decidiamo di andare a fare un tour in Valle Cervo, ed esattamente a Piedicavallo.
Mentre ci inerpichiamo sulle strette e tortuose strade di montagna, Lele mi racconta alcune leggende che la riguardano. Tra esse mi ha particolarmente interessato quella de l'Òm Salvè perché è legata alla storia del Maccagno, un formaggio a pasta semicotta, tipico delle valli biellesi e della Val Sesia. Il nome dovrebbe derivare dall'alpe Maccagno, alpeggio valsesiano. Altre persone credono, invece, che il nome derivi da Maco antico capo di qualche locale tribù. Il Maccagno ha una forma cilindrica e una crosta di color paglierino, mentre la pasta è bianco-paglierino, il suo sapore è dolce con un aroma che ricorda il burro. Il latte è rigorosamente di vacca di razza Bruna o Pezzata Rossa d'Oropa.
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La città ideale

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Città idealeQuando esco a fare due passi o un breve giro in bicicletta nel paesino dove abito o in città, penso inesorabilmente al quadro visto a Urbino, alla Galleria Nazionale delle Marche, intitolato "Veduta da città ideale". Esso è stato dipinto da un anonimo artista dell'Italia Centrale di fine XV secolo. Non vi è nessuna somiglianza tra il quadro e la mia città. Anzi ultimamente è l'antitesi del quadro stesso.
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Mattina d'inverno

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invernoLa sveglia deve ancora suonare che gli occhi si aprono. Dalle tapparelle della finestra non filtra nessuna lama di luce. Il rumore delle auto che sfrecciano nella sottostante strada raccontano che la giornata ha preso vita. Il lamentoso miagolio dei miei due gatti, posizionati dietro la porta della stanza, annunciano che l'ora di lasciare il caldo piumone è ormai giunta. Il freddo rende le coperte più corte e i minuti più brevi. Con pigrizia stendo le stanche gambe, quasi a voler allontanare le lenzuola che per una notte hanno raccolto i sogni.
Dopo una notte che apparentemente sembra lunghissima ma che non ha allontanato la stanchezza accumulata, gli sbadigli si fanno frequenti e come se le gambe fossero estranee al resto del corpo, mi ritrovo seduto sul bordo del letto, pronto a ricominciare un'altra giornata.
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Luci ed ombre a Torino (LIII parte)

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Remus LupinCorre trasversale a via Garibaldi, via delle Orfane da un lato e via san Dalmazzo dall'altro e proprio su via delle Orfane è appoggiata alla chiesa una lapide ricorda Rossi Rizieri, nato in provincia di Pisa il 4 dicembre 1898, caporale autiere della Croce Rossa. Il 27 aprile 1945 mentre con l'autolettiga accorreva a soccorrere dei partigiani feriti, insieme al sergente maggiore Pietro Chiò e il caporale Carlo Scaramussi, all'incrocio tra via Garibaldi e via delle Orfane, l'autolettiga fu bersagliata a colpi di mitra da alcuni cecchini fascisti. Il caporale Rossi Rizieri, colpito da due pallottole moriva sul posto.
Mentre dall'altra parte, all'angolo con via Barbaroux vi è un bellissimo palazzo che mi ha sempre affascinato, con le sue antiche insegne delle botteghe che ospitava e i suoi mascheroni e volute sulle finestre. Palazzo sul quale è posta una targa che ricorda Lucca Liberina. Costei nacque a Torino il 22 giugno 1910 da artigiani di idee socialiste. Sfollata durante la guerra a Castelnuovo Nigra, entrava in contatto con le bande partigiane canavesane, svolgendo funzioni di staffetta tra le bande del canavesane e quelle torinesi, occupandosi anche degli approvvigionamenti.
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Il mio Piemonte: Retorto

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RetortoOggi il sole è baldanzoso nel cielo, è un fine settimana splendente. Già dal mattino nell'aria si sentiva la prima brezza primaverile. La luce è ancora forte quando m'avvio alla scoperta di questo antico borgo, ora rilegato a poco più che una grande cascina.
Ci sono passato davanti tante volte. Dapprima in auto con mio padre, poi, nel mio girovagare adolescenziale, in motorino, e poi ancora in auto. Mio padre la denominava la "Cascina di Fanfani". Egli era un vecchio politico italiano, che nulla aveva a che fare con la mia terra, né credo con questo antico Borgo. Ma quando c'era da definire un luogo o qualcosa che segnasse facili arricchimenti mio padre lo chiamava così...
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Il mio Piemonte: Brich Zumaglia

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Brich ZumagliaSuona la sveglia dell'albergo. È mattino presto. Faccio fatica ad alzarmi. Però mi sforzo perché mi aspetta una giornata intensa e non voglio deludere le aspettative dei miei amici Lele e Gian. Mi raso, faccio una doccia calda, indosso vestiti leggeri, consumo una deliziosa colazione e poi, caricati i bagagli in auto, parto per una nuova scoperta nel territorio Biellese.
Lele e Gian vogliono farmi visitare il castello di Brich Zumaglia vicino a Biella. Il viaggio in auto è breve. Indossati i miei occhiali da sole, messa in tasca la piccola macchina fotografica e indossato il bel cappellino di "viaggia e scopri" iniziamo a inerpicarci sulla stradina sterrata che conduce al castello. Essa è incorniciata da alberi ad alto fusto come faggi, castagni, roveri, roverelle, aceri e querce ma anche resinosi abeti e tassi. Il sottobosco è tappezzato da margherite, violette ranuncoli, veroniche ed erba cimicina.
Giungiamo sotto le mura del castello. Prima di entrarvi mi soffermo ad ammirare lo splendido panorama: si possono vedere molti paesi del Biellese orientale fino alle piane del Novarese, oltre alla zona risicola del Vercellese e verso il Monferrato.
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Luci ed ombre a Torino (LIV parte)

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Dudley DursleyCi gustiamo lentamente le nostre coppette di gelato, mentre guardiamo transitare i passanti nella via dedicata allo "struscio" cittadino. Non posso percorre tutta via Garibaldi, devo raggiungere il luogo di appuntamento con Ron ed Hermione. Lascio Remus Lupin con un caloroso saluto, speranzoso che i nostri rapporti tornino un giorno ad essere sorridenti come un tempo.
Percorrendo via San Tommaso e via Monte di Pietà, mi viene in mente che nel tratto finale di via Garibaldi vi siano ancora lapidi che ricordano illustri personaggi come per esempio Nino Oxilia (1889 – 1917), poeta torinese vissuto a cavallo fra Crepuscolarismo e Futurismo, la sua lapide è posta vicino al civico 9. Costui, già giornalista, a soli ventidue anni raggiunse la fama nel 1911 con la commedia a tema studentesco "Addio giovinezza!" (scritta con l'amico Sandro Camasio) poi trasformata in operetta nel 1915.
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Zia Pina e il voto

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Referendum 2 giugno 1946Il sole si è alzato da diverse ore ma continua a combattere con le nuvole. Le campane della vicina chiesa battono a festa per annunciare il prossimo inizio delle messe domenicali. Io e mia zia Pina, come in ogni giornata di sole, facciamo una passeggiata nel piccolo giardino della casa di riposo di Lobbi. I miei passi sono corti per aiutarla e offrirle il braccio. Infatti, zia Pina dopo una terribile caduta dalle scale di casa e un lungo ricovero ospedaliero deve aiutarsi con un bastone nelle sue brevi passeggiate. Dopo questo incidente, frequento settimanalmente, la casa di riposo dove zia Pina ormai alloggia non potendo più abitare da sola.
Le rose sono ormai fiorite, il piccolo vialetto è colorato e aggraziato da una moltitudine di fiori. Ci sediamo sulla panchina, sempre la stessa, dalla quale possiamo guardare la piccola struttura della casa di riposo. Questa è stata ricavata da una villa ottocentesca, ampliata negli anni ma senza modificare l'austero aspetto. La villa è stata donata da un conte alla piccola comunità locale.
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Il mondo Twee

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twee fashionSaranno le primavere che scorrono inesorabilmente, sarà che mi inquieto sempre più facilmente, sarà che la mia curiosità è senza limite, ma l'altro giorno, girando per una grande città del nord Italia, ho incontrato giovani ragazzi, ben abbigliati, garbati e curati nell'aspetto da sembrare proprio "carini" e mi sono inizialmente meravigliato.
Ciò perché conosco le tribù giovanili che ultimamente imperversavano per le nostre città: truzzi, gabber, zarri, fighetti, skaters, punkabbestia ecc... Tutti questi movimenti "underground" fanno parte di diverse subculture urbane, che purtroppo sono stati associati all'idea della marginalità, della devianza o "disadattamento sociale". Io però non credo che siano devianti, marginali, nel senso convenzionale oggi corrente, ma che debbano essere esaminati come sottoinsiemi culturali.
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Luci ed ombre a Torino (LII parte)

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Victor KrumM'avvio per via Garibaldi, questa strada interamente pedonalizzata è dedicata all'eroe dei due mondi, Giuseppe Garibaldi, è sicuramente una delle vie più storiche della città, collega piazza Statuto con piazza Castello. Originariamente uno degli assi principali dell'area urbana romana delimitata dalle attuali piazza Castello e via della Consolata. La sua storia è antica quanto la città. In epoca romana, era il decumanus maximus della allora Julia Augusta Taurinorum e costituiva, insieme al cardo maximus, ossia le attuali via San Tommaso e via porta Palatina, uno dei due principali assi viari dell'antica città romana, quando essa contava appena cinquemila persone. L'antica strada collegava due delle quattro porte di accesso alla città: la Porta Decumana e la Porta Prætoria.
Mentre la Porta Decumana è tuttora individuabile nelle torri anteriori di Palazzo Madama, la Porta Prætoria è scomparsa ed era collocata all'altezza di via della Consolata. La strada, con la caduta dell'Impero romano, si deteriorò molto, angusta e sterrata, a quel tempo era denominata strata Civitatis Taurini. Rimanendo però fin da allora un'importante strada commerciale, in quanto era il percorso che facevano i mercanti che arrivavano dalla montagna. Per questo, uno dei diversi nomi che la via assunse nel tempo fu "via Sant'Espedito", protettore dei mercanti.
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La prima guerra mondiale e mio nonno

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07/191707 Forcella Ombladet - Paolo CostaIn un cassetto di casa, ritrovo una serie di piccole, ingiallite fotografie, sono foto che ritraggono i miei nonni materni. Le foto mi riportano alla mente pagine di storia che ormai temevo dimenticate e mi raccontano la gli eventi dei primi decenni del XX secolo.
Seduto su mio divano, osservo la foto che ritrae mio nonno Paolo, in posa sul suo cavallo con il suo attendente ritto in piedi sull'attenti. Fotografia scattata in mezzo alla neve sulla forcella dell'Ombladet a 2255 metri, la foto è datata luglio 1917. Per portare mio nonno dalla tranquilla sua cittadina dell'alto Monferrato sulle montagne del Carso c'è voluta una guerra.
Ripercorro velocemente le mie scarne reminiscenze scolastiche sulla storia. È un ventaglio di nazioni, di re ed imperatori, di vessilli che mi riportano la mente ai primi tre lustri del XX sec. Secolo iniziato con la "Belle Époque"; Torino nel 1911 è sede dell'esposizione internazionale, interamente dedicata all'Industria e all'arte. Lo stile imperante è il liberty, che imperversa nell'arredamento e nelle costruzioni delle grandi città. È un periodo contrassegnato dall'ottimismo, con grandi scoperte nel campo della scienza e dell'industria. E benché le classi sociali sono sempre gravemente divise tra ricchi e poveri, industriali, nobili terrieri e contadini ed operai, la borghesia conquista sempre più spazio, l'idea di una guerra è lontana dalla mente di tutti.
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